Rinnovabili 2015

a cura di Roberto Meregalli

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L’Italia è uno dei paesi più avanzati in Europa e nel mondo in materia di energie rinnovabili. Ricordiamo che già lo scorso anno abbiamo raggiunto il target previsto dalla Direttiva Europea 2009/28 conosciuta volgarmente con la sigla “20-20-20”, poiché già a fine 2013 la percentuale di energia rinnovabile sul totale dei consumi finali (elettricità, calore, trasporti) era salita al 16,7% (il target italiano al 2020 è del 17%).

Quota dei consumi finali lordi di energia - Fonte GSE
Fonte GSE

Il Bilancio energetico nazionale del 2013 (ultimo disponibile) evidenzia come a livello di fonti primarie, ossia delle fonti di base che servono a produrre tutta l’energia necessaria al paese, quasi il 20% è rinnovabile, mentre nel non lontano 2007 questa quota era sotto l’8%; quindi il balzo è stato notevole.

Bilancio energetico nazionale 2013
Fonte: Ministero dello sviluppo economico

In particolare è molto elevata la penetrazione nel settore elettrico, dove la percentuale nel 2013 era pari al 31,3% rispetto al target previsto per quell’anno, del 21%.

Grafico H
Fonte GSE

E’ ormai un luogo comune la critica sui costi dell’incentivazione alle fonti rinnovabili, soprattutto al fotovoltaico, ma non è così consolidata la consapevolezza di quanto siano riuscite, queste fonti, a rivoluzionare il sistema dell’energia italiano e di quanti benefici diretti e indiretti siano portatrici. Ad esse va unito l’effetto delle misure di efficienza che negli ultimi anni sono state fatte e che hanno contribuito in maniera sostanziale a ridurre i consumi.

Il risultato, nell’elettrico, è la crisi ormai irreversibile della generazione tradizionale termoelettrica, nessuna utility potrà pensare di affrontare il futuro senza radicali cambiamenti. A pronunciare la parola “fine” alle grandi centrali del passato è stato Francesco Starace che sta ripetendo con insistenza che Enel non costruirà più alcun grande impianto: “dobbiamo stare attenti al “gigantismo”, quindi ci impegneremo in tante piccole opere evitando quelle grandi[2]. Al contrario saranno chiuse per sempre 23 centrali a carbone, olio combustibile e gas, per un totale di 13 mila MW di potenza (vedi l’elenco completo nella cartina).

Questo per il nostro paese significa basta grandi centrali a petrolio, carbone o metano, un risultato non di poco conto sul fronte della salute e della tutela dell’ambiente, da non dimenticare in tema di bilanci.

Il rapporto annuale sui comuni rinnovabili, pubblicato nei giorni scorsi da Legambiente, conferma l’immagine di un paese che, pur tra mille contraddizioni, crede sia intelligente ricavare l’energia necessaria al nostro stile di vita, da acqua, sole, vento, geotermia e biomasse. In tutti gli 8.047 comuni italiani (tale il numero dei nel 2015), è installato almeno un impianto solare fotovoltaico e in 6.803 c’è almeno un impianto solare termico. 700 sono invece i comuni dell’eolico, 1160 quelli dove esiste un impianto mini-idroelettrico, 2.451 quelli con una centrale a bioenergie, infine 484 i comuni della geotermia.

La crescita dei comuni rinnovabili
Rapporto “Comuni Rinnovabili 2015” di Legambiente

La crescita della generazione elettrica da FER ha prodotto molteplici ricadute anche sui mercati elettrici, quello più evidente è la diminuzione dei prezzi dell’energia elettrica in Borsa, il cosiddetto effetto peak shaving, cioè dell’abbassamento del prezzo nelle ore di punta (picco) a causa della disponibilità di elettricità fotovoltaica ed eolica (la prima produce al massimo proprio nelle ore di picco). Nel 2014 ciò si è tradotto in un risparmio di 896 milioni di euro, meno rispetto al 2013 perché più bassi i prezzi rispetto a quell’anno (di anno in anno il solare sta abbassando i prezzi e, di conseguenza, i risparmi che riesce a produrre, come mostrato nel grafico che segue).

Meno evidente è la riduzione di fossili che abbiamo bruciato, nel 2014 ben 16,6 miliardi di metri cubi di gas metano in meno rispetto al 2007:

Meno fossili importati significa minor deficit nella bilancia dei pagamenti; nel 2012 per la voce energia, il saldo negativo era di circa 63 miliardi, nel 2014 si è contratto a 43 miliardi (dati Istat), il calo del prezzo del petrolio che ha interessato la seconda parte dell’anno si è tradotto in un risparmio di 5,5 miliardi, ma quasi tre volte tanto è stato il risparmio sulle importazioni di gas.

Risultato finale della prima rivoluzione energetica è che l’Italia è oggi il primo paese al mondo per percentuale di generazione fotovoltaica che copre la domanda elettrica: 7,9% davanti a Grecia (7,6%) e Germania (7%).

Fine della prima rivoluzione

Ma la grande crescita delle rinnovabili è terminata poiché la fine degli incentivi nel fotovoltaico (nel 2013) e il sistema delle aste per le altre fonti ha ostacolato ulteriori sviluppi. In particolare, per il fotovoltaico l’approvazione del cosiddetto spalma-incentivi ha bloccato il settore spingendo le imprese all’estero. Il Rapporto Irex Annual Report 2015 mostra come l’industria italiana delle rinnovabili abbia spostato i suoi investimenti olteconfine con circa 2,5 miliardi di investimenti, in prevalenza nell’eolico, soprattutto nelle Americhe. Gli investimenti fuori dai confini nazionali sono stai nel 2014 l’88% della potenza, ossia l’88% degli impianti costruiti dalle nostre imprese sono ubicati all’estero.

I dati sulle installazioni domestiche negli anni 2013 e 2014 sono a disposizione di tutti, il solare fotovoltaico nel 2013 era calato a 1.700 MW per le code residue del conto energia, per il 2014 non è ancora disponibile un dato definitivo ma si parla di 600 MW.

Per l’eolico il sistema delle aste ha colpito prima, dopo il record del 2012 di 1.239 MW, nel 2013 le installazioni erano crollate a 444 MW e nel 2014 a soli 107 MW.

I risultati delle aste dell’eolico sono stati fallimentari perché le regole hanno permesso la partecipazione a un sacco di società parassite, lasciando fuori le imprese che davvero volevano costruire impianti. Risultato: gran parte dei vincitori non hanno messo in piedi nulla perché per vincere hanno abbassato i prezzo sotto i valori reali, così dei vincitori delle aste del 2012 il 46% dei progetti è rimasto sulla carta, di quelli del 2013 addirittura il 75%. Globalmente solo il 21% degli impianti è stato realmente messo in piedi, 461 MW su più di 2.200 MW previsti (vedi tabella seguente).

A conferma della fine della “prima rivoluzione” è utile guardare i dati relativi all’elettricità prodotta nei primi quattro mesi del 2015; a domanda stabilizzata rispetto al 2014, la generazione rinnovabile è in calo perché ormai le variazioni dipendono dal meteo e il fotovoltaico non è ancora così diffuso da poter compensare la riduzione dell’idroelettrico quando al nord le precipitazioni calano come è accaduto in questo 2015.

Le fonti rinnovabili nel periodo gennaio-aprile 2015 (che includono anche circa 5,7 TWh da biomasse registrate nel termoelettrico) hanno contribuito per il 40,3% alla produzione elettrica nazionale e per il 34,5% alla domanda elettrica. Nello stesso periodo del 2014 queste due percentuali erano più elevate: rispettivamente del 43,7% e del 37,2%. Nel mese di aprile il consumo di gas nel termoelettrico è tornato a salire del 4,7% (dato GME).

Quale futuro quindi per le FER? Quali indicazioni provengono dal governo? Giovedì 7 maggio, rispondendo al question time in Senato, la ministra dello Sviluppo Economico Federica Guidi ha promesso entro la fine del mese di maggio un decreto di incentivazione alle rinnovabili non fotovoltaiche, specificando che non sarà definito alcun budget aggiuntivo, che durerà due anni e che come metodo di assegnazione si useranno ancora aste e registri.

Il tetto di spesa rimarrà fermo a 5,8 miliardi, quindi sarebbero a disposizione degli operatori i circa 100 milioni attualmente liberi sul contatore del Gse (che monitorizza il tetto raggiunto e segna 5,7 miliardi) e le risorse che potrebbero in futuro liberarsi per la fine di alcuni incentivi (i certificati verdi) sia per le revoche degli incentivi assegnati mediante aste e registri a impianti che non sono stati costruiti.

Secondo alcuni analisti (eLeMeNS) potrebbero essere a disposizione circa 250 milioni di euro più altri 150 milioni per l’anno 2016, che insieme potrebbero sostenere lo sviluppo di circa 1.500 MW di nuovi impianti rinnovabili. Ma sono solo ipotesi e molte sono le incognite (si pensi agli ex-zuccherifici convertiti a biomassa, che possono accedere direttamente agli incentivi senza preventive procedure e che potrebbero erodere pesantemente la cifra ipotizzata).

Per il fotovoltaico nulla, anzi per questa risorsa le modifiche normative che l’Autorità sta studiando per riformare la suddivisione degli oneri di rete sulle bollette potrebbe costituire un nuovo ostacolo. L’idea è quella di applicarle in toto anche agli autoconsumi (il che danneggerebbe i SEU che oggi sono la via di sopravvivenza del FV in Italia) perché, per usare le parole della Guidi “ragionando al limite, se tutti i consumatori autoproducessero l’energia di cui hanno bisogno … tutti sarebbero esenti e nessuno pagherebbe”. Vero ma nessuna politica si può basare su ragionamenti “al limite”, della serie “se tutti fossero onesti” o “se tutti avessero un lavoro”. Banalmente non esiste una strategia per la generazione distribuita per far sì che tutti autoproducano, perché non c’è alcuna convinzione alle spalle.

Ma l’evoluzione tecnologica farà quello che lo politica non farà, nel mondo la progressione è impressionante, l’annuncio di Tesla sulle batterie (con costi annunciati dimezzati rispetto ai concorrenti) ha dato una ulteriore spinta che le utility stesse stanno cavalcando (Enel ha annunciato il 12 maggio un accordo per realizzare un sistema di accumulo Tesla da 1,5 MW di potenza e 3 MWh di capacità di stoccaggio). La transizione verso un nuovo sistema energetico è in corso e non si fermerà.

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Guerra in Siria e cambiamenti climatici

a cura di Mario Agostinelli

Le tendenze di aumento delle temperature e di diminuzione delle precipitazioni nella mezzaluna fertile, cioè quella parte del pianeta dove gli esseri umani hanno iniziato a praticare l’agricoltura e la pastorizia, 12 mila anni fa, legate al riscaldamento globale, hanno reso molto più probabile il verificarsi di siccità disastrose, come quella del 2007-2010; questa ha causato una migrazione di massa di contadini verso le città siriane, fattore che ha contribuito alla rivolta contro il regime di Bashar al-Assad, in seguito degenerata in una guerra civile.

La siccità ha avuto un effetto catastrofico verso un settore, quello agricolo, già messo in crisi da politiche insostenibili di sussidi e di irrigazione tramite pompaggi di acque di falda, che hanno causato il loro progressivo impoverimento.

La scarsità delle acque di falda ha reso l’agricoltura siriana più dipendente dalle piogge annuali e quindi più vulnerabile alla siccità; e così la siccità iniziata nel 2006/2007 ha portato al collasso la produzione di grano siriana, ha fatto aumentare i prezzi dei generi alimentari e del foraggio per il bestiame, con conseguente impoverimento di agricoltori e pastori.

Si è quindi registrata una migrazione di massa (1,5 milioni di person verso le città, che ha generato tensioni sociali aggiuntive a quelle già presenti a causa dei circa 1.2-1,5 milioni (!) di profughi della guerra in Iraq presenti in Siria. Nel 2010 gli sfollati interni sommati ai profughi iracheni raggiungevano il 20% della popolazione urbana siriana. Una cifra spaventosa, se si pensa alle tensioni che si verificano in Italia, in cui la quantità di profughi annui in rapporto alla popolazione (nel 2014: 170.000/40.000000= 0.4%) è circa 50 volte inferiore.

Questa grande siccità è legata al riscaldamento globale causato dalle attività umane. Lo dimostrano la tendenza alla diminuzione delle precipitazioni, con ripercussioni sulla ricarica delle falde, la tendenza di aumento delle temperature, in particolare negli 20 anni, con gli anni successivi al 1994 sempre superiori alla media delle temperature del XX secolo, la tendenza all’aumento dell’aridità dei terreni. Si è poi osservata una progressiva intensificazione di una condizione anticiclonica tra la Turchia ed il Mar Nero orientale, portatrice di correnti nordorientali più secche nell’area della mezzaluna fertile

La rivolta popolare e la conseguente guerra hanno avuto certamente anche altre cause sociopolitiche, principalmente l’incapacità del regime siriano di fornire risposte alla crisi e le grandi masse di rifugiati della guerra in Iraq.

Ma queste persistenti e profonde siccità dovute alle emissioni di CO2 potrebbero diventare ricorrenti in un mondo più caldo. E non soltanto in Siria.

Reddito minimo: appello al Parlamento

Come cittadini ci rivolgiamo al Parlamento che ci rappresenta. Amiamo il nostro paese, vorremmo una società giusta e solidale. Non è quella che ci circonda. Nella Repubblica fondata sul lavoro il tasso di disoccupazione ufficiale (ben superiore è quella reale) a gennaio 2015 era pari al 12,6 %, quella dei giovani tra i 15 e i 24 anni è in Calabria al 56,1% , in Basilicata al 55,1% e in Sardegna al % 54,2 ( dati istat del 2013), al 41,4% per le donne, di 2,4 punti superiore a quella degli uomini.

Come ignorare che in quelle terre del Sud un giovane su due non ha lavoro, non ha futuro? Nel Mezzogiorno è quasi 5 volte superiore al resto del paese. Non sono numeri, fredde percentuali, sono sofferenze esistenziali, di persone reali private di diritti e di ogni possibile strategia di vita. Per loro sono abrogati gli articoli della Costituzione: 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale… E’ compito della Repubblica (cioè vostro, di voi parlamentari che fate le leggi) rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo delle persona umana…” e 4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Come è possibile ignorare questa drammatica realtà, rimuoverla .

Come non vedere, non sentire quanto grava sulla coscienza di tutti noi (e vostra che fate le leggi e del governo) il dramma della povertà, che è la conseguenza della disoccupazione?
E’ a rischio povertà (dati Istat del 2013) il 28,4 % della popolazione. Il 12,6% era i condizioni di povertà relativa (10 milioni e 48 mila) e 9,9 % (6milioni e 200mila) assoluta. Cresce la speranza di vita, ma declina la speranza di pensione. Che vita sarà?
Per loro non c’è democrazia, se non c’è per loro, non c’è per nessuno. Per loro non c’è Costituzione. Non c’è libertà se non c’è libertà dal bisogno. E non c’è dignità.

Noi, cittadini, non vogliamo tacere, non vogliamo girare lo sguardo altrove, noi sappiamo che l ‘indifferenza è complicità. Non vogliamo essere complici della crisi della democrazia e della convivenza civile, del tradimento dei valori della Costituzione.
Per questo ci rivolgiamo a voi, che fate le leggi. Leggi che dovrebbero a tutti garantire vita dignitosa e libera. Leggi che non ci sono, perché domina la dura legge dell’oligarchia delle multinazionali e del mercato, che rafforza privilegi e cancella i diritti. Leggi, che invece, come proposte, ci sono, nascoste nei polverosi cassetti di Camera e Senato.

Sono le proposte di legge per garantire sussistenza dignitosa a chi è in attesa del lavoro. Le hanno espresse forze sociali e politiche che con partecipazione civile sentono proprie le difficoltà di una parte tanto vasta della popolazione, del nostro paese. E’ stata presentata una legge di iniziativa popolare, oltre 100 mila firme, per il reddito minimo garantito (raccolsero le firme il Prc, Sel , la Fiom e altre forze) , senza nessun riscontro vostro, che ci rappresentate. Il Movimento 5 stelle ha presentato una legge dal titolo “Reddito di cittadinanza (“riguarda 10 milioni di cittadini sotto la soglia di povertà. Libera l’Italia dal voto di scambio. Non è una misura assistenzialista. In 3 anni formiamo il cittadino. E se rifiuta 3 proposte di lavoro, perde il reddito.” Di Maio, vice presidente della Camera). Anche SEL ha presentato una legge. SEL e M5S hanno inoltre avviato un confronto sulle rispettive proposte orientato alla convergenza con la proposta di Libera, segno assai positivo di superamento delle divisioni tanto frequenti in passato.
La Fiom ha elaborato una proposta che rilancia il valore del lavoro, contrasta la precarietà, tende a ricomporre unità tra chi non ha lavoro e tra lavoratori e lavoratrici. La proposta di Libera si colloca all’interno di una campagna contro la povertà e si propone di introdurre “la misura del reddito minimo, in quanto misura di intervento sociale pro attiva.”
Analogo impegno su questo terreno è espresso da esponenti della minoranza PD. E molte altre forze sociali e politiche sostengono questo obiettivo. Ciò che manca è la volontà del Parlamento di affrontare questo ordine di problemi.

A voi ci rivolgiamo, a voi che dovreste fare buone leggi, chiedendo che le proposte nel merito vengano discusse, confrontate e venga finalmente varata una legge che dia soluzione a questo dramma, il più grave tra tutti, che sta scuotendo le fondamenta stesse della tenuta sociale ed erode la democrazia. E’ vostro compito, eletti dal popolo, “adempiere con disciplina ed onore… alle funzioni pubbliche che vi sono state affidate “(art. 54) nel rispetto della Costituzione. Noi non vogliamo tacere, e voi ? I valori della dignità della persona e dell’eguaglianza sono i cardini della Costituzione. Fate che siano rispettati e non traditi. Fate una buona legge, voi che fate le leggi.

Vittorio Agnoletto, Mario Agostinelli, Roberto Biorcio, Franco Calamida, Paolo Cagna Ninchi, Mattia Calise, Anna Camposampiero, Beppe Caravita , Luciana Castellina, Luigi Ferrajoli, Dario Fo, Francesco Forcolini, Massimo Gatti, Luca Gibillini, Giulio Leghissa, Emilio Molinari, Dijana Pavlovic, Silvano Piccardi, Paolo Pinardi, Matteo Prencipe, Anita Sonego, Guglielmo Ragozzino, Basilio Rizzo, Erica Rodari.

Per adesioni, collettive o individuali : redditoedeguaglianza@gmail.com

8 maggio: incontro “Magenta solare”

La Città di Magenta e l’Associazione Energia Felice
sono lieti di invitarvi a

8 maggio: Magenta solareMAGENTA SOLARE
Idee sul futuro nell’anno di EXPO 2015

VENERDÌ 8 MAGGIO 2015
ore 21.00 – CinemateatroNuovo – Via San Martino, 19 – Magenta

– Saluti e introduzione
Marco Invernizzi, Sindaco di Magenta
– Con-vivere. Imparare nell’era solare
Mario Agostinelli, Energiafelice
– I beni comuni hanno un’anima commerciale? L’alienazione nelle parole
Peter Kammerer, Università di Urbino
– Giustizia climatica. Quanto tempo ancora?
Marica Dipierri, Associazione A SUD
– Efficienza energetica a scala locale. Riflessioni su un’esperienza
Fulvio Fagiani, Coordinatore PAES
– Azioni per una città più verde. Credevamo fosse un sogno
Rosella Brumetti, Assessora all’Ambiente Comune di Corsico
– Energia e vita. Che Expo sarà
Massimo Scalia, Università La Sapienza

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EXPO – Energia per la vita

Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Presidente del Comitato Scientifico di EXPO 2015

Energia per la vita

“Nutrire il Pianeta, Energia per la vita” recita il logo di Expo. Impressiona subito l’eliminazione di fatto del tema energia dal contesto organizzativo e dai contenuti, mentre il progetto da offrire deve convergere su tutti e quattro gli elementi congiuntamente – energia, acqua, terra, biosfera – e sulle relazioni fra essi, se si vuole offrire un quadro di prospettiva e di azione in cui anche il nostro futuro sia considerato un bene comune. Già, Expo non parla di diritto all’acqua potabile e di acqua per l’agricoltura familiare, non parla di diritto alla terra e all’autodeterminazione a coltivarla, privilegiando così un’interlocuzione con le fasce di popolazione ricca e gli interessi preminentemente commerciali.

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Expo rischia di diventare la vetrina per nutrire le multinazionali, non certo il pianeta, e, non recependo il link energia – clima, sottovaluta il contesto globale nel quale si colloca un’iniziativa che vorrebbe essere globale: quello dei cambiamenti climatici in atto, causati da un fabbisogno energetico mondiale ancora soddisfatto per oltre l’80% dai combustibili fossili, e delle conseguenze sul mondo vegetale e sulla produzione agro-alimentare. L’urgenza di far fronte a questa minaccia è stata segnalata, ormai da molti anni, dai pronunciamenti delle Accademie delle Scienze (2005, 2006), dai vertici mondiali sul clima e dallo stesso obiettivo politico della UE dei tre 20% al 2020, che per scongiurare gli effetti punta con decisione sull’efficienze energetica e sulle fonti rinnovabili abbandonando il nucleare. Un obiettivo divenuto il punto di riferimento del dibattito dei 195 governi che si stanno preparando per CoP 21 a Parigi, proprio in concomitanza con la chiusura di Expo.

Su tutto questo Expo glissa, se non affidando a piccole voci di contorno il tema di maggior attualità. Eppure lo sconvolgimento climatico sta già avendo e sempre più avrà drammatiche conseguenze proprio sull’agricoltura e sull’alimentazione per tutti gli abitanti del pianeta, non solo per il miliardo di persone oggi al di sotto del livello di sopravvivenza. Eppure il cambiamento climatico è responsabile degli eventi meteorologici estremi e dei conseguenti gravi danni alle colture agricole, oggetto ormai da tempo di richieste specifiche di risarcimento ai Governi, non davvero solo in Italia.

Il cambiamento climatico impatta sul calendario delle pratiche agricole, in particolare quelle vitivinicole, produce una crescente diffusione di agenti patogeni e di insetti nocivi su aree geografiche sempre più vaste, altera i ritmi di fioritura o di sviluppo di un sempre maggior numero di specie vegetali.

Il cambiamento climatico determina, nell’alternarsi degli effetti nelle varie aree del Pianeta, un impatto complessivo negativo e rappresenta una minaccia alla sicurezza alimentare, che dall’agricoltura dipende.

Il cambiamento climatico, cioè la rottura della stabilità dei grandi cicli climatici, è la più grave alterazione del riprodursi del ciclo delle acque e della loro disponibilità sulla Terra. Le attuali forme di produzione agroalimentare comportano, a livello mondiale, un consumo dell’80 per cento dell’acqua dolce, richiedono il 30% del fabbisogno energetico mondiale e sono responsabili del 24% delle emissioni di gas serra (CH4 e N2O), sono cioè parte di un feedback positivo, di un circuito perverso che alimenta continuamente la causa delle drammatiche conseguenze che induce.

Una profonda svolta nella gestione umana del circuito energia, acqua, terra, biosfera si rende necessaria e inderogabile. Verso nuove forme di sviluppo economico-sociale, che impieghino saperi, tecnologie e intelligenza dell’uomo nella gigantesca impresa di praticare tutte le attività umane in sintonia coi grandi cicli della natura.

Per questo chiediamo che durante tutto il periodo dell’esposizione Expo dedichi a questi temi – i quattro “elementi” energia, acqua, terra, biosfera e il link con i cambiamenti climatici – una sessione centrale e permanente, sotto l’egida della FAO e dell’UNESCO e all’insegna degli “obiettivi del Millennio”, aperta al confronto tra gli esperti e le esperienze e le proposte che cittadini e portatori di interessi vorranno mettere a confronto.

PRIMI FIRMATARI

Mario AGOSTINELLI, Luigi AGOSTINI, Aurelio ANGELINI, Vittorio BARDI, Giovanni CARROSIO, Pietro COLUMBA, Francesca FARIOLI, Graziella GALVANI, Stefano GREGO, Paolo GUARNACCIA, Serenella IOVINO, Peter KAMMERER, Franco LO COCO, Sergio MARELLI,  Gianni MATTIOLI, Emilio MOLINARI, Giorgio NEBBIA, Giorgio PARISI, Emanuele PATTI, Wolfango PIRELLI, Debora RIZZUTO, Massimo SCALIA, Gianni SILVESTRINI, Alfredo VANOTTI, Alex ZANOTELLI

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