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NO alla MULTIUTILITY

Appunti di Mario Agostinelli sullo svolgimento dell’assemblea milanese del 5 giugno 2012

Ci sono fatti, decisioni che spesso sfuggono alla nostra attenzione perché stiamo facendo altro, perché ci risultano troppo complessi, perché …

La questione della “Grande Multiutility del Nord” discussa il 5 sera nella sala Alessi di Palazzo Marino strapiena di gente, rappresenta una di quelle complessità che è necessario comprendere bene in quanto riassume in sé gli elementi di una strategia e di un comportamento non trasparente e partecipativo che la giunta di Milano, che abbiamo fortemente voluto per segnare un cambiamento, sta praticando.

Molto in sintesi riassumendo solo quattro dei diversi interventi:

1. è una questione di stravolgimento giuridico;

Gaetano Azzariti – costituzionalista – ha “semplicemente” letto le motivazioni della Corte Costituzionale che hanno dato ragione ai quesiti referendari per le quali questa operazione a carattere finanziario speculativo e distorcente il pubblico interesse, non è ammissibile. Ma ha anche aggiunto che dopo solo due mesi (agosto 2011) dalla grande espressione popolare che ha sancito l’esito positivo dei referendum, con il decreto n. 138, veniva di fatto ripristinato l’art. 23/bis abrogato.

Non solo, ma anche il Governo “tecnico” Monti, dopo sette mesi (Febbraio 2012) con altro decreto “Crescitalia” all’art. 3 peggiorava ulteriormente dichiarando “virtuosi” i Comuni che avrebbero ceduto i servizi pubblici. La questione multiutility si pone politicamente in questo solco e tende a privatizzare i servizi che i comuni dovrebbero rafforzare per conservare e rendere un diritto dei cittadini l’accesso ai beni comuni

2. è una questione di economia finanziaria;

Andrea Di Stefano – economista – ha motivato le ragioni debitorie delle aziende per le quali si dice sia necessaria l’operazione (oltre 7 miliardi tra A2A e Iren). Ancora un “gioco” finanziario che sarà pagato dalla collettività a fronte di operazioni sbagliate e gestioni poco accurate fatte da dirigenti superpagati che non sono chiamati a rendere conto: e qui la Giunta e il Sindaco di Milano dovrebbero intervenire.

Ma quello che si evince con estrema gravità è che l’ideatore dell’operazione “Grande Multiutility” è il ministro Passera che, prevedendo il sostegno finanziario della Cassa Depositi e Prestiti, manterrebbe l’agibilità del Governo sulla manovra, consentendo l’entrata piena dei privati e lasciando ai Comuni qualche soldo di utili eventuali per l’affitto delle reti, deresponsabilizzandoli dei loro compiti istituzionali.

3. Centrale la convergenza acqua energia

Mario Agostinelli – Associazione Energia Felice – sottolinea la convergenza dei movimenti per l’acqua e l’energia e il successso grande della prima operazione di informazione e confronto su una materia finora clandestina. Quello della multiutility è un progetto sul modello vecchio delle energia fossili centralizzate oggetto delle più spregiudicate speculazioni finanziarie. Il nuovo – efficienza e rinnovabili – richiede dimensioni territoriali, diffrenziazione da città a città, ricadute occupazionali programmate e qualificate. Il piano McKinsey richiesto da Passera e Tabacci non parla che di road map verso la privatizzazione e di espropriazione delle quote dei comuni a cui rimarrebbe un canone d’affitto. Nessun cenno al piano industriale e all’occupazione. Un’autentica contromisura rispetto ad una strategia sui beni comuni, che dovrebbe essere l’ispirazione dell’amministrazione Pisapia e che, ci auguriamo, possa tornare ad esserlo con una discussione del Consiglio comunale e la informazione e partecipazione piena dei cittadini.

4. è una questione di democrazia politica;

Emilio Molinari – Forum Nazionale Movimenti Acqua – considera questa manovra politicamente molto grave. Anzitutto è dichiarata da Tabacci/Fassino/Passera come una decisione acquisita senza che il Consiglio Comunale di Milano abbia mai discusso. L’ambiguità del Sindaco Pisapia che lascia intendere senza voler aprire un dibattito con la cittadinanza. Eppure lo slogan della campagna elettorale era “Democrazia partecipata”. Ma ancora più grave è l’esautoramento dei comuni dal potere/dovere del governo della cosa pubblica, dei servizi primari per i propri cittadini: energia, rifiuti, acqua, …

E infine, quelle dichiarazioni di politica imprenditoriale – Tabacci/Fassino/Passera – che vedono questa Multiutility come la grande impresa capace di concorrere sul mercato per fare utili (= speculare finanziariamente). I servizi primari non sono beni speculativi, sono erogati per il bene della collettività che per loro corrisponde con le tariffe e le tasse.

Allora la nostra forte richiesta è che questo Governo, che questo Comune, che questo Sindaco diano un segno chiaro e inequivocabile di rispetto della volontà dichiarata dal voto popolare di 27 milioni di cittadini, e soprattutto chiediamo che il governo di questa città, il suo Sindaco, non confondano mai l’interesse privato con la democrazia partecipativa.

Ora è necessario attivare una grande mobilitazione popolare perché ogni cittadino si renda conto del duplice inganno che la Giunta Comunale sta perpetrando: quella di sottrarsi dal dovere di amministrare i Servizi pubblici e quello di sottrarre i cittadini alla partecipazione, decisione dei loro diritti.

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5 giugno: dibattito pubblico sulla Multiutility del Nord a Milano

MARTEDì 5 GIUGNO 2012

SALA ALESSI

PALAZZO MARINO

 ore 20.30-23.30

 

Coordinatore: Fabio Tamburini (Direttore Radio24)

Saluti istituzionali: Basilio Rizzo (Presidente Consiglio Comunale)

Introduzione: Giovanna Procacci (Comitato Milanese Acquapubblica), Gaetano Azzariti (costituzionalista), Valerio Onida (costituzionalista), Andrea Di Stefano (direttore Rivista Valori)

Interventi programmati: Anita Sonego (Consigliere Comunale SinistraxPisapia), Carlo Monguzzi (Presidente Commissione Ambiente), altri consiglieri comunali, Vincenzo Greco (Segretario Filctem-Cgil Milano), Mario Agostinelli (Energia Felice), Damiano Di Simine (Legambiente), ARCI-MI, Rosario Lembo (Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’Acqua Onlus.

Conclusioni: Emilio Molinari (Forum Nazionale Movimenti Acqua)

Organizzato dai Gruppi Consiliari: Sinistra per Pisapia, Movimento Cinque Stelle

In collaborazione con: Comitato Milanese Acquapubblica, Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’Acqua Onlus, Associazione Energia Felice, Milano, Intergas, Adesso BASTA.

Aderiscono: Legambiente, ARCI-Milano.

 

A CHI SERVE LA MULTIUTILITY NEL NORD?

Si parla da mesi di creare una grande Multiutility (una mega-azienda pubblico/privata, ma più privata che pubblica) per gestire l’energia e i servizi essenziali dei Comuni del Nord. Il progetto prevede la fusione di A2A (Milano e Brescia), IREN (Genova, Torino, Piacenza, Reggio Emilia), HERA (Bologna), con l’inserimento anche di soggetti finanziari, da quotare in borsa e far partecipare a gare per la gestione dei servizi in giro per il mondo.

La Giunta di Milano non ne ha parlato, il Consiglio Comunale tanto meno, ma l’Assessore Tabacci e il City Manager Corritore presentano la Multiutility del Nord come cosa decisa.

Con il voto referendario del 12-13 giugno 2011, 27 milioni di cittadini hanno restituito alla sfera pubblica non solo l’acqua ma anche gli altri servizi pubblici e hanno sancito un modello di energia da fonti rinnovabili e governata nel territorio. Serve una gestione dell’acqua, dell’energia, dei rifiuti, dei trasporti vicina ai cittadini e partecipata.

La costruzione della Multiutility come prospettata alla stampa e in convegni chiusi ignora il risultato dei referendum, favorisce oggettivamente gli interessi di centri di potere economico-finanziari e ha prospettive economiche tutt’altro che certe.

Chiediamo che sulla Multiutility del Nord si apra invece una discussione pubblica, che esca dai convegni per esperti e dai ristretti ambiti dell’amministrazione cittadina e delle segreterie dei partiti e coinvolga i cittadini tutti, permettendo così quella partecipazione che è stata il vero motore dell’esito referendario come dell’elezione del Sindaco Pisapia.

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F-35: quanto inquinano le armi

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano online – 14 maggio 2012

Con un debito pubblico al 120% del Pil e un’inflazione che supera il 3%, l’Italia ha deciso di ammodernare il proprio apparato attraverso l’acquisto di aerei da caccia e navi da guerra. Ha stabilito di destinare al bilancio difesa 2012 una cifra imponente pari a 19,9 miliardi di euro (l’1,22% del Pil). Novanta caccia F-35, al costo unitario di 135 milioni saranno acquistati e Finmeccanica parteciperà alla loro costruzione con un risultato occupazionale di 1500 occupati. Ci si può chiedere se con i costi così esorbitanti dei programmi e delle guerre non sarebbe meglio investire lo stesso denaro in settori che garantiscano più posti di lavoro, benessere e pace per il Paese. Come calcolato dall’Università del Massachusetts, se investiamo un miliardo di dollari nella difesa abbiamo 11.000 nuovi posti di lavoro; 17.000 se lo impegniamo nelle energie rinnovabili e 29.000 se fosse speso nel settore dell’educazione.

In questo post, vorrei enfatizzare gli aspetti legati ai terribili danni ambientali delle armi più distruttive che non si lesina ad acquistare e impiegare, nonostante la crisi venga assunta a vincolo insuperabile per tagliare le uscite dello stato. Basta fare dei conti nei serbatoi o dietro gli scarichi dei velivoli seminatori di morte, per chiedersi per quale perversa ragione al governo Monti sembrino indispensabili e perché invece un sindaco come quello di Milano – Pisapia – abbia meritevolmente chiesto di rinunciarvi.

Se guardiamo ai consumi, un aereo tipo F-15 Eagle consuma circa 16.200 litri/ora, un bombardiere B-52 12.000 litri/ora, un elicottero Apache 500 litri/ora. Un mese di guerra aerea calcolato su queste basi comporta l’emissione di 3,38 milioni di tonnellate di CO2, l’equivalente dell’effetto serra provocato in un anno da una città di 310 mila abitanti (poco meno di Bologna). Durante la guerra Desert Storm furono effettuati rifornimenti di carburante per missioni aeree per un volume di 675 milioni di litri, equivalenti a un pieno di circa 17 milioni di autovetture normali. Il serbatoio di un F-35 contiene 8391 kg di carburante. La combustione per ogni litro di carburante produce in media 2,5 kg di CO2. Dunque lo svuotamento dell’intero serbatoio di un F-35 (viaggio andata e ritorno nelle missioni in medio oriente) produce circa 21mila kg di anidride carbonica, pari all’emissione giornaliera di 1000 abitanti del nostro Paese.

Questi dati chiariscono cosa significhi non solo per i “nemici”, ma anche per tutta l’umanità e le generazioni future avventurarsi nella soluzione armata dei conflitti. Stiamo rincorrendo gli Stati Uniti, che invece stanno perdendo terreno velocemente nei confronti della Cina nel campo dell’economia verde. Questo anche per colpa dell’enorme spesa militare che sottrae risorse agli investimenti pubblici per mitigazione e adattamento climatico. Il gigante asiatico, ormai leader incontrastato della green economy, spende circa un sesto rispetto alla superpotenza americana per gli armamenti e il doppio per ridurre le emissioni e prepararsi ai cambiamenti climatici. Anche negli Usa sta crescendo un’opposizione alle scelte di continuo riarmo. Uno studio della Quadrennial Defense Review propone un cambio di direzione, stimando che un miliardo di dollari speso in armamenti creerà circa 8mila posti di lavoro, se speso per potenziare il trasporto pubblico 20mila, se speso per l’efficienza energetica negli edifici o per le infrastrutture circa 13mila.

Se si sceglie il riarmo, come indica la vicenda degli F-35, oltre alla devastazione della pace si compiono sia un danno ambientale in prospettiva che uno occupazionale immediato. Se si vuole contenere in 2°C l’aumento della temperatura del pianeta, bisogna limitare le emissioni di CO2 entro 350ppm. Quindi non solo rinunciare allo spaventoso consumo energetico delle armi moderne ma destinare alla riconversione ecologica dell’economia una percentuale di Pil pari almeno alla metà di quella che gran parte delle nazioni dedica alle spese militari, creando in più ricchezza e occupazione. L’abbassamento a 350 ppm si potrebbe raggiungere con investimento tra l’1 e il 3% del Pil globale. Un investimento lungimirante, considerando il rischio enorme del “global warming” e i vantaggi economici, ambientali e occupazionali che questa decisione procurerebbe. E allora, ci ripensi il governo Monti, così attento – dice lui – al contenimento e alla produttività della spesa pubblica.

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9 maggio: Presentazione libro con Grandi e Pisapia

DEMOCRAZIA, BENI COMUNI, ALTERNATIVA POLITICA

Una nuova prospettiva per il cambiamento politico e sociale del nostro Paese nell’occasione presentazione del libro

REFERENDUM E ALTERNATIVA

di Alfiero Grandi

 

Mercoledi 9 maggio 2012 alle ore 17.30, presso la Libreria Les Mottes (Punto Rosso) in Via Carmagnola, a Milano

Partecipano

Alfiero Grandi (Presidente Ars e autore del libro)

Aldo Tortorella (Direttore rivista “Critica marxista”)

Giuliano Pisapia (Sindaco di Milano)

Mario Agostinelli (Presidenza Comitato Si alle Rinnovabili, No al nucleare)

Luigi Vinci (Condirettore della rivista “Progetto Lavoro”)

Coordina Giorgio Riolo (Ass. Cult. Punto Rosso)

 

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Associazione Culturale Punto Rosso – Via G. Pepe 14, 20159 Milano – Tel. E fax 02/874324 – info@puntorosso.it – www.puntorosso.it

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