Speciale Durban: società civile e mondo scientifico

(Adnkronos) – I biologi la definiscono “la sesta estinzione di massa”, la più veloce da quando è comparsa la vita sulla Terra, provocata non da glaciazioni né da asteroidi giganti, ma dalla forza distruttiva dell’uomo. A farne le spese è la biodiversità e la causa è da ricercarsi nell’aumento delle temperature (previsti due gradi in più nei prossimi 20 anni e ben quattro entro il secolo) e nei cambiamenti climatici già in atto: siccità e inondazioni, desertificazione, scioglimento dei ghiacciai con innalzamento dei mari. Senza contare inquinamento e deforestazione.

Oltre alla diseguaglianza nella produzione e nell’accesso all’alimentazione, i cambiamenti climatici saranno anche la causa di una nuova migrazione che, entro il 2050, riguarderà tra i 250milioni e 1 miliardo di profughi. Questi i dati presentati oggi da Rigas (la rete italiana per la giustizia ambientale e sociale), Cnr e Citera (Centro interdisciplinare territorio, edilizia, restauro, ambiente della Sapienza) nell’incontro “Cambiare il sistema, non il clima”, in occasione dell’avvio a Durban della 17° Conferenza Mondiale Onu sul Clima.

Tra le proposte che Rigas porta a Durban, ci sono il trasferimento del 6% del Pil dei Paesi inquinanti per misure di mitigazione e adattamento e la tassazione delle emissioni per la riconversione; la creazione di un quadro coercitivo che garantisca la diminuzione delle emissioni; l’attuazione di piani di preservazione, recupero e gestione sostenibile delle foreste; l’istituzione di tribunali ambientali nazionali e di un tribunale internazionale per la giustizia ambientale e climatica; il trasferimento di tecnologie ai Paesi con minori possibilità economiche e la salvaguardia e supporto all’agricoltura contadina locale.

Riflettori puntati sul ruolo dell’energia, visto che “nel 2035 i consumi aumenteranno di un terzo – spiega Giuseppe De Marzo, rappresentante Rigas e dell’associazione A Sud – Siamo convinti che quella che Rifkin definisce come la ‘terza rivoluzione industriale’ sia ormai necessaria, e che questa debba partire dal piano locale, mettendo insieme un tavolo degli stakeholder, dalle forze produttive ai cittadini”, aggiunge De Marzo.

Una voce dal basso, quindi, che si aggiunge a quelle dei Governi e delle multinazionali che partecipano a Durban (194 i Paesi coinvolti), cercando di fare chiarezza su obiettivi e intenti. Particolare attenzione al ruolo della Cina, Paese che nel corso del ‘Low carbon Summit’ del mese scorso si è proposto per assumere un ruolo guida per quanto riguarda i temi climatici ed energetici, “e parliamo dello stesso Paese che brucia montagne di carbone e che ha messo in preventivo la costruzione di 100 reattori nucleari”, spiega Valerio Rossi Albertini del Cnr, che parteciperà a Durban come esperto di energia e nuove tecnologie.

La green economy, infatti, rappresenta per molti il vero business del futuro, come dimostra la crescente presenza della Cina nel settore, ad esempio, del fotovoltaico.

“L’Italia è stata sempre all’avanguardia nel campo delle rinnovabili – spiega l’esperto del Cnr – lo è stata nel geotermico, nell’idroelettrico e negli anni Cinquanta è stata il primo Paese a sviluppare il fotovoltaico. Poi, ci siamo dimenticati tutto e ora ci stiamo trasformando da produttori a colonia. Ma la Cina – sottolinea – non può competere sul piano della qualità: lo dimostra il fatto che gli Stati Uniti abbiano deciso di investire in uno stabilimento del Valdarno dove si producono componenti elettronici per il fotovoltaico, gli stessi che in Cina vengono realizzati a un quarto del prezzo”.

La presenza di Rigas e di rappresentanti della società civile a Durban ha lo scopo di garantire uno spazio adeguato di discussione alle istanze che partono da cittadini, associazioni, climatologi, ambientalisti, amministratori locali, sempre più sensibili al tema. Secondo i dati di un sondaggio Eurobarometro, due cittadini europei su tre si dicono preoccupati per il lavoro e la giustizia climatica; l’80% è favorevole all’adozione di misure drastiche per combattere l’ingiustizia climatica e il 78% la mette in relazione alla crisi economica.

Da Napoli e Venezia pieno sostegno alle richieste che la società civile, organizzazioni e associazioni, presentano a Durban in occasione della 17° Conferenza Mondiale Onu sul Clima. E lo fanno con l’adozione di una delibera di giunta che si spinge oltre, aprendo di fatto un tavolo permanente di confronto e discussione sul clima e sull’energia come bene comune.

Nel caso di Napoli, la delibera è stata firmata il 25 novembre in sede di giunta comunale presieduta dal sindaco Luigi De Magistris. A Venezia, invece, verrà discussa oggi pomeriggio, “ma di fatto è già stata fatta propria dalla maggioranza”, dichiara all’Adnkronos il consigliere comunale Beppe Caccia (Lista in Comune). “Venezia è una delle città più a rischio quando si parla degli effetti del cambiamento climatico e guarda con apprensione all’innalzamento del livello dei mari come conseguenza del riscaldamento globale”, spiega Caccia.

“Per questo – aggiunge – esprimiamo pieno sostegno alle richieste che i movimenti organizzati e la società civile avanzeranno a Durban e spingiamo affinché la conferenza Onu non sia il teatro di un fallimento annunciato, ma vada nella direzione di misure concrete da parte dei governi di tutto il mondo”.

Le delibere di Napoli e Venezia impegnano i due comuni a “rendere noti gli esiti della Conferenza Onu sui cambiamenti climatici – si legge nel documento – e le proposte e le alternative esistenti per farvi fronte, così come espresse dai movimenti sociali e dalla società civile“, affinché “possano essere discusse all’interno dell’Amministrazione e fra l’opinione pubblica del territorio cittadino utilizzando anche gli strumenti della democrazia partecipata”.

Inoltre, i due comuni si impegnano ad “aprire un tavolo di discussione con gli attori sociali per favorire la partecipazione all’articolazione di una strategia d’azione locale condivisa utile a fronteggiare i cambiamenti climatici e ridurre le emissioni”. La delibera, infine, prevede di “costruire un patto tra Amministrazioni e cittadini, in difesa dei diritti della salute delle future generazioni, che consenta di addivenire alla formulazione di un piano d’azione per l’energia sostenibile”.

A Durban la società civile italiana sarà rappresentata da Rigas, la Rete italiana per la giustizia ambientale e sociale che si farà portatrice di alcune proposte a sostegno della lotta alle ecomafie, responsabili di situazioni di degrado ambientale e sociale; della gestione partecipata del territorio; di una mobilità sostenibile che risponda alle esigenze delle popolazioni locali; di nuove forme di gestione del ciclo dei rifiuti; sostegno ai piccoli produttori agricoli e all’economia solidale; gestione pubblica dei beni pubblici.

Debito pubblico: appello dalla Francia

Dalla Francia proviene un appello per creare una commissione di audit del debito pubblico in grado di visionare come è fatto quel debito, come è stato contratto a favore di chi e di quali interessi. Noi vogliamo fare nostra questa proposta per rivedere in profondità l’entità del debito pubblico italiano accumulato nel tempo per favorire rendite, profitti, interessi di casta e di una ristretta elite e non certo per favorire le spese sociali, l’istruzione, la cultura, il lavoro.

Una proposta che serve per impostare un’altra politica economica, del tutto alternativa a quella avanzata in questi anni dai vari governi che si sono succeduti e improntata alla redistribuzione della ricchezza, alla valorizzazione dei beni comuni, del lavoro, del welfare, dell’ambiente contro gli interessi del profitto e della speculazione finanziaria. Una politica economica per il 99% contro l’1% del pianeta.

APPELLO PER UN AUDIT DEI CITTADINI SUL DEBITO PUBBLICO

Scuole, ospedali, alloggi d’urgenza… pensioni, disoccupazione, cultura, ambiente… viviamo quotidianamente l’austerità finanziaria e il peggio deve venire. “Noi viviamo al di sopra dei nostri mezzi”, questo è il ritornello che ci viene ripetuto dai grandi media. Ora “occorre rimborsare il debito” ci si ripete mattina e sera. “Non abbiamo scelte, occorre rassicurare i mercati finanziari, salvare la buona reputazione, la tripla A”. Non accettiamo questi discorsi colpevolizzanti.

Non vogliamo assistere da spettatori alla rimessa in discussione di tutto ciò che ha reso ancora vivibile le nostre società, anche in Europa. Abbiamo speso troppo per la scuola e la sanità oppure i benefici fiscali e sociali dopo venti anni hanno prosciugato i bilanci? Questo debito è stato contratto nell’interesse generale oppure può essere considerato in parte come illegittimo? Chi possiede questi titoli e approfitta dell’austerità? Perché gli Stati devono essere obbligati a indebitarsi presso i mercati finanziari e le banche mentre queste possono farsi concedere prestiti direttamente e a un costo più basso dalla Banca centrale europea?

Non accettiamo che queste questioni siano eluse o affrontate alle nostre spalle da esperti ufficiali sotto l’influenza delle lobbies economiche e finanziarie. Vogliamo dire la nostra nel quadro di un ampio dibattito democratico che deciderà del nostro avvenire comune. In fine dei conti, siamo dei giocattoli nelle mani degli azionisti, degli speculatori e dei creditori oppure cittadini, capaci di deliberare insieme sul nostro avvenire? Noi ci mobiliteremo nelle nostre città, nei quartieri, nei villaggi, nei nostri luoghi di lavoro, lanciando l’idea di un grande audit del debito pubblici. Vogliamo creare sul piano nazionale e locale dei collettivi per un audit dei cittadini con i nostri sindacati e associazioni, con esperti indipendenti, con i nostri colleghi, i vicini, i concittadini. Prenderemo in mano i nostri destini perché la democrazia riviva.

 

Primi firmatari: Marie-Laurence Bertrand (CGT); Jean-Claude Chailley (Résistance sociale); Annick Coupé (Union syndicale Solidaires); Thomas Coutrot (Attac); Pascal Franchet (CADTM); Laurent Gathier (Union SNUI-Sud Trésor Solidaires); Bernadette Groison (FSU); Pierre Khalfa (Fondation Copernic); Jean-François Largillière (Sud BPCE); Philippe Légé (Économistes atterrés); Alain Marcu (Agir contre le Chômage!); Gus Massiah (Aitec); Franck Pupunat (Utopia); Michel Rousseau (Marches européenne); Maya Surduts (Collectif national pour les droits des femmes); Pierre Tartakowsky (Ligue des droits de l’homme); Patricia Tejas (Fédération des Finances CGT); Bernard Teper (Réseau Education Populaire); Patrick Viveret (Collectif Richesse) ; Philippe Askénazy, économiste; Geneviève Azam, économiste; Étienne Balibar, philosophe; Frédéric Boccara, économiste; Alain Caillé, sociologue; François Chesnais, économiste; Benjamin Coriat, économiste; Cédric Durand, économiste; David Flacher, économiste; Susan George, écrivain; Jean-Marie Harribey, économiste; Michel Husson, économiste; Stéphane Hessel, écrivain; Esther Jeffers, économiste; Jean-Louis Laville, sociologue; Frédéric Lordon, économiste; Marc Mangenot, économiste; Dominique Méda, sociologue; Ariane Mnouchkine, artiste; André Orléan, économiste; Dominique Plihon, économiste; Christophe Ramaux, économiste; Denis Sieffert, journaliste; Henri Sterdyniak, économiste.

 

28 novembre: presentazione libro a Roma

L’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra

presenta

“CERCARE IL SOLE. DOPO FUKUSHIMA”

di Mario Agostinelli, Roberto Meregalli, Pierattilio Tronconi
EDIESSE Edizioni

Lunedì, 28 novembre 2011, ore 16.30

Fondazione Basso, Via della Dogana Vecchia, 5 – ROMA

Intervengono: Mario Agostinelli – Fausto Bertinotti – Marica Di Pierri – Alfiero Grandi – Carla Ravaioli – Valerio Rossi Albertini – Franco Russo

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Bioeconomia e sviluppo, di Massimo Pieri

Breve riassunto della relazione di Massimo Pieri che si è tenuta oggi, martedì 22 novembre 2011, a Milano.

La bioeconomia si pone in opposizione all’economia classica che è la visione corrente del processo economico. Viene presentata la Funzione di Cobb-Douglas, secondo la quale il capitale finanziario ha il sopravvento sulle risorse. Secondo questo schema si propone una visione meccanicistica del mondo. I processi economici si susseguono periodicamente senza considerare che ci siano limiti ambientali e di risorse.

In questo contesto si sviluppa una critica allo “sviluppo sostenibile”, che è uno dei concetti più nocivi che si possano pensare, che è un ossimoro o una antinomia. È fallita l’idea che “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni” (Rep. Brundtland, 1987). Analisi dei termini di povertà, consumo, rifiuto, green-economy, rendimento, energia rinnovabile.

Rapporto tra entropia e economia: un punto fondamentale sta nell’impossibilità di poter riprodurre i processi, nel tempo, trascurando la degradazione di risorse e attrezzature, secondo la Legge dell’Entropia. Il reale prodotto dei processi economici è il godimento della vita che dipende da tre elementi: il flusso dei beni consumati, il tempo libero e il tempo lavorativo. La bioeconomia considera i processi economici come processi vitali e quindi irreversibili. Tutto ciò che ha una qualche utilità e consumo è costituito da bassa entropia.

I concetti fondamentali della bioeconomia sono:

– l’attività economica di ogni generazione ha un’influenza su quella delle generazioni successive;

– è necessario ridurre il consumo di energie e di risorse, come l’inquinamento locale e globale;

– si deve incrementare il lavoro con competitività nell’agricoltura e nell’industria, lavorare meno per lavorare tutti;

Alcuni principi devono essere presi in considerazione in questo cambiamento: di precauzione, di valutazione del rischio, di omeostasi, di accessibilità, di adattamento, di etica, di solidarietà, di riparazione, di negoziato, di extraterritorialità, di decrescita. A partire da queste considerazioni si può allora elaborare un programma per lo sviluppo che implichi programmi di adattamento, programmi energetici, programmi per il cambiamento climatico e programmi di bioeconomia differenziata.

 

22 novembre: costituzione dell’Associazione Energia Felice

Care/i,

stiamo costituendo, ne siete ampiamente informati, con i protagonisti dell’attivismo antinucleare e con i sostenitori di un modello energetico decentrato imperniato sul risparmio e le rinnovabili che hanno garantito la vittoria ai referendum del 12 e 13 giugno scorsi, l’Associazione Energia Felice, collegata all’ARCI. Abbiamo programmi innanzitutto politico-culturali, di ricerca, informazione e formazione, di sostegno alle esperienze territoriali sull’energia e i beni comuni.

Stiamo anche lanciando a livello regionale e con articolazioni locali il “Comitato per attuare la volontà del referendum antinucleare“, che, a cominciare da Milano, chiederà alle Amministrazioni di attivare un processo partecipativo per “città ecologiche e solari”.

Vi invitiamo pertanto ad un incontro martedì 22 novembre dalle 15.00 alle 18.00 presso il salone che Punto Rosso ci mette a disposizione in via G. Pepe a Milano.

L’occasione di uno scambio sulle prospettive sopra delineate è rafforzata dalla presenza del prof. Massimo Pieri che terrà una breve conferenza sulla bioeconomia e sull’imminente appuntamento sul clima a Durban.

Confidando nella vostra partecipazione vi inviamo un saluto fraterno.

Mario Agostinelli e Alfonso Navarra

INFO: info@energiafelice.it

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