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Il tramonto del nucleare

Da Il Fatto Quotidiano, 31 marzo 2011

Fukushima segna la fine del ciclo del nucleare civile. Il Giappone ha rappresentato nel mondo del dopoguerra l’eccellenza nell’uso consapevole della tecnologia; esibisce una tradizione secolare di potenza industriale; mantiene un’efficienza degli apparati statali che gli consente di resistere a una catastrofe altrove insostenibile e di ricostruire in quindici giorni tre quarti delle autostrade squarciate dal terremoto. Eppure l’incidente nucleare più grave mai avvenuto – e in ogni caso possibile, perché intrinseco al processo di fissione – esce di controllo e assume contorni sempre più spaventosi. Le difese messe in atto sembrano richiamare un passato di guerra: interventi d’emergenza disperati, reticenza voluta nell’informazione, sacrificio di vite umane e di tecnici eroi come kamikaze. La linea di difesa di chi continua a proporre “reattori sicuri” è quella della ridondanza dei sistemi di sicurezza (tripli circuiti, contenitori ultraresistenti, software sofisticatissimi) che renderebbero le macchine fornitrici di energia elettrica sempre più complesse e costose.

L’avventura del nucleare si scontra così con l’insostenibilità dei costi e con la progressiva maggiore convenienza delle altre fonti, in particolare quelle rinnovabili. Riporto qui un’analisi convincente delle “curve di apprendimento” del nucleare statunitense e francese e del fotovoltaico (l’energia oggi più cara). Si definiscono economie di apprendimento quelle che consentono, coll’affermarsi di una tecnologia e all’aumentare del volume di produzione cumulato di un prodotto, di osservare una riduzione dei costi medi unitari. Si presume che le competenze accumulate dalle imprese durante la loro permanenza sul mercato permettano un miglioramento continuo dei processi di produzione, dell’allocazione delle risorse e via dicendo. Generalmente, con l’affermarsi di una tecnologia, scendono i costi. È così per i microchip, per le automobili, per l’industria del vetro, per le centrali a gas, per l’energia eolica e per il fotovoltaico.

Esistono tuttavia rari casi di apprendimento ‘negativo’ dove i costi crescono, anziché diminuire, con la produzione cumulata. È il caso, sorprendentemente ignorato, dell’industria nucleare – qui analizzata per i reattori costruiti negli Usa (curva blu) e per quelli installati in Francia (curva rossa) – dovuto alla complessità crescente del sistema e al ciclo del combustibile, per cui non è ancora fattorizzato in maniera convincente il trattamento delle scorie. Proviamo quindi ad accostare le curve di apprendimento di nucleare e fotovoltaico fornite dallo studioso austriaco A. Gluber. L’andamento parla da solo.

Alla luce degli avvenimenti degli ultimi giorni, la relazione tra sicurezza nucleare, tecnologia degli impianti e risultati porterebbe le curve totalmente fuori controllo. Nel giro di un anno abbiamo la possibilità di installare più capacità di generazione con le rinnovabili di quanto permetterebbe il programma nucleare italiano in 10 anni. Che fare? Moratoria o un razionale De profundis?

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Petrolio, cambiamo di nuovo vita

Spettacolo teatrale

Venerdì 1 aprile, ore 21:00

Teatro Barrio’s – Via Barona angolo Via Boffalora – MILANO

Da un soggetto di Gabriele Porrati

Con: Gabriele Porrati (monologhi), Paolo Ciccone, Angela Giassi, Martina Fontana (autoharp e voce), Gian Maria Franzin (pianoforte), Mario Rovati (chitarra e voce)

Inizia il declino della risorsa che ha rivoluzionato gli ultimi decenni di storia mondiale modificando completamente le nostre esistenze. Nessuno Si è mai preoccupato di spiegarci che stavamo vivendo un momento di abbondanza energetica transitoria. Ora cambieremo nuovamente modelli di vita ed abitudini. E ne usciremo ritrovando molte cose che ci eravamo persi per strada. Muoviamoci, il futuro ci aspetta!

Lo spettacolo “Petrolio, cambiamo di nuovo vita”, si prefigge di portare queste tematiche all’attenzione del pubblico, intercettando la voglia crescente che tutti quanti abbiamo di riuscire a “vivere meglio” di quanto oggi non ci riesca di fare. Se tutti fossimo più aperti verso il mutamento; se lo temessimo di meno, se non lo vedessimo come un nemico ma come un alleato, se i nostri sforzi fossero tesi a cambiare le cose anziché cercare di mantenerle uguali a loro stesse, riusciremmo a realizzare che in una transizione – peraltro ineluttabile – avremmo una gran quantità di cose da ritrovare, che sarebbe bello scambiare con quelle che è necessario lasciarsi dietro.

In collaborazione con Progetto Cambiamo di Pavia, TerreMoto Teatro e MDF Movimento Decrescita felice Milano

Info: www.cambiamo.orgterremototeatro.blogspot.com

Ingresso 5 Euro

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Assemblea – Difendiano i beni comuni

Difendiano i beni comuni: l’acqua, l’aria, il cibo

Assemblea

30 marzo 2011 – ore 20 30 – Sala Alessi – Palazzo Marino

Saluti di Basilio Rizzo, consigliere comunale

Presiedono: Giovanna Procacci – Franco Calamida

Interventi di: Luigi Ferrajoli, teorico del diritto – Gianni Tamino, Docente di biologia – Diego Parassole, artista – Antonio Lupo, Comitato amigos sem terra Italia – Mario Agostinelli, Comitato Energia Felice – Erica Rodari, Comitato referendum acqua di Milano e provincia – Alberto Patrucco, artista – Emilio Molinari, Contratto mondiale dell’acqua.

I cambiamenti climatici, la desertificazione, le carestie, l’esaurirsi di fonti energetiche tradizionali, impongono di rivoluzionare il nostro modo di guardare al mondo. Non risolveremo i suoi, cioè nostri, problemi con le stesse categorie conoscitive e con le pratiche con le quali li abbiamo creati. Occorre affermare, oltre quella ambientale, anche una nuova civiltà giuridica, all’altezza della sfida.

L’acqua, l’atmosfera, altri beni ecologici, che in passato non erano neppure considerati beni, ma semplicemente cose, sono oggi considerati beni comuni, a causa dell’intervenuta scarsità, e si sono rivelati fondamentali per la sopravvivenza del genere umano. Sono beni comuni l’aria, l’acqua, l’accesso e la fertilità della terra, il cibo, e le attività umane non devono ridurli a merce. La sovranità alimentare è il diritto di tutti i popoli di scegliere il proprio modello di produzione e di consumo degli alimenti, con sistemi doversificati e su base contadina.

In difesa dei beni comuni, contro le privatizzazioni e i feroci monopli della multinazinali (dell’acqua, degli alimenti, delle risorse energetiche) sono cresciuti, in molte parti del mondo, importanti movimenti e pratiche di mutualità sociale.

Nella nostra realtà l’obiettivo del movimento per l’ acqua pubblica, e il milione e 400 mila firme raccolte per il referendum, ha assunto un valore emblematico, un simbolo che codifica una raltà articolata, un convergere di esperienze sociali diverse: le reti dei gruppi di acquisto solidale, le associazioni, i partiti, i sindacati, collettivi dei quartieri, i distretti di economia solidale, e molti che hanno ritrovato la passione e le condizioni per un rinnovato impegno sociale e politico.

C’è anche la buona politica, possiamo nobilitare la politica, indicare una prospettiva, in un mondo in cui non tutto sia merce e sia possibile un modello di sviluppo alternativo, che non divori risorse energetiche e bellezze della natura. Per questo è necessario il successo dei referendum in difesa delll’acqua pubblica e di quello contro il nucleare.

Promossa da: Adesso basta! Comitato di Milano e Provincia “due si per l’acqua bene comune”.

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Mail bombing per dire NO al nucleare

PER DIRE NO AL NUCLEARE RISPONDENDO ALLE RECENTI DICHIARAZIONI DI FORMIGONI

«Le centrali nucleari in Lombardia – dichiara Silvia Gadda, segretario dei GD Lombardia – che vuole così tanto il Presidente Roberto Formigoni, saranno forse pronte quando lui avrà 80 anni. Noi, che ne avremo 35 di anni, le centrali nucleari non le vogliamo».

Arriva un messaggio forte e chiaro dai Giovani democratici della Lombardia, da sempre contrari al ritorno del nucleare in Italia, perché convinti che la via da seguire sia quella di uno sviluppo con fonti energetiche “pulite”.

«Lo scorso 19 dicembre – spiega Bufalino Giuseppe, esperto delle tematiche ambientali per i giovani del PD – eravamo tantissimi a Viadana, nel mantovano, per manifestare contro la politica scellerata del governo e del presidente Formigoni sul ritorno del nucleare in Italia; il popolo italiano si è già espresso contro questa ipotesi col referendum del 1987. Abbiamo deciso, a seguito delle dichiarazioni del presidente Formigoni di venerdì scorso con cui apre all’ipotesi di costruire nuove centrali nucleari nel nostro territorio, di sommergere di e-mail gli uffici di Regione Lombardia per far sentire la nostra voce e per ribadire l’invito a chi governa la regione di meditare e considerare con attenzione la prospettiva di sviluppo energetico che vogliamo per il nostro paese e per la nostra regione». I giovani ritengono che il governatore della Lombardia dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso: le sue recenti dichiarazioni (favorevole al nucleare in Lombardia) “cozzano” in modo evidente con quanto promesso in campagna elettorale (assolutamente contrarie al nucleare il Lombardia).

Tutti i cittadini lombardi sono invitati a inviare un’E-MAIL al presidente Formigoni e agli assessori per dire NO al Nucleare.

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Nucleare e vita, due entità incompatibili

Da Il Manifesto, 20 marzo 2011

I “ripensamenti” del Governo in materia nucleare vanno valutati sulla base della confidenza carpita alla Prestigiacomo a Montecitorio: un escamotage per prendere tempo e svuotare i referendum che, al punto in cui siamo, potrebbero essere fatali per una coalizione sempre più distante dagli elettori. Bisogna essere molto lucidi e non cedere ad una tattica che potrebbe rimuovere la questione di fondo dell’insostenibilità ambientale, sociale ed economica dell’energia atomica in sè, per ripiegare sulle soluzioni tecniche che esorcizzerebbero scenari catastrofici. La linea su cui si attesterà il fronte della difesa ad oltranza del nucleare è quella già esposta dai “pentiti”: ammettere l’inaffidabilità dei “vecchi” impianti tutt’ora in funzione per rimarcare di converso l’assoluta attendibilità di “nuovi” reattori, che differiscono dai primi per una illusoria ridondanza di dispositivi di sicurezza. L’incidente verrebbe così in pratica esorcizzato, “seppellito” sotto una coltre di costosissimi marchingegni precauzionali. Il problema in discussione non sarebbe quindi più quello dell’intrinseca impossibilità di eliminare effetti incommensurabili – come è purtroppo di nuovo sotto gli occhi di tutti in Giappone -, ma quello dell’approntamento di apparati tecnologici sempre più imponenti e sofisticati, in un inseguimento del “rischio zero” così illusorio da non avere mai fine. Una chimera così oggettivamente irraggiungibile da diventare obiettivo più della sfera della comunicazione persuasiva che di quella scientifica. Quindi, roba da ingegneri e da supertecnici schierati, sostenuti da fini comunicatori, che, con un aggiornato “latinorum”, si affannano a illustrare schemi complessi e ostici per il grande pubblico e a denunciare la mancanza del quarto o quinto circuito di raffreddamento, che avrebbe sicuramente salvato Fukushima e che sarà ovviamente presente negli impianti da costruire in futuro. Quindi, se prima la colpa era degli screditati reattori sovietici a grafite, adesso sotto accusa sono i BWR giapponesi ad acqua bollente, dimenticando che una centrale di quel tipo a Caorso è stata chiusa solo grazie ai cittadini che hanno votato al referendum dell’87 “sull’onda dell’emozione”. A parte il bizzarro e incredibile Veronesi che si dà una pausa di riflessione, il Romani che ha sostituito da par suo l’astro rinascente Scajola, i Vespa e i Testa in tempi più tranquilli accamperanno la “sicurezza totale”, rappresentata dagli EPR ormai invendibili di Areva, arricchiti di qualche orpello in più.

Stante così le cose, meglio andare al cuore del problema: un reattore a fissione funzionante è comunque in termini energetici un incidente latente “moderato e controllato”. Contenuto e tenuto a bada da barre, circuiti di raffreddamento, contenitori a tenuta stagna, complessi sistemi software, fintantoché non se ne scopre l’insostenibile contenuto termico e radiante, a seguito di qualche malfunzionamento dovuto all’ambiente reale di cui l’impianto è entrato a far parte. Un contesto vero e non sulla carta, fatto di eventi e catastrofi naturali, di errori umani, di inaffidabilità gestionale e tecnica connaturati alla vita quotidiana. In realtà, la terrificante densità energetica delle trasformazioni atomiche controllate (la fissione di un grammo di uranio corrisponde alla combustione di 2 tonnellate di carbone), è incompatibile con la capacità e la velocità di smaltimento della biosfera che ci circonda e alimenta: al punto che quando la “macchina” si rompe, gli effetti si propagano nello spazio e nel tempo ben oltre i limiti della nostra esperienza. La scelta di abbandono del nucleare non è quindi roba da ingegneri, ma riflessione alla portata di qualsiasi persona responsabile ed è per questo che il referendum, – non qualche emendamento dell’ultima ora! – diventa anche questa volta decisivo.

Se già per petrolio gas e carbone la combustione – fenomeno estraneo ai processi vitali – sprigiona un contenuto energetico che attraverso le modifiche climatiche minaccia alla lunga la nostra sopravvivenza, figuratevi quali ferite possa subire l’ambiente naturale dai processi radioattivi, che sono di molti ordini di grandezza superiori. Non a caso le emissioni intorno ai reattori e le scorie atomiche intaccano nel profondo i tessuti cellulari e decadono con tempi di migliaia di anni. Quando poi si perde il controllo e si verifica un incendio o una parziale fusione del nocciolo – come è probabilmente in corso a Fukushima e come è avvenuto a Chernobyl – si ha una catastrofe perchè viene riversato al presente e nello spazio limitrofo (quindi dentro la nostra esperienza) un carico distruttivo che verrebbe comunque trasmesso alle future generazioni, attraverso scorie letali che viaggeranno per il mondo e che nessuno sa ancora come neutralizzare.

C’è in sostanza un contrasto insanabile nel tempo tra nucleare e vita. Credo che dopo Chernobyl, dopo l’esplosione della piattaforma nel Golfo del Messico e dopo Fukushima la svolta nella coscienza delle persone sia già in corso: basta tradurla anche politicamente e fare della consultazione popolare su acqua e nucleare una scadenza su cui convergano tutti gli sforzi. Al contrario dell’87, quando l’alternativa prospettata all’uranio era il gas, una fonte che implicava ancora il mantenimento di un modello energetico centralizzato, oggi l’alternativa delle rinnovabili apre lo spazio ad un sistema energetico diffuso, integrato nei cicli della vita, governabile democraticamente sul territorio. Si tratta di una alternativa radicale, che propone un cambio nella scala dei tempi, una riconquista di una dimensione non distruttiva del nostro rapporto con la natura e che favorisce la ricerca di produzioni socialmente desiderabili, la creazione di occupazione e lavoro stabili, in riequilibrio finalmente con l’eccesso di schiavi meccanici forniti dai fossili e dal nucleare ad un carissimo prezzo.

Mario Agostinelli

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