Nota sulla trasformazione in Comitato per il SÌ nel referendum antinucleare

Il comitato promotore della legge di iniziativa popolare Sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del climaha convocato un incontro nazionale, sabato 22 gennaio a Roma, con tutti coloro che hanno contribuito alla raccolta delle firme a sostegno della legge stessa. L’incontro, coordinato dal Presidente dell’Associazione SÌ alle energie rinnovabili NO al nucleare, Alfiero Grandi, ha registrato la partecipazione di esponenti della CGIL, delle varie Associazioni (ambientaliste e non), dei Partiti Politici del centrosinistra, del mondo scientifico.

Il convegno ha rapidamente esaurito il primo argomento all’ordine del giorno, relativo alle procedure della Proposta di Legge di iniziativa Popolare. Il Provvedimento è stato infatti depositato alla Camera dei Deputati insieme alle 110.311 firme raccolte, verrà formalmente rubricato entro la settimana in corso, dopo di che inizierà l’iter legislativo. La norma prevede che la Proposta di Legge abbia validità per 2 legislature, tuttavia sarà necessario l’impegno dei vari Gruppi di centrosinistra presenti in Parlamento al fine di accelerarne al massimo la calendarizzazione per la discussione nelle Commissioni di Camera e Senato. In ciò si punta molto sul fatto che le opposizioni hanno titolo di indicare il 25% degli argomenti da porre all’ordine del giorno della discussione.

Decisamente più complessa e impegnativa è invece la questione relativa al referendum abrogativo della Legge 99 del 2009 che reintroduce il nucleare in Italia. Il referendum, proposto come noto dalla sola Italia dei Valori, si farà (insieme a quelli dell’acqua pubblica e del legittimo impedimento) come sancito dalla Corte Costituzionale, presumibilmente tra aprile e giugno di quest’anno, insieme alle elezioni amministrative, salvo che nel frattempo il Parlamento legiferi in materia (cosa alquanto improbabile) o che vi siano elezioni politiche anticipate (nel qual caso i referendum slitterebbero al 2012).

Il primo grosso problema è dunque nei tempi brevi che ci separano dal voto. Tempi che conviene considerare come certi, con le conseguenti difficoltà ad allestire la complessa e onerosa macchina organizzativa necessaria. Dovrebbe infatti essere del tutto evidente che un conto è raccogliere 500 mila firme, altro è coinvolgere nel voto più di 24 milioni di persone (soglia minima legale per rendere valido il voto referendario). Bisogna dunque agire celermente a partire dalla costruzione di Comitati nazionali. Sarebbe stato preferibile costruirne uno solo ma le vicende, così come si sono sviluppate, non lo consentono più. L’Italia dei Valori ha infatti preferito procedere da sola, per cui tutti gli altri possono solo collegarsi attraverso un aggregato separato. È dunque questa la strada che si è deciso di seguire: dar vita a due Comitati nazionali che utilizzino il più possibile gli stessi slogan, strumenti, immagini e si rivolgano in modo coordinato alle varie fasce di cittadinanza. In tal senso giovedì 27 è già stato fissato un incontro a Roma, tra l’Italia dei Valori e le varie Associazioni ambientaliste, per definire le modalità di nascita del secondo Comitato. Comitato nel quale è indispensabile che partecipino i Partiti attraverso l’impegno dei militanti e delle proprie strutture organizzative ma ne restino esclusi per quanto riguarda le sigle e i simboli (CGIL compresa), limitando pertanto la presenza formale alle sole Associazioni, Movimenti e singoli cittadini. Sarebbe dispersivo e quindi controproducente far nascere altri comitati nazionali, per cui, ad esempio, l’iniziativa organizzata per il 5 febbraio a Cremona, se può essere considerata positiva come momento di socializzazione e discussione, non lo sarebbe altrettanto se volesse sfociare nella costituzione di una terza struttura organizzata nazionale.

Si rende altresì necessario definire una simbiosi stretta tra i Comitati antinucleari e il Comitato per l’acqua pubblica. Così com’è necessario fissare già dalla prossima settimana il logo, il nome del Comitato, gli slogan, evitando per quanto possibile l’uso della parola “NO” (sconveniente per l’effetto psicologico mediatico e perché fuorviante nei confronti della popolazione meno attenta che al referendum dovrà invece votare “SÌ”). Un’ipotesi esemplificativa potrebbe essere lo slogan : “SÌ, fermiamo il nucleare”.

In questa campagna avrà un rilievo straordinario anche la questione finanziaria. La Legge prevede infatti che abbiano titolo a rimborso elettorale solo i presentatori del referendum, nella misura di 500 mila euro e soltanto in caso di superamento del 50% più uno degli aventi diritto al voto. Nel caso del referendum antinucleare quindi, la cifra è destinata alla sola Italia dei Valori, con la quale sarà dunque opportuno definire modalità sia di anticipo che di suddivisione delle finanze anche con il secondo Comitato nazionale. Tutto il piano di iniziative è demandato a dopo la nascita dei Comitati (indicativamente tra 8-10 giorni).

Nella riunione del 22 si è comunque già ipotizzata, su proposta della Lombardia, una prima grande manifestazione da tenersi al Nord, sull’asta del Po (Caorso, Trino, Saluggia…) per la fine del mese di marzo.

Comella

Sulla Manifestazione del 5 a Cremona

Il giorno 2 febbraio si costituirà il Comitato Nazionale per il SÌ al referendum antinucleare: la trasformazione in questa direzione sia del comitato “SÌ alle rinnovabili NO nucleare” sia di “Energia Felice” è scontata. Le caratteristiche di pluralismo e di unitarietà che ci siamo dati, oltre alla caratterizzazione di raccordo tra associazioni, movimenti, forze sindacali e politiche, saranno preservate, anche sulla base dell’esperienza positiva svolta finora.

Proprio per evitare dispersioni di forze e per favorire una convergenza rapida verso un linguaggio comune, oltre ad un’organizzazione sinergica, abbiamo chiarito che, sulla scorta dell’esperienza dell’acqua, la convocazione di un Forum dei movimenti di base previsto a Cremona per il 5 febbraio non dovesse in alcun modo porsi come eccentrico all’avvio dell’unico Comitato nazionale. A tal fine, dopo una rapida consultazione, abbiamo inviato una nota agli organizzatori del Forum (nella fattispecie Lino Balza in rappresentanza di tutti) che qui riportiamo:

Caro Lino, non ti abbiamo risposto – Navarra ed io – per differenti ragioni. Navarra è ricoverato a Palermo per un malore serio che gli impedisce di tenere le relazioni abituali, ma abbiamo avuto modo di sentirci. Io ho sentito il bisogno di una rapida consultazione estesa anche ai territori. Così ho preferito mantenere il coordinamento lombardo EnergiaFelice – con il suo straordinario lavoro di consolidamento territoriale e plurale – all’interno della dimensione unitaria e nazionale che ha svolto finora a partire dalla nostra regione. Ho quindi dato priorità alla riflessione nazionale del 22 scorso a Roma nel comitato No nucleare Si rinnovabili ed ho deciso di attenermi alle indicazioni che ne sono uscite. Lì sono state prese decisioni (v. allegato) che prefigurano un unico comitato nazionale (che si intreccerà con modalità da concordare con quello dell’IDV che ha promosso il referendum in Cassazione) su cui tutte le iniziative autonome e dal basso possono confluire rafforzando il proposito del NO al nucleare, ma evitando di disperderci in diversi comitati. Comitati che rischierebbero alla fine di entrare in competizione o di ricercare primazie, magari non dichiarate, ma nei fatti sottintese.

Anch’io penso che il movimento antinucleare nazionale stia arrivando all’appuntamento referendario con un grave ritardo organizzativo. Ritengo perciò che vadano intraprese tutte le azioni per cercare di ridurre questo handicap al fine di riuscire ad esprimere una forte azione unitaria e coordinata il più presto possibile. In questa prospettiva l’appuntamento di Cremona è sicuramente utile, purché risponda non solo all’urgenza, ma anche a modalità organizzative e ad un approccio contenutistico irrinunciabili per far crescere una pratica unitaria fatta di discussione, contributi, articolazioni, che ci posizionino anche per l’energia al livello di consapevolezza cui è arrivato il Forum per l’acqua. Per la scadenza del 5 a Cremona la mia posizione è ovviamente di sostegno, purché il Forum risulti finalizzato al dibattito, alla conoscenza e al collegamento tra realtà di base e faccia da stimolo alla mobilitazione il più ricca possibile. Quello che non condividerei è la costituzione di un comitato diverso da quello nazionale, che è stato prefigurato per convergenza di tutte le associazioni che si sono mobilitate per la raccolta di firme o che condividono l’esclusione del nucleare dal nuovo paradigma energetico. Ad esso il Forum può decidere in autonomia di contribuire e partecipare nelle forme che concorderà. In definitiva, per amplificare al massimo la voce del SI e non disperdere le energie in mille rivoli occorre, a mio parere, che l’appuntamento di Cremona condivida un atteggiamento unificante e punti dichiaratamente e in tempi rapidi alla costituzione di unico organismo di coordinamento nazionale. In questo caso, anche se io non potrò parteciparvi direttamente perché il 5 sarò a Dakar per il Forum Sociale Mondiale, un nostro rappresentante interverrà volentieri a portare il contributo del comitato Energiafelice .

Un abbraccio. Mario

Così l’iniziativa del 5 a Cremona può essere l’occasione di una prima sferzata in direzione della mobilitazione per il referendum. La partecipazione diventerà anche la conferma di un buon lavoro svolto fin qui solo se lo spirito che è riportato sopra sarà confermato e se i tentativi di “mettere il cappello” saranno scartati dalla maturità di tutti i comportamenti e scoraggiati dalla volontà vincente di costruire un fronte rigoroso, netto, ma unitario, che aggreghi e mobiliti masse e non nicchie nella battaglia su “acqua e energia”.

Dopo la settimana il 5 febbraio, Energia Felice convocherà una propria assemblea larga per definire, con altrettanta partecipazione di quanta è cresciuta nel periodo di raccolta firme, la “road map” di preparazione della campagna referendaria. Vi proponiamo la terza settimana di febbraio, quando un quadro nazionale – compresi i rapporti tra il comitato IDV che si è presentato in Cassazione e il comitato delle associazioni e dei movimenti in cui confluiremo nazionalmente – si sarà meglio precisato. Il sito www.energiafelice.it e questa mailing list continueranno ad aggiornarvi in tempo reale.

Dal 6 al 12 febbraio si svolgerà il Forum Sociale Mondiale di Dakar (Senegal) al quale alcuni di noi partecipano e da cui avremo ulteriori stimoli nella nostra battaglia contro il nucleare e per i beni comuni.

Un abbraccio

Mario Agostinelli e Alfonso Navarra (a riposo a Palermo per una rapida ripresa)

Il lavoro è un bene comune

Il Coordinamento Energia Felice aderisce alla manifestazione dei Metalmeccanici prevista per questo venerdì 28 gennaio 2011 (ore 9.30, Porta Venezia).

Di seguito il comunicato ufficiale.

“UNITI CE LA POSSIAMO FARE”

Abbiamo convocato lo sciopero generale dei metalmeccanici per il 28 gennaio; è una tappa fondamentale per la riconquista del Contratto Nazionale e la salvaguardia dei diritti nei luoghi di lavoro.

La scelta compiuta dalla Fiat alle Carrozzerie di Mirafiori e a Pomigliano D’Arco è un atto antisindacale, autoritario e antidemocratico senza precedenti nella storia delle relazioni sindacali del nostro paese dal dopoguerra.

È un attacco ai principi e ai valori della Costituzione Italiana e alla democrazia perché calpesta la libertà dei lavoratori e delle lavoratrici di decidere a quale sindacato aderire per difendere collettivamente i propri diritti e di eleggere i propri rappresentanti in azienda. Chi non firma scompare e chi firma diventa un sindacato aziendale e corporativo guardiano delle scelte imposte dalla Fiat. Si annullano il Contratto Nazionale di Lavoro e peggiorano le condizioni di fabbrica, si aumenta lo sfruttamento e l’orario di lavoro, si lede ogni diritto di sciopero e si riduce la retribuzione a chi si ammala cancellando così in colpo solo anni di lotte e di conquiste.

Il ricatto di Marchionne è coerente con la distruzione della legislazione del lavoro in atto che vuol rendere tutti soli e precari; è la stessa logica regressiva messa in pratica dal Governo con l’attacco al diritto allo studio e alla ricerca attuato attraverso l’approvazione del DDL Gelmini e il taglio ai fondi per l’informazione e la cultura. Si mettono così sotto scacco principi democratici di convivenza civile fondamentali.

La Fiom considera il lavoro un bene comune e per questo il 16 ottobre dopo il ricatto/referendum illegittimo imposto dalla Fiat a Pomigliano ha dato vita a una grande manifestazione, aperta a tutti coloro che sono impegnati nella difesa di diritti e libertà costituzionali inviolabili.

Lo sciopero generale proclamato per il 28 gennaio della categoria e le manifestazioni dopo il ricatto/referendum di Mirafiori hanno lo stesso obiettivo: come ha dimostrato l’introduzione delle deroghe nel Contratto Nazionale dei metalmeccanici firmato da Federmeccanica e le altre organizzazioni sindacali, quando si ledono diritti fondamentali la ferita non si circoscrive ma travolge progressivamente tutto il mondo del lavoro.

La Fiom è impegnata a sostenere il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro senza deroghe, a difendere la legalità, la democrazia e la libertà di rappresentanza sindacale, a combattere la precarietà e il dominio del mercato che divorano la vita delle persone e compromettono la coesione sociale e il futuro del paese.

Chiediamo a tutte le persone, le associazioni e i movimenti che condividono queste ragioni di sostenere la lotta dei metalmeccanici e di firmare questo nostro appello.

Federazione Impiegati Operai Metallurgici nazionale

Firma l’appello

L’anno nucleare prima del referendum

Da Il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2011

L’anno che si è appena chiuso si era aperto con l’annuncio della nomina dei vertici dell’Agenzia per il nucleare (“entro il mese di gennaio”, v. Staffetta Quotidiana 5 gennaio 2010). Sarebbero poi seguite le delibere CIPE riguardanti le tecnologie da adottare e la formazione dei consorzi per la costruzione dei reattori; delibere che avrebbero permesso di affrontare il tema delle localizzazioni, sulle quali sarebbe seguito “un ampio confronto con le regioni e i territori”. Un anno dopo, i passi avanti risultano pochi, anche se nel mese di dicembre il governo ha tentato di recuperare terreno.

È utile ricordare che la Legge n.99 del 2009 e il decreto legislativo 31/2010 prevedono l’adozione di ben 34 provvedimenti per definire tutte le norme tecniche ed amministrative relative alla regolamentazione della pianificazione, progettazione, autorizzazione ed esercizio degli impianti elettronucleari in Italia. Entro il 23 giugno 2010 avrebbe dovuto essere approvata la strategia nucleare. Tuttavia il 13 dicembre scorso, Sara Romano, direttore generale del Ministero per lo Sviluppo economico retto per un semestre da un Berlusconi in tutt’altre faccende affaccendato, ha ribadito per l’ennesima volta che la strategia “è a buon punto”, ma non è ancora pronta. Le delibere CIPE sulla tipologia degli impianti avrebbero dovuto essere pronte per metà febbraio 2010. Sono invece state presentate alla Conferenza Stato-Regioni il 16 dicembre, senza ricevere un parere vincolante visti i difficili rapporti tra i territori e il centro (solo 4 Regioni, tra cui la solita solerte Lombardia di Bossi-Formigoni hanno dato via libera ai reattori di III generazione).

Nel 2010 è giunto in porto solo lo statuto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, ma ancora il governo non è riuscito a completare le nomine del suo vertice. Rimane entusiasta della sua futura funzione l’incompetente Umberto Veronesi che, messone a capo, sproloquia dicendo che dormirebbe con un contenitore di scorie sul comodino e che nel 2150, esauriti tutti i fossili, rimarrà in campo solo l’inesauribile (?) uranio. Inoltre manca la mappa per il deposito delle scorie, lo schema di copertura finanziaria e assicurativa per gli operatori, e manca all’appello la campagna nazionale di comunicazione e sensibilizzazione prevista dalla legge (art.25 comma 2). Vista la latitanza delle istituzioni, le imprese si sono già mosse autonomamente e il 19 dicembre è partita la campagna del Forum Nucleare di Chicco Testa (budget di sei milioni di euro). Una campagna che vorrebbe proporsi come imparziale ma che non può esserlo visti i finanziatori, così come non poteva esserlo lo studio firmato Ambrosetti, spesso citato come riferimento super partes, ma finanziato da Enel/EDF, coppia che da due anni spende qualche decina di milioni di euro all’anno per creare consenso attorno al nucleare (ultima uscita il dvd con Cecchi Paone distribuito dal Corrierone).

In verità, il Ministero, conscio delle difficoltà, sta lavorando a una semplificazione delle procedure di autorizzazione contenute nella legge 31/2010 e ha come obiettivo quello di finalizzarle entro marzo 2011 (dopo, secondo la legge,  non sarebbe possibile). A premere in questa direzione sono le imprese che aspirano a una fetta del budget previsto per i primi 4 reattori EPR, budget stimato in almeno 30 miliardi di euro, se si pensa che il primo reattore di questo tipo, in costruzione in Finlandia, pianificato all’avvio del cantiere per un costo di 3,3 miliardi è attualmente arrivato oltre i 6. Questo reattore doveva essere costruito in 48 mesi e consegnato nel maggio-giugno 2009. L’ultimo comunicato stampa del committente, del 26 novembre 2010, dichiara che l’entrata in servizio non avverrà prima della fine del secondo semestre 2013. Se questa data sarà rispettata, i mesi costruttivi diventeranno 100, più del doppio di quanto preventivato, in linea col raddoppio dei costi. Di certo il primo EPR (ma anche il secondo, a Flamanville in Francia, non si discosta molto da questo trend), sta offrendo una performance decisamente negativa. Tutta colpa dei committenti/costruttori? Oppure l’EPR è un reattore complesso e difficile da realizzare? È un dato di fatto che gli stessi francesi parlino ora di sviluppare un nuovo reattore, più piccolo e meno complesso e il numero uno di EDF, Henri Proglio, abbia recentemente confermato che desidera avviare gli studi di sviluppo per un reattore da 1.000 MW (v. Staffetta Quotidiana 16/12/2010).

Abbiamo parlato di nucleare perché in tema di energia elettrica è l’unico fronte su cui il governo si è impegnato nel 2010. Mentre l’impegno per le fonti rinnovabili è stato semplicemente dettato non da volontà politica ma dalla necessità di ottemperare alle regole dell’Unione Europea. Solo per questo in giugno è stato redatto un piano nazionale per le fonti rinnovabili, che pone l’obiettivo di produrre 99TWh di energia elettrica da FER entro il 2020 (nel 2009 eravamo a quota 69). Ma nonostante le mille difficoltà legislative inventate da questo governo, le fonti rinnovabili hanno ormai raggiunto una maturità e uno sviluppo significativi. Solo un dato: il 20,8% del consumo interno lordo di elettricità è stato coperto da energie rinnovabili nel 2009. Dato che verrà confermato nel 2010, durante il quale lo sviluppo dell’eolico è stato rallentato da mille problemi ma arriverà comunque a una potenza installata di quasi 6.000 MW, mentre il solare fotovoltaico supererà la già rilevante previsione dei 2.500 MW. Uno studio di Isuppli stima che nel solo ultimo trimestre 2010 nel nostro paese siano stati installati quasi 1.000 MW (per avere un riferimento a inizio anno il totale installato era di 1.142 MW). E sempre secondo questa analisi nel 2011 il trend non cambierà e le nuove installazioni saranno pari a 3.900 MW.

Allora: cosa succederà nel 2011? Moltissimi gli impegni, dalla redazione del piano nazionale per l’efficienza energetica (vero antidoto alla costruzione di qualsiasi centrale), al decreto legislativo per le fonti rinnovabili, già approvato dal Consiglio dei Ministri. Decreto che peraltro ha davanti a sé una lunga strada di modifiche prima di arrivare all’approvazione definitiva e che dovrebbe delineare modi e strumenti perché il nostro Paese arrivi a raggiungere gli obiettivi europei fissati per il 2020.

I prossimi mesi saranno certamente caratterizzati dal pressing di Enel-Edf per rendere irreversibile la scelta governativa di tornare al nucleare, poiché in loro è forte la consapevolezza che “se perdiamo il treno, questa volta non ripasserà”. Adesso però c’è di mezzo una consultazione popolare prevista entro l’estate, con tutta la necessità di fornire informazione adeguata e imparziale ai cittadini. Questo blog, che prende ispirazione da un modello energetico imperniato su fonti naturali distribuite e da comportamenti sobri e stili di vita compatibili con la tutela della biosfera e più giustizia sociale, si propone di ragionarne con una certa continuità e con rigore, aprendosi a tutte le voci disponibili. Riusciremo a fermare consapevolmente il treno?

Mario Agostinelli

Energie rinnovabili (da La Repubblica)

Rinnovabile significa lavoro ma in Italia ancora troppi ‘no’

Articolo di Antonio Cianciullo (La Repubblica.it, 24 gennaio 2011)

Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, lancia l’Associazione Bruno Trentin. E affronta le questioni che legano occupazione e green economy, il nucleare che rischia di rallentare la corsa del Paese, e l’opportunità rappresentata dalle nuove fonti di energia. “Ma l’Italia è dominata da una logica che blocca l’innovazione e il futuro”

I POSTI di lavoro assicurati dalla green economy? Tra qualche anno in Germania supereranno quelli nel settore automobilistico. Il ritorno al nucleare? Una sottrazione di fondi e di attenzione che rischia di rallentare la corsa dell’Italia che può riagganciare il locomotore dei paesi guida. Parola di Guglielmo Epifani. L’ex segretario della Cgil ha scelto un tema caldo e una platea qualificata per lanciare l’Associazione Bruno Trentin, il nuovo laboratorio di riflessione sindacale.

Il tema è il rapporto tra energia e lavoro. A intervenire sono stati, tra gli altri, il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari, il segretario dell’Ueapme (l’associazione europea delle piccole e medie imprese) Andrea Benassi, il presidente della Lega Coop Giuliano Poletti, il segretario della Cgil Susanna Camusso. Guest star: Jeremy Rifkin, il teorico della terza rivoluzione industriale che ha dipinto lo scenario di una democrazia rafforzata dalla creazione di una rete energetica diffusa che toglie potere agli oligopoli, distribuisce ricchezza, offre garanzie contro i blackout e protegge l’ambiente.

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