Speciale Durban: azione sul clima

Marica Di Pierri, da Durban

Carissimi, ieri c’è stata a Durban la mobilitazione di piazza nell’ambito della Giornata Mondiale di Azione sul clima. Su questo anche oggi trovate su L’Unità il diario di Giuseppe e su Il Manifesto un mio articolo corredato di intervista a Pablo Solon.

Ecco invece gli ultimi pezzi che abbiamo scritto dal Sudafrica e che già trovate disponibili sul web :

2° Diario da Durban per l’Unità – Occupy Earth contro i grandi inquinatori – 3 Dicembre 2011 G. De Marzo / l’Unità

Sudafrica – Punto sulle negoziazioni e proteste al Vertice sul clima: “Occupy Durban” – 3 Dicembre 2011 M.Di Pierri / Il manifesto

Oggi pomeriggio ci sarà il panel che organizziamo come Rigas, per vedere i dettagli consultare il programma.

Qui sotto la lista di tutto quanto uscito fino ad ora.

Speciale Durban: impressioni

Carissimi, siamo arrivati ieri a Durban per partecipare, come vi avevamo annunciato, come delegazione di Rigas ai lavori del vertice ONU sul clima e alle discussioni e mobilitazioni della società civile.

Da un lato le (non)negoziazioni in sede ONU iniziano a prendere forma, e dall’altra le delegazioni africane continuano a giungere al forum della società civile, nel “people space” allestito presso il campus dell’università. Ieri si è aperta infatti l’assemblea delle donne contadine dell’Africa del sud che sono arrivate a Durban. Dall’interno dei palazzi della cop invece inizieranno domani i gruppi di lavoro sulla convenzione ONU sul clima e sul protocollo di Kyoto, ultima tappa prima delle negoziazioni finali.

Domani uscirà sull’Unità il primo diario scritto da quaggiù da Giuseppe. Altri ne seguiranno nei prossimi giorni, fino alla chiusura del vertice. Non mancheremo di aggiornarvi giorno per giorno.

Marica Di Pierri

Le comunità dell’energia di Livio de Santoli

“Cerchiamo di immaginare centinaia di milioni di uomini che producono la propria energia verde nelle proprie abitazioni, negli uffici, nelle fabbriche, e la condividono reciprocamente in un Internet dell’energia, nello stesso modo in cui condividiamo informazioni online… In un mondo verde e sostenibile, ogni regione viene trasformata in uno spazio sociale, economico e politico altamente integrato… un ecosistema autosufficiente e sostenibile, che sappia produrre gran parte dell’energia di base, dell’alimentazione e della fibra necessarie alla popolazione… Nel XXI secolo, migliaia di biosfere regionali saranno interconnesse da una indivisibile rete energetica… che attraverserà i continenti, permettendo ad ogni nodo della biosfera di condividere i surplus e di colmare i deficit…” (dall’introduzione di Jeremy Rifkin).

Nel suo libro, Livio de Santoli propone “un modello energetico che è anche modello economico e sociale” basato “sulla conoscenza e non sul consumo, sull’attività e non sulla passività, sul sentimento di inadeguatezza del presente…”; rimandando alle necessarie “decisioni politiche ormai non più procrastinabili “ e alle “responsabilità individuali” si chiede: “ma siamo davvero ancora disposti a delegare, come sempre, in un campo che può invece vederci protagonisti?”.

Un sociologo un po’ sognatore? De Santoli è ingegnere, ordinario di Fisica tecnica ambientale alla Sapienza di Roma; è responsabile per l’energia dello stesso ateneo che, a partire dal 2006, si è dotato di una “rete di teleriscaldamento che fa capo a 24 sottostazioni termiche” e “24 cabine di media/bassa tensione per una potenza di trasformazione installata di circa 12 MW”… La Città Universitaria della Sapienza a Roma è una città nella città, costituita da circa un milione di metri cubi tra uffici, aule, dipartimenti, laboratori, con cinquantamila persone che studiano, lavorano, transitano ogni giorno.”

De Santoli dunque ha già sperimentato la sua proposta del “sistema a isola” e dei “distretti energetici” che sarebbero in grado “di utilizzare al meglio le risorse energetiche disponibili, eliminando gli sprechi” che “attualmente, nelle grandi centrali termoelettriche” sono quantificabili “fino al 50% dell’energia potenzialmente presente nel combustibile”. Si tratta di energia che “viene dispersa in ambiente sotto forma di calore, e questo perché tali impianti sono lontani dai centri abitati e dai centri di consumo”. Come per il settore agroalimentare, De Santoli ripropone anche per l’energia il modello “a chilometro zero” e la costituzione di “comunità dell’energia”.

Con Jeremy Rifkin ha partecipato alla stesura di un Master Plan per l’Energia a Roma e ha impostato il Piano d’azione per l’Energia Sostenibile di Roma per il periodo 2011-2020. Poiché “l’obiettivo di Roma è di installare 1GWp di fotovoltaico… che significa il 15% del fabbisogno elettrico della città e quasi il 40% del fabbisogno del milione di famiglie presenti in citta…”, ha dovuto affrontare la problematica dell’inserimento di pannelli fotovoltaici in aree a vincolo architettonico, culturale e paesistico. Al proposito è interessante la descrizione di dettaglio dell’intervento di copertura fotovoltaica dell’aula Nervi.

Un libro che si legge d’un fiato, anche per i non addetti, con un mix di “visione” sociologica e prospettica ben ancorato alla “tecnica” e documentato dalla “pratica”. Non addetti? “Ma siamo davvero ancora disposti a delegare, come sempre, in un campo che può invece vederci protagonisti?”.

di Daniela Patrucco

 

Speciale Durban: società civile e mondo scientifico

(Adnkronos) – I biologi la definiscono “la sesta estinzione di massa”, la più veloce da quando è comparsa la vita sulla Terra, provocata non da glaciazioni né da asteroidi giganti, ma dalla forza distruttiva dell’uomo. A farne le spese è la biodiversità e la causa è da ricercarsi nell’aumento delle temperature (previsti due gradi in più nei prossimi 20 anni e ben quattro entro il secolo) e nei cambiamenti climatici già in atto: siccità e inondazioni, desertificazione, scioglimento dei ghiacciai con innalzamento dei mari. Senza contare inquinamento e deforestazione.

Oltre alla diseguaglianza nella produzione e nell’accesso all’alimentazione, i cambiamenti climatici saranno anche la causa di una nuova migrazione che, entro il 2050, riguarderà tra i 250milioni e 1 miliardo di profughi. Questi i dati presentati oggi da Rigas (la rete italiana per la giustizia ambientale e sociale), Cnr e Citera (Centro interdisciplinare territorio, edilizia, restauro, ambiente della Sapienza) nell’incontro “Cambiare il sistema, non il clima”, in occasione dell’avvio a Durban della 17° Conferenza Mondiale Onu sul Clima.

Tra le proposte che Rigas porta a Durban, ci sono il trasferimento del 6% del Pil dei Paesi inquinanti per misure di mitigazione e adattamento e la tassazione delle emissioni per la riconversione; la creazione di un quadro coercitivo che garantisca la diminuzione delle emissioni; l’attuazione di piani di preservazione, recupero e gestione sostenibile delle foreste; l’istituzione di tribunali ambientali nazionali e di un tribunale internazionale per la giustizia ambientale e climatica; il trasferimento di tecnologie ai Paesi con minori possibilità economiche e la salvaguardia e supporto all’agricoltura contadina locale.

Riflettori puntati sul ruolo dell’energia, visto che “nel 2035 i consumi aumenteranno di un terzo – spiega Giuseppe De Marzo, rappresentante Rigas e dell’associazione A Sud – Siamo convinti che quella che Rifkin definisce come la ‘terza rivoluzione industriale’ sia ormai necessaria, e che questa debba partire dal piano locale, mettendo insieme un tavolo degli stakeholder, dalle forze produttive ai cittadini”, aggiunge De Marzo.

Una voce dal basso, quindi, che si aggiunge a quelle dei Governi e delle multinazionali che partecipano a Durban (194 i Paesi coinvolti), cercando di fare chiarezza su obiettivi e intenti. Particolare attenzione al ruolo della Cina, Paese che nel corso del ‘Low carbon Summit’ del mese scorso si è proposto per assumere un ruolo guida per quanto riguarda i temi climatici ed energetici, “e parliamo dello stesso Paese che brucia montagne di carbone e che ha messo in preventivo la costruzione di 100 reattori nucleari”, spiega Valerio Rossi Albertini del Cnr, che parteciperà a Durban come esperto di energia e nuove tecnologie.

La green economy, infatti, rappresenta per molti il vero business del futuro, come dimostra la crescente presenza della Cina nel settore, ad esempio, del fotovoltaico.

“L’Italia è stata sempre all’avanguardia nel campo delle rinnovabili – spiega l’esperto del Cnr – lo è stata nel geotermico, nell’idroelettrico e negli anni Cinquanta è stata il primo Paese a sviluppare il fotovoltaico. Poi, ci siamo dimenticati tutto e ora ci stiamo trasformando da produttori a colonia. Ma la Cina – sottolinea – non può competere sul piano della qualità: lo dimostra il fatto che gli Stati Uniti abbiano deciso di investire in uno stabilimento del Valdarno dove si producono componenti elettronici per il fotovoltaico, gli stessi che in Cina vengono realizzati a un quarto del prezzo”.

La presenza di Rigas e di rappresentanti della società civile a Durban ha lo scopo di garantire uno spazio adeguato di discussione alle istanze che partono da cittadini, associazioni, climatologi, ambientalisti, amministratori locali, sempre più sensibili al tema. Secondo i dati di un sondaggio Eurobarometro, due cittadini europei su tre si dicono preoccupati per il lavoro e la giustizia climatica; l’80% è favorevole all’adozione di misure drastiche per combattere l’ingiustizia climatica e il 78% la mette in relazione alla crisi economica.

Da Napoli e Venezia pieno sostegno alle richieste che la società civile, organizzazioni e associazioni, presentano a Durban in occasione della 17° Conferenza Mondiale Onu sul Clima. E lo fanno con l’adozione di una delibera di giunta che si spinge oltre, aprendo di fatto un tavolo permanente di confronto e discussione sul clima e sull’energia come bene comune.

Nel caso di Napoli, la delibera è stata firmata il 25 novembre in sede di giunta comunale presieduta dal sindaco Luigi De Magistris. A Venezia, invece, verrà discussa oggi pomeriggio, “ma di fatto è già stata fatta propria dalla maggioranza”, dichiara all’Adnkronos il consigliere comunale Beppe Caccia (Lista in Comune). “Venezia è una delle città più a rischio quando si parla degli effetti del cambiamento climatico e guarda con apprensione all’innalzamento del livello dei mari come conseguenza del riscaldamento globale”, spiega Caccia.

“Per questo – aggiunge – esprimiamo pieno sostegno alle richieste che i movimenti organizzati e la società civile avanzeranno a Durban e spingiamo affinché la conferenza Onu non sia il teatro di un fallimento annunciato, ma vada nella direzione di misure concrete da parte dei governi di tutto il mondo”.

Le delibere di Napoli e Venezia impegnano i due comuni a “rendere noti gli esiti della Conferenza Onu sui cambiamenti climatici – si legge nel documento – e le proposte e le alternative esistenti per farvi fronte, così come espresse dai movimenti sociali e dalla società civile“, affinché “possano essere discusse all’interno dell’Amministrazione e fra l’opinione pubblica del territorio cittadino utilizzando anche gli strumenti della democrazia partecipata”.

Inoltre, i due comuni si impegnano ad “aprire un tavolo di discussione con gli attori sociali per favorire la partecipazione all’articolazione di una strategia d’azione locale condivisa utile a fronteggiare i cambiamenti climatici e ridurre le emissioni”. La delibera, infine, prevede di “costruire un patto tra Amministrazioni e cittadini, in difesa dei diritti della salute delle future generazioni, che consenta di addivenire alla formulazione di un piano d’azione per l’energia sostenibile”.

A Durban la società civile italiana sarà rappresentata da Rigas, la Rete italiana per la giustizia ambientale e sociale che si farà portatrice di alcune proposte a sostegno della lotta alle ecomafie, responsabili di situazioni di degrado ambientale e sociale; della gestione partecipata del territorio; di una mobilità sostenibile che risponda alle esigenze delle popolazioni locali; di nuove forme di gestione del ciclo dei rifiuti; sostegno ai piccoli produttori agricoli e all’economia solidale; gestione pubblica dei beni pubblici.

Debito pubblico: appello dalla Francia

Dalla Francia proviene un appello per creare una commissione di audit del debito pubblico in grado di visionare come è fatto quel debito, come è stato contratto a favore di chi e di quali interessi. Noi vogliamo fare nostra questa proposta per rivedere in profondità l’entità del debito pubblico italiano accumulato nel tempo per favorire rendite, profitti, interessi di casta e di una ristretta elite e non certo per favorire le spese sociali, l’istruzione, la cultura, il lavoro.

Una proposta che serve per impostare un’altra politica economica, del tutto alternativa a quella avanzata in questi anni dai vari governi che si sono succeduti e improntata alla redistribuzione della ricchezza, alla valorizzazione dei beni comuni, del lavoro, del welfare, dell’ambiente contro gli interessi del profitto e della speculazione finanziaria. Una politica economica per il 99% contro l’1% del pianeta.

APPELLO PER UN AUDIT DEI CITTADINI SUL DEBITO PUBBLICO

Scuole, ospedali, alloggi d’urgenza… pensioni, disoccupazione, cultura, ambiente… viviamo quotidianamente l’austerità finanziaria e il peggio deve venire. “Noi viviamo al di sopra dei nostri mezzi”, questo è il ritornello che ci viene ripetuto dai grandi media. Ora “occorre rimborsare il debito” ci si ripete mattina e sera. “Non abbiamo scelte, occorre rassicurare i mercati finanziari, salvare la buona reputazione, la tripla A”. Non accettiamo questi discorsi colpevolizzanti.

Non vogliamo assistere da spettatori alla rimessa in discussione di tutto ciò che ha reso ancora vivibile le nostre società, anche in Europa. Abbiamo speso troppo per la scuola e la sanità oppure i benefici fiscali e sociali dopo venti anni hanno prosciugato i bilanci? Questo debito è stato contratto nell’interesse generale oppure può essere considerato in parte come illegittimo? Chi possiede questi titoli e approfitta dell’austerità? Perché gli Stati devono essere obbligati a indebitarsi presso i mercati finanziari e le banche mentre queste possono farsi concedere prestiti direttamente e a un costo più basso dalla Banca centrale europea?

Non accettiamo che queste questioni siano eluse o affrontate alle nostre spalle da esperti ufficiali sotto l’influenza delle lobbies economiche e finanziarie. Vogliamo dire la nostra nel quadro di un ampio dibattito democratico che deciderà del nostro avvenire comune. In fine dei conti, siamo dei giocattoli nelle mani degli azionisti, degli speculatori e dei creditori oppure cittadini, capaci di deliberare insieme sul nostro avvenire? Noi ci mobiliteremo nelle nostre città, nei quartieri, nei villaggi, nei nostri luoghi di lavoro, lanciando l’idea di un grande audit del debito pubblici. Vogliamo creare sul piano nazionale e locale dei collettivi per un audit dei cittadini con i nostri sindacati e associazioni, con esperti indipendenti, con i nostri colleghi, i vicini, i concittadini. Prenderemo in mano i nostri destini perché la democrazia riviva.

 

Primi firmatari: Marie-Laurence Bertrand (CGT); Jean-Claude Chailley (Résistance sociale); Annick Coupé (Union syndicale Solidaires); Thomas Coutrot (Attac); Pascal Franchet (CADTM); Laurent Gathier (Union SNUI-Sud Trésor Solidaires); Bernadette Groison (FSU); Pierre Khalfa (Fondation Copernic); Jean-François Largillière (Sud BPCE); Philippe Légé (Économistes atterrés); Alain Marcu (Agir contre le Chômage!); Gus Massiah (Aitec); Franck Pupunat (Utopia); Michel Rousseau (Marches européenne); Maya Surduts (Collectif national pour les droits des femmes); Pierre Tartakowsky (Ligue des droits de l’homme); Patricia Tejas (Fédération des Finances CGT); Bernard Teper (Réseau Education Populaire); Patrick Viveret (Collectif Richesse) ; Philippe Askénazy, économiste; Geneviève Azam, économiste; Étienne Balibar, philosophe; Frédéric Boccara, économiste; Alain Caillé, sociologue; François Chesnais, économiste; Benjamin Coriat, économiste; Cédric Durand, économiste; David Flacher, économiste; Susan George, écrivain; Jean-Marie Harribey, économiste; Michel Husson, économiste; Stéphane Hessel, écrivain; Esther Jeffers, économiste; Jean-Louis Laville, sociologue; Frédéric Lordon, économiste; Marc Mangenot, économiste; Dominique Méda, sociologue; Ariane Mnouchkine, artiste; André Orléan, économiste; Dominique Plihon, économiste; Christophe Ramaux, économiste; Denis Sieffert, journaliste; Henri Sterdyniak, économiste.