Contro i cambiamenti climatici

Contro i cambiamenti climatici, i disastri ambientali, la politica e le industrie inquinanti che sono responsabili, un gesto eclatante della società civile italiana

Il clima mondiale sta rapidamente cambiando: l’effetto delle emissioni di gas clima alteranti e l’incuria del territorio si scarica sulla natura che si ribella con forza: dalle Filippine, agli Stati Uniti, alla Sardegna, uragani e alluvioni si susseguono, ma la politica e l’economia internazionale, e quella italiana, non se ne cura.
La 19a Conferenza delle Parti dell’Onu sul cambiamento climatico, in corso a Varsavia, si avvia a chiudersi con un nulla di fatto o il ripescamento di promesse in extremis.

A Varsavia le associazioni ambientaliste, sociali, le Organizzazioni non governative e sindacali presenti alla Conferenza Onu sul clima  hanno deciso con un’azione clamorosa di abbandonare i negoziati.
Tra le organizzazioni della società civile che hanno deciso di abbandonare i lavori della COP 19 ci sono anche Legambiente, la CGIL, Fairwatch ed il WWF Italia.
“Alla Conferenza di Varsavia” si legge in una nota “i Paesi ricchi non hanno nulla da offrire. Molti Governi dei Paesi in via di sviluppo stanno lottando ma non riescono a tutelare adeguatamente le necessità ed i diritti delle loro comunità”.
“E chiaro che” continua la nota “se si continuerà in questo modo, i prossimi due giorni di negoziato non decideranno le azioni che il mondo così disperatamente attende”.
“Per questo abbiamo deciso di utilizzare meglio il nostro tempo abbandonando volontariamente i negoziati climatici di Varsavia. Al contrario abbiamo scelto di impegnarci a mobilitare i cittadini per fare pressione sui nostri Governi per prendere la leadership per una seria lotta al cambiamento climatico. Lavoreremo per trasformare i nostri sistemi alimentari ed energetici a livello nazionale e globale così da porre le basi per un’economia sostenibile e low carbon con lavoro e vita degni per tutti. Così da ritornare ai negoziati portando la voce di tutte quelle cittadine e di quei cittadini che hanno a cuore un futuro sostenibile per l’intero pianeta”.

Energiafelice si associa a questo impegno

Papa Francesco: NO AL FRACKING

Ed eccolo qui, Papa Francesco che Lunedi’ 11 Novembre di e’ fatto fotografare con una t-shirt che dice “No al fracking” e poi con un altra dove invece c’e’ scritto ‘El agua vale más que el oro’ e “L’acqua vale piu’ dell’oro”.

La foto e’ stata scattata assieme al regista e al senatore argentino Fernando ‘Pino’ Solanas in Vaticano, nella foto sulla destra. Erano presenti anche Juan Pablo Olsson del Proyecto Sur CABA, che lotta contro il fracking in Argentina, ed un procuratore esperto in delitti ambientali, Gustavo Gómez.

A Cesena l’energia giusta

Vi siete mai chiesti, leggendo un fumetto o guardando un film con dei supereroi, quanta energia richiederebbe realmente volare a mille all’ora o correre come un fulmine, o ancora sollevare un palazzo con una sola mano? Probabilmente no. Ma del resto molti di noi non si sono mai chiesti neppure quanta energia occorre per asciugarsi i capelli, cuocere la pasta, o riscaldare il nostro appartamento…


Da questa semplice considerazione è nata l’idea di un progetto, rivolto alle scuole medie di Cesena e  a tutta la cittadinanza, che punta a promuovere, in modo divertente e curioso, il risparmio energetico e le energie rinnovabili.


 “L’obiettivo di questo progetto– ci spiega l’Assessore alla Sostenibilità Ambientale Lia Montaltiè quello di sensibilizzare la cittadinanza sull’importanza delle energie rinnovabili e del risparmio energetico, partendo da quanto di buono è già stato concretamente realizzato in questi anni nel Comune di Cesena, anche grazie all’azione di Energie per la Città Spa, promotrice dell’iniziativa, per poi allargare e approfondire la riflessione su questi temi, affinché essi possano diffondersi ulteriormente.”


E bisogna riconoscere che effettivamente di interventi ne sono stati fatti numerosi negli ultimi anni.

Con la collaborazione di Energie per la Città, la Società che svolge anche l’attività di Energy management per conto del Comune di Cesena, sono stati infatti realizzati interventi di riqualificazione energetica su 83 edifici pubblici e installati impianti fotovoltaici sui tetti di 19 scuole del territorio, tutti monitorati costantemente con un moderno sistema di telecontrollo.


 “Siamo molto orgogliosi della parte tecnica – ci spiega l’ing. Davide Broccoli, Presidente di Energie per la Città Spa – ma a mio avviso questa da sola non è sufficiente se non è affiancata anche da una più profonda coscienza, personale e collettiva, rispetto all’importanza delle nostre scelte in questo ambito, che riguarda molti aspetti della vita quotidiana. Sarebbe inutile, ad esempio, installare un impianto fotovoltaico per poi lasciare le luci accese nelle aule vuote, oppure mettere i doppi vetri o convertire la vecchia caldaia con quelle di ultima generazione, se poi si tengono le finestre aperte sopra ai termosifoni. Ridurre gli sprechi con azioni virtuose è la prima fondamentale fonte di energia!

Per questo abbiamo deciso di finanziare questo importante progetto educativo e culturale, rivolto a tutti i cittadini. Gli interventi progettati dalla società consentono inoltre al Comune di Cesena di accedere a incentivi statali e regionali.”


E’ per questa ragione che si è deciso di coinvolgere la Cooperativa Kaleidos, per organizzare e seguire tali interventi educativi con l’esperienza che questa realtà ha accumulato in molti anni di attività educativa sulle tematiche ambientali.


 “Il progetto è rivolto a tutta la cittadinanza – ci spiega Michele Dotti, educatore della Cooperativa – e questo ci ha spinto a predisporre linguaggi comunicativi diversi per raggiungere le diverse fasce d’età e valorizzarne le differenti competenze potenziali:


per quanto riguarda i giovani abbiamo pensato ad incontri nelle scuole e ad un loro coinvolgimento nella realizzazione di materiale divulgativo;


ai bambini e alle famiglie, proporremo tre giornate di festa e giochi nelle piazze e nei parchi, in stile “giochi senza frontiere”, sempre sul tema dell’energia;


per coinvolgere adulti e anziani abbiamo pensato a degli incontri serali presso tutte le dodici circoscrizioni. Lo stile che ci prefiggiamo è sempre orientato alla partecipazione attiva e a promuovere il piacere, diremmo quasi il divertimento, dell’impegno.”


Gli incontri nelle scuole sono iniziati la settimana scorsa, dal plesso della Scuola media Anna Frank e proseguiranno per tutto l’inverno fino a raggiungere 250 alunni, con un percorso di tre incontri, in 12 differenti classi, di tutte le Direzioni didattiche, delle scuole medie inferiori della città. In parallelo si terranno gli incontri serali nelle Circoscrizioni di quartiere. Mentre dalla primavera inizieranno gli eventi di piazza per le famiglie.

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info: www.energieperlacitta.it – mail: mercatoenergia@energieperlacitta.it – tel. 0547.356363

Se il biogas agricolo diventa business

di Giovanni Carrosio – da www.ecologiapolitica.org

Negli ultimi anni, in Italia sono nati quasi mille impianti per la produzione di energia da biogas agricolo. Per la precisione, 953 impianti, la maggior parte dei quali (90%) concentrati nel Nord Italia, nelle aree caratterizzate da una importante densità di grandi allevamenti zootecnici e nelle aree ad alta specializzazione nella produzione di mais. Produrre energia da biogas agricolo significa utilizzare il metano prodotto dalla fermentazione anaerobica di deiezioni animali e/o biomasse (mais, triticale, sorgo foto) per alimentare un cogeneratore che trasforma il biogas in energia elettrica e termica.  Grazie alla vendita dell’energia elettrica e ad un sistema di incentivi molto generoso, gli agricoltori che adottano questa tecnologia fanno grandi profitti.

Gli impianti a biogas hanno iniziato a diffondersi in modo consistente a partire dalle politiche di incentivazione, giustificate secondo una triplice retorica. La prima: produrre energia da biogas è necessario per ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera; secondo la vulgata dominante, il processo che porta alla produzione di energia è neutro dal punto di vista delle emissioni climalteranti; le biomasse rilasciano in atmosfera l’anidride carbonica assorbita durante il ciclo di vita, con un bilancio perciò uguale a zero. La seconda: produrre energia da biogas è necessario per sostituire le fonti fossili con fonti rinnovabili prodotte sui nostri territori, riducendo la dipendenza del nostro paese dall’estero. La terza: produrre energia da biogas vuol dire incrementare la multifunzionalità delle aziende agricole, consentendo loro di fare profitti ed investire nell’ammodernamento ecologico dei sistemi produttivi.

Questa triplice argomentazione, che ha giustificato la strutturazione di un sistema di incentivi molto generoso, è stata smentita dai fatti. La tecnologia del biogas agricolo, per come si è  affermata in Italia, è stata utilizzata soprattutto come dispositivo di ulteriore modernizzazione e artificializzazione dei processi produttivi delle aziende agricole, vanificando e contraddicendo gli obiettivi che i policy makers si erano dati – ammesso che gli obiettivi reali coincidessero con quelli dichiarati.

Le aziendebiogas1 agricole hanno sostanzialmente due modi di organizzare la produzione di energia da biogas: il modo contadino e il modo imprenditoriale. Le aziende che adottano il  modello contadino utilizzano la tecnologia del biogas come dispositivo per chiudere i cicli aziendali e conquistare margini di autonomia dal mercato nella riproduzione di fattori produttivi come energia e fertilizzanti. Si tratta di medio-piccole aziende zootecniche, nelle quali  il digestore che produce biogas è proporzionato rispetto alle dimensioni dell’azienda. Le deiezioni animali vengono sottoposte a digestione anaerobica e dal processo vengono prodotti energia e  fertilizzante. Il fertilizzante organico viene distribuito nei campi, sostituendo anche nella totalità i fertilizzanti chimici comprati dall’agroindustria, e l’energia viene in parte venduta alla rete nazionale (quella elettrica) e in parte utilizzata per il riscaldamento delle stalle e degli edifici aziendali (quella termica). In questo modo, l’azienda agricola riduce gli input esterni e diventa più autonomia nelle riproduzione di alcuni fattori produttivi.

Le aziende che adottano il modello imprenditoriale – e nel caso italiano sono la maggior parte – utilizzano invece il biogas come dispositivo per incrementare il giro d’affari e ampliare la scala aziendale. La taglia dei digestori adottata è solitamente più grande rispetto alle capacità produttive dell’azienda e alle deiezioni animali vengono aggiunte colture dedicate come mais e triticale. In questo modo le imprese agricole utilizzano suolo agricolo per alimentare i digestori. Si stima che nel Nord Italia siano circa 200 mila gli ettari occupati a colture destinate alla produzione di energia da biogas. Per queste aziende il biogas non è funzionale alla chiusura dei cicli aziendali e tanto meno alla riconquista di margini di autonomia rispetto ai mercati. Infatti, esse acquistano  sul mercato i mangimi che prima dell’adozione della tecnologia del biogas coltivavano su terreno aziendale.

Oggi i terreni sono utilizzati a scopo agroenergetico e la produzione di energia diventa il principale business aziendale.  In molti casi, questo comporta un ampliamento di scala delle imprese agricole: esse tendono a incrementare il numero di animali allevati – intensificando così il rapporto tra terreni e numero di capi – per avere più materiale organico da utilizzare nei digestori e produrre in questo modo più energia. Energia che viene venduta per riscuotere gli incentivi (quella elettrica), ma che in gran parte viene dispersa in atmosfera sotto forma di calore, perché eccedente rispetto ai bisogni aziendali (quella termica). E’ una vera e propria speculazione sugli incentivi, che porta le aziende ad ingrandirsi anche grazie all’ingresso di capitali industriali che sostengono gli investimenti.

In questo modo, quella che secondo la retorica corrente  doveva essere una politica per l’ambiente e per lo sviluppo rurale, nella pratica ha generato un aggravamento dei problemi ambientali legati agli allevamenti intensivi, una competizione per l’utilizzo della terra, una ulteriore “modernizzazione”, specializzazione e industrializzazione dell’agricoltura.

Il modo di produzione contadino, però, ci dice che una alternativa è possibile. Che le nuove tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili possono essere utilizzate in modo eco-compatibile, se la logica non è quella del profitto, ma quella della riproducibilità delle risorse naturali. E soprattutto, dimostra che non esistono energie rinnovabili buone in sé,  e che i modelli sociali e produttivi con i quali esse sono  adottane sono determinanti per conciliare produzione e ambiente. Perché ciò sia possibile, però, servono politiche nuove, che non facilitino la speculazione, ma premino l’agricoltura eco-compatibile.

 

Cambiamenti climatici: gli stati europei in ordine sparso

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano – 12 novembre 2013

Come da copione, la tragedia delle Filippine non riesce a turbare la coscienza dei governanti del vecchio mondo. “In fondo – pensano – per ora non ci tocca e i Paesi meno sviluppati soffrano perché non hanno ancora sistemi di prevenzione all’altezza delle catastrofi. Peggio per loro, finché qui ne siamo immuni e possiamo lavarci la coscienza con un po’ di carità a disastro avvenuto”.

Che la prevenzione stia invece nel ridurre noi le emissioni climalteranti, con tutto quanto consegue sull’uso delle risorse, sugli stili di vita, sulla convivenza con l’ambiente e sulla qualità del lavoro, non è argomento di riflessione per una politica che, se si compiace di esibire “palle d’acciaio”, inconsciamente manifesta una propensione più androide che umana.

Eppure, si aprirà a giorni in Polonia il vertice sui cambiamenti climatici: i governi dell’Europa purtroppo ci arriveranno in ordine sparso, mentre tutto il mondo della finanza fiuterà affari e le banche faranno pressioni per drenare risorse verso i loro bilanci, anziché per ripianare il debito verso la natura.

L’Ue, per la verità, si era posta l’obiettivo per la riduzione delle emissioni di CO2 e aumentare la quota di energia rinnovabile entro il 2030. Ma le differenze tra gli Stati membri e gli interessi economici divaricanti potrebbero compromettere questa ambizione. Mentre la Danimarca rinuncia alle trivelle in mare a favore dei mulini a vento e la Germania si è da tempo impegnata sull’energia verdela Polonia punta sull’estrazione di gas da scisto (shale gas) e l’Inghilterra annuncia la costruzione di nuove centrali nucleari. In compenso, l’Italia si accontenterebbe di smistare il gas che le viene portato da lontano, rinunciando ad una politica industriale e occupazionale che la sua esposizione naturale favorirebbero.

La Commissione Europea continua ad affermare che la matrice energetica è di competenza esclusiva degli Stati membri, ma, se questo valeva nel secolo scorso, il cambiamento climatico e le rivoluzioni informatica ed energetica portano a omogeneizzare in dimensione continentale una strategia dell’efficienza, della cooperazione, dell’accumulo della produzione rinnovabile,dell’impiego di reti intelligenti. Le iniziative non coordinate dei singoli Stati non sono più senza conseguenze, come dimostra lo stesso esempio della transizione energetica in Germania, dove la sospensione della produzione nucleare e il conseguente sviluppo della produzione sostitutiva da vento e sole hanno avuto un forte impatto sui paesi limitrofi. Già nel 2013 durante il picco di produzione, volumi di elettricità verde che la rete tedesca non poteva assorbire sono stati trasferiti alle reti polacca e ceca.

Una Europa sempre più liberista e sempre meno sociale mostra tutti i suoi limiti anche in campo energetico. Con una strategia incerta, piegata alle privatizzazioni e influenzata dalle lobby energetiche che stazionano a Bruxelles, gli ingenti fondi a disposizione non servono a conseguire gli obbiettivi dichiarati. Gli inglesi vogliono sovvenzionare la costruzione di centrali nucleari? I polacchi vogliono avere una legislazione che non consideri i guasti ambientali del gas da scisto? I tedeschi vogliono difendere un’industria automobilistica che sforna vetture a elevate emissioni? Niente di meglio che non pestarsi i piedi e evitare di armonizzare le politiche energetiche di 27 nazioni.

Tuttavia, il futuro procede in altra direzione: già ora nessun paese è un’isola energetica e la rete elettrica a venire è irreversibilmente europea! Sarà pertanto residuale la battaglia dei grandi gruppi per mantenere sistemi centralizzati e impianti di grande dimensione alimentati da fonti non rinnovabili, pur con minori emissioni climalteranti. Perdente, dal momento che le tecnologie – nucleare e CCS (cattura e sequestro di CO2 sotto terra) – che dovrebbero rispondere a questi requisiti, sono in crisi dopo Fukushima e la decisione della Norvegia di porre fine all’ambiziosoprogetto di cattura nella raffineria di Mongstad.

La decarbonizzazione dell’economia funziona all’origine dei processi, comportando che i capitali siano dirottati verso le fonti rinnovabili – in grado di eliminare le emissioni di oggi – anziché verso la realizzazione di insicure discariche dei combustibili nucleari e fossili del passato. La diffusione delle rinnovabili entra ormai definitivamente in collisione strutturale con gli interessi dei monopoli nazionali, che proteggono il loro mercato locale anche a dispetto del clima.

Si può ben dire, in conclusione, che la diffusione delle rinnovabili costituisce l’antidoto più potente al catastrofico riscaldamento del pianeta.