L’energia di Monti sotto il segno della Bce

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano online – 16 aprile 2012

L’intervento di Corrado Passera a fine marzo rappresenta uno dei primi segnali della volontà del Governo di affrontare il tema dell’energia nella sua complessità. Il ministro ha insistito su tre linee di messaggio: attribuire grande importanza all’efficienza energetica; ridimensionare il contributo alle fonti rinnovabili, considerandole complementari e non certo sostitutive dei fossili; raddoppiare la produzione nazionale di idrocarburi e fare dell’Italia l’hub del gas in Europa, lasciando sostanzialmente inalterata la dipendenza del sistema dei trasporti dal petrolio.

Passera conta non poco ed è assieme a Monti l’uomo più vicino alla filosofia della “troika” (Bce, Fmi, Commissione Ue). Sicuramente condivide la funzione che il mondo finanziario ha ancora ultimamente assegnato al nostro Paese nella divisione internazionale della produzione (e del lavoro). Ruolo rigidamente previsto, per cui l’Italia diventerebbe, con il sostegno del fondo per la sicurezza energetica messo a disposizione dalla Ue, il punto di transito e di stoccaggio di gas e petrolio per l’Europa. Oltre a diventare il luogo di concentrazione della logistica per le merci di passaggio dai nuovi centri di produzione (il progetto della Tav Torino-Lione è del tutto coerente con questa logica).

Per il freddo calcolo dei banchieri al Governo una politica energetica “low carbon” è da sognatori e il ripensamento imposto dal referendum un incidente da metabolizzare quanto prima. In effetti, c’è intima coerenza tra l’azione e la speculazione del mondo finanziario e il sostegno al modello energetico attuale. Ed è fuor di dubbio che il sistema delle grandi banche tragga profitto dal rallentamento e dalla non diffusione delle fonti rinnovabili.

Basta ragionare sulla struttura di un mercato collaudatissimo. Per il brent, e in parte il gas, si è costituito un mercato nel quale si fa finta di comperare e vendere barili di petrolio in base a scambi che dovrebbero fissare il prezzo di tutti i tipi di petrolio prodotti nel mondo. Ma non si tratta di scambi in materia: si comperano e vendono semplicemente dei contratti di carta, che nominalmente fanno riferimento a un volume “teorico” di petrolio (1000 barili per ogni contratto), ai quali non è associata la proprietà effettiva di alcuna merce. Ogni giorno, come documenta G.B. Zorzoli, si effettuano transazioni per un ammontare di circa 500 miliardi di dollari, in un mercato non trasparente, in mano alle maggiori istituzioni finanziarie mondiali che, spostando masse monetarie gigantesche, riescono a influenzarne l’evoluzione.

I grandi manovratori dei mercati finanziari hanno quindi a disposizione un’enorme massa monetaria che attrae o respinge investitori, generando profitti incommensurabili. La liquidità per queste operazioni è resa disponibile dai grandi istituti di credito, che non finanziano più le attività delle imprese, perché investono di preferenza al di fuori dell’economia reale le enormi somme che la Bce ha messo loro a disposizione a interessi irrisori. Somme formalmente elargite per comprare titoli di stato ma, di fatto, dirottate in ben altra direzione. Perché mai impiegare denaro, dato praticamente gratis in prestito, per comperare bond che fruttano il 4-8%, quando lo stesso denaro può rendere il 30-100% se va a finanziare il settore delle fonti fossili? Cosa c’è di più insidioso del progetto di sostituzione delle rinnovabili al sistema attuale?

L’attuale Governo non è certo nato per rinunciare a un gioco con una posta così alta, ma per farne parte. E non ipotizza neanche di lanciare una politica industriale di riconversione ecologica che, ponendo al centro rinnovabili e mobilità sostenibile, richiederebbe linee di credito trasparenti e basate sul consenso sociale. Perché cambiare, quando la “manna” del petrolio e del gas può giungere alle bocche dei soliti investitori con il corredo ulteriore di nuove centrali, condotte, navi, rigassificatori, stoccaggi sotterranei, perforazioni senza tregua? Il futuro per l’Italia è il riciclo del passato, come nei fatti sostengono Scaroni e Gros-Pietro (manager energetici intramontabili sotto qualsiasi governo politico o tecnico si sia succeduto), quando fin da ora optano per il gas non convenzionale (shale gas), che peggiora il bilancio di CO2, ma nelle loro speranze allontana nel tempo la parity grid a cui tende il temutissimo fotovoltaico. Dove è finita la lungimiranza di cui tutti invochiamo il ritorno, quando riflettiamo sulla crisi climatica e occupazionale? C’è la crisi – ci viene ripetuto – e la crisi la devono pagare sempre gli stessi. Ne deve uscire intatta solo l’imprevidenza che l’ha generata.

18 aprile: Salviamo il futuro delle rinnovabili

Il 18 Aprile in piazza per le energie pulite

Piazza Montecitorio, Roma – ore 11:00

Le fonti pulite stanno cambiando il sistema energetico italiano con vantaggi che diventano sempre più evidenti in termini di produzione (che ha raggiunto il 26,6% rispetto ai consumi elettrici nel 2011), di riduzione delle spese legate al protocollo di Kyoto, di creazione di oltre 100mila nuovi posti di lavoro, ma anche economici complessivi per il Paese e oggi anche di riduzione del costo dell’elettricità nel mercato elettrico all’ora di picco grazie al solare.

Questa prospettiva è in pericolo, proprio perché sta mettendo in crisi i grandi gruppi energetici e gli impianti di produzione di energia elettrica da carbone, petrolio e gas. È in corso una campagna mediatica che sta mettendo in luce solo i rischi e gli impatti in bolletta di questa crescita e non gli enormi vantaggi per il Paese, i cittadini e le aziende da una prospettiva di investimento in un modello energetico pulito, efficiente, distribuito. Purtroppo, invece di approvare i decreti attuativi per le rinnovabili termiche e quelle elettriche (fotovoltaico escluso) che si attendono da settembre, ora si parla di tagli radicali degli incentivi per il fotovoltaico con un, nuovo, quinto conto energia e di limiti e tagli per tutte le altre fonti. Soprattutto, si vuole mettere tetti annui di spesa e registri per ogni tipologia di impianto che non sia domestico, togliendo ogni certezza agli investimenti.

Il mondo delle rinnovabili, le imprese nate in questi anni, gli oltre 100mila nuovi occupati, le associazioni di settore e ambientaliste scendono in piazza per contrastare questa prospettiva. Non è accettabile che decisioni di questo genere vengano prese senza un confronto trasparente e una seria analisi costi/benefici. Soprattutto, noi pensiamo che le rinnovabili debbano essere al centro del futuro energetico dell’Italia.

Invitiamo tutti a manifestare il 18 aprile a Roma e ad aderire all’iniziativa scrivendo a: energia@legambiente.it (Aderisco alla manifestazione del 18 aprile – Salviamo il futuro delle rinnovabili)

17 aprile: Giornata internazionale delle lotte contadine

Il 17 aprile è la giornata internazionale delle lotte contadine, che ricorda il massacro di 19 contadini che lottavano per terra e giustizia in Brasile, nel 1996. Ogni anno si celebra questo giorno in tutto il mondo, a difesa dei contadini e delle contadine che lottano per i loro diritti.

“La Via Campesina (coordinamento globale delle organizzazioni contadine) lotta per fermare l’accaparramento di terre (land grabbing) e rivendicare la terra che ci è stata sottratta. La terra deve stare nelle mani di chi la lavora!”

 

Incontro pubblico alle ore 21 presso UNITRE – Aula Conferenze 7 (I° piano)

via Ariberto 11 – Milano (MM2-S.Agostino/P.taGenova)

Introduce

Massimiliano Lepratti – ricercatore e musicista Intervengono

Raffaele Masto – giornalista di Radio Popolare, anche presentando il suo recente libro “Buongiorno Africa” (Bruno Mondadori – 2011)

Antonio Lupo – Presidente del Comitato Amig@s MST – Italia

Alfredo Somoza – Direttore di Icei e Dialoghi.info

Silvana Galassi – Prof. ssa di Ecologia della Univ.di Milano – Comitato milanese per l’acqua e Associazione Yacouba per l’Africa (VA) su: ” Chi ruba l’acqua all’Africa”

Proiezione di un video di Chico Buarque e di un video sul land grabbing

Renato Rossi – agronomo porta un saluto del direttivo di Aiab Lombardia

Coordina: Gino Perri di Metromondo

Promuovono: Comitato Amig@s Movimento Sem Terra, Arci Metromondo, Fratelli dell’uomo-onlus, ICEI (Istituto Cooperazione Economica Internazionale), Dialoghi.info

13-14 aprile: “Giustizia ambientale” convegno a Rovigo

Convegno: Giustizia ambientale. La distribuzione delle risorse fra aree tenaci e aree fragili

13- 14 aprile 2012 –  “Palazzo Celio”, Rovigo

PROGRAMMA

Il tema della giustizia ambientale ha due declinazioni di base: una, storica, riguarda le aree residenziali americane dove si scopriva l’esistenza di inquinanti particolarmente dannosi per quella popolazione; da lì partiva allora un movimento di protesta per la giustizia ambientale, ossia la richiesta di un risarcimento, la rimozione della fonte inquinante, il processo per i responsabili del danno; una declinazione, più recente – diremo, terzomondista – che vede nella sottrazione di preziose risorse ambientali da contesti abitati da gruppi etnici marginali una palese violazione dei diritti umani; da ciò scaturiscono movimenti di protesta nazionali e internazionali di varia fortuna.

In certi casi come in America Latina tali questioni entrano nel dibattito politico e possono condizionare l’elezione dei leader nazionali. In altri, come nel sud est asiatico o in Africa gran parte della protesta è lasciata alle Ong e ai loro mezzi di denuncia presso l’opinione pubblica occidentale.

All’interno dell’Europa e ancor più in Italia il movimento per la giustizia ambientale non ha avuto mai una grande presa, probabilmente per una ragione strutturale. La forte densità degli insediamenti umani e industriali nonché le forti interrelazioni fra le singole aree hanno reso difficile trovare una netta linea di demarcazione fra svantaggiati e avvantaggiati.

Il danno ambientale esiste, ma solitamente è così puntuale o così diffuso, da non creare fratture sociali, come invece avviene in altre parti del mondo. In realtà vi sono anche in Italia e il fatto che non vengano alla luce è probabilmente un indicatore di fragilità territoriale e politica.

SCARICA IL PROGRAMMA COMPLETO (PDF, 946 Kb)