Vento nuovo da acqua e sole

Da Il Manifesto, domenica 12 giugno 2011

A cura di Mario Agostinelli

Siamo al “batti-quorum” e la convinzione di quanti hanno impegnato le loro forze nella campagna per acqua e nucleare è rafforzata nelle ultime settimane dalla percezione di una crescita impetuosa di voglia di rappresentanza diretta e di segnali netti da mandare alla politica, ben al di là delle tradizionali appartenenze. Credo che il sequestro di informazione, l’insistenza ad esorcizzare il dibattito sui contenuti dei referendum e lo scellerato boicottaggio del voto da parte di tutto il Governo si vada a scontrare irreversibilmente con la percezione vasta dei cittadini di essere di fronte alla più costruttiva opzione sul futuro che l’agenda elettorale degli ultimi anni abbia loro riservato. Ritengo molto probabile un effetto boomerang, sotto cui un esecutivo arrogante e irresponsabile verrà ridicolizzato. Dopo quindici anni di rituali consultazioni popolari, prevalentemente su marchingegni elettorali o su questioni care all’ingegneria istituzionale, alla casta o alle corporazioni, questa volta siamo interpellati nientemeno che su privatizzazioni, compromissione dei beni comuni, qualità della politica energetica e uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Non solo assi strategici del governo in carica, ma cardini da sempre della politica economica e sociale che ha a che vedere, nell’immediato, con il superamento della crisi e delle disuguaglianze economiche e, nel medio termine, addirittura con la sopravvivenza e con la specificità della convivenza sociale. Ma, soprattutto in questa fase, prodotti di una riflessione e di una maturazione collettiva sullo spostamento dell’attenzione dall’economia alla vita. Uno spostamento che caratterizza quello che viene chiamato il “vento nuovo” e che la politica si ostina a non capire.

Non a caso sono proprio le nuove generazioni che non ci stanno a farsi monetizzare l’esistenza, ad ammonirci che decenni di amministrazione degli interessi dei più forti a danno del bene comune li priva dell’essenza della democrazia, che è la possibilità di creare una società in cui valga la pena di vivere, relazionarsi, studiare, lavorare, procreare. Io non credo che ci sarebbero stati i risultati emersi d’improvviso alle amministrative delle scorse settimane, i Pisapia, i De Magistris, gli Zedda, ma nemmeno la sconfitta pesantissima del leghismo nella sua patria di origine, senza dieci anni di penetrazione diffusa della riscoperta dei beni comuni, di faticosa ma convinta sottrazione dell’acqua alla sfera dell’economia, di spazi di rivendicazione dell’irriducibilità dei diritti e delle libertà nel lavoro, di pretesa risintonizzazione del sistema energetico con il sole e la natura. Insomma, senza movimenti, FIOM e CGIL e senza una nuova generazione che prende la ribalta, non saremmo già entrati in una stagione nuova. E se le nuove amministrazioni vogliono governare con il consenso devono certamente trovare risposte convincenti e partecipate alle domande poste dai referendum. Ci stiamo infatti tutti accorgendo – a destra come a sinistra – che siamo di fronte alla rarefazione delle risorse necessarie e indispensabili a vivere , alla mercificazione e monetizzazione di ogni forma di vita e salute, alla privatizzazione delle decisioni pubbliche relative alla valorizzazione e uso dei servizi comuni come l’energia, l’acqua, la scuola.

Da questa constatazione sono nati i quesiti di Giugno e la gente se ne è accorta, al punto da partecipare in questa campagna a migliaia di iniziative, darsi momenti di ritrovo, puntare sulla creatività e, potrei dire, sull’allegria dello stare insieme. Qualcosa che supera temporalmente i referendum e che dovrà produrre nel tempo che viene tutte la sue potenzialità, dato che non ci è stata data la possibilità di una discussione pubblica limpida e di una registrazione del cambiamento così inconfutabile da costringere il mondo politico e i manipolatori dei media a non sottovalutarlo. Perché di vera discriminante si tratta per l’appuntamento di fine settimana e i casi dell’energia e dell’acqua sono tra i più emblematici e di rilevanza strategica per il divenire delle società umane e della biosfera che caratterizza il pianeta.

In questa prospettiva mi sento di “forzare” i quesiti su acqua e nucleare dentro una dimensione comune, che fino ad ora la campagna referendaria ha mantenuto ancora disarticolata. La prendo volutamente da lontano. La questione dell’alternativa tra atomo e sole va impostata non solo sul piano della sfida tra tecnologia e sicurezza, o del conflitto tra interpretazione prometeica e precauzionale del ruolo della scienza, ma, utilizzando continue allusioni alla metafora dell’universo,va collegata alla sopravvivenza della specie, alla necessità di una condivisione dello spazio e del tempo tra uomo e natura, alla constatazione dell’incompatibilità tra giustizia sociale e spreco dei beni comuni, a cominciare dall’acqua. Niente cattura l’attenzione quanto l’accostamento delle parole vita e universo. Ci sono voluti miliardi di anni per formare i mattoni necessari a qualunque forma di complessità chimica come quella del fenomeno che chiamiamo «vita», così dipendente – come sappiamo – dall’acqua. Questi mattoni si sono formati in seguito a una lenta sequenza di reazioni nucleari all’interno delle stelle: dall’idrogeno diffusissimo fino all’uranio, relativamente instabile. Se l’universo non fosse così “vecchio” e espanso, sarebbe così denso di energia in tutti i suoi punti da non consentire pianeti raffreddati e stelle assai distanti che li irraggiano e li illuminano. E’ per questo che su un pianeta del sistema solare come la Terra è apparsa la vita, che si è evoluta e differenziata fino ai nostri giorni e che verrebbe meno senza acqua o con troppo consumo istantaneo di una energia accumulata nei millenni, quando l’uomo non abitava ancora la Terra, come è nel caso del petrolio o, ancor più, dell’uranio.

Cercare di non mandarci a votare per impedire una discussione pubblica sull’insostituibilità dei beni comuni o sull’alternativa tra atomo e sole, corrisponde a precluderci il confronto centrale di questa fase storica: come assicurare la sopravvivenza e un avanzamento civile quando le risorse naturali incominciano a scarseggiare. Tutti, dopo Chernobyl e Fukushima, hanno capito che un reattore a fissione funzionante come quelli ad altissima potenza che Berlusconi vorrebbe acquistare da Sarkozy, è in termini energetici un incidente latente “moderato e controllato”, fatale per la vita e divoratore fino al paradosso del “termometro” della salute: il liquido incolore che piove dal cielo e circola negli enormi condensatori delle centrali e che viene riversato degradato e contaminato nei fiumi e nei mari. Un incidente “scientificamente” predisposto, contenuto e tenuto a bada da barre, circuiti di raffreddamento, contenitori a tenuta stagna, complessi sistemi software, fintantoché non se ne scopre l’insostenibile effetto termico e radiante, a seguito di qualche incidente non eliminabile in principio, in quanto prodotto dall’ambiente naturale o dalla quotidianità di cui l’impianto è entrato a far parte. Una quotidianità, ai tempi del cambiamento climatico, sempre più sensibile alla siccità, all’aumento di temperatura e di contenuto energetico dell’atmosfera, all’evaporazione di mari, fiumi e laghi e allo scioglimento dei ghiacciai. La scelta di abbandono del nucleare, come quella di sottrarre alla privatizzazione l’acqua per consegnarla al governo territoriale dei cittadini, non è quindi roba da ingegneri, ma riflessione alla portata di qualsiasi persona responsabile che ha diritto di voto.

E come non collegare la proiezione vorace delle multinazionali verso l’”oro blu” alla volontà delle stesse di mantenere in vita un sistema elettrico centralizzato, concentratore di risorse finanziarie e dissipatore di risorse naturali, “sicuro” solo fintanto che se ne possano trarre profitti privati e scaricare costi sulla collettività?

Forse, dopo lo sconquasso dei decenni passati, siamo alla più importante svolta di politica economica e sociale del nuovo millennio, che prevede il ritorno nel campo dei beni comuni del sole e dell’acqua, due fonti di vita, di giustizia climatica e sociale, di lavoro qualificato e di occupazione dignitosa. Perché farcela sfuggire e non imprimergli invece quella torsione permanente che solo la democrazia praticata e la partecipazione consapevole e informata assicurano nel tempo?

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Indicazioni tecniche per il voto

QUANDO SI VOTA

Domenica 12 giugno, dalle ore 8,00 alle ore 22,00, e lunedì 13 giugno, dalle ore 7,00 alle ore 15,00, si svolgeranno le operazioni di votazione per quattro referendum popolari il cui oggetto è il seguente:

Referendum popolare n. 1: Scheda di colore rosso – Modalità e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica: Abrogazione. Il quesito prevede l’abrogazione di norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a operatori economici privati;

Referendum popolare n. 2: Scheda di colore giallo – Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito: Abrogazione parziale di norme. Il quesito propone l’abrogazione delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore;

Referendum popolare n. 3: Scheda di colore grigio – Abrogazione dei commi 1 e 8 dell’articolo 5 del dl 31 marzo 2011 n.34, convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2011, n.75: Abrogazione parziale di norme. Il quesito propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare;

Referendum popolare n. 4: Scheda di colore verde – Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale. Il quesito propone l’abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.

COME SI VOTA

All’elettore saranno consegnate quattro schede di colore diverso.

Su ogni scheda vengono riportati il numero del referendum nonché la rispettiva denominazione e il quesito così come approvato dall’Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte Suprema di Cassazione.
Ciascun elettore ha diritto di esprimere il voto, con la matita copiativa, tracciando un segno sul riquadro corrispondente alla risposta da lui prescelta [“SI” o “NO”].

Votando SI, il cittadino esprime la volontà di abrogare le norme sottoposte a referendum; votando NO esprime la volontà di mantenere in vigore le norme sottoposte a referendum.

È possibile ritirare, e quindi votare, anche solamente la scheda per uno o per alcuni dei quesiti referendari. Affinché il referendum sia valido, deve recarsi alle urne il 50% più uno degli aventi diritti al voto. Le operazioni di scrutinio avranno inizio lunedì 13 giugno subito dopo la chiusura della votazione e l’accertamento del numero dei votanti per ciascun referendum.

TESSERA ELETTORALE PERSONALE

Il Ministero dell’interno ricorda che gli elettori residenti in Italia, per poter esercitare il diritto di voto presso gli uffici di sezione nelle cui liste risultano iscritti, dovranno esibire un documento di riconoscimento e la tessera elettorale personale. Chi avesse smarrito la propria tessera elettorale personale, potrà chiederne un duplicato agli uffici comunali nei cinque giorni antecedenti quello di inizio della votazione (cioè da martedì 7 giugno sino a sabato 11 giugno) dalle ore 9 alle ore 19 nonché nei giorni della votazione (domenica 12 giugno e lunedì 13 giugno) per tutta la durata delle operazioni di voto.

Chiusura della campagna referendaria

Venerdì 10 giugno 2011 – ore 17.00
Presso Circolone di Via San Bernardino, Legnano (MI)
CHIUSURA DELLA CAMPAGNA REFERENDARIA
Volantino 10 giugno a Legnano

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Venerdì 10 giugno 2011 – ore 18.30
Presso Teatro CIAK, Fabbrica del Vapore, Via Procaccini, 4 – MILANO
GRANDE SERATA DI CHIUSURA DELLA CAMPAGNA REFERENDARIA – Dal palco: musicisti, attori, comici e rappresentanti dei comitati promotori dei referendum nazionali e cittadini
Volantino 10 giugno a Milano

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Venerdì 10 giugno 2011 – ore 21.00
Presso “Il Giardinetto”, via Indipendenza, Verghera (VA)
DIBATTITO REFERENDARIO – Intervengono Mario Agostinelli, Barbara Meggetto, Alberto Patrucco
Volantino 10 giugno a Verghera

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Venerdì 10 giugno 2011 – ore 21.00
Presso Piazzale Cologno Centro MM2 – Cologno Monzese (MI)
CHIUSURA DELLA CAMPAGNA REFERENDARIA
Volantino 10 giugno a Cologno Monzese

Nucleare: il referendum non chiude la partita

In questi giorni siamo impegnati allo spasimo per raggiungere il – difficile, non ci illudiamo, ma comunque alla portata – quorum sui referendum. Per quanto mi riguarda, io comunque amo sempre riflettere sugli scenari che si prospettano: è un vizio di cui non riesco a privarmi. La domanda che mi pongo è: che succede se vince il SI’ al quesito per fermare il nucleare? Dopo i festeggiamenti di prammatica vado finalmente in pensione come antinuclearista di professione? Provo a ragionarci su per vedere se finalmente mi trovo davanti un futuro radioso di vacanze al mare, possibilmente tutto l’anno, con la mia partner.

Se il 12 e 13 giugno vince il SI’ (con l’abrogazione dei commi 1 e 8 dell’art. 5 del decreto Omnibus) viene logicamente a cadere la possibilità di realizzare centrali nucleari, anche nel caso in cui venissero acquisite evidenze scientifiche , mediante il supporto dell’Agenzia di Veronesi. Il governo potrà (anche se non sarà più vincolato a farlo entro il maggio 2012) adottare la strategia energetica nazionale, ma questa non potrà includere il ricorso al nucleare. Le trappole interpretative però restano e sono dovute all’essenza delle nostre regole referendarie: esse infatti consentono solo l’abrogazione di norme di legge ben codificate, non permettono affatto di esprimere orientamenti politici ben definiti (e meno che mai “per l’eternità”). La partita vera viene poi, come sempre, giocata politicamente.

Era già accaduto, con il referendum del 1987, che – ad essere precisi – avrebbe dovuto produrre solo un blocco alla ricerca e alle attività nucleari all’estero (e c’era anche la questione delle compensazioni per gli enti locali). La decisione di chiudere i lavori per le nuove centrali non era obbligatoria, ma fu proprio quello che venne fatto. Al contrario, era obbligatorio che l’Enel non si impegnasse in programmi nucleari all’estero, ma, di nuovo, fu proprio quello che la partecipata di Stato fece. Vedremo riproporci, in qualche modo, un film simile, vale a dire non si fa quello che si deve e si fa quello che non si deve?

Pensate che, in Italia, questo andazzo non sia possibile?

I segni già si vedono in quanto sta maturando nei nostri ambienti governativi. Cito il Sole 24 Ore di oggi, in particolare un articolo a firma di Federico Rendina: “Siccome le nuove norme che si chiede di abolire sono quelle che fissano tempi certi e un percorso obbligato per quel piano energetico complessivo di cui l’Italia non riesce da anni a dotarsi, ecco in agguato un pericoloso effetto boomerang: niente piano energetico nazionale; niente quadro complessivo per meglio sviluppare, tra l’altro, le rinnovabili“.

Il ricatto di una situazione emergenziale così prospettata potrebbe aprire la strada alla riproposizione di una via autonoma e “semplificata” all’atomo. Citiamo sempre l’articolo di Rendina: “Con un atto amministrativo autonomo sull’onda di una delega legislativa il governo si riserverebbe la facoltà di riproporre per intero e magari rafforzate le stesse norme (poi abolite) già nel mirino originario del referendum, per giunta in piena autonomia e senza controllo. Evitando così il ricorso ad un processo legislativo nella sua completezza, con l’usuale passaggio dal setaccio parlamentare che costituirebbe comunque una doverosa garanzia“.

In sostanza si tornerebbe alla legge “sviluppo” di due anni fa (n. 99/2009), poi superata da altre norme attuative e dalla “moratoria” che abbiamo abrogato: quella che ha istituito l’ASN di Veronesi e ha previsto il ricorso agli impianti nucleari fissando gli adempimenti successivi. L’idea che poterebbe essere coltivata, da parte dei fautori del nucleare, se volessero forzare la mano (ma potrebbero benissimo aspettare un quinquennio dopo altri 25 lavorando nel frattempo sotto traccia) è “ricominciare da tre”.

Stiamo perciò bene attenti a non dormire sugli allori e a dare per scontato che il nucleare in Italia stia per diventare un capitolo ormai chiuso. Le giaculatorie esorcistiche degli ambientalisti di professione sulla non sostenibilità economica della tecnologia nucleare odierna non terranno da sole a bada gli interessi potentissimi e globali dei “vampiri atomici”. Per comprendere questo c’è bisogno di chi focalizza l’attenzione sui legami strettissimi tra “atomo di pace” (sic) ed “atomo di guerra”.

Vacanze al mare SI’, perciò, ma con giudizio…

Alfonso Navarra

PS: la partita non è chiusa nemmeno nella malaugurata ipotesi che non raggiungessimo il quorum