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Termovalorizzazione ed economia circolare, audizione in Senato

a cura di Roberto Meregalli – Roma, 14 giugno 2017

Audizione XIII Commissione del Senato in merito all’atto comunitario n. 316 (Termovalorizzazione ed economia circolare)

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INDICE

    • Il ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare
    • La termovalorizzazione è…
    • Situazione attuale raccolta rifiuti in Italia
    • Compostaggio e trattamento anaerobico
    • Incenerimento
    • Direzione da imboccare
    • Aumentare la digestione anaerobica
    • Contribuendo a decarbonizzare i trasporti
    • Aumentare la trasformazione di rifiuti in materie prime
    • Ridurre le quantità di FORSU «circolante»
    • Prevenire: Ridurre le quantità di rifiuti di plastica
    • Aumentando la raccolta differenziata viene meno la necessità di incenerimento
    • Tariffazione puntuale
    • Incenerimento come pratica residuale
    • In Lombardia riteniamo sia necessario chiudere alcuni impianti e abbandonare progetti di TLR dipendenti
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L’inutile SEN

a cura di Roberto Meregalli

Il 10 maggio in audizione alla Camera, il ministro Calenda, insieme al collega Galletti, ha presentato la nuova strategia energetica nazionale (SEN). Quarantasette slide per elencare obiettivi in materia di sicurezza, decarbonizzazione ed efficienza per l’anno 2025.

Competitività, ambiente e sicurezza sono i tre pilastri della nuova SEN, esattamente gli stessi di quella 2013 (ma nel 2013 ce n’era un quarto: favorire la crescita economica attraverso lo sviluppo del settore energetico). Competitività significa prezzi dell’energia in linea con quelli dei “concorrenti” europei, ambiente allineamento con i target europei, sicurezza significa diversificazione dei fornitori di gas perché più sono e meno siamo dipendenti da uno di essi.

La prima sensazione vedendo questa presentazione è quella di trovarsi di fronte ad un documento che recepisce i cambiamenti in atto nel settore energetico unitamente agli obiettivi europei in tema di ambiente e nulla più. Il che francamente risulta molto deludente e riconferma i dubbi di coloro che si chiedono quale utilità pratica abbia questa nuova SEN. La precedente non ne ha avuta alcuna e chi ha memoria ricorda che anche i vecchi PEN (piani energetici nazionali) non ebbero mai un ruolo efficace, anche perché lo Stato aveva potere solo su Eni ed Enel, oggi ne ha ancora meno e dalla partecipazione a queste due imprese chiede solo i massimo ritorno economico possibile.

Ma torniamo a quanto presentato da Calenda; sul fronte dell’efficienza si sottolinea come le misure relative al settore residenziale siano troppo costose, parliamo delle detrazioni fiscali, per cui se ne prevede una revisione che probabilmente mirerà a concentrare le risorse verso interventi strutturali sugli edifici, di positivo però l’annuncio di un fondo di garanzia per eco-presiti prendendo come modello quanto realizzato in altri paesi europei.

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Quale strategia energetica nazionale

a cura di Roberto Meregalli

Il governo è al lavoro sulla nuova strategia energetica nazionale (SEN); il ministro Calenda ha spiegato nell’audizione parlamentare di inizio marzo che la “vecchia” SEN va aggiornata “a seguito delle profonde trasformazioni economiche ed in particolare del mercato energetico occorse negli ultimi quattro anni”.

Secondo Calenda la SEN 2017 sarà uno strumento per tre obiettivi:

  • Individuare le principali scelte strategiche in campo energetico, in connessione anche ai nuovi obiettivi europei del Clean Energy Package e traguardando obiettivi di sicurezza e economicità.
  • Definire le priorità di azione ed indirizzare le scelte di allocazione delle risorse nazionali.
  • Gestire il ruolo chiave del settore energetico come abilitatore della crescita sostenibile del Paese.

La prima bozza era stata annunciata per il G7 sull’energia, svoltosi il 9 e 10 aprile a Roma, ma così non è stato, si attende quindi il 27 aprile quando in audizione parlamentare il governo dovrebbe presentare le prime slides, cui dovrebbe seguire una consultazione pubblica. Parallelamente però il governo sembra intenzionato a varare un decreto legge in cui rendere operative alcune indicazioni, in particolare in tema di sconti agli energivori, le industrie che consumano più energia.

Un primo e non secondario problema è infatti capire come rendere significativa questa nuova strategia, visto il fallimento della precedente. Va ricordato che la “vecchia” nacque per giustificare il ritorno al nucleare e fu l’allora ministro Scajola a inserirla in un decreto legge (il 112/2008). Ma l’incidente di Fukushima e il referendum fecero saltare tutto e la legge 133 che aveva recepito il decreto venne “smontata” con l’abrogazione dell’articolo 7 e dell’art. 5 comma 8, cosicché la SEN si trovò orfana di qualsiasi riferimento legislativo e relegata ad “atto di indirizzo”. Atto di indirizzo a cui non è seguita alcuna pianificazione; come qualcuno ha argutamente detto: “alle slides non è seguito nulla”.

La SEN 2013

Comunque sia andata a finire, la SEN 2013 aveva come primo pilastro la competitività, come secondo l’ambiente, come terzo la sicurezza e come conseguenza dei tre sarebbe dovuta derivare crescita economica.

A ben guardare dal 2013 ad oggi nessuno dei tre obiettivi ha fatto passi avanti perché anche se oggi si continua a ripetere che il nostro Paese ha già raggiunto gli obiettivi europei stabiliti per il 2020 (il famoso pacchetto 20-20-20), si tratta di un risultato pregresso, negli ultimi tre anni di passi avanti ne sono stati fatti pochi, anzi nel settore elettrico siamo in ritirata. Basti confrontare la quota di elettricità generata dalle rinnovabili nei primi due mesi di quest’anno con i tre anni precedenti, dal 32,9% siamo scesi al 27,4%:

La vecchia SEN del resto metteva molta più enfasi sul progetto di fare l’Italia un hub del gas che sullo sviluppo delle rinnovabili che era sempre citato solo unitamente al termine “sostenibile” inteso in senso economico.

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Riflessioni spazio-tempo per l’energia

da Qualenergia Aprile 2017

Occorre utilizzare un nuovo approccio scientfico per traghettare l’umanità verso la sostenibilità

Velocità massima della luce, tempi relativi, materia granulare, energie discrete, in uenza dell’osservatore sulla realtà : concetti quotidianamente presenti nelle tecnologie di cui ci serviamo, a partire dai pannelli solari sopra i nostri tetti. Nozioni che operano nelle transazioni nanziarie ad alta frequenza cui si a dano le imprese che ci allacciano al gas e all’elettricità e che stanno alla base delle telecomunicazioni, dei Gps sui nostri cruscotti e delle App dei nostri smartphone.

Concetti benfissati, anche se forse più indirettamente rintracciabili, nella moderna organizzazione del lavoro, della produzione e del consumo che quotidianamente osserviamo in la al lettore di cassa laser del supermercato. Immagini della realtà e ettiva con cui conviviamo e di cui siamo fatti, che non fanno tuttavia parte della nostra “cassetta degli attrezzi” per protenderci verso il futuro, per capire un mondo sempre meno prevedibile: magari per attrezzarci meglio alla transizione energetica in corso.

Intanto, una politica miope che si ritira da responsabilità globali ci sta abituando a vivere solo in un eterno presente che è quello che ci illustra come se abitassimo ancora nell’era newtoniana delle risorse illimitate e della trasformazione industriale di natura in merce. Ma no a quando? Il testo “Il mondo al tempo dei quanti” di Mario Agostinelli e Debora Rizzuto (ed. Mimesis, Milano, gennaio 2017) offre un audace e innovativo punto di vista su molti aspetti che riguardano la vita degli uomini e delle donne, il loro organizzarsi in società, la struttura iniqua delle relazioni economiche e la crisi di democrazia che caratterizza il nostro tempo. Diversi sono i destinatari cui suggerire una ri essione sul testo qui proposto.

La tesi fondamentale del libro, che individua nella rivoluzione scienti ca del XX secolo il punto di svolta per l’interpretazione della realtà intera da cui siamo circondati – “dall’in nitamente piccolo all’in nitamente esteso” – non si limita alla materialità del mondo fisico, come potrebbe far intravedere la permanente separazione
delle culture umanistica e scientifica. Com’era avvenuto con il compimento del “momento newtoniano”, nei suoi risvolti istituzionali (l’indebolimento dell’assolutismo), produttivi (la nascita dell’industria), antropologici (la natura diventa quantitativamente e illimitatamente trasformabile in merce e ricchezza), il “momento relativistico-quantistico”, che stiamo percorrendo pur rimanendone concettualmente lontani, andrebbe portato all’attenzione di chiunque abbia il compito di orientare la società in questi tempi di sconvolgimenti tanto repentini da lasciarci privi di chiavi di lettura e, pertanto, senza visioni di lungo periodo.

Il ricorso all’impiego delle più recenti intuizioni e scoperte scienti che è il compito che si danno gli autori usando metafore di forte suggestione per la trasposizione al mondo sensibile, pur mantenendo la sostanza scientfica dell’approccio che ha sconvolto fisica, chimica, biologia e neuroscienze a partire da Plank, Einstein e Bohr. Questa fase storica è segnata da cambio di dimensioni, inomogeneità, discontinuità, incertezza e probabilità al posto del determinismo e della causalità.

L’Universo è un mondo curioso ma non lo riteniamo reale, perché continuiamo a vivere nel “momento newtoniano”, come se Feynman e Heisenberg fossero esistiti solo per chi progetta smartphone, Internet, Gps e laser e non per chi ne fa uso quotidiano.

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Petizione per mantenere il “Servizio di maggior tutela”

Petizione al Parlamento per il mantenimento del “Servizio di maggior tutela” nella fornitura dell’energia elettrica.

Nel ddl “Concorrenza”, che arriverà in aula del Senato nelle prossime settimane, sono previste diverse misure, anche su materie che riguardano l’energia, tra le quali la fine del “servizio di maggior tutela” per le tariffe elettriche per gli utenti domestici e le piccole imprese.

Oggi sono circa 20 milioni gli utenti domestici che sono restati in questo sistema, mentre chi scelto di passare al “mercato libero”, secondo diverse ricerche,  sta pagando tariffe più alte, in particolare le utenze con i consumi minori.

Per questo – associandosi a quanto già richiesto da associazioni sindacali, ambientaliste, dei consumatori – chiediamo un impegno concreto a Governo e Parlamento affinché, nell’esame in aula del ddl Concorrenza, venga cancellata la fine del mercato di maggior tutela, strumento necessario soprattutto per tutelare le utenze più deboli.

FIRMA LA PETIZIONE SU CHANGE.ORG

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