#herestoyou, un’unica voce contro tutte le ingiustizie

Il 23 agosto 1927 negli Stati Uniti è stata eseguita la sentenza di morte per Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Condannati alla sedia elettrica per un delitto mai commesso. Nel 1970, Joan Baez ed Ennio Morricone hanno dedicato «Here’s to you» ai due italiani, una ballata che è diventata un simbolo della lotta contro le ingiustizie e per i diritti umani.

La celebre canzone, reinterpretata da attivisti per i diritti umani, testimonial e da centinaia di persone che hanno raccolto l’appello di Roberto Saviano, è il nostro omaggio speciale a Nicola e Bartolomeo.

Here’s to you, un’unica voce perché le ingiustizie preferiscono il silenzio.

Una politica migliore – dal Forum Sociale Mondiale (2)

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Imperdibile una delle grandi assemblee (sono 20 in tutto) guidate e introdotte da intellettuali, artisti e protagonisti dei movimenti per il cambiamento: quella illustrata in un lungo e lucido intervento da Naomi Klein, canadese, accolta con ovazioni da quattromila partecipanti distribuiti anche in collegamenti esterni. L’intera assemblea, arricchita dalle comunicazioni di altri quattro speaker, è stata dedicata al rapporto tra cambiamento energetico e clima: decarbonizzazione e abbandono dell’estrazione dei fossili sono state le parole d’odine su cui si è sviluppato un ricco dibattito che qui sintetizzo:

Naomi Klein è partita da un duro intervento contro il governo che non ha concesso visti ad attivisti palestinesi e africani di grande notorietà (Aminata Traoré tra questi) e che fa una campagna solo d’immagine, lasciando alle compagnie dello shale gas e delle sabbie bituminose privilegi fiscali e concessioni illegali all’esportazione. Si è chiesta se il breakink point per le emissioni di CO2 possa essere ancora considerato in termini di anni solari e non invece nella prospettiva di quante generazioni potranno subire lo scioglimento dei ghiacci e l’impoverimento delle colture agricole e alimentari. Urgenza è stato il termine più usato. Ha poi ricordato come l’occupazione in settori rinnovabili e nel risparmio moltiplichino per sei volte l’occupazione e come i green jobs diano benefici a tutte le generazioni Molto dura con la politica che è inchiodata sulla distribuzione iniqua di ricchezza e non pone come priorità il cambiamento delle politiche energetiche e la lotta alle multinazionali sostenute dall’apparato militare.

Naomi Klein al Forum Sociale Mondiale di Montréal

Anne Celine Guyon è presidente dei comitati del Quebec che lottano per chiudere i pozzi di shale gas e i giacimenti di sabbie bituminose, in particolare intervenendo con le popolazioni sulla distruzione del paesaggio e sulla pericolosità del trasporto. Anche il sindacato del Quebec si oppone al progetto di estrazione da sabbie bituminose e scisti e la coalizione sociale si è arricchita di comitati locali (oltre 80) mobilitandosi per il blocco dei trasporti boicottando la costruzione di oleodotti. Chiedono rapporti con i movimenti europei perché prevedono che il futuro mercato sia quello del nostro continente. La loro battaglia contro il Ttip (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) in tutte le versioni anche bilaterali è intransigente.

Maltè Lianos, argentina, è stata per me una graditissima sorpresa. Rappresenta un nuovo sindacato globale – Trade Unions for Energy Democracy nato nel 2013 a cui partecipano diverse sigle sindacali tra cui la Cgil. Ha come programma la transizione energetica e dichiara che un’energia per il profitto contrasta un’energia per il lavoro. “Occorre superare il concetto di posto di lavoro” ha detto “come prodotto di un’economia a qualsiasi costo. Giustizia sociale ed ecologia vanno di pari passo. Il futuro del lavoro non sta nel business as usual. La transizione non può affidarsi al mercato e perciò bisogna contrastare i pericolosissimi articoli sull’energia dei trattati commerciali, a partire dal Ttip”. Interessantissima la valutazione di come le regole liberiste di mercato impediscono la nascita di sistemi energetici locali, diffusi, articolati, pubblici, fino a negare che i popoli indigeni abbiano loro sistemi energetici naturali. Il Ttip prevede assoluta neutralità per le tecnologie energetiche (il fracking o il nucleare stanno commercialmente sullo stesso piano, senza cenni agli effetti sanitari, ambientali, sociali).

Forum Sociale Mondiale di Montréal

Tadzo Muller, tedesco, ha richiamato la questione nucleare, asserendo che i costi dell’abbandono dei reattori civili ricadranno sulle popolazioni, che la transizione verrà protratta all’inverosimile e che il modello centralizzato – che significa potere – lotterà strenuamente per essere al più integrato, ma non sostituito.

Infine Clayton Thomas Muller, un rappresentante del popolo Manitoba, provincia occidentale del Canada, che parla con nella destra una penna d’aquila, ha con lucida concretezza ricordato come le riserve indigene siano tuttora residui di colonizzazione e come la civiltà occidentale voglia imporsi senza ascolto e senza contaminarsi con altre culture. Facendo riferimento ai giovani che tornano alla terra ricorda che sono la generazione più sensibile al cambiamento climatico, che si rendono conto di quanto aumentino i parassiti e scarseggi l’acqua, mentre si innalzano le temperature. Conta il cambiamento strutturale, profondo, non l’illusione tecnologica. L’amore per la terra equivale al rispetto degli dei.

In conclusione, molta affinità con le riflessioni che sembrano maturare con forza anche nel nord ricco del pianeta e che il mondo scientifico ha ormai fatto proprio. C’è qui una grande predisposizione del mondo religioso (i comboniani hanno tenuto una sessione sulla Cop 21) e una vivacissima attivazione dei giovani e giovanissimi. Molto lontana è invece la compenetrazione dei temi e l’unificazione delle campagne: qui nessuno conosceva le iniziative attive in Italia per le rinnovabili e per un diverso modello energetico, né quelle antiscisto, anti Ttip e contro il nucleare: eppure ci sono stati referendum di successo e grandi manifestazioni, che non riescono a elevarsi a un linguaggio universale. E’ un segno di reale difficoltà a fronte di poteri globali ovunque presenti e ferocemente determinati.

Il passaggio di testimone – dal Forum Sociale Mondiale (1)

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Strana città Montreal. Un po’ New York con però tutti i grattacieli cuspidati, un po’ England con le pietre e mattonelle rosse che si infilano tra le chiese di arenaria, un po’ Alsazia per il neo gotico grigio delle numerosissime cattedrali, un po’ Buenos Aires per i tanti murales che trovi in ogni spazio pubblico, un po’ Oslo per il retroterra verde collinoso tutto boschi e un po’ Genova per il porto e le locande sul mare e tra i pontili.

Qui il Forum Sociale Mondiale sta giocando una sfida generazionale e geografica importante. Rimane tuttora la riunione più ampia di società civile che cerchi soluzioni di giustizia all’emergenza e all’incertezza di un futuro migliore per la nostra specie. Dal primo Forum (2001) a Porto Alegre ad oggi le speranze si sono affievolite soprattutto in termini di rapporti di forza, ma, fortunatamente, la consapevolezza della crisi del modello di crescita distruttiva è aumentata e gli obiettivi dei movimenti sono meno generali e più alla portata dell’esperienza quotidiana e delle lotte territoriali. Quel che è rimasto del precedente Fsm a guida brasiliano-francese – progettato e vissuto come contrappunto alternativo al neoliberismo di Davos e come forza spendibile per il cambiamento a livello globale anche in relazione alla crescita dei Brics – si sposta nel “centro dell’Impero”, punta anche sulle novità politiche e intellettuali del Nord del mondo, cambia la gerarchia degli slogan e della comunicazione.

Corrispondenza dal Forum Sociale Mondiale di Montreal N°1

In testa nettamente il clima, lo spreco di energie fossili e le nuove tecnologie di estrazione, il diritto all’emigrazione e l’abolizione delle barriere ai diritti umani, la minaccia nucleare e il diritto della pace. L’uguaglianza sociale e la lotta al capitalismo e alla rapina del liberismo sono coniugate attraverso queste lenti. Gli slogan multicolori trascinati cantando per il corteo di apertura il 9 agosto alludevano quasi esclusivamente a questi temi.

E’ buon segno: significa aggiornare un progetto ambientale politico sociale nato ad inizio millennio, rispetto alle emergenze che l’attaccamento al contingente, al parziale, al presente tout court della classe dirigente mondiale, impedisce di affrontare, per non dover spostare il dibattito politico sociale dalla continuità dell’economia dominante al futuro che viene a mancare. Così come è buon segno il cambio di testimone generazionale avvenuto in un luogo mai sfiorato prima dal Forum: la gioventù canadese e statunitense, presente in massa e con creativa allegria al corteo, ha sfilato per oltre un’ora, mescolata ai più anziani fondatori di Porto Alegre, Mumbay, Bamakò, Nairobi, che procedevano riconosciuti, un po’ affaticati dal sole radente, ma sorridenti e applauditi.

Corrispondenza dal Forum Sociale Mondiale di Montreal N°1

Per consolidata esperienza sindacale potrei dare i numeri del grande corteo di apertura che si è snodato lungo le ampie circolari fino alla piazza Centrale di Montreal: 20 per fila, una sfilata di 100 minuti abbondanti, 12 file al minuto più almeno la metà dei manifestanti a scorrere e attendere a fianco del percorso fanno 40.000 circa. Alla fine, in piazza, durante i concerti di 12 band fino a mezzanotte, si alterneranno 50.000 spettatori. Insisto: i presenti erano quasi tutti giovani ventenni (più ragazze che ragazzi e molte unite in gruppi femministi) mentre era completamente svanita la generazione tra i 35 e i 55 anni, non certo rimpiazzati dai resistenti over 60. Dal punto di vista della provenienza: italiani da contarsi sulle dita di una mano, tedeschi forse una cinquantina, un centinaio di francesi organizzati e visibili, gruppi folti di giovani brasiliani contro il golpe presidenziale, africani, profughi di guerra siriani e somali, molte presenze di chiese locali e una folta delegazione del consiglio mondiale dei missionari comboniani. Rappresentanti politici nessuno.

Le attività del Forum sono cominciate ieri, 10 agosto: sono articolate in 1500 iniziative con la presenza di 140 Paesi. Ne renderemo conto periodicamente. Molte le presenze eccellenti: Riccardo Petrella, Omar Barghuti, Bennie Sanders, Garzia Linera, Chico Withaker, Aminata Traorè, Edga Morin, Naomi Klein, per elencarne alcune.

Corrispondenza dal Forum Sociale Mondiale di Montreal N°1

8 agosto: Earth Overshoot Day, il giorno del sovrasfruttamento della Terra

Entro l’8 agosto, l’umanità avrà esaurito le risorse che la natura mette a disposizione per tutto l’anno: é quanto afferma il Global Footprint Network, un’organizzazione di ricerca internazionale che sta cambiando il modo in cui il mondo gestisce le sue risorse naturali e reagisce ai cambiamenti climatici .

Il giorno del sovrasfruttamento della Terra (Earth Overshoot Day), che quest’anno cade l’8 agosto, evidenzia la data in cui la domanda annuale di risorse naturali da parte dell’umanità supera le risorse che la Terra può rigenerare in un anno. Questo è possibile perché emettiamo più anidride carbonica nell’atmosfera di quanto gli oceani e le foreste siano in grado di assorbire e deprediamo le zone di pesca e le foreste più velocemente di quanto possano riprodursi e ricostituirsi.

Le emissioni di carbonio costituiscono la componente del sovrasfruttamento ecologico che sta crescendo più velocemente: l’impronta dovuta al carbonio (carbon Footprint) genera il 60 % della domanda di risorse naturali da parte dell’umanità. Noi denominiamo impronta ecologica questa domanda. Se vogliamo rispettare gli obiettivi fissati dall’accordo sul clima di Parigi adottato da quasi 200 paesi nel dicembre 2015, l’impronta dovuta alle emissioni di carbonio dovrà calare gradualmente fin quasi a zero entro il 2050.

L'8 agosto é il giorno del sovrasfruttamento della Terra (Earth Overshoot Day)

Ciò ci richiede di trovare un nuovo modo di vivere sul nostro “unico” pianeta.
“Un tale nuovo modo di vivere porta molti vantaggi ma richiede anche impegno per realizzarlo”, dice Mathis Wackernagel, co-fondatore e CEO di Global Footprint Network. ” La buona notizia è che tutto ciò è attuabile con le tecnologie disponibili ed é economicamente vantaggioso dato che i benefici complessivi sono superiori a costi.
Si stimoleranno settori emergenti come le energie rinnovabili, riducendo i rischi e i costi connessi a settori imprenditoriali ormai senza futuro perchè basati su tecnologie caratterizzate da alte emissioni di carbonio o perchè soggetti ai rischi connessi al cambiamento climatico (es. edificazioni in riva al mare minacciate dall’innalzamento del suo livello). L’unica risorsa di cui abbiamo più bisogno è la volontà politica.”

Fortunatamente, alcuni paesi stanno raccogliendo la sfida. Per esempio, il Costa Rica ha generato il 97 % della sua elettricità da fonti rinnovabili nel corso dei primi tre mesi del 2016. Anche il Portogallo, la Germania e la Gran Bretagna quest’anno hanno dimostrato livelli molto avanzati riguardo alla capacità di produrre energia rinnovabile, quando il 100% della loro domanda di energia elettrica è stata soddisfatta da fonti rinnovabili per diversi minuti o, nel caso del Portogallo, per diversi giorni. In Cina, nel frattempo, il governo ha delineato un piano per ridurre del 50% il consumo di carne dei suoi cittadini prevedendo in questo modo di abbassare di un miliardo di tonnellate entro il 2030 le emissioni di biossido di carbonio equivalente per il comparto cinese dell’industria del bestiame.

Allo stesso tempo, come singole persone, ognuno di noi può impegnarsi per il cambiamento del suo stile di vita quotidiano. Sulla scia dello storico accordo di Parigi, il Global Footprint Network e i suoi 25 partner dell’Earth Overshoot Day hanno lanciato una campagna di coinvolgimento del pubblico, al fine di evidenziare l’importanza di poter contare sulla certezza delle risorse data da un mondo sostenibile in cui le persone e il pianeta possano prosperare.
Con la campagna #pledgefortheplanet (Impegno per il pianeta) lanciata il 22 aprile – Giornata della Terra, le persone sono invitate a scegliere un #pledgefortheplanet (si trova tutto su www.overshootday.org) e a condividere selfie attraverso i social media. (Macchine fotografiche GoPro saranno assegnate dopo l’Overshoot Day agli autori delle tre foto preferite).

Poiché la popolazione mondiale è cresciuta e il consumo è aumentato – soprattutto per quanto riguarda le emissioni di carbonio – la data dell’Earth Overshoot Day nel tempo si è spostata da fine settembre del 2000 all’8 agosto di quest’anno. Un dato positivo é che la velocità con cui la data dell’Earth Overshoot Day si è man mano anticipata é scesa a meno di un giorno all’anno, in media, negli ultimi cinque anni, rispetto a una media di tre giorni all’anno da quando nei primi anni 1970 é iniziato il sovrasfruttamento.

“L’accordo sul clima di Parigi è ancora la dichiarazione più forte riguardo alla necessità di ridurre drasticamente l’impronta di carbonio. In ultima analisi, la scelta é tra collasso o stabilità”, ha detto Mathis Wackernagel. “Raccomandiamo con forza le nazioni, le città e gli individui a prendere iniziative efficaci e coraggiose per rendere gli obiettivi di Parigi una realtà raggiungibile.”

Cosa è il Global Footprint Network
Il Global Footprint Network è un’organizzazione di ricerca che sta cambiando il modo in cui il mondo gestisce le sue risorse naturali e reagisce ai cambiamenti climatici . Dal 2003 ha collaborato con più di 50 nazioni, 30 città e 70 partner globali per fornire scenari scientifici che hanno indirizzato le politiche ad alto impatto e le decisioni di investimento. Insieme ai suoi partners sta creando un futuro in cui tutti possano prosperare entro i limiti del pianeta.
www.footprintnetwork.org

Per approfondire:
Earth Overshoot Day: www.overshootday.org
Sui social media: #pledgefortheplanet, #overshoot
Video sul National Footprint Accounts: https://youtu.be/_T5M3MiPfW4

Le conseguenze di Brexit sull’energia

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Ci vorranno due anni per sostituire completamente gli accordi tra Ue e Gran Bretagna dopo il Brexit e c’è di mezzo una caduta prevista del Pil inglese del 5% medio, che evidentemente il governo inglese vuole diluire nel massimo tempo possibile. Il risultato del referendum di fine giugno può sembrare avere poche implicazioni dirette per l’energia pulita o il mercato elettrico ma è probabile che avrà importanti effetti indiretti – sia perché verrà cambiata la compagine di governo, sia perché sarà inevitabile una battuta d’arresto per l’economia del Regno Unito (si ricordi che Farage auspica un rilancio del carbone a scapito delle rinnovabili, ritenute troppo costose e inefficienti, e parla di sviluppo del fracking).

Gli investitori e le banche esiteranno a immettere nuovi capitali, il che potrebbe causare una caduta innanzitutto nelle nuove attività per le rinnovabili. La caduta della sterlina innalzerà i prezzi degli apparati importati, aumentando i costi dei progetti da finanziare. Non è chiaro se la Bei (Banca Europea per gli Investimenti) rimarrà il più grande fornitore di prestiti per energia pulita per la Gran Bretagna, avendo investito ben 31 miliardi dal 2011 al 2016. Non va dimenticato che gli inglesi detengono il 16% di quote nella banca, ma saranno i cambiamenti nella politica interna ad avere un impatto più grande del voto per quanto riguarda gli investimenti in rinnovabili. Il governo Cameron era impegnato a realizzare la seconda tranche per il contratto per il grande progetto dell’eolico offshore. Difficilmente il progetto non incontrerà ostacoli, e ancor peggio andrà per il solare fotovoltaico e l’eolico onshore.

La previsione, fornita dagli analisti di Bloomberg in comunicazioni riservate, è che, in seguito a Brexit, potrebbero scendere i prezzi del carbone, data una sua maggiore richiesta su impianti anche obsoleti. Ci saranno meno investimenti in nuovi interconnectors transnazionali. Il mercato dell’elettricità della Gb si avvale oggi di 4 Gw di capacità dovuta a interconnessioni con il continente; si stima che per ogni Gw dovuto alle interconnessioni, il prezzo dell’energia in Gb si riduce dell’1 o 2%. Secondo le stesse stime di Bloomberg, la Parity grid sul territorio della Regina aumenterà del 2% rispetto all’attuale 6% per il fotovoltaico e dell’8% per l’eolico. Sarà quindi impossibile per il Regno Unito rispettare la quota del 20% al 2020 fissato dall’Ue.

E’ ormai sicuro che il grandioso progetto nucleare di Hinkley Point, un sito con 3.200 MWe di potenza nucleare con due reattori Epr (European Pressurized Reactor), verrà rimandato o abbandonato. Questo interessa da vicino la società francese Edf, l’industria nucleare Areva, la Commissione europea (che aveva promesso incentivi) e l’apparato militare inglese, tutti coinvolti e interessati al progetto di ben 18,1 miliardi di euro. Edf chiede che Hinkley Point vada a compimento in ogni caso. Ma aumenta il rischio di insuccesso anche di fronte all’interesse manifestato dai cinesi, che si rivolgerebbero altrove al minimo inconveniente (sul “nuovo” nucleare interverremo nei prossimi post). Ad un crollo previsto di domanda di energia, seguirà una riduzione degli impegni sull’efficienza energetica e, complessivamente, si punterà sulla riduzione della CO2 (- 80% al 2050 con una pluralità di sistemi e un largo commercio di quote), più che su aumento sostitutivo delle rinnovabili (che si fermeranno al 15% al 2020).

Molti degli sforzi saranno spostati sulle reti intelligenti e sull’accumulo. Da questo punto di vista ne soffrirà anche l’Europa, visto che un mercato unico digitale che consentirebbe servizi on-line e contenuti applicabili alla distribuzione e al consumo di elettricità deve essere valutato e distribuito in maniera singolare in tutto il continente. Il referendum del 23 giugno ha lasciato fuori dal dibattito i temi energetici e ambientali, che però sono tornati alla ribalta dopo la vittoria del leave. Quale sarà il ruolo di Londra nell’agenda climatica internazionale? Christiana Figueres, segretario esecutivo della Unfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change), parlando dell’ipotesi Brexit prima del 23 giugno, era stata molto chiara: “Dal punto di vista degli accordi di Parigi, la Gran Bretagna è parte dell’Unione europea e ha manifestato il suo impegno come membro dell’Ue”. Tradotto: l’eventuale uscita di Londra rimetterà in discussione i patti della Cop21.

Infine, la Brexit obbliga a rivedere anche la nostra strategia energetica, rendendo più marginale il gas e ricorrendo all’acqua sia per produrre biometano che come accumulo, in sinergia con sole, vento e biomasse. Ma, dato che il governo prende gli orientamenti che gli passa il trio Eni-Enel-Terna, ci troviamo con il paradosso di un aumento della bolletta elettrica quando cala il prezzo dei fossili e un’occasione persa per “rilanciare” le rinnovabili, come rivela la conferenza stampa del premier commentata da Francesco Ferrante su La Stampa.