di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano online – 20 febbraio 2012
Nel post precedente ho preso in considerazione le improvvisazioni del governo in materia di energie fossili. Ma, a parte un pericoloso sussulto sul nucleare, che riprenderò in coda, la preoccupazione provocata dal trattamento superficiale delle rinnovabili e dalla sottovalutazione della funzione strategica che dovrebbero assumere, rende ancora più allarmato il giudizio. A sentire le dichiarazioni del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, gli incentivi alle rinnovabili resteranno ma saranno rivisti al ribasso, almeno fino alla grid parity.
Eppure, a parità di potenza installata, il quarto Conto Energia costa agli italiani già il 25% in meno del terzo. Ed è bene ricordare anche che nel 2011 la componente energia della bolletta per le utenze residenziali è aumentata dell’8,3% nelle fasce sera, notte e fine settimana, mentre nella giornata feriale, dalle 8 alle 19, è addirittura scesa del 3,3%, grazie al sole che, con una potenza installata ormai di 13 MW, sostituisce una quota di gas nel fornire elettricità.
Dal 2010 ad oggi, gli incentivi alle rinnovabili sono cambiati in continuazione, con interpretazioni del Gse che hanno ulteriormente complicato i riferimenti per gli operatori. Se si pensa poi che il 2012 si è aperto con uno stop retroattivo agli incentivi al fotovoltaico agricolo, si può affermare che, qualunque sia il reale rendimento di un impianto fotovoltaico incentivato oggi, l’unica cosa certa è l’impossibilità di calcolarne il ritorno.
Il guaio è che l’articolo 65 sul fotovoltaico, nel decreto liberalizzazioni, non è stato discusso preventivamente e sembrerebbe frutto di una strategia ammazza-rinnovabili. Questa tattica blocca scelte di politica industriale atte a riportare la filiera fotovoltaica in Italia. Una fase di consultazione avrebbe consentito un contradditorio effettivo e la produzione di ulteriori contributi per prendere le decisioni in modo fondato e trasparente. Non si può dimenticare che l’Europa ha creato un club virtuoso di sindaci per la sostenibilità (il “Covenant of Mayors”) per coinvolgere i cittadini nel nuovo modello energetico distribuito e solare.
Invece, si calano decisioni disorganiche ma vincolanti, mentre è completamente assente un piano di lungo periodo e non sono definiti obiettivi certi all’interno di un piano energetico nazionale finalizzato alla conversione energetica. Inoltre non c’è traccia di integrazione tra le varie fonti. Nel dettaglio, rimango ancora esterrefatto sull’equiparazione tra pannelli fotovoltaici sulle serre e pannelli sugli edifici, con la possibilità che l’agricoltura sia sempre più inserita all’interno dei circuiti globali dell’agribusiness.
Questi interventi “urgenti” saltano a piè pari l’accesso al credito, autentico problema per chi decide di realizzare un impianto rinnovabile. Non si fa neppure cenno all’introduzione di tecnologie atte a fare massa critica sulle rinnovabili (come le tecnologie di accumulo, idrogeno, batterie ad alta efficienza, smart grids, reti di distributori e ricarica per la mobilità sostenibile) a cui dovrebbero progressivamente essere trasferiti gli incentivi.
Infine, per i rifiuti nucleari, l’articolo 24 del decreto del Governo Monti prevede una normativa inaccettabile, anche alla luce dei risultati referendari. Non a caso si titola: “Accelerazione delle attività di disattivazione e smantellamento dei siti nucleari”. Anzitutto, prevede che la Sogin, con la sola approvazione del Ministero, si occupi dello smantellamento degli impianti dismessi e della soluzione della custodia delle scorie, saltando verifiche e controlli, sopra la testa delle popolazioni interessate, dei Comuni e delle Regioni, e con deroghe sulle normative ambientali e urbanistiche. Inoltre, i depositi provvisori di rifiuti radioattivi si trasformano in stabili, mentre si contempla la nascita di nuovi siti di “stoccaggio” che possono essere autorizzati senza il consenso delle amministrazioni locali.
Che altro si può argomentare perché gli articoli 24 e 65 del decreto vengano cancellati dal Parlamento? Affinché finisca il tempo dell’improvvisazione e si apra una discussione benefica per un progetto di superamento della crisi che prenda in considerazione la transizione energetica.
E’ desolante vedere come un Governo che ama definirsi “tecnico” continui a comportarsi nel mondo delle energie rinnovabili, con la stessa improvvisazione con la quale si era mosso il Governo precedente, provocando i danni che sono sotto gli occhi di tutti.
Siamo ancora in tempo per chiedere un nuovo conto energia che porti finalmente il fotovoltaico Italiano nel giusto alveo di una energia democratica, alternativa e rinnovabile.
Un impianto su ogni tetto, un impianto su ogni azienda, finanziamenti erogati in Italia e creazione di molte decine di migliaia di posti di lavoro in tutto il paese, soprattutto personale giovane e tecnicamente qualificato.
Cosa aspetta questo Governo a fare questa scelta?
Cosa aspetta soprattutto il mondo del fotovoltaico a farsi sentire per chiedere quello che solo una colpevole ignavia ancora non ha fatto chiedere con la forza necessaria?
Ho redatto un piano da 220.000 posti ai giovani che costa 22 miliardi ma da 100 miliardi annui.Il piano è fermo come una cozza allo scoglio al MSE perchè il Governo deve decidere se dare ragione a me o dare ragione a Recchi che vuole bilanciare le rinnovabili con il gas.Poi il Governo riceve ogni giorno perizie false sul fatto che in mare abbiamo riserve enormi di gas e petrolio ma chi pubblica le perizie poi vuole importare tanto shale gas a Gioia Tauro dicendo che gli Usa sopravvivono grazie allo shale e giurano che ormai è al 40% mentre invece è al 4%.L’ho detto al Ceo di Sorgenia che racconta frottole per importarlo ma è sempre al suo posto come quello che vuole bilanciare le rinnovabili con il gas,solo perchè è ignorante in hydro modulare.L’Italia dell’energia è vecchia ed impedisce 220.000 posti ai giovani.Chi parla di sviluppo con l’energia viene impallinato dai Ceo Fossili superstipendiati.