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Comunicato costituzione Associazione Energia Felice associata all’ARCI

Il giorno 14 dicembre si è costituita in Lombardia l’associazione Energia Felice, associata all’ARCI milanese. Si tratta di una evoluzione a lungo meditata e costruita in un rapporto collettivo, frutto anche della svolta culturale e politica sui beni comuni e di una pratica di impegno e di lotta a partire prima dalla raccolta di firme sulla proposta di Legge di iniziativa popolare “No al nucleare, Si alle rinnovabili” e poi dal lavoro nel Coordinamento nazionale per il referendum di giugno contro il nucleare. In particolare, il voto referendario rappresenta un fatto politico eccezionale, che ha evidenziato la scelta chiara degli italiani contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua. Dobbiamo sentire la responsabilità di interpretare la volontà del popolo italiano anche di fronte alle resistenze già messe in campo. In questi tempi di crisi occorre costituire un riferimento culturale chiaro per l’attuazione della democrazia, a partire anche dalle soluzioni ai problemi energetici.

Il debito verso la natura procede insieme a quello finanziario. Sanare il primo equivale a risolvere l’altro. Il nostro patrimonio è il pianeta. Il nostro mercato lo sviluppo bio-compatibile. Il nostro futuro l’economia sostenibile. Il nostro miglior alleato contro la crisi globale è l’energia rinnovabile, la nostra arma più potente la sua inesauribile capacità di generare vita. Le risorse per sanare il debito finanziario le abbiamo: quelle risorse si chiamano risparmio ed energie pulite.

L’approccio corrente alla politica energetica va ricomposto: quale società, giusta e desiderabile, quale lavoro dignitoso e quale futuro per la specie umana impongono un quadro nuovo di convivenza con i ritmi, i cicli e le risorse energetiche della biosfera a cui apparteniamo indissolubilmente?

La finalità prevalente di Energia Felice in questa fase è quella di organizzare attività di educazione, formazione e sensibilizzazione sul territorio riguardo ai temi delle fonti rinnovabili, del decentramento territoriale dell’energia, del risparmio e degli stili di vita necessari, dei beni comuni.

Sono già da ora in cantiere diverse attività: incontri di educazione/informazione anche tramite l’uso di internet e dei social media; corsi di formazione; produzione e divulgazione di libri, slide, DVD; partecipazione a convegni, fiere, seminari; proposte alle scuole di primo e secondo grado laboratori didattici, lavoro sul territorio con i circoli ARCI per accessi consorziali alle rinnovabili e sviluppo di piani energetici territoriali.

Per quanto riguarda la comunicazione online è possibile accedere ed informarsi tramite il sito www.energiafelice.it

Per ricevere la newsletter settimanale basta inviare la richiesta con il proprio indirizzo mail a info@energiafelice.it.

Mario Agostinelli, presidente associazione Energia Felice, associata ARCI

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Crisi, clima, governo Monti e attacchi alle rinnovabili

di Mario Agostinelli e Giovanni Carrosio

In questi giorni di inebriamento per la cultura (?!) bocconiana si evidenzia drammaticamente la mancanza di autonomia, se non la subalternità della sinistra, non solo per la debolezza delle sue risposte politiche, ma per il silenzio dei suoi intellettuali, o per il rigetto di posizioni critiche travolte dalla banalità delle argomentazioni dei sacerdoti del mercato. Qui mi limito a riprendere alcune valutazioni sugli incentivi alle rinnovabili che vengono fatte girare come se non fossero dettate da interessi corposi che hanno rappresentanza nel “governo tecnico” e non sono contrastate come deludenti ripetizioni a sostegno del modello che ci ha portato alla crisi.

Per tutto l’anno, il professor Giorgio Ragazzi – Professore associato di Scienza delle Finanze all’Università di Bergamo, che in passato ha lavorato come Economista al Fondo Monetario Internazionale ed è stato Direttore Esecutivo della Banca Mondiale e dirigente (settore finanza) della Montedison, ascoltatissimo consigliere per l’energia dell’area montiana – si è sbizzarrito sugli attacchi alle energie rinnovabili ed alle politiche di incentivazione del settore, su importanti riviste on line come lavoce.info e nelmerito.com. Le sue posizioni non riflettono necessariamente la linea delle due testate, che si presentano come mezzi pluralistici di divulgazione di riflessioni accademiche, ma certamente hanno una importante visibilità nel dibattito pubblico. È allora importante affrontare le critiche con ordine, mettendo in evidenza come il suo ragionamento sia parziale, conservatore e acritico rispetto al sistema energetico basato sulle fonti fossili e viziato da una prospettiva economicistica di breve termine che non gli permette di vedere i reali benefici economici, sociali ed ambientali delle energie rinnovabili e come le politiche di incentivazione messe in atto rappresentino un investimento per il futuro e non un costo irragionevole per il presente.

Ma andiamo con ordine. Al centro della critica di Ragazzi vi sono quattro argomenti principali, che vengono affrontati tenendo insieme una serie di sottotematiche conseguenti volte a rafforzare i motivi di disappunto:

– Il sistema di incentivi alle rinnovabili grava eccessivamente sulle bollette dei consumatori;

– Gli incentivi sono eccessivamente alti rispetto alla capacità produttiva delle energie rinnovabili;

– Le rinnovabili non hanno riscontri positivi sotto il profilo ambientale;

– Non ha senso incentivare nuova produzione di energia in una fase di recessione dei consumi energetici.

Ragazzi non solo ritiene che i prelievi a carico del consumatore per incentivare le rinnovabili siano troppo onerosi, ma considera sbagliata la scelta di scaricare sui consumi i costi di incentivazione.

E’ cosa indubbia che incentivare le rinnovabili scaricando i costi sulle bollette rappresenti una forma di tassazione indiretta di tipo regressivo, poiché i consumi di energia sono scarsamente correlati con i redditi. Ma ritenere sbagliato il metodo di incentivazione significa proporre una strada alternativa, ad esempio proponendo il ricorso alla fiscalità generale, strumento certamente più equo. Oppure imponendo tasse ambientali molto onerose ai grandi inquinatori. Ma in questa fase, dominata da un garbato neo-liberismo, proporre di attingere fondi dalla fiscalità generale sarebbe come strozzare il sistema di incentivazione e tassare ulteriormente le imprese, a detta del mainstream economico, significherebbe intaccare la loro competitività sui mercati internazionali. Difficilmente riusciremo a perseguire queste strade. Il professore, però, non offre proposte alternative perché utilizza la critica del metodo per contestare il merito dell’incentivazione.

Incentivare le energie rinnovabili è sbagliato, a detta sua, per tre motivi: sono poco produttive; non apportano benefici all’ambiente e non serve produrre energia in più in una fase di recessione dei consumi. Ben vengano queste critiche, perché ci consentono di toccare argomentazioni e problematiche che sono taciute da molti.

Valutare i costi di incentivo sulla base dell’energia prodotta è totalmente ingeneroso e miope: l’obiettivo non è avere alcuni Twh oggi, ma sviluppare un settore industriale per il futuro. Il costo del programma energetico, come sostiene il professore Arturo Lorenzoni (IEFE – Bocconi), va rapportato al cambio di paradigma energetico, all’avvio di nuovi settori industriali, all’autonomia energetica dei territori di fronte ad un sempre più alto rischio di shock petrolifero. Per l’energia fotovoltaica, inoltre, il sistema incentivante sta accompagnando il settore verso l’autonomia dagli incentivi, raggiungendo le soglie di economicità per stare sul mercato senza alcun tipo di aiuto.

E non dimentichiamo che le rinnovabili non solo rappresentano un nuovo settore globale sul quale investire per creare occupazione e ricchezza, ma sono anche uno strumento importante per la lotta al cambiamento climatico e per la riduzione delle emissioni di inquinanti in atmosfera. Importanti risvolti ambientali, che il professor Ragazzi nega tirando in ballo “lo scempio di campi agricoli coperti da pannelli, l’invadenza ambientale delle pale eoliche, il rialzo dei prezzi del granturco “bruciato” negli impianti a biomasse con pesanti effetti negativi sull’economia locale delle stalle, per non parlare dell’energia (e conseguente inquinamento) consumata nelle produzioni di pannelli, strutture metalliche, pale eoliche ecc” (vedi qui).

Va da sé che installare pannelli fotovoltaici su terreni agricoli sia una pratica poco virtuosa e che il sistema incentivante, soprattutto nei passati Conti Energia, abbia favorito le speculazioni nel settore. Ma non possiamo certamente imputare soltanto alle politiche di incentivo la responsabilità delle installazioni sui terreni agricoli: le regioni, le province e i comuni devono fare la loro parte per rendere gli investimenti sui propri territori sostenibili sotto ogni profilo, innanzitutto approvando piani energetici ambiziosi, e le procedure di valutazione degli impatti delle nuove fonti energetiche devono essere basate sulla partecipazione dei cittadini e il ricorso ad esperti immuni dalla pressione dei portatori di interesse. Sulla rimodulazione degli incentivi si può discutere, provando a creare un sistema per cui sia incentivato il medio-piccolo impianto che porta un effetto moltiplicatore sulla nostra economia, piuttosto che i grandi investimenti fatti con capitali stranieri, dove i nostri territori diventano soltanto luoghi di accumulazione di flussi globali di capitale.

È bene non confondere la tutela del paesaggio (sacrosanta) con la questione ambientale e non lanciare allarmi propagandistici sulle bioenergie. Esistono esperienze decisamente negative, per le quali dovevano e dovranno essere previste rigorose procedure di valutazione di impatto ambientale, ma esistono moltissimi casi virtuosi di produzione di energia da biomasse, che consentono alle aziende agricole di raggiungere buoni margini di autonomia dai mercati internazionali per il reperimento di fattori produttivi primari come quello energetico. [Sarà nostra cura scrivere sulle differenze tra cattive e buone pratiche nei prossimi articoli].

È poi falsa l’affermazione che i bilanci energetici della costruzione di pannelli e pale sia negativo. Per le pale eoliche i bilanci sono sempre stati positivi, e per i pannelli ormai abbiamo superato anche quel problema.

Nella critica di Ragazzi c’è un vulnus che lascia molto perplessi: attaccare le rinnovabili senza metterle a confronto con il sistema energetico dominante è una operazione che non ha senso. Vuole dire, il professore, che un campo fotovoltaico è peggio di un pozzo petrolifero? O che un campo eolico è più impattante di una centrale a carbone? Il punto della questione è questo: ci stiamo liberando da un sistema energetico fondato sulla geopolitica di guerra e sui disastri ambientali sistematici. Il costo delle rinnovabili va confrontato con tutti i costi reali che abbiamo dovuto sostenere e che dovremo sostenere ancora. E soprattutto bisognerebbe fare il calcolo dei costi (economici, ambientali e sociali) al lordo dei disastri ambientali, non come se questi non si verificassero. E allora, possiamo calcolare quanto costa l’energia nucleare senza tenere in conto i danni economici, sociali e ambientali di Fukushima? O quelli delle fonti fossili, senza tenere in conto del disastro nel Golfo del Messico?

Infine, Ragazzi sostiene l’inutilità di incentivare ulteriore produzione di energia in una fase di recessione dei consumi. Qui tocca un tasto dolente, pur sbagliando il ragionamento. Le energie rinnovabili devono diventare sostitutive delle energie fossili e non sovraproduzione energetica. Dobbiamo fare sì che ogni Gwh prodotto dalle rinnovabili comporti la soppressione di un Gwh prodotto grazie alle fonti fossili.

Possiamo farlo investendo molto sul risparmio energetico, riducendo anche del 30-40% i consumi energetici, e investendo nelle reti intelligenti. Possiamo farlo creando dei sistemi territoriali di produzione e consumo di energia, adottando piani energetici ambiziosi che prevedano la riduzione dei consumi e la contestuale sostituzione delle energie fossili con quelle rinnovabili. Possiamo farlo pensando ad innovativi modelli organizzativi, lavorando sulle cooperative di consumo, introducendo forme di democrazia partecipativa nella gestione delle ex municipalizzate, per rivendicarne la ormai perduta vocazione territoriale, pensando a nuove relazioni tra grandi città e campagne sulla scorta di quanto sta accadendo per le filiere corte del cibo.

Le rinnovabili, prima di un fatto tecnico-economico, sono un grande fatto sociale. Anche per questo, il loro valore è immenso. Non si può ridurlo ad una insana disputa sul costo degli incentivi.

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Le comunità dell’energia di Livio de Santoli

“Cerchiamo di immaginare centinaia di milioni di uomini che producono la propria energia verde nelle proprie abitazioni, negli uffici, nelle fabbriche, e la condividono reciprocamente in un Internet dell’energia, nello stesso modo in cui condividiamo informazioni online… In un mondo verde e sostenibile, ogni regione viene trasformata in uno spazio sociale, economico e politico altamente integrato… un ecosistema autosufficiente e sostenibile, che sappia produrre gran parte dell’energia di base, dell’alimentazione e della fibra necessarie alla popolazione… Nel XXI secolo, migliaia di biosfere regionali saranno interconnesse da una indivisibile rete energetica… che attraverserà i continenti, permettendo ad ogni nodo della biosfera di condividere i surplus e di colmare i deficit…” (dall’introduzione di Jeremy Rifkin).

Nel suo libro, Livio de Santoli propone “un modello energetico che è anche modello economico e sociale” basato “sulla conoscenza e non sul consumo, sull’attività e non sulla passività, sul sentimento di inadeguatezza del presente…”; rimandando alle necessarie “decisioni politiche ormai non più procrastinabili “ e alle “responsabilità individuali” si chiede: “ma siamo davvero ancora disposti a delegare, come sempre, in un campo che può invece vederci protagonisti?”.

Un sociologo un po’ sognatore? De Santoli è ingegnere, ordinario di Fisica tecnica ambientale alla Sapienza di Roma; è responsabile per l’energia dello stesso ateneo che, a partire dal 2006, si è dotato di una “rete di teleriscaldamento che fa capo a 24 sottostazioni termiche” e “24 cabine di media/bassa tensione per una potenza di trasformazione installata di circa 12 MW”… La Città Universitaria della Sapienza a Roma è una città nella città, costituita da circa un milione di metri cubi tra uffici, aule, dipartimenti, laboratori, con cinquantamila persone che studiano, lavorano, transitano ogni giorno.”

De Santoli dunque ha già sperimentato la sua proposta del “sistema a isola” e dei “distretti energetici” che sarebbero in grado “di utilizzare al meglio le risorse energetiche disponibili, eliminando gli sprechi” che “attualmente, nelle grandi centrali termoelettriche” sono quantificabili “fino al 50% dell’energia potenzialmente presente nel combustibile”. Si tratta di energia che “viene dispersa in ambiente sotto forma di calore, e questo perché tali impianti sono lontani dai centri abitati e dai centri di consumo”. Come per il settore agroalimentare, De Santoli ripropone anche per l’energia il modello “a chilometro zero” e la costituzione di “comunità dell’energia”.

Con Jeremy Rifkin ha partecipato alla stesura di un Master Plan per l’Energia a Roma e ha impostato il Piano d’azione per l’Energia Sostenibile di Roma per il periodo 2011-2020. Poiché “l’obiettivo di Roma è di installare 1GWp di fotovoltaico… che significa il 15% del fabbisogno elettrico della città e quasi il 40% del fabbisogno del milione di famiglie presenti in citta…”, ha dovuto affrontare la problematica dell’inserimento di pannelli fotovoltaici in aree a vincolo architettonico, culturale e paesistico. Al proposito è interessante la descrizione di dettaglio dell’intervento di copertura fotovoltaica dell’aula Nervi.

Un libro che si legge d’un fiato, anche per i non addetti, con un mix di “visione” sociologica e prospettica ben ancorato alla “tecnica” e documentato dalla “pratica”. Non addetti? “Ma siamo davvero ancora disposti a delegare, come sempre, in un campo che può invece vederci protagonisti?”.

di Daniela Patrucco

 

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Retenergie, intervista (video)

Durante l’assemblea annuale della cooperativa Retenergie che si è svolta il 22 ottobre 2011 a Reggio Emilia intervista a Marco Mariano sugli scopi di questo progetto.

Retenergie Società Cooperativa nasce il 19 dicembre 2008 a Fossano (Cuneo) per iniziativa di un gruppo di persone impegnate nel campo delle autoproduzioni di energia da fonti rinnovabili. L’idea alla base della Cooperativa consiste nel produrre energia rinnovabile da impianti di produzione a basso impatto ambientale attraverso la forma dell’azionariato popolare (come allargamento dell’esperienza “Adotta un kw” promossa da Solare Collettivo).

La sfida progettuale è includere gli utilizzatori finali di energia, chiudendo un circolo virtuoso che parte dalla produzione arrivando fino al consumo. Essa costituisce un’opportunità economica dalla forte connotazione ideale per chi è attento a problemi ambientali e sociali quali inquinamento, limitatezza delle risorse, equità nella loro distribuzione. La forma scelta è la cooperativa perchè gli obiettivi devono essere coerenti con i mezzi utilizzati per raggiungerli: partecipazione, autogestione, solidarietà. Sono benvenute proposte e critiche, per condividere il cammino: la cooperativa è un’impresa che si costruisce insieme strada facendo.

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29 ottobre: Manifestazione Nazionale di Adria

Riceviamo e inoltriamo questa comunicazione dal Comitato del Polesine per la Manifestazione del 29 ottobre p.v.

L’assemblea di ieri sera ad Adria ha messo a punto le modalità organizzative. Aprirà il corteo lo striscione del comitato polesano seguito dalle famiglie. Seguirà lo striscione nazionale con i rappresentanti di tutte le associazioni promotrici. Poi gli striscioni e le bandiere delle singole associazioni. In particolare rivolgo un invito ai movimenti per l’acqua affinchè portino il loro insieme alle loro bandiere.Vogliamo sottolineare la relazione tra acqua-energia-clima. Chiuderanno il corteo i Partiti con le loro bandiere. In sostanza ci si propone di realizzare una Manifestazione allegra, colorata e ovviamente pacifica. E’ stato costituito uno specifico gruppo di lavoro per assicurare un adeguato servizio d’ordine.

Dal palco parleranno tre rappresentanti: uno del comitato polesano, uno del coordinamento regionale e uno del coordinamento nazionale.Ciascun livello decide come regolarsi. Si effettueranno alcuni collegamenti telematici con i presidi previsti negli altri siti. Poi si alteranno i rappresentanti dei Partiti che hanno aderito per brevi interventi. Chiuderemo con un simpatico concerto, di buon livello.

Ora tocca a ciascuno di noi organizzare da ogni luogo la partecipazione. La lotta del Polesine assume un valore nazionale perchè l’alternativa energetica basata sulle energie distribuite, le rinnovabili e l’efficienza energetica passa oggi attraverso la sconfitta del carbone, la fonte fossile più nociva alla salute, all’ambiente, al clima e all’occupazione. Il nostro recente convegno di Rovigo ha messo in luce come gli investimenti nelle rinnovabili e nell’efficienza producano risultati occupazionali incomparabilmente superiori (da 10 a 15 volte). Ai quali vanno aggiunti i posti di lavoro che si potrebbero creare con adeguate politiche volte a promuovere un turismo ecocompatibile, come ha incominciato a fare l’Emilia Romagna con risultati tutt’altro che disprezzabili. Il Delta è poi un bene comune che vogliamo tutelare.

Queste brevi note sono finalizzate ad invitare le associazioni promotrici e i singoli aderenti a coordinarsi a livello di singola città e provincia per promuovere una partecipazione organizzata nella bella città di Adria. E ora, come si diceva una volta: al lavoro e alla lotta.

Un caro saluto a tutti,

Oscar Mancini, Coordinamento veneto contro il carbone, 18 ottobre 2011

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