di YUKARI SAITO – FUKUSHIMA
Era una zona quasi paradisiaca, ora la contaminazione ne ha fatto un deserto. A dieci mesi dal disastro, la vita non è tornata alla normalità. La popolazione è dispersa, la comunità frantumata, i bambini a rischio. Eppure il governo ha sostenuto che «l’allarme è cessato».
«L’uomo imparò a coltivare la terra. Imparò ad allevare gli animali. Coltivare e allevare sono due atti che ci rendono umani. Un giorno però si è reso impossibile coltivare, allevare o pescare, nonostante la terra, gli animali e i pesci siano sempre lì. Com’è possibile, allora, non chiederci se questo è ancora un uomo?», si interroga Jotaro Wakamatsu, poeta di Fukushima, residente appena fuori della zona off limit intorno alla centrale nucleare teatro del disastro cominciato l’11 marzo scorso.
Forse pochi sanno che la provincia di Fukushima, divenuta famosa come fonte di contaminazione radioattiva, era una zona all’avanguardia giapponese per l’agricoltura biologica, con 200 aziende attive e altre 500 in via di conversione. Iitate-mura, oggi noto per i punti caldi di radiazioni e le tracce di plutonio trovate sul territorio, nonostante disti 40 chilometri dalla centrale di Fukushima Daiichi, era stato addirittura definito il villaggio più bello del Giappone. Era abitato anche da giovani nativi di Tokyo, che innamorati del luogo avevano scelto di trasferircisi per diventare agricoltori biologici o allevatori di mucche.
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