Il video in cui Mario Agostinelli presenta il suo nuovo libro IL MONDO AL TEMPO DEI QUANTI, scritto con Debora Rizzuto e pubblicato da Mimesis/Eterotopie (2017)
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Nikola Tesla e Donald Trump: con la testa rivolta alle spalle
Trump e Tesla si collocano ad almeno 120 anni di distanza l’uno dall’altro, ma un confronto tra le loro visioni risulta impietoso per l’arrogante Tycoon e il tempo, a giudicare dal programma energetico del nuovo Presidente, sembrerebbe essere trascorso invano.
Nikola Tesla in una intervista di fine ‘800 affermava che ci sono tre maniere con le quali l’energia che determina il progresso umano può essere aumentata. “In primo luogo, noi possiamo aumentare la massa. Questo, nel caso dell’umanità, significherebbe il miglioramento delle condizioni di vita, la salute, la cura della prole ecc… In secondo luogo, noi possiamo ridurre le forze di attrito che impediscono il progresso, come l’ignoranza, l’insanità, e il fanatismo religioso. In terzo luogo, noi possiamo moltiplicare l’energia a disposizione della massa umana imbrigliando le forze dell’universo, come quelle del sole, dell’oceano, dei venti e delle maree. Il primo metodo aumenta la quantità di cibo e il benessere. Il secondo metodo porta alla pace. Il terzo metodo aumenta la nostra capacità di lavorare e di raggiungere risultati. Non ci può essere progresso che non sia costantemente diretto verso un incremento del benessere, della salute, della pace e dei risultati del lavoro. Questa concezione, ancorché meccanicistica della vita, è uno degli insegnamenti di Buddha e del Sermone della Montagna”.
Difficile concordare sempre con il tumultuoso genio serbo croato e le sue pulsioni, ma il suo ragionamento esprime, nel pieno della seconda rivoluzione industriale, una visione preveggente che evidenzia e cerca un collegamento di fondo tra energia, natura e società futura.
L’energia è tra le risorse più critiche per il nostro domani e siamo di fronte alla più grave crisi energetico-climatica da quando politica e scienza possono concorrere a trovare soluzioni globali. Finora la combustione ha costituito la trasformazione per eccellenza delle fonti e la termodinamica se ne è occupata scoprendo quanto e in che modo l’energia, mentre si conserva, contemporaneamente si degrada. Si è anche constatato, bruciando i combustibili fossili, che la natura ha immagazzinato quell’energia su una scala temporale totalmente disgiunta da quella in cui gli uomini oggi portano a termine i processi di combustione.
Naturalmente, l’ambiente attuale viene turbato e i cicli naturali, coi loro tempi biologici “lenti”, non riescono a smaltire l’effetto odierno di combustione istantanea di quella “energia antica” accumulata sottoterra in milioni di anni. Tesla ci dice, nella sua visione qui assai più sociale che meramente tecnica, che la politica energetica è anche una politica sociale, poiché ci sono di mezzo benessere, pace, salute.
D’altro lato, valutiamo la direzione a cui Trump e il suo staff, guidato dall’ex Ceo della Exxon, spingeranno il mondo attuale dall’alto della potenza ancora dominante. Da subito sono stati messi in cantiere gli studi per puntare sull’invecchiamento delle centrali nucleari operative ed è stata avviata un’inchiesta entro i ministeri e l’Epa per identificare il personale che ha giocato un ruolo nella promozione dell’agenda climatica di Barack Obama (un’autentica caccia alle streghe nelle memorie e tra le mail dei computer). Già durante la campagna elettorale, Trump ha promesso di annullare l’accordo sul clima di Parigi e ora è all’opera senza ripensamenti.
I progressi nelle tecnologie di energia pulita attraverso garanzie di prestito e incubatori per le imprese e la scrittura di norme di efficienza per gli elettrodomestici sono stati sospesi. Alla notizia, l’indice per l’Energia Standard & Poor’s 500 è immediatamente salito dello 0,3 per cento, raggiungendo il livello più alto dal giugno 2015. Exelon Corp., il più grande operatore di energia nucleare negli Stati Uniti, ha guadagnato il 2 % alla borsa di New York. Tom Pyle, il capo del team del Dipartimento per l’Energia di Trump e presidente del gruppo di difesa del libero mercato ha sostenuto la necessità di rilanciare petrolio e gas da scisto, di sostenere il mercato del carbone, di abbandonare la Advanced Research Projects Agency-Energy focalizzata sulle energie pulite, e di riconsiderare 1,3 miliardi di dollari di finanziamento a 475 progetti per le batterie e i sistemi di accumulo in rete.
Secondo il nuovo staff le previsioni sotto il governo Obama hanno sottostimato la produzione futura di petrolio e di gas da scisto degli Stati Uniti e hanno illegalmente bloccato il progetto di stoccaggio delle scorie nucleari a Yucca Mountain nel Nevada.
Benessere con energia pulita, salute, pace, annunciava Tesla in una intervista del 1899. Trump risponde a suo modo: non si imbrigliano le forze della natura, ma si continua a estrarre dalle viscere della terra e dall’isolamento degli isotopi dell’uranio il “fuoco” per rendere grande l’America, si sradica il diritto alla salute abolendo i contrastati tentativi dell’Obama Care, si ritorna a calpestare cogli eserciti di terra, confondendoli con l’Islam, i territori e le vie del gas e del petrolio concorrente con quello USA non convenzionale.
Non una bella prospettiva per un 2017 che comincia sotto il segno di un improbabile salvatore dell’impero più potente del mondo. Né per il mondo, né per l’America stessa che si risveglia sorpresa e divisa. E neppure per Tesla che si rivolterà nella tomba.
Carbone a Genova: roba da matti!
Il 22 novembre scorso, il direttore della Autoritè de suretè nucleaire francese (Asn) Pierre-Franck Chevet, in seguito alla scoperta di una crepa nella copertura del reattore sperimentale Epr (reattore ad acqua pressurizzata) in costruzione a Flamanville, comune situato nel dipartimento della Manica nella regione della Bassa Normandia, ha deciso di riconsiderare l’intera “catena di controllo” per rendere l’atomo più sicuro e di chiudere, per un certo tempo, 20 dei 58 reattori nucleari presenti sul territorio francese. Il problema riscontrato riguarda un eccesso di carbonio nella copertura in acciaio speciale nell’impianto in costruzione (dal 2005!) e si accompagna ad altri riscontri di insufficiente affidabilità in alcune centrali in attività.
La Francia, che è il più grande Paese esportatore netto al mondo di energia elettrica e vende principalmente in Italia, Gran Bretagna, Svizzera, Belgio e Spagna, produce per il 75% con l’atomo, con una disponibilità di potenza di 63.200 MW, ma si è trovata costretta a ridurre pesantemente gli obbiettivi di generazione – dal 1998 previsti sopra ai 400 TWh – in seguito alle ispezioni e ai fermi in atto. Data la mancanza di flessibilità del sistema elettrico francese, le interruzioni di massa drenano potenza da tutta Europa oltre a mettere in discussione il “prestigio” del nucleare transalpino nel mondo.
La produzione è in costante calo da maggio, secondo la Reuters, per due ragioni:
1) EDF possiede la maggior parte dei reattori di Francia, ma l’azienda ha gravi problemi finanziari e molti dei suoi progetti hanno un rating inferiore all’investment grade. Con più di 40 miliardi di dollari di debito le azioni di EDF, di cui il governo francese detiene l’85%, sono crollate del 55% nel corso dell’anno passato.
In un Sistema interconnesso come quello europeo, l’aumento del prezzo del MWh nucleare fa arretrare l’importazione dalla Francia per i paesi confinanti mentre richiede che quest’ultima sfrutti impianti sottoutilizzati in territorio estero per supplire il calo di produzione. Ciò vale in primis per la Germania che ha diversificato le sue fonti di alimentazione e accresciuto la sua capacità da fonti rinnovabili lasciando sottoutilizzata in parte la sua flotta convenzionale (i prezzi tedeschi sono stati di 33,65 € / MWh contro i 45,60 € / MWh dell’atomo dei vicini).
L’Italia intanto ha aumentato le sue esportazioni del 198% e ridotto le importazioni nette (-62%) dando fiato a quelle voci che al ministero dello Sviluppo vorrebbero la ripresa della produzione da fonti fossili, pur sapendo che la buona diffusione delle rinnovabili (ora contrastata) fa la differenza tra le varie zone del Paese (l’Italia settentrionale è quella che sta soffrendo di più per l’attuale situazione).
E qui si inserisce il colpo a effetto dell’italiano ministero dello Sviluppo economico: riaprire la centrale a carbone di Genova. Era stata spenta questa estate, dopo aver esaurito le 2.200 ore di produzione autorizzate per il 2016. Per quest’anno era in programma la dismissione programmata dall’Enel, con una chiusura anticipata nonostante sulla carta avesse ancora 2.000 ore previste. Ma la colpa è dei Francesi… Il pericolo di carenze energetiche risveglia dunque appetiti che sembravano sopiti. “Una decisione gravissima – dichiara Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia – che usa scuse rese risibili dalla enorme sovracapacità italiana: siamo in grado di produrre quasi 117 GW di energia elettrica a fronte del massimo picco di domanda interna di 60,5 GW”.
La risposta del Gestore dei mercati elettrici (GME) è stupefacente: “La produzione termoelettrica a carbone, la cui quota attualmente è limitata dalla forte competizione con le rinnovabili soprattutto nelle ore vuote, potrebbe tornare a un funzionamento baseload nel medio periodo. Questa possibilità si conferma nell’ipotesi che i mercati delle commodities mantengano lontano lo switching nel merit order fra impianti a carbone e cicli combinati a gas”.
L’uso ormai smodato dell’inglese significa che tra carbone e rinnovabili si torna al punto di prima, con buona pace per la vista sul porto da Sampierdarena, per chi vuole continuare a trivellare in mare, per A2A che brucia lignite in Montenegro, per le nostre bollette in aumento e per l’accordo per la riduzione di emissioni di anidride carbonica COP21, che recentemente è andato in vigore anche con l’approvazione di governo e parlamento italiani.
Bolletta elettrica: le novità del 2017
a cura di Roberto Meregalli
Per prima cosa col primo gennaio è scattato un leggero aumento delle bollette, per la precisione dello 0,9%, causato fra l’altro dalla situazione di crisi del nucleare francese che già nell’ultimo trimestre da ridotto la convenienza delle importazioni d’oltralpe. Ma aldilà di questo aumento, col nuovo anno sono diverse le novità rilevanti, soprattutto per chi è rimasto nel servizio di maggior tutela.
Il servizio di maggior tutela: un servizio in scadenza
Ciascuno di noi riceve una bolletta emessa da un “venditore” di elettricità che può operare in ambito di servizio di maggior tutela o di mercato libero. Non tutti in verità ne sono coscienti, ma basta guardare l’intestazione della bolletta per capirlo perché sotto il logo del fornitore deve essere chiaramente riportato se si tratta si servizio di maggior tutela o no (Altra novità dell’anno è che Enel Servizio Elettrico ha cambiato nome in Servizio Elettrico Nazionale…
La presidenza di Trump: poco sole, tanto petrolio e… nucleare
Allo stato attuale delle nomine del suo governo, possiamo già avere idea di quali saranno gli orizzonti energetici della presidenza Trump. E’ un governo di Paperoni e si profila come “il più ricco della storia moderna americana“. La squadra di Bush nel 2001 vantava un patrimonio complessivo stimato in circa 250 milioni di dollari, pari ad appena un decimo della ricchezza del solo Wilbur Ross, il ministro del Commercio scelto da Trump che, secondo Forbes, ha un patrimonio di 2,5 miliardi di dollari.
Todd Ricketts, il vice designato di Ross al Commercio “è figlio di un miliardario ed è comproprietario dei Chicago Cubs”, mentre Steven Mnuchin che Trump ha nominato per guidare il dipartimento del Tesoro, è un ex manager di Goldman Sachs, executive di un fondo speculativo e finanziatore di Hollywood.
Miliardaria anche Betsy DeVos, selezionata come futuro ministro dell’Istruzione: la ricchezza della sua famiglia ammonta a 1,5 miliardi di dollari. Mentre Elaine Chao, prossimo ministro dei Trasporti, è la figlia di un magnate delle spedizioni marittime. Harold Hamm, papabile ministro dell’Energia, è un magnate del petrolio che si è fatto da solo e che figura al 30esimo posto nella classifica di Forbes sui 400 uomini più ricchi d’America.
L’assunzione recente a segretario del Dipartimento di Stato di Tillerson, il Ceo di Exxon (la più grande azienda energetica del mondo). Se si stima la ricchezza del presidente eletto Donald Trump sui 3,7 miliardi di dollari, si può calcolare che i patrimoni del governo che entra in carica valgono più del Pil delle ultime 120 nazioni.
Una squadra siffatta ha presente il business assai più del clima del pianeta. Chris Mooney, Brady Dennis e Steven Mufson, a nome dei gruppi ambientalisti, hanno protestato l’8 dicembre per la nomina di Scott Pruitt, il procuratore generale del petrolio e del gas ad alta intensità dello stato di Oklahoma, a capo della Environmental Protection Agency (Epa), una mossa di aggressione alla pur prudente politica sui cambiamenti climatici del presidente Obama e un segno di svolta dell’eredità ambientale. Pruitt, che è stato anche attivo in gruppi religiosi e ricopre il ruolo di diacono della Prima Chiesa Battista di Broken Arrow, ha trascorso gran parte della sua vita, come procuratore generale, combattendo la stessa agenzia che è stato nominato a guidare.
Pruitt ha difeso la ExxonMobil quando cadde sotto inchiesta da parte dei procuratori generali di Stati più liberali che cercavano informazioni sul fatto che il gigante del petrolio non avesse rivelato informazioni sui cambiamenti climatici. Ora il suo amico siede addirittura al Dipartimento di Stato, con l’applauso dell’Eni di Descalzi e l’assenso di Putin che ha messo in fibrillazione i giacimenti russi in una fase in cui tornerà in crescita il prezzo di petrolio e metano.
L’Oklahoma, il “protettorato di Pruitt, è classificata al quinto posto nella nazione per la produzione di petrolio greggio nel 2014, ha cinque raffinerie di petrolio, 73 impianti di perforazione e ospita Cushing, il gigante di stoccaggio di petrolio da fracking. Appena nominato le quotazioni dell’etanolo per biocarburante sono crollate del 7%.
Ma non è tutto: è partita un’autentica caccia alle streghe. I consulenti per il presidente eletto Donald Trump stanno sviluppando piani per rimodellare i programmi del Dipartimento di Energia, sostenere l’invecchiamento delle centrali nucleari in opera e identificare il personale che ha giocato un ruolo nella promozione dell’agenda per il clima del presidente Barack Obama.
La squadra di transizione ha infatti chiesto all’Agenzia di elencare i dipendenti e collaboratori che hanno partecipato agli incontri sul clima delle Nazioni Unite (Parigi e Marrakesh in particolare) insieme a coloro che hanno contribuito a sviluppare le metriche dei costi sociali dell’emissione di carbonio durante l’amministrazione Obama, utilizzate per la stima e la giustificazione dei benefici per il clima di nuove regole di risparmio e promozione delle rinnovabili.
I consulenti sono anche alla ricerca di informazioni sui programmi di prestito dell’agenzia, per le le attività di ricerca e per fornire la base per le statistiche. In fondo Trump aveva promesso di eliminare gli “sprechi” del governo a favore del pubblico e di annullare l’accordo sul clima di Parigi nel quale quasi 200 paesi si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra. Non sfiniti dal loro attivismo negazionista, gli stessi consulenti del Presidente stanno studiando come rilanciare il piano sospeso di deposito delle scorie di rifiuti radioattivi a Yucca Mountain del Nevada. Se il buongiorno si vede dal mattino…