Quale strategia energetica nazionale

a cura di Roberto Meregalli

Il governo è al lavoro sulla nuova strategia energetica nazionale (SEN); il ministro Calenda ha spiegato nell’audizione parlamentare di inizio marzo che la “vecchia” SEN va aggiornata “a seguito delle profonde trasformazioni economiche ed in particolare del mercato energetico occorse negli ultimi quattro anni”.

Secondo Calenda la SEN 2017 sarà uno strumento per tre obiettivi:

  • Individuare le principali scelte strategiche in campo energetico, in connessione anche ai nuovi obiettivi europei del Clean Energy Package e traguardando obiettivi di sicurezza e economicità.
  • Definire le priorità di azione ed indirizzare le scelte di allocazione delle risorse nazionali.
  • Gestire il ruolo chiave del settore energetico come abilitatore della crescita sostenibile del Paese.

La prima bozza era stata annunciata per il G7 sull’energia, svoltosi il 9 e 10 aprile a Roma, ma così non è stato, si attende quindi il 27 aprile quando in audizione parlamentare il governo dovrebbe presentare le prime slides, cui dovrebbe seguire una consultazione pubblica. Parallelamente però il governo sembra intenzionato a varare un decreto legge in cui rendere operative alcune indicazioni, in particolare in tema di sconti agli energivori, le industrie che consumano più energia.

Un primo e non secondario problema è infatti capire come rendere significativa questa nuova strategia, visto il fallimento della precedente. Va ricordato che la “vecchia” nacque per giustificare il ritorno al nucleare e fu l’allora ministro Scajola a inserirla in un decreto legge (il 112/2008). Ma l’incidente di Fukushima e il referendum fecero saltare tutto e la legge 133 che aveva recepito il decreto venne “smontata” con l’abrogazione dell’articolo 7 e dell’art. 5 comma 8, cosicché la SEN si trovò orfana di qualsiasi riferimento legislativo e relegata ad “atto di indirizzo”. Atto di indirizzo a cui non è seguita alcuna pianificazione; come qualcuno ha argutamente detto: “alle slides non è seguito nulla”.

La SEN 2013

Comunque sia andata a finire, la SEN 2013 aveva come primo pilastro la competitività, come secondo l’ambiente, come terzo la sicurezza e come conseguenza dei tre sarebbe dovuta derivare crescita economica.

A ben guardare dal 2013 ad oggi nessuno dei tre obiettivi ha fatto passi avanti perché anche se oggi si continua a ripetere che il nostro Paese ha già raggiunto gli obiettivi europei stabiliti per il 2020 (il famoso pacchetto 20-20-20), si tratta di un risultato pregresso, negli ultimi tre anni di passi avanti ne sono stati fatti pochi, anzi nel settore elettrico siamo in ritirata. Basti confrontare la quota di elettricità generata dalle rinnovabili nei primi due mesi di quest’anno con i tre anni precedenti, dal 32,9% siamo scesi al 27,4%:

La vecchia SEN del resto metteva molta più enfasi sul progetto di fare l’Italia un hub del gas che sullo sviluppo delle rinnovabili che era sempre citato solo unitamente al termine “sostenibile” inteso in senso economico.

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Riflessioni spazio-tempo per l’energia

da Qualenergia Aprile 2017

Occorre utilizzare un nuovo approccio scientfico per traghettare l’umanità verso la sostenibilità

Velocità massima della luce, tempi relativi, materia granulare, energie discrete, in uenza dell’osservatore sulla realtà : concetti quotidianamente presenti nelle tecnologie di cui ci serviamo, a partire dai pannelli solari sopra i nostri tetti. Nozioni che operano nelle transazioni nanziarie ad alta frequenza cui si a dano le imprese che ci allacciano al gas e all’elettricità e che stanno alla base delle telecomunicazioni, dei Gps sui nostri cruscotti e delle App dei nostri smartphone.

Concetti benfissati, anche se forse più indirettamente rintracciabili, nella moderna organizzazione del lavoro, della produzione e del consumo che quotidianamente osserviamo in la al lettore di cassa laser del supermercato. Immagini della realtà e ettiva con cui conviviamo e di cui siamo fatti, che non fanno tuttavia parte della nostra “cassetta degli attrezzi” per protenderci verso il futuro, per capire un mondo sempre meno prevedibile: magari per attrezzarci meglio alla transizione energetica in corso.

Intanto, una politica miope che si ritira da responsabilità globali ci sta abituando a vivere solo in un eterno presente che è quello che ci illustra come se abitassimo ancora nell’era newtoniana delle risorse illimitate e della trasformazione industriale di natura in merce. Ma no a quando? Il testo “Il mondo al tempo dei quanti” di Mario Agostinelli e Debora Rizzuto (ed. Mimesis, Milano, gennaio 2017) offre un audace e innovativo punto di vista su molti aspetti che riguardano la vita degli uomini e delle donne, il loro organizzarsi in società, la struttura iniqua delle relazioni economiche e la crisi di democrazia che caratterizza il nostro tempo. Diversi sono i destinatari cui suggerire una ri essione sul testo qui proposto.

La tesi fondamentale del libro, che individua nella rivoluzione scienti ca del XX secolo il punto di svolta per l’interpretazione della realtà intera da cui siamo circondati – “dall’in nitamente piccolo all’in nitamente esteso” – non si limita alla materialità del mondo fisico, come potrebbe far intravedere la permanente separazione
delle culture umanistica e scientifica. Com’era avvenuto con il compimento del “momento newtoniano”, nei suoi risvolti istituzionali (l’indebolimento dell’assolutismo), produttivi (la nascita dell’industria), antropologici (la natura diventa quantitativamente e illimitatamente trasformabile in merce e ricchezza), il “momento relativistico-quantistico”, che stiamo percorrendo pur rimanendone concettualmente lontani, andrebbe portato all’attenzione di chiunque abbia il compito di orientare la società in questi tempi di sconvolgimenti tanto repentini da lasciarci privi di chiavi di lettura e, pertanto, senza visioni di lungo periodo.

Il ricorso all’impiego delle più recenti intuizioni e scoperte scienti che è il compito che si danno gli autori usando metafore di forte suggestione per la trasposizione al mondo sensibile, pur mantenendo la sostanza scientfica dell’approccio che ha sconvolto fisica, chimica, biologia e neuroscienze a partire da Plank, Einstein e Bohr. Questa fase storica è segnata da cambio di dimensioni, inomogeneità, discontinuità, incertezza e probabilità al posto del determinismo e della causalità.

L’Universo è un mondo curioso ma non lo riteniamo reale, perché continuiamo a vivere nel “momento newtoniano”, come se Feynman e Heisenberg fossero esistiti solo per chi progetta smartphone, Internet, Gps e laser e non per chi ne fa uso quotidiano.

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Petizione per mantenere il “Servizio di maggior tutela”

Petizione al Parlamento per il mantenimento del “Servizio di maggior tutela” nella fornitura dell’energia elettrica.

Nel ddl “Concorrenza”, che arriverà in aula del Senato nelle prossime settimane, sono previste diverse misure, anche su materie che riguardano l’energia, tra le quali la fine del “servizio di maggior tutela” per le tariffe elettriche per gli utenti domestici e le piccole imprese.

Oggi sono circa 20 milioni gli utenti domestici che sono restati in questo sistema, mentre chi scelto di passare al “mercato libero”, secondo diverse ricerche,  sta pagando tariffe più alte, in particolare le utenze con i consumi minori.

Per questo – associandosi a quanto già richiesto da associazioni sindacali, ambientaliste, dei consumatori – chiediamo un impegno concreto a Governo e Parlamento affinché, nell’esame in aula del ddl Concorrenza, venga cancellata la fine del mercato di maggior tutela, strumento necessario soprattutto per tutelare le utenze più deboli.

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Presentazione del libro di Mario Agostinelli e Debora Rizzuto

a cura di PierLuigi Albini

Il mondo al tempo dei quantiQuando nel marzo dell’anno scorso Mario presentò qui a Pentatonic un primo schema di quello che sarebbe poi diventato un libro scritto insieme a Debora Rizzuto, il titolo era Connessi ma lontani. Quanti e relatività: istruzioni per la politica. Ora il libro, uscito vero la fine del 2016, con la prefazione dei due fisici Gianni Mattioli e Massimo Scalia e con la postfazione del politologo Giorgio Galli, ha un titolo diverso, che nel testo non fa sconti alla politica, ma che appare di più ampio respiro e coinvolgente non la sola politica: Il mondo al tempo dei quanti. Perché il futuro non è più quello di una volta.

Un libro insolito – è stato notato – e anche ambizioso, perché l’argomento è di una tale vastità e complessità, e ha così tante e tali implicazioni, anche pratiche, che potremmo definirlo come la coltivazione di un lievito destinato a crescere, da nutrire con apporti multipli e con riflessioni e approfondimenti ulteriori. Non a caso, nel corso di altre presentazioni del libro, si è detto che questo testo potrebbe essere la base di partenza di un possibile laboratorio partecipato. Personalmente, mi auguro che questo auspicio diventi realtà.

Come dire: attenzione, a ciò che i due autori ci dicono a proposito del ritardo culturale diffuso con cui non abbiamo ancora metabolizzato le rivoluzioni scientifiche del ‘900 – e, in primo luogo, quella della fisica quantistica. Ma, forse proprio per questo, non abbiamo gli strumenti conoscitivi diffusi per renderci fino in fondo conto di una rivoluzione, qui ed ora, a cui reagisce una miserabile e ignorante biopolitica con la testa voltata all’indietro. Pigrizia mentale, interessi, pregiudizi consolidati e scarsa attitudine a conoscere. Poi, c’è ancora chi si ostina (e in alcuni paesi è un fenomeno di massa, come negli USA) a considerare l’evoluzionismo una balla.

Lo dico con le parole di Massimo Grattarola, un pioniere, negli anni ’60 del secolo scorso della bioelettronica e della neuroingegneria (già negli anni ’60, teneva dei corsi su questi argomenti!): “La conoscenza non è un’attività tra le altre del soggetto umano, ma la forma stessa del suo rapporto con la realtà”. Che è peraltro un’eco del medievale “Considerate la vostra semenza / fatti non foste a vivere come bruti / ma per seguire virtute e canoscenza”. La non conoscenza (lo dico in senso diverso dall’ignoranza) è il primo e deciso passo per non controllare la realtà; che è anche il primo decisivo ingresso all’essere spogliati dalla facoltà di poter decidere in modo sensato e autonomo.

D’altra parte, ciò che avvenuto con le rivoluzioni scientifiche novecentesche e con quella permanente in corso, sfugge non solo ai decisori politici ma a tanta parte della cultura nazionale, abituata a discuterne – quando lo fa – più con gli strumenti della retorica che con cognizione di causa: cioè, conoscendo davvero ciò di cui parla; in metafora: evitando di scendere nella “sala macchine” e di sporcarsi le mani con l’olio e il grasso. Eppure spesso pretende di sapere come funziona un diesel marino. Ma siccome “la nottola di Minerva la sa sempre più lunga”, alla fine si ritrova con in mano solo un mare di chiacchiere, mentre il treno della rivoluzione tecnologica procede senza che ci si sia data la briga di sapere come e perché sta correndo e, quel che è peggio, come fare ad influire su velocità e direzione.

Insomma, a che punto siamo? Dare una risposta significa avere bene in mente la portata teorica e pratica della rivoluzione operata dalla fisica quantistica; ma non solo, anche in altri domini scientifici che in parte ne dipendono e in parte procedono in veloce autonomia. Penso alla genetica e alle sue manipolazioni, fino alla correzione genica; alla nuova scienza della biologia quantistica; penso al nuovo “macchinismo” dei computer e alle connesse Intelligenza Artificiale e al Big data fornito dalla Rete; penso all’integrazione tra neuroscienze e ingegneria e al suo frutto della robotica e delle cosiddette brain machines, ovvero dell’integrazione uomo/macchina, dove la macchina è mossa dal pensiero.

Tutti argomenti, ma ce ne sono anche altri, che i due autori affrontano, confrontandoli poi con quelli che chiamano i “Principi alla prova della realtà”: per esempio, la nuova manifattura e l’organizzazione del lavoro e il suo spionaggio/controllo oppure la finanza internazionale o anche la medicina di avanguardia o l’invasione del big data nella vita quotidiana sugli aspetti più privati. E c’è anche uno scorcio sull’arte.

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Chi vuole impadronirsi dei beni comuni? – Convegno a Milano

Sabato 11 marzo 2017 dalle 9 alle 18
Sala Conferenze di Palazzo Reale, Milano

Convegno nazionale sul diritto all’acqua, alla salute e alla conoscenza

Discuteremo con relatori qualificati e scientificamente documentati di:

– Diritto all’acqua (dalle 9.00 alle 13.00 con Erica Rodari, Maurizio Montalto, Paolo Carsetti, Rosario Lembo).
Parleremo della ripubblicizzazione del servizio idrico e di come metterlo al riparo dalle disastrose privatizzazioni che hanno portato alla rovina aziende e servizi pubblici, consegnandoli agli appetiti delle multinazionali. Intendiamo promuovere la candidatura di Milano a sede di un “Centro studi internazionale per il diritto universale all’acqua”,  con una specifica sezione per il diritto al  cibo.

– Diritto alla salute (a partire dalle 14.00 con Vittorio Agnoletto, Franco Cavalli, Antonio Clavenna, Albarosa Raimondi, Fulvio Aurora)
Discuteremo in particolare: dei costi stratosferici dei farmaci di ultima generazione; dell’intreccio tra sanità pubblica e privata che produce lunghe liste d’attesa e obbliga molti a rinunciare a curarsi, dei costi delle RSA e delle carenze nell’assistenza alle persone non autosufficienti; delle condizioni ambientali del territorio milanese e lombardo. Fattori questi, che contribuiscono a determinare l’attuale documentata riduzione dell’attesa di vita.

– Diritto alla conoscenza (a partire dalle 16.00 con Gianni Tamino, Daniela Padoan, Don Valter Magnoni, Mario Agostinelli).
A breve partirà la costruzione di Technopole: riteniamo che i cittadini debbano essere coinvolti in un dibattito e avere strumenti di controllo su scopi, metodi e modalità di realizzazione di una cittadella progettata per calare su Milano come un’astronave aliena.

Con la presidenza di Basilio Rizzo il convegno sarà introdotto da Don Virginio Colmegna. Emilio Molinari raccoglierà le indicazioni che emergeranno e svolgerà le conclusioni.

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