7 settembre giornata di digiuno per la pace in Siria

Giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero

il 7 settembre ci dobbiamo essere tutti!

Quella del 7 settembre sarà una giornata importante. E spero che ci saremo tutti. Ciascuno a suo modo, con il suo credo e le sue convinzioni.

Sarà la prima grande manifestazione di pace contro la guerra in Siria e “i drammatici sviluppi che si prospettano.” L’ha indetta ieri con grande forza e coraggio Papa Francesco rompendo il silenzio e l’inazione generale che da lungo tempo circonda questa tragedia. Non c’è spazio per nessun distinguo. Chi vuole sinceramente la pace non può che partecipare.

Papa Francesco invita tutti a una giornata di preghiera e di digiuno. La preghiera per i credenti. Il digiuno per tutti. Il digiuno è, prima ancora che un atto di rinuncia materiale al cibo, un gesto di vicinanza a tutti quei bambini, quelle donne e quegli uomini che sono precipitati nell’inferno della guerra “in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero”. Vicinanza, condivisione, solidarietà contro lontananza, indifferenza, menefreghismo. Il digiuno è anche un atto politico contro una politica che minaccia di trascinarci in un nuovo conflitto mondiale, che non solo non ha ancora fatto nulla per spegnere l’incendio mediorientale ma ha addirittura contribuito ad alimentarlo. Il digiuno è un gesto di protesta contro l’ingiustizia dilagante e contro l’ipocrisia che l’accompagna e cerca di coprirne i responsabili. Ma il digiuno è anche un atto di “penitenza”, di “autocritica”, di riconoscimento delle proprie responsabilità. Chi digiuna riconosce di non aver fatto abbastanza, di essere in qualche misura “corresponsabile”. Forse non potevamo fare altro ma, di fronte a tragedie così grandi, non ci possiamo autoassolvere.

Il digiuno è anche un atto di proposta. E Papa Francesco ha accompagnato l’indizione di questa giornata con una chiara proposta che non possiamo non condividere. Una proposta che interpella la politica e tutti i suoi massimi responsabili. Eccone i punti essenziali:

1. “Mai più la guerra! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza!”

2. Ferma condanna dell’uso delle armi chimiche.

3. Appello alle parti in conflitto perché ascoltino la voce della propria coscienza, non si chiudano nei propri interessi e intraprendano con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione.

4. Appello alla Comunità Internazionale perché faccia ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella Nazione, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana.

5. Appello affinché non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini.

6. Appello affinché agli operatori umanitari, impegnati ad alleviare le sofferenze della popolazione, sia assicurata la possibilità di prestare il necessario aiuto.

Perché queste proposte non restino inascoltate sarà necessaria una vasta mobilitazione delle coscienze. E ciascuno di noi ha la responsabilità di fare la sua parte. Papa Francesco ci rivolge un appello chiaro e forte: “Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà! Il grido della pace si levi alto perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare dall’anelito di pace.” Il 7 settembre partecipiamo alla giornata di digiuno e di preghiera, sventoliamo le bandiere arcobaleno, appendiamole alle nostre finestre e facciamo in modo che nessuno possa dire “ma io che c’entro?”.

 

Flavio Lotti

Coordinatore della Tavola della pace

 

Perugia, 2 settembre 2013

 

Ufficio Stampa Tavola della pace: Amelia Rossi cell. 335/1401733

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Il digiuno per l’ambiente di don Albino Bizzotto

COMUNICATO STAMPA

DAL DIGIUNO DI DON BIZZOTTO, UNA RISPOSTA FORTE:

MOBILITAZIONE COLLETTIVA SUL TERRITORIO VENETO

 

La solidarietà nei confronti di don Albino Bizzotto non accenna a diminuire e all’undicesimo giorno di digiuno per l’ambiente, stanco ma tenace, il sacerdote raccoglie attorno a sé un numero sempre maggiore di  sostenitori.

Rappresentanti di movimenti e associazioni lo affiancano nell’iniziativa per intere giornate, bevendo sola acqua, presso la sede dei Beati i costruttori di pace, in via A. da Tempo a Padova, o propongono la loro disponibilità per farlo presso la sede del proprio ente o in incontri pubblici e collettivi.

 

La dichiarazione rilasciata da don Bizzotto nei giorni scorsi – “Perché nelle situazioni di particolare gravità e urgenza non passiamo il testimone a rotazione, al fine di mantenere sempre viva l’attenzione e la mobilitazione su questioni che richiedono la massima partecipazione?“, il 22 agosto 2013 – è risultata una provocazione accolta e condivisa.

La decisione del Sindaco di Marano Vicentino (VI), sig.ra Piera Moro, con gli Assessori e i Consiglieri, di proseguire nell’iniziativa del sacerdote padovano e continuare il digiuno, ha portato a sviluppare una serie di proposte. La più elaborata e suggestiva è stata quella di Maria Pia Farronato dell’associazione di promozione e tutela del territorio “L’ABC – Laboratorio Civico” di Romano d’Ezzelino (VI), che ha portato, con il confronto di alcuni partecipanti al digiuno, all’elaborazione di un piano di azione che potrebbe occupare il mese di settembre, sul territorio dell’intera Regione Veneto.

 

Questa la proposta: compilare un calendario dove inserire i gruppi di persone che attueranno il digiuno pubblico, assieme, per il tempo che decidono, in luoghi che presentano criticità ambientali: le sedi delle cosiddette grandi opere, ma anche altri obiettivi, di diversa entità e urgenza.

Sono fondamentali la visibilità e il coinvolgimento di quante più persone possibile, aldilà dei comitati, per comunicare e far partecipare la popolazione, rendendola cosciente della gravità dei problemi. L’ideale sarebbe agire di comune accordo, esponendo con chiarezza le ragioni, i tempi, le modalità del digiuno e naturalmente i nomi dei partecipanti all’iniziativa locale, con una presenza costante nei presidi.

Il mese di settembre vedrà quindi un succedersi di eventi nei punti caldi del territorio veneto, fino al week end del 28 e 29, in cui si svolgerà un digiuno collettivo in tutta la Regione.

 

I primi dodici giorni di settembre sono coperti dal Comune di Marano Vicentino (VI), dopodiché ognuno potrà aderire secondo la propria disponibilità, accordandosi sui turni.

L’associazione Beati i costruttori di pace rimane inizialmente a disposizione per raccogliere le adesioni, con il suo indirizzo email beati@beati.org.

 

Creiamo una sorta di mappa umana dei luoghi, oggi in Veneto, aggrediti dal sistema, ma facciamolo assieme. Possiamo creare tra tutti noi un contatto audio/video per stare assieme: è fattibile!”, scrive Maria Pia.

Sarebbe un evento unico! La prima volta che in una Regione si assiste a un digiuno generalizzato. Il territorio versa in una condizione ambientale estrema, rispondiamo con un gesto che rompe con il nostro quotidiano.

Infine, mercoledì 9 ottobre, giorno del 50° anniversario del disastro del Vajont, potremmo concludere tutti assieme con una massiccia presenza davanti alla sede della Regione Veneto, a Venezia.

Particolare curioso: Palazzo Balbi, attuale sede della Giunta Regionale, era un tempo sede della SADE (Società Adriatica di Elettricità), l’azienda responsabile della costruzione della diga del Vajont.

 

Per contatti e appuntamenti cell. Don Albino 348.2641230 www.beati.org

In arrivo un nuovo provvedimento sulle rinnovabili?

Il provvedimento per ridurre le bollette, spalmando su più anni l’erogazione degli incentivi alle rinnovabili, arriverà la settimana prossima. Lo ha annunciato questa mattina il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato in un’intervista ai microfoni di Radio Uno.

Pur sottolineando il ruolo fondamentale degli incentivi, che hanno consentito all’Italia di avere un parco di generazione da rinnovabili “unico in Europa”, il ministro è tornato a ricordarne il costo “troppo alto”. Si tratta, ha detto, di “poco meno di 12 miliardi” che ricadranno sulle bollette elettriche per i prossimi 18 anni: allungando questo periodo e rimodulando il meccanismo, ha spiegato il ministro, sarà possibile “dare subito alle famiglie e alle imprese 3 miliardi di euro“. Il provvedimento, ha concluso, dovrebbe arrivare con il DL Fare-bis.

Quale sia l’idea di Zanonato si era capito nelle settimane scorse, anche se i dettagli restano ancora oscuri. Il 21 agosto l’aveva infatti presentata al Meeting di Rimini: “Anziché prelevare 12 miliardi di euro, se ne possono prendere 9 miliardi e il resto dilazionarlo in un periodo più lungo”, aveva spiegato (QualEnergia.it, Zanonato: gli incentivi dati alle rinnovabili spalmati su più anni).

Sembra cioè che il ministro intenda spalmare su più anni i pagamenti in favore di chi ha diritto agli incentivi, per ridurre il peso della componente A3 in bolletta. In pratica – almeno da quanto si capisce al momento, ma in attesa di maggiori dettagli il condizionale è d’obbligo – si obbligherebbe chi ha investito in rinnovabili a concedereun prestito forzato, sul quale ovviamente dovranno essere pagati degli interessi, che dovrebbero essere ancorati a quelli sui Btp.

La misura dovrebbe iniziare a produrre i suoi effetti dal 2014, riducendo la componente A3 appunto di 2-3 miliardi di euro. Un risultato che, sempre se la misura si concretizzasse così come si profila, verrebbe ottenuto con un prezzo discutibile: se da una parte si sancisce per l’ennesima volta l’inaffidabilità del quadro normativo del nostro paese, con un provvedimento retroattivo che (e qui dipenderà dalla formulazione del decreto) potrebbere sconvolgere i business plan che avrebbero dovuto essere garantiti dai meccanismi incentivanti, dall’altra, a fronte di un risparmio immediato, si fanno indebitare i consumatori elettrici nei confronti di chi ha investito nelle energie rinnovabili. Dov’è il vero vantaggio per i consumatori?

Sembra proprio che il ministro abbia sposato la linea che vede nelle rinnovabili il principale responsabile del caro-bolletta. Non stupisce che il primo ad esprimere pubblicamente soddisfazione per le parole del ministro sia stato il presidente diAssoelettrica, Chicco Testa, da tempo in prima linea contro le rinnovabili, che stanno erodendo gli interessi economici del termoelettrico, sottraendo grosse quote di mercato ai cicli combinati a gas.

Eppure la tesi che il caro-bolletta dipenda principalmente dalle rinnovabili è abbastanza facile da smentire. L’aumento della bolletta di questi ultimi 10 anni è dovuto principalmente alle fonti fossili. La voce “energia e approvvigionamento”, legata all’andamento del prezzo del petrolio dal 2002 al 2012 infatti è semplicemente decollata, passando da 106,06 euro a 293,96. Esattamente 187,36 euro in più a famiglia, un aumento del 177,2%.

Ad appesantire il costo dell’energia poi ci sono altri sussidi oltre a quelli alle rinnovabili, la cui rapida crescita si è peraltro praticamente fermata con la fine del quinto conto energia. Secondo una stima di Legambiente circa 5 miliardi di euro l’anno se ne vanno tra sussidi alle fonti fossili, oneri impropri, sconti in bolletta ai grandi consumatori di energia elettrica.

Perché dunque puntare contro le fonti pulite quando si parla di ridurre i costi dell’energia? Le rinnovabili, peraltro, oltre ai vari vantaggi ambientali ed economici che portano, contribuiscono a ridurre la bolletta grazie all’effetto peak-shaving favorito ad esempio dal fotovoltaico: nel 2012 ha portato 838 milioni di euro di risparmio netto, che sarebbero stati 1.420 milioni se il termoelettrico non avesse reagito alzando i prezzi quando il sole non splende.

Non sarebbe dunque meglio intervenire da altre parti? Si potrebbe ad esempio agire sulle modalità di reperimento degli oneri di sistema, modificare l’accesso al mercato di dispacciamento per ridurne i costi, far pulizia di oneri di sistema impropri. Le idee per ridurre la bolletta di famiglie e imprese senza colpire le rinnovabili non mancano (si veda questo intervento su QualEnergia.it), per ora però chi prende le decisioni non sembra disposto ad ascoltarle.

Viaggiare con il sole

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 13 agosto 2013

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Su strada, nel mare, in cielo: è in corso una sfida internazionale per la costruzione di mezzi di trasporto alimentati soltanto con l’energia solare, dotati di motori elettrici funzionanti con pannelli fotovoltaici. I pannelli che si stanno diffondendo sui tetti delle case e nei campi, sotto la spinta di incentivi statali, e che producono elettricità alternativa a quella delle centrali termoelettriche, possono muovere autoveicoli, battelli e aerei con tecnologie in continuo perfezionamento, destinate ad avere ricadute di pace e di miglioramento dell’ambiente.

Alla fine degli anni cinquanta del Novecento, sono diventati disponibili in commercio i pannelli fotovoltaici studiati e sviluppati originariamente per fornire energia ai veicoli spaziali. In quegli anni la tecnologia delle auto elettriche era già matura e sembrava che ci volesse poco per sostituire le pesanti e ingombranti batterie di accumulatori con i leggeri pannelli fotovoltaici, rendendo così le automobili del tutto indipendenti dalla ricarica delle batterie. Ricordo di avere visto, esposta ad una mostra del 1960, una automobile americana azionata con un pannello solare.

Col passare degli anni la tecnologia dei pannelli a silicio e a sali di cadmio ha fatto grandi progressi e oggi sono disponibili su scala industriale, a prezzi abbastanza bassi, pannelli fotovoltaici capaci di produrre in media, per ogni metro quadrato di superficie, nel corso di un anno, 100 chilowattore di elettricità; 0,1 chilowattore di elettricità in ogni giorno di elevata insolazione, dal sorgere al tramonto del Sole. Se collegata con un motore elettrico, una adeguata superficie di pannelli solari è in grado di far girare le ruote di un veicolo. Nell’ultimo mezzo secolo diecine di inventori, laboratori universitari, industrie, hanno prodotto degli autoveicoli alimentati con pannelli solari, spesso con notevole successo: nel 2004 l’inventore svizzero di origine ungherese Louis Palmer costruì una automobile solare, chiamata “Solartaxi”, con la quale è riuscito a fare il giro del mondo, 54.000 chilometri, usando soltanto l’energia solare, mostrando in 40 paesi i vantaggi di questa fonte energetica rinnovabile e non inquinante.

Da molti anni in Australia si corre, ogni due anni (la prossima gara nell’ottobre 2013), una “millemiglia” per automobili lungo 3000 chilometri in Australia, fra Canberra, nel nord dell’isola, e Darwin nel sud. A tale gara partecipano diecine di concorrenti di tutti i paesi (da qualche anno fortunatamente è presente anche un veicolo italiano, “Onda solare”, costruito nell’Università di Bologna); altre simili corse si svolgono in America. Queste gare permettono di verificare i continui progressi tecnici sia nel rendimento dei pannelli, sia nell’efficienza dei motori elettrici, sia nell’aerodinamica dei veicoli e nei materiali da costruzione delle carrozzerie.

Sono ormai in funzione nel mondo vari battelli azionati con l’energia solare che aziona i motori collegati con le eliche. I battelli solari stanno trovando diffusione nei laghi e nei corsi di acqua in cui finora i motori tradizionali a combustibili fossili, sono stati fonti di inquinamento dell’aria e delle acque. Vari modelli di battelli solari, un perfezionamento rispetto ai battelli elettrici esistenti. sono stati costruiti e utilizzati anche in Italia.
La sfida più grande e affascinante riguarda però la possibilità di costruire aerei solari; a “volare col Sole” hanno pensato già molti anni fa, inventori e costruttori. Le ali offrono una vasta superficie su cui stendere i pannelli fotovoltaici che fanno ruotare le eliche; anche qui si tratta di impiegare materiali molto leggeri e di perfezionare la tecnologie delle eliche. I primi tentativi di successo sono stati fatti con aerei solari senza pilota. Il passo successivo è rappresentato dagli aerei solari con pilota, capaci di volare anche di notte, quando il Sole non è più in grado di fornire energia ed occorre utilizzare l’elettricità accumulata di giorno in speciali batterie.

Il principale protagonista di questa sfida è lo svizzero Bertrand Piccard, figlio di Jacques (1922-2008), che era riuscito a scendere con il batiscafo “Trieste” nel punto più profondo degli oceani, a 11.000 metri nella fossa delle Marianne, e nipote di August Piccard (1884-1962), l’uomo che aveva stabilito il primato di altezza (17.000 metri) con un pallone aerostatico. Da alcuni anni Bertrand Piccard, discendente da questi primatisti, sta perfezionando l’aereo solare “Solar Impulse” con il quale sono già stati effettuati voli con pilota all’interno dell’Europa, fra l’Africa e l’Europa e, di recente, dalla costa del Pacifico a quella dell’Atlantico degli Stati Uniti. Questi successi sono stati possibili grazie a radicali perfezionamenti nei materiali da costruzione, ma soprattutto nelle batterie di accumulazione dell’elettricità; le nuove batterie a base di litio hanno consentito un volo continuo di oltre 24 ore usando soltanto l’energia solare.

I casi citati non rappresentino futili esercizi di bravura, ma sono i primi passi verso progressi tecnologici che hanno ricadute immediate in tutti i settori dell’uso dell’energia solare. Ho un sogno: mi piacerebbe che l’Italia, magari con Università pugliese, fosse maggiormente attiva nel campo delle ricerche sui veicoli solari, i cui successi, con relativamente poca spesa, consentirebbero al nostro paese una presenza in una gara internazionale per un mondo meno inquinato.

Una risposta agli attacchi di Ragazzi alle rinnovabili sulle colonne del Fatto Quotidiano

Roberto Meregalli

Energia Felice

 

Nelle prime righe dell’articolo di Giorgio Ragazzi si materializzano subito le tesi sostenute da almeno un paio d’anni da Assoelettrica, Aiget e Confindustria.

A fine luglio il vicepresidente di Confindustria Aurelio Regina aveva sparato analoghe bordate e, ricordando che “il mercato dell’energia attraversa una profonda crisi”, chiedeva interventi al governo minacciando “una raffica di chiusure tra i produttori di energia”. Ma il vicepresidente di Confindustria aveva abbandonato subito “gli elettrici” per lamentarsi del costo dell’elettricità: “Il sistema è troppo generoso e l’Italia non può permetterselo”, tagliava corto Regina.

Proponendo cosa? Che “anche i produttori incentivati paghino una parte degli squilibri che producono”, non solo, “devono poi contribuire al mantenimento del sistema di riserva, costituito anche da centrali termoelettriche, per evitare di rimanere al buio quando sole e vento spariscono”. Tradotto per i comuni mortali significa che le rinnovabili paghino il costo degli oneri creati dalla loro non prevedibilità e paghino le centrali a gas che servono a fare da back-up.

Ragazzi si spinge dove sinora Confindustria e neppure Chicco Testa aveva osato: chiedere misure retroattive e “tagliare con decisione i sussidi per nuovi investimenti”.

Sul secondo punto va chiarito che il governo Monti ha già agito a suo tempo ed il taglio c’è già stato.

Ma partiamo dai dati. Il conto energia, che dal 2005 ha incentivato l’installazione di pannelli fotovoltaici, è terminato definitivamente il 6 luglio del corrente anno.

Risultato? Cinquecentosettantamila impianti (e quindi altrettanti invitati a suddividere la fetta di torta degli incentivi) per 18 GW installati (18 milioni di MW, equivalenti ad 11 del più potente reattore nucleare in costruzione, l’ EPR che si voleva costruire anche in Italia). Costo pagato in bolletta nel 2012? 6,4 miliardi su un totale di sessanta, a tanto ammonta la bolletta totale italiana (tutti dati rilevati dalla relazione del presidente del GSE alla X Commissione del Senato il 18 giugno 2013).

Il fotovoltaico ha prodotto 18.862 MWh di elettricità nel 2012 (dato definitivo GSE) il 6,3% di quella prodotta in Italia, una quantità rilevante, ma come mai in grado di creare così tanti sconvolgimenti fra i termoelettrici? In fondo si tratta di una quantità inferiore alle perdite annuali sulla rete in alta tensione.

Tutta colpa del mercato elettrico, perché questa quantità viene offerta nelle ore di maggior consumo, in cui un tempo più alti erano i prezzi e pertanto maggiori i ricavi dei produttori di elettricità, il meccanismo (merit order) fa scartare le offerte a maggior costo. Se confrontiamo lunedì 15 maggio 2006 (era pre-fotovoltaica) e lunedì 13 maggio 2013, scopriamo che nella fascia oraria dalle 9 del mattino alle 20 serali il prezzo medio dell’elettricità all’ingrosso è calato del 37,5% (a fronte di un calo degli scambi del 9,5%). Nei giorni festivi è ancora peggio: – 54,1% di prezzo confrontando il 1 maggio dei due anni.

Quindi solare ed eolico hanno fatto abbassare il costo di generazione a livelli che rimangono sempre più elevati degli altri Paesi europei ma sempre meno distanti: nei primi cinque mesi del 2013 è più elevato solo del 3,7% rispetto a quello del Regno Unito, del 21,9% rispetto alla Francia (ma era più alto del 49% lo scorso anno), del 35,9% rispetto alla Germania (era del 43,5% nel 2012).

I termoelettrici non possono contestare questi dati, contestano che per contro è aumentata la parte della bolletta finale che comprende gli oneri, quella parte di bolletta in cui c’è di tutto e di più e che solo per scelta politica è in bolletta piuttosto che all’interno del Bilancio dello Stato.

Vero, però un bambino a questo punto chiederebbe come mai si è deciso di incentivare le fonti rinnovabili e nella risposta sta la direzione da imboccare ora. Lo si era deciso per ridurre le emissioni di CO2 e di tutti quegli inquinanti che genera la combustione (anche da biomassa), riducendo la pesante dipendenza italiana dalle importazioni. Se questi obiettivi valgono ancora non si può che stringere i denti e valorizzare al massimo i soldi spesi, questo è ciò che si fa nelle case degli italiani in questi tempi di crisi.

Valorizzare una spesa già fatta significa, in campo elettrico, non buttare l’elettricità prodotta dalle FER per incapacità della rete a riceverla, invece nel 2011 appena Terna presentò i progetti per costruire 130 MW di impianti di accumulo nel Sud d’Italia per “evitare che parte dell’energia prodotta con le fonti rinnovabili vada sprecata”, ci fu la reazione negativa di Confindustria e di Aiget (Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader). Significa che il cavo con la Sicilia andava inaugurato cinque anni fa se si voleva ridurre il costo dell’elettricità e non nel 2015 come si spera ora (a luglio mentre il prezzo all’ingrosso nel resto d’Italia è stato di 55 euro al MWh, in Sicilia è stato di 90 euro e il prezzo nazionale è calcolato come media fra i prezzi zonali).

Riguardo al prezzo dell’elettricità e del gas, perché il costo della prima in Italia è fortemente dipendente dal costo della seconda, è facile ripetere il solito refrain dei costi elevati, anche se nessuno chiarisce esplicitamente che, come ha ricordato per l’ennesima volta il presidente dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas nell’audizione presso la decima commissione del Senato nel luglio 2013, anche “nel 2012 i prezzi dei clienti domestici in Italia sono stati più bassi della media europea”. Ma è rarissimo trovare delle analisi serie sul costo dell’elettricità, basate su cifre reali, tutti trovano un capro espiatorio o una soluzione magica (si pensi al nucleare di due soli anni fa) evitando la complessità del sistema elettrico. In tal caso si scoprirebbe che il costo all’ingrosso dell’elettricità è da sempre, da prima dell’era delle rinnovabili, superiore in Italia rispetto ad altri Paesi Europei e lo è perché all’estero si utilizza più carbone, mentre in Italia la “tecnologia marginale” nella maggior parte delle ore (il 60% nel 2012, il 66% nel 2011) è rappresentata dai cicli combinati a gas, il confronto con la tecnologia marginale a carbone tedesca fa esattamente una differenza di 30 euro al MWh, senza tirare in ballo altre fonti di generazione (si veda l’ultimo rapporto dell’AEEG sui mercati elettrici). Chiediamo ai cittadini italiani se sono disposti a costruire nuove centrali a carbone per abbassare le bollette delle aziende, se volgiamo essere concreti.

Oggi abbiamo il problema (si fa per dire) di avere troppa elettricità “verde” e consumi in calo infinito, perché non si pensa di favorirne il consumo, sostituendo altre forme di energia alimentate dai fossili? Di fronte a un problema c’è sempre la tentazione di difendere lo status quo, ma la storia insegna che non è la strada giusta. Oggi, finita l’epoca degli incentivi, sarebbe errato stabilire misure retroattive, definite odiose dallo stesso Ragazzi. La storia italiana è piena di stop & go, che sono la peggior strategia per vincere qualsiasi gara.