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Proposta editoriale: “Energia, un nuovo inizio”

Segnaliamo che è uscito dalla tipografia il nuovo libro “Energia, un nuovo inizio“.

Si scrive energia, ma si pronuncia costruzione di una nuova economia e di una nuova società. Un progetto entusiasmante per il quale vale la pena impegnarsi. (dalla Prefazione di Francesco Gesualdi).

L’energia è indispensabile alla nostra vita quotidiana e il modo in cui viene prodotta influenza l’aria che respiriamo, il paesaggio in cui viviamo e le relazioni con gli altri paesi del mondo: per questo le scelte energetiche non possono essere delegate ad una ristretta cerchia di tecnici. Il progressivo esaurimento delle fonti fossili, l’aumento delle emissioni climalteranti e la crescente fame di energia di un pianeta sempre più popolato hanno fatto scrivere all’Agenzia Internazionale per l’Energia: “Il sistema energetico mondiale è a un crocevia. I trend globali odierni di domanda e offerta sono manifestamente insostenibili da un punto di vista ambientale, economico e sociale”. La questione energetica, oggi più che mai, riguarda direttamente tutti noi e possiamo dotarci di strumenti per comprendere i problemi ed agire in concreto. Il libro si propone di spiegarlo in maniera documentata, evitando i tecnicismi degli addetti ai lavori, illustrando le opportunità presenti, in modo autonomo da costruzioni preconcette o ideologiche.

Per quanto riguarda l’Italia, l’autore, dati alla mano, sfata alcuni radicati luoghi comuni: bollette elettriche più alte d’Europa, deficit di centrali elettriche, crescita continua dei consumi, paese poco virtuoso. E svela per la prima volta i meccanismi di formazione del prezzo: la borsa dell’energia. La documentazione offerta nel libro smonta la convinzione che le fonti rinnovabili siano inutili e accessorie. In realtà siamo un paese che sta sviluppando il settore della generazione verde in maniera decisa, producendo energia e posti di lavoro; un paese che cerca di non sprecare energia, e che, soprattutto, ha necessità di abbandonare l’eccessiva dipendenza dalle fonti fossili, immaginando un futuro più sicuro dove il sistema energetico alimenti una società migliore.

Il libro è illustrato con le immagini realizzate dagli allievi dell’Istituto Europeo di Design di Milano nell’ambito di una collaborazione tra MC e IED decisa a sperimentare un progetto di comunicazione visiva realizzato da giovani illustratori su un tema cruciale per il futuro del pianeta.

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Speciale Durban: Un accordo farsa

di Giuseppe De Marzo su Il Manifesto del 13 dicembre 2011

Un accordo farsa che fa carta straccia degli allarmi della scienza, della democrazia ed irride alle vittime del caos climatico. Impossibile definire diversamente quanto successo in Sudafrica, durante il vertice mondiale sul clima.

Dopo due settimane e 40 ore di extra time l’accordo di Durban in realtà non prevede assolutamente nulla di obbligatorio e vincolante per i grandi inquinatori, ma dice solamente che nel 2015 verrà definita un’intesa e che questa sarà valida nel 2020. Come un obeso che dopo 19 anni (gli anni passati dal primo summit ad oggi per trovare una soluzione vincolante sul clima) continua a rimandare al prossimo lunedì la dieta necessaria a salvargli la vita. Gli credereste? Irresponsabile cecità. Non c’è altro modo per definire il comportamento di chi governa oggi il mondo. 350 mila morti ogni anno, innalzamento dei mari, scomparsa di molti paesi del pacifico, distruzione delle economie degli stati costieri, intensificazione dei fenomeni metereologici estremi, acidificazione dei mari, desertificazioni di intere aree del mondo, 50 milioni di profughi ambientali, centinaia di milioni di posti di lavoro a rischio, perdita di biodiversità a ritmi superiori rispetto alle precedenti estinzioni di massa: come si fa a non vedere ed a rimandare ancora? Proprio qui in Africa, il continente che rischia di essere “cucinato” dal caos climatico, si è seppellito l’unico accordo in vita, quello di Kyoto, che vincola legalmente i paesi industrializzati a ridurre le emissioni. Nel 2012 scadrà senza essere sostituito da qualcosa di altrettanto obbligatorio.

Il COP17 di Durban sarà ricordato come un fallimento per l’umanità ed un grande affare per chi continua a far salire la febbre del pianeta. A sentire i governi dei grandi inquinatori, su tutti USA e Cina, dovremo aspettare il 2015 per negoziare un accordo che sarà vincolante solo nel 2020. Il punto è che non abbiamo 10 anni! La scienza è chiara su questo. Il picco delle emissioni deve essere il 2015 e dall’anno seguente dovranno ridursi se vogliamo evitare di essere responsabili di un innalzamento della temperatura superiore ai 4 gradi nel corso di questo secolo. I governi avevano indicato solennemente a Copenaghen due anni fa, sede del COP15, in 2 gradi il limite oltre il quale la conseguenza sarebbe trasformare la terra in un girone dantesco e sprofondare la gran parte dell’umanità nell’apartheid economica e ambientale.

E’ cambiato qualcosa da allora? Basterà la green economy gestita dal colosso cinese a ridurre il riscaldamento globale? Evidentemente no. Come si fa quindi ad aspettare il 2020? Chi dovrebbe obbligare i grandi inquinatori a ridurre le emissioni? Ha prevalso l’idea di lasciare nelle mani del mercato, delle forze produttive (o distruttive?) e della finanza la capacità di ridurre le emissioni di gas clima alteranti, come se la crisi finanziaria non avesse insegnato niente sulla mano “visibile” del mercato e sul suo unico interesse: fare soldi. L’assenza dei principali capi di Stato del mondo inquinante e industrializzato al vertice dimostra del resto come la politica sia oggi incapace di prendere decisioni contrarie ai grandi interessi economici e finanziari, anche se la posta in gioco sono le sorti dell’umanità. Chi per una ragione e chi per un’altra tutti privilegiano, sbagliando, le ragioni della crisi economica. Un pensiero primitivo, eppure vincente, quello che dipinge ancora in contrapposizioni l’economia all’ecologia ed ignora i limiti segnalati dalla scienza. E non è certo questa la strada per coniugare le ragioni dell’ambiente con quelle del lavoro.

Le proposte portate dalla società civile e dalla scienza per una seria riconversione energetica ed industriale dell’apparato produttivo, in grado di rispondere concretamente a queste due grandi urgenze, sono rimaste invece inascoltate. Nemmeno sui meccanismi di mitigazione ed adattamento si sono fatti passi avanti concreti per sostenere i paesi più poveri e quelli più vulnerabili, come le isole nel Pacifico che stanno scomparendo per l’innalzamento dei mari. Gli USA che avevano garantito 100 miliardi di dollari ogni anno per il Fondo Verde hanno fatto marcia indietro e non si capisce chi metterà i soldi, come saranno ripartiti e come avverrà il trasferimento di tecnologie pulite.

Siamo in balia delle onde. Per evitare di scoprirci naufraghi sul nostro stesso pianeta dobbiamo fare prestissimo e costruire un campo nuovo che esprima una cultura ed una pratica egemone che ripensi lo sviluppo a partire dai limiti del pianeta. Non è impossibile. La società civile, i movimenti, i lavoratori, i contadini e la scienza sono pronti. Speriamo che la politica questa volta scelga di stare dalla parte giusta. È l’ultima occasione.

Giuseppe De Marzo, portavoce A Sud

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Smart Energy, Smart Life

La Fondazione AEM ha messo sul sito un manifesto sull’energia affine alle nostre posizioni. Ci sembra un fatto interessante perchè consente di aprire lo spazio per una Milano solare come vorremmo si realizzasse. Chi lo condivide può sostenerlo dando la propria adesione.

Se vuoi farne parte anche tu, clicca qui.

Ed invita anche i tuoi amici, inviando loro uno ‘smart wish‘ su Twitter @SmarTree2011 usando #smarttree2011 e su Facebook alla pagina Smart Tree

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Speciale Durban: la lunga notte

Alberto Zoratti, da Durban

La Conferenza delle Parti di Durban, come molti si aspettavano, ha scelto di sforare nei tempi. La fine della plenaria, programmata per ieri, si è rimandata ad oggi con inizio, in sala da decidere, alle 10 ore di Durban. In un Convention center a metà tra il bivacco ed il disimpegno, le delegazioni governative corrono per trovare un accordo che consenta di non far perdere ulteriore tempo al mondo che aspetta. C’è la possibilità di una conclusione comunicabile, non si sa ancora quanto accettabile nei contenuti. E come ogni volta si accende la polemica sul multilateralismo e sulla possibile inutilità dei percorsi Onu, non tenendo presente che chi chiede con forza approcci multilaterali sono proprio i Paesi del sud del mondo, approcci che le grandi potenze come gli Stati Uniti notoriamente rifiutano.

La lunga notte di Durban

Nelle stanze e nei corridoi dell’ICC di Durban si sono fatte le ore piccole. Molti delegati hanno trovato posto sulle poltrone per passare la nottata, altri si sono trovati impigliati in estenuanti negoziati. L’Assemblea plenaria della COP17 ha scelto di non fare il bis della sua precedente versione messicana: sospensione a tarda notte e ripresa alle 10 del mattino di sabato. Ed i testi usciti dagli Indaba lasciano spazio a molte interpretazioni, ma anche ad alcune preoccupazioni. Con una domanda: il multilateralismo val bene una messa?

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Speciale Durban: Attenzione! Il ritardo ti uccide

Si conclude la 17° Conferenza Onu sul clima di Durban, Sudafrica. Dopo due settimane di lavori il solo commento possibile è che l’obiettivo numero uno, ovvero la riduzione di emissioni, è fallito. Kyoto scade tra un anno e non c’è consenso su un nuovo regime vincolante. Unico impegno: la continuazione delle negoziazioni per arrivare ad un patto entro il 2015, la cui validità potrebbe partire dal 2020. Decisamente troppo tardi per la scienza – che parla del picco massimo entro il 2015 – e per evitare la catastrofe, ovvero un aumento della temperatura media di circa 4°c (7 in Africa) l’inabissamento di molti stati insulari e di migliaia di km di coste, desertificazione, eventi climatici estremi, e 350mila vittime l’anno destinate ad aumentare, di cui fanno parte anche le vittime delle alluvioni italiane di questo autunno.

Due anni fa alla Cop15 di Copenaghen erano presenti tutti i capi di Stato e ripetevano che i cambiamenti climatici sono la più grande minaccia per l’umanità. Solo due anni dopo e a situazione ambientale non certo migliorata, a Durban i capi di stato sono assenti e sui giornali quasi ovunque si parla solo di spread e debito, cancellando dalle prime pagine i rischi del caos climatico e le possibili alternative. Anzi, la crisi climatica è diventata spudorata occasione di speculazione per i mercati e la finanza, attraverso i noti meccanismi di carbon trade e redd+. Sullo sfondo, l’occasione fornita dalle grandi potenzialità economiche della green economy – non a caso strategico è il ruolo della Cina – venduta come ricetta per la febbre del pianeta ma in realtà benzina nel motore e nuova frontiera di espansione dello stesso modello di sviluppo che ha causato la crisi climatica ed economica.

Una scelta irresponsabile e disastrosa per le sorti dell’umanità. Dall’altra parte la scienza richiama l’attenzione sulla necessità di agire rapidamente. Movimenti sociali, sindacati, comitati, organizzazioni e associazioni presenti a Durban hanno offerto soluzioni concrete per transitare verso un modello basato sulla sostenibilità sociale ed ambientale. Riconversione industriale, democrazia energetica, agricoltura organica sono le proposte a cui i governi e le forze politiche dovrebbero dare seguito. Facciamo in fretta.

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