Convegno “Recuperare per rigenerare”

“Recuperare per Rigenerare” – Il consumo del suolo in Italia di fronte alla sfida dei cambiamenti climatici

a cura del Gruppo di Lavoro Protocollo di Kyoto ed Enti Locali di Kyoto Club in collaborazione con Legambiente.

Rimini, 4 Novembre 2010

Il territorio italiano negli ultimi 30anni è stato segnato da un continuo e crescente consumo del suolo causa di una attività urbanistica che privilegia l’edificazione selvaggia, la realizzazione di nuove infrastrutture, favorendo così lo sprawl anziché una pianificazione sostenibile. Le crescenti sfide climatiche richiedono di pianificare per non sprecare, di preservare il suolo rimasto libero e recuperare gli edifici esistenti. Proteggere il suolo libero significa: ridurre le emissioni, grazie alle aree protette e il suolo come sink di carbonio, bloccare l’impermeabilizzazione del suolo, permettendo alle acque di rifornire le falde.

Pianificare un uso sostenibile del suolo significa: migliorare il consumo di energia locale e la produzione da fonti rinnovabili attraverso la costituzione di reti intelligenti, migliorare la qualità dei trasporti riducendo i consumi di combustibili e delle emissioni climalteranti. Recuperare l’esistente per Rigenerare l’economia del nostro paese, garantendo un futuro sostenibile alle generazioni che verranno.

Giovedì 4 novembre (ore 9,30 – 13,15) – Sala Copenaghen

Programma:

Introduce: Alessandro Vezzil, Responsabile GdL Enti Locali Kyoto Club,

Saluti: Sabrina Freda, Assessore Ambiente, riqualificazione urbana Regione Emilia-Romagna*

ore 10.15 – 11.15
Prima Parte: “Quadro Normativo Europeo e Italiano”

Coordina ed introduce: Sergio Cannavò, copresidente del Centro Azione Giuridica di Legambiente
“Dimensione Europea – Soil Framework Directive e Natura2000”

Sen. Roberto Della Seta: Capogruppo in Commissione Ambiente del Senato*
Senatore Antonio D’Alì Solina: Presidente Commissione Ambiente Senato*
Federico Oliva – Presidente INU ( Istituto Nazionale di Urbanistica)*
Paolo Buzzetti – Presidente ANCE (Edilizia)*

Ore 11.15 – 11.30 Pausa

Ore 11.30 – 13.00
Seconda Parte: “Il ruolo degli Enti Locali e rapporto con le attività economiche”

Coordina e conclude: Anna Donati – Resp. GdL Mobilità Sostenibile Kyoto Club
“Provincie e Comuni virtuosi”

Maurizio Fontanili – Presidente Provincia di Mantova
Antonio Saitta – Presidente Provincia di Torino
Domenico Finiguerra – Sindaco di Cassinetta di Lugagnano (MI)\Campagna Stop Al Consumo di Territorio
“L’economia del suolo: Edilzia, Trasporti ed Energia”
Paolo Strina – Sindaco di Osnago (LC)*
“L’economia del suolo: Edilzia, Trasporti ed Energia”
Gianni Silvestrini – Direttore Scientifico Kyoto Club
Mario Agostinelli – Portavoce Contratto Mondiale per l’Energia e il Clima (Infrastrutture Energetiche)

Domande e dibattito aperto 13.00 – 13.15

Meno 90% di emissioni entro il 2030

Un percorso da imitare in Italia: l’esercizio inglese del “meno 90% di emissioni entro il 2030”

Nel libro Heat (pubblicato nel 2007 da Penguin) il giornalista e ambientalista inglese George Monbiot conduce un interessante esercizio rispetto alla situazione delle emissioni di gas serra – e dunque del modello energetico – del suo paese: verificare se in ogni settore si possano ridurre del 90% entro il 2030 le emissioni di gas serra allo stato attuale delle tecnologie e senza contare sulle compensazioni e sul commercio di carbonio (un facile meccanismo di indulgenze). Perché meno 90% entro il 2030, se tutti parlano di percentuali di riduzione molto minori? (La richiesta di riduzione più elevata ai paesi Ocse (ricchi), che rientrano nell’Annex I del Protocollo di Kyoto è quella della Bolivia: chiede ai ricchi una riduzione del 50% entro il 2020).

Il ragionamento di Monbiot, basato su stime di istituti di ricerca come il Potsdam, è questo: i due gradi di aumento della temperatura terrestre, soglia vista come senza ritorno (e già piuttosto alta per molti) potrebbero essere raggiunti già nel 2030 a meno di drastici tagli. Intanto, nel 2030 la capacità totale di assorbimento di carbonio da parte della biosfera sarà ridotta dai 4 miliardi di tonnellate all’anno a 2,7 miliardi di tonnellate (secondo il Met Office). Per mantenere dunque l’equilibrio a quel punto, senza aggiungere altri gas serra ogni anno, la popolazione mondiale non dovrebbe emettere più di 2,7 miliardi di tonnellate di carbonio all’anno. Il mondo è intorno a 7 (ndr: ma solo per quanto riguarda le emissioni da combustione di fossili. Per l’Ipcc (RAPPORTO 2007)  le proporzioni delle emissioni totali di gas serra sono: emissioni totali annuali 49 mld tCO2eq/anno, emissioni fossili di CO2: 27.7 mld ton/anno; da deforestazione:  8.5 mld tCO2eq/anno; di metano: 7 mld tCO2eq/anno; di N2O: 3.9 mld tCO2eq/anno; altra CO2: 1.3 mld tCO2/anno; F-gas: 0.5 mld tCO2/anno).

Quindi la riduzione delle emissioni dovrebbe essere pari al 60%. Ma poi, nel 2030 la popolazione mondiale sarà di 8,2 miliardi di persone. Dividendo il pozzo di carbonio totale, 2,7 miliardi, per il numero di terrestri, si trova che per raggiungere una stabilizzazione nelle emissioni (già non di per sé sufficiente…) il peso delle emissioni pro capite (siamo tutti uguali come esseri viventi o qualcuno ritiene che una parte degli umani – per esempio noi – abbia più diritti di emissione?) non dovrebbe superare le 0,33 tonnellate di carbonio all’anno. Si noti che per tradurre il carbonio in anidride carbonica, occorre moltiplicare per 3,667: quindi le emissioni pro capite massime accettabili sarebbero intorno alle 1,2 tonnellate all’anno. Nei paesi ricchi, anche in Italia, questo significa appunto una riduzione del 90%, più o meno. Allora Monbiot percorre, settore per settore, la vita produttiva e di consumo del suo paese: dall’elettricità (che fa funzionare anche l’industria) ai trasporti, dal riscaldamento alla grande distribuzione, e cerca passo passo di verificare se con soluzioni strutturali come il risparmio energetico e il passaggio alle energie rinnovabili, e anche con cambiamenti negli stili di vita, questa riduzione si possa verificare. La risposta è sì. Tranne che per un singolo settore al quale riserva un intero capitolo anche per il loro crescente peso per il clima: gli aerei. Il settore non è riformabile, occorrerà soltanto tagliare e molto (sta succedendo il contrario, una minoranza dei terrestri vola forsennatamente). Monbiot non si occupa, salvo per la parte commercio, un settore importante: l’agricoltura e l’alimentazione. Nondimeno, il suo esercizio sarebbe da imitare per l’Italia…

A cura di Marina Correggia

6-7 novembre: il tuo sì alle rinnovabili!

L’8-9 novembre 1987, gli italiani si espressero con un referendum contro il nucleare in Italia. Per ricordare quella data e per appoggiare la Legge di iniziativa popolare “Sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima”, si stanno organizzando manifestazioni in molte città italiane.

Vi terremo informati sugli appuntamenti che riguardano la Lombardia e intanto vi invitiamo a scaricare questo volantino preparato da Legambiente.

Volantino per il 6-7 novembre 2010 (PDF, 246 Kb)

Raccolta firme a Milano

Ogni sera, da giovedì 28 ottobre a mercoledì 3 novembre (tranne il lunedì 1/11), saranno presenti volontari del Coordinemanto lombardo Energia Felice per la raccolta firme a favore della Legge di iniziativa popolare sulle energie rinnovabili.

Presso il Teatro Ventaglio Smeraldo, Piazza XXV Aprile 10 – Milano

In occasione del Tour 2010 di Beppe Grillo.

Ci vediamo all’ingresso del Teatro e vi aspettiamo per ricevere il vostro appoggio.


Articolo da Il Fatto Quotidiano

FACCIAMO DERAGLIARE IL TRENO DEL NUCLEARE

dal Blog di Mario Agostinelli

È partito il treno del nucleare”, titolava giorni fa un giornale aziendale dell’Enel. Per la verità, più che un treno lo definirei una littorina, ma avendo il governo approntato un solo binario (non sono ammessi contradditori alla comunicazione filo-nucleare) il rischio che arrivi a destinazione traballante e con macchinisti inesperti – tipo l’ancor ambizioso Veronesi alla guida dell’Agenzia – è più che reale. Bisogna allora che ci si doti di una strategia comunicativa adeguata, sapendo che il Cavaliere farà di tutto per “convincere gli Italiani” che guardano le sue televisioni. Innanzitutto, bisogna non essere ripetitivi e non dar nulla per scontato, oltre a delineare alternative desiderabili. Così, di tanto in tanto, su questo blog riprenderò distinti argomenti su cui sembra concentrarsi la ricerca di consenso per il cosiddetto Rinascimento (!) nucleare. Oggi mi vorrei concentrare sulle ragioni politico-culturali del rilancio dell’atomo e sulla propaganda bugiarda sulla riduzione dei costi e delle bollette elettriche che ci regaleranno i megareattori francesi.

Perché mai i leader di governo occidentali che nel perdurare della crisi constatano un declino di consenso tra gli elettori, si ostinano a scaricarne i costi sui lavoratori e i pensionati, a difendere strenuamente le banche, mentre, contemporaneamente, ridanno attualità al nucleare? Vale per il tentennante Obama che sulla scia di Bush riapre all’atomo, per la Merkel che guida la svolta liberista in Europa e prolunga di 12 anni la vita dei suoi reattori, per l’impopolare e antipopolare Sarkozy che piazza all’estero, ovunque possibile, gli Epr francesi sempre più costosi. E, naturalmente, vale per il Cavaliere e i suoi sodali, che imbarcano medici, scienziati, giornalisti ed economisti per una operazione mediatica in grande stile a favore del “nucleare meno costoso e più sicuro”, che dovrebbe piazzare impianti e scorie dalla pianura padana alle coste adriatiche e tirreniche.

Chi predica tagli e rigore a senso unico e alimenta l’illusione di una crescita a dispetto della salute e dell’ambiente naturale, in realtà ha deciso di non cambiare nulla e di curare la malattia con le ricette che l’hanno provocata, prospettando un futuro che, per mantenere il dominio dei poteri attuali, comporterà più autoritarismo, più ingiustizia sociale, guasti climatici sempre maggiori. E quale tecnologia è più congeniale a questo scenario di una produzione di energia militarizzata come quella nucleare e celebrativa fino al gigantismo del modello centralizzato delle fonti fossili oggi alla frutta? Non c’è bisogno di consenso democratico, ma basta il controllo dei media per assicurare un ordine che ha nella continuità del mito della crescita e nell’immutabilità della politica economica e industriale la sua giustificazione. E qui casca l’asino. È vero che le centrali atomiche hanno un fascino simbolico ed evocano illimitata potenza, ma solo in un immaginario che non regge alla prova dei fatti. Perciò i loro sostenitori sono obbligati a manipolare e nascondere l’informazione e a fare della bugia mediatica il terreno su cui giocare la partita. Spiegare che si lavora per un prossimo nucleare sicuro significa ammettere che quello attuale non lo è. Ed equivale a impedire che si realizzi un sistema energetico già disponibile, alternativo alle infrastrutture degli affari, decentrato, rinnovabile, integrato nei cicli naturali, governato democraticamente.

Per quanto riguarda i costi, i giornali hanno dato grande evidenza a uno studio commissionato da Enel e Edf e presentato dallo Studio Ambrosetti al Forum di Cernobbio per convincerci degli effetti miracolosi del nucleare sull’economia agonizzante. Il rapporto appare francamente bugiardo, poiché fa riferimento ad alcuni studi non propriamente aggiornati per prevedere un costo di produzione nucleare pari a 60 €/MWh, quando le stime più recenti del governo statunitense (Energy Outlook 2010) indicano che nel 2020 l’elettricità nucleare (86 €/MWh) sarà più costosa dell’eolico, del gas e del carbone. Inoltre, quando si parla di mettere in linea 13 mila MW di nucleare come nel piano del Governo, significa pensare di mandare in pensione una bella fetta di centrali esistenti, visto che attualmente abbiamo il doppio delle centrali necessarie e che anche per questo il costo del MW termico è alto, non potendo sfruttare appieno la potenza degli impianti. A proposito di bolletta non è mai sufficiente ripetere che i prezzi italiani dei consumi domestici (la bolletta che ciascuno di noi riceve a casa) sono mediamente inferiori del 4% ai livelli medi europei per consumi popolari. Solo per consumi superiori (2.500-5.000 kWh) i prezzi si collocano sopra della media europea, a livello di danesi, irlandesi, austriaci e tedeschi (che il nucleare ce l’hanno). E allora, perché nella crisi in corso dovremmo desiderare che da una parte ci abbassino salari e pensioni, e dall’altra ci tolgano diritti e democrazia, facendoci anche pagare più cara la luce?

A cura di Mario Agostinelli