Da Il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2011
Da più parti viene biasimata la politica degli incentivi alle energie rinnovabili, colpevoli – a sentire i critici meno disinteressati – non solo di pesare sulla bolletta dei consumatori, ma anche di aver favorito “grassi affari garantiti” a speculatori e malavita. Innanzitutto bisogna respingere l’idea che il fotovoltaico sia in mano a speculatori, multinazionali e mafiosi. In Italia i primi investitori nel settore sono state le famiglie, con impianti di piccola taglia, che hanno mobilitato risorse economiche ancorate territorialmente, dando anche la spinta a diverse imprese locali ad investire nel settore. Tuttavia, poiché il governo è intervenuto pesantemente, proviamo ad analizzare brevemente la questione.
Il 25 gennaio 2011, durante un’audizione informale davanti alla X Commissione Senato, il Gestore dei Servizi Elettrici ha paventato la possibilità che gli impianti fotovoltaici installati in Italia al 31 dicembre 2010 abbiano già raggiunto i 7.000 Mw, per un totale di 200.000 impianti. Anche se non ancora allacciati alla rete, 55mila di questi impianti (per un totale di 4.000 MW), se entreranno in esercizio entro giugno 2011, avranno diritto alle tariffe di incentivazione previste per il 2010. Stando così le cose, nel corso del 2011 sarebbe raggiunto il target di 8.000 Mw di fotovoltaico installato, che il Piano di Azione Nazionale sulle fonti di energia rinnovabili (Fer) aveva previsto per l’anno 2020.
Secondo l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, per tutte le rinnovabili complessivamente, il costo degli incentivi corrispondenti a un prelievo dalle bollette è stato di 2,5 miliardi di euro nel 2009, 2,75 nel 2010 e potrebbe raggiungere i 5,7 miliardi nel 2011. La composizione dei prelievi a carico dei consumatori non è però sempre ben esplicitata. Se prendiamo gli oneri in bolletta nel 2010, scopriamo che dei 5.808 miliardi di euro totali soltanto il 47% è imputabile alle rinnovabili. La restante parte è suddivisa tra assimilate (ben 1.214 miliardi), oneri nucleari (285 milioni di euro), agevolazioni tariffarie per le Ferrovie dello Stato (355 milioni), mentre la restante parte è suddivisa tra ulteriori forme di finanziamento e agevolazioni.
Tutti puntano il dito su quei 2,75 miliardi di incentivi alle rinnovabili, ma nessuno lo fa contro il quasi miliardo di euro di Iva che in maniera del tutto scorretta lo Stato incamera sulle bollette. Nessuno ricorda che ogni anno milioni di euro li paghiamo sia, come detto, per il vecchio nucleare, sia per il noto Cip6 (“assimilate” = 1,2 miliardi nel 2010, seppure in esaurimento), quando i “costosissimi” incentivi al solo fotovoltaico sono stati 826 milioni. Detto questo, il discorso va completato con un’altra considerazione: le Fer, a fronte dei sussidi che ricevono, producono effettivamente (nessun impianto non funzionante prende incentivi!) lavoro, entrate fiscali, risparmi negli acquisti di combustibili fossili, riduzione delle emissioni climalteranti e nessuna ipoteca sul futuro dei nostri figli, diversamente dal nucleare. E, per di più, evitano al nostro paese l’esposizione a multe per il mancato raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.
Prima di toccare le rinnovabili, perciò, si potrebbe intervenire sulla cifra equivalente che dovrebbe al massimo essere riversata sulla fiscalità generale e non sui consumi in bolletta. Eppure il Governo è andato giù duro ed ha deciso la sospensione, in attesa di un definitivo pronunciamento a giugno. Ci sarebbe da sorridere, se il blocco non passasse attraverso il decreto che recepisce nella nostra legislazione la Direttiva 2009/28/Ce, relativa alla promozione dell’uso delle fonti rinnovabili in Europa. Il peggio che si possa fare con queste fonti è quello di fare politiche a singhiozzo, come fecero gli Usa nel periodo 1998-2005: l’altalena dei provvedimenti causò un’altalena degli investimenti che crollavano e poi si impennavano.
Noi pensiamo che la critica agli incentivi per le rinnovabili sia di natura politica. Se non fosse così, si discuterebbe della transizione fino all’avvenuto “apprendimento” e al consolidamento sul mercato; si penserebbe a rimodulare gli incentivi in base alla grandezza degli impianti, affinché non vadano a ingrassare le società multinazionali e vadano a premiare le scelte virtuose delle famiglie e delle imprese. Oppure, si farebbe di tutto perché nascano filiere economiche locali legate alle fonti naturali, in modo che gli incentivi alla produzione ricadano soprattutto all’interno del territorio e non sulle aziende cinesi, magari già incentivate in loco per esportare la produzione.
In definitiva, riteniamo che si voglia attaccare un settore senza un vero motivo, per preparare il terreno agli investimenti nel nucleare. La verità è che è in atto una campagna per gettare fango sull’intero settore delle fonti eoliche e solari, che in un solo anno ha installato capacità generativa equivalente a uno dei mega reattori nucleari da 1.600 Mw che si vogliono imporre in Italia e che hanno bisogno di minimo otto anni, per essere costruiti. E chi assicura i consumatori che gli investimenti per il nucleare non incideranno ancora di più sulle bollette energetiche?
di Mario Agostinelli e Giovanni Carrosio
Nessuno può garantire che non pagheremo noi in bolletta gli eventuali investimenti sul nucleare, ancor prima che sia produttivo (occorrono a parere molti più dei suddetti 8 anni fra l’autorizzazione a costruire e l’attivazione delle centrali nucleari). Inoltre il governo ha dichiarato più volte (vedi ad es. legge 122 del 30/7/2010) che non spenderà un Euro per tali investimenti, mentre ENEL ha dichiarato di poterseli accollare al 100% (anche se nel bilancio 2009 ha un debito di oltre 51 miliardi!).
Quindi chi pagherebbe?
Inoltre faccio notare che se le rinnovabili producono wattora ogni anno, questi non devono essere prodotti, ne in gran parte distribuiti (il consumo è in gran parte locale); ne deriva un mancato costo di produzione (60-70Euro/megaWattora) e diciamo solo 40 Euro/megaWattora di distribuzione, che vanno detratti dal costo degli incentivi alle rinnovabili.
Se non è politica economica questa, o meglio antipolitica e antieconomica, visto che fa il contrario del bene per il Paese. Al solito la propaganda si basa sulle bugie, sulla elusione dei costi veri a carico della collettività, oltre che sulla mistificazione degli eventuali benefici. La complicazione voluta della contabilità nella nuova bolletta elettrica è sotto gli occhi di chiunque voglia perder tempo a capirci qualcosa. Ma non basta evidentemente, è solo una componente della cortina fumogena attorno alla questione prelievo e uso dei soldi dalle tasche degli italiani, ormai rassegnati al destino di polli da batteria.
Dopo lo tsunami in Giappone e i problemi ai reattori della centrale nucleare di Fukushima, penso che la gente abbia capito che il nucleare non è sicuro. Già Cernobyl ci ha dato una dura lezione oltre agli altri quasi disastri nucleari che sono accaduti. Certo il caso del Giappone è un po’ estremo in effetti, ma questo ci insegna che la sicurezza assoluta non esiste. Inoltre se avvenisse un terremoto che fosse anche solo la metà di quello accaduto nel Giappone già mi immagino come si sbriciolerebbero le eventuali nostre centrali. Inoltre non si è ancora risolto il problema delle scorie e del loro smaltimento e degli elevati costi delle centrali. Al contrario le vere energie rinnovabile non hanno questi problemi e anzi sono dal mio punto di vista la migliore soluzione. Inoltre come dice Wikipedia l’energia nucleare non è una fonte rinnovabile. Per il resto mi associo alle idee delle persone che hanno commentato prima di me.