Comunicato stampa della Fiom su energia e industria

Roma, 11 maggio 2012

Energia e industria. Bardi e Potetti (Fiom): “Precisazioni necessarie dopo le dichiarazioni di Clini e Pasini sui rapporti tra l’industria metallurgica e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili”

Alcune precisazioni sono necessarie a proposito delle recentissime dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, e del Presidente di Federacciai, Giuseppe Pasini. Mercoledì 9 maggio a Verona, nella giornata di apertura del Solarexpo, la più importante fiera italiana sull’energia solare, e parallelamente a Milano, nella presentazione dei dati sul settore siderurgico da parte di Federacciai, assieme a dati e a considerazioni condivisibili su entrambi i settori, vi sono state alcune opposte dichiarazioni sulle questioni energetiche che richiedono alcune precisazioni.

Per il Ministro Clini, non sono le fonti rinnovabili quelle che alzano il costo della bolletta energetica, ma piuttosto settori della vecchia economia degli anni ’70, come l’acciaio e alluminio, che non dovrebbero avere vantaggi sulle tariffe. Per Federacciai, viceversa, il Governo non fa scelte per abbassare il costo dell’energia e del gas, ‘favorendo invece le lobby delle rinnovabili che hanno goduto di forti incentivi che solo ora vengono tagliati’. Se effettivamente l’intenzione di questi illustri dichiaranti era quella di imputare alla siderurgia, o viceversa alle rinnovabili, il costo di una bolletta energetica più alta che in altri paesi europei, dissentiamo profondamente.

Come è stato dimostrato più volte, infatti, la causa di questa onerosa bolletta sta nell’inefficienza del sistema energetico italiano, nella sovracapacità produttiva e negli alti margini di profitto dei grandi produttori da fonti fossili che, chissà perché, hanno contratti di fornitura del gas legati al petrolio e più alti che altrove. Si tratta di aziende oligopolistiche – in questo caso si che si possono definire lobby – che, per di più, nel caso di Enel e di Eni hanno una partecipazione pubblica che ne dovrebbe indirizzare le strategie.

Per quanto riguarda le rinnovabili, proprio ieri a Verona il GSE (il Gestore dei Servizi Energetici) ne ha spiegato gli effetti: prima dell’esplosione del fotovoltaico dell’ultimo anno alla Borsa elettrica c’erano due picchi di prezzo, uno di giorno, verso le 11 di mattina, e uno di sera, verso le 18-20. Ora il picco delle 11 di mattina è praticamente scomparso (anche se quello serale è stranamente aumentato di molto). La spiegazione è che il fotovoltaico, assieme alle altre rinnovabili, producendo a costi marginali nulli (non serve più combustibile per dare un kWh in più), di giorno fa concorrenza alle centrali tradizionali e riesce a contenere il prezzo dell’energia. Si tratta dell’effetto peak shaving che nel 2011 ha fatto risparmiare 400 milioni di euro.

Mettere in contrapposizione le rinnovabili e la siderurgia è sbagliato da molti punti di vista. Un modello energetico efficiente e sostenibile deve aumentare razionalmente tutte le fonti rinnovabili e deve progressivamente diminuire quelle fossili, garantendo dei costi compatibili, nel rispetto delle regole comunitarie, a tutti i settori produttivi, ivi compresi quelli energivori e di base, che servono per mantenere un sistema industriale moderno.

Lo sviluppo della cosiddetta green economy e gli stessi settori delle energie rinnovabili hanno bisogno di molti prodotti siderurgici. Si può verificare quanto alluminio serva in un impianto solare, quanto acciaio di qualità serva per una pala eolica, in una caldaia a condensazione, o nel solare termico? Perché questi materiali dovrebbero essere importati, visto che in Italia li stiamo producendo?

Certo queste produzioni devono essere efficienti e compatibili con l’ambiente e, a questo proposito, dissentiamo da un’altra affermazione fatta da Pasini, assieme al suo vice Nicola Riva, quando hanno chiesto alla Unione Europea di ‘non esagerare con le norme di tutela ambientale’. A dimostrazione di questa nostra impostazione, che non intende essere un improbabile tentativo di ‘quadratura del cerchio’, vorremmo ricordare che la Germania è il primo produttore di acciaio in Europa e, contemporaneamente, il primo al mondo per MW solari installati (24.700).

In Italia siamo i secondi per la siderurgia e anche per le installazione del solare (a maggio 13.160 MW), ma la differenza non è solo questa. La differenza vera è che in Italia non c’è una politica industriale che dica in quali settori e come si debba riavviare uno sviluppo sostenibile, mentre si tagliano i diritti e la spesa anche in settori che crescono, come le energie rinnovabili.

 

13 maggio: Festa al Parco Forlanini

Facciamo del Forlanini un grande parco per la città

Siamo un gruppo di cittadini delle zone 3 e 4, impegnati per la valorizzazione, l’ampliamento e la riqualificazione del Parco Forlanini come importante risorsa ambientale e di fruizione pubblica della città di Milano.

● Crediamo sia di grande importanza per la nostra città che si dia finalmente forma e vita al progetto del Grande Parco Forlanini, che dovrebbe estendersi ed essere liberamente fruibile dai cittadini milanesi, con percorsi e collegamenti ciclopedonali, da viale Argonne fino all’Idroscalo!

● Chiediamo quindi che si investa in questa grande risorsa ambientale e di fruizione pubblica.

● Chiediamo che si costituisca un progetto per i parchi della città in cui le funzioni sportive vengano programmate e non allocate casualmente come sta purtroppo avvenendo.

● In questo momento infatti la realizzazione di un campo da golf su un’area di circa 117.000 mq (che alla fine dei lavori risulterà completamente recintata) snatura la matrice agricola delle aree interessate e pone un pesante vincolo sul futuro del Parco.

● Per questo ci siamo attivati per fermare l’ampliamento del campo da golf per altri 35.000 mq.

● Ora vogliamo far sentire a tutta la città che il nostro patrimonio comune va difeso e valorizzato.

Per questo DOMENICA 13 MAGGIO 2012

vi invitiamo ad una festa in via privata Taverna (a destra dopo il ponte sul Lambro e la ricicleria di via Corelli) sulla porzione di terreno di 35.000 mq adiacenti all’area dei lavori, di cui chiediamo l’annessione al parco in tempi brevi.

Programma del pomeriggio

14.30 Biciclettata con Ciclobby da piazzale Susa (via Giovanni Da Milano) al Parco Forlanini (via Taverna) in contemporanea Thai chi nel parco (campo adiacente via Taverna)

14/19 Tutti all’Ortoparco con Orti d’Azienda per giocare a coltivare l’orto e partecipare a giochi a premi

15/18 Attività con ragazzi/e dagli 8 ai 12 anni a cura del CUS Milano RUGBY ASD nel campo di via Taverna

15.30 Allestimento e presentazione della mostra “Il Grande Parco Forlanini: dal Duomo all’Idroscalo, dal Parco Lambro a Monluè”

15.45/ 16.30 Confronto con i cittadini sul progetto del Grande Parco Forlanini

16.30 Primo percorso alla scoperta delle buone erbacce con Oikos (a piedi) in contemporanea Ginnastica artistica e giochi per ragazzi con S.G. Pro Patria 1883

17.30 Secondo percorso alla scoperta delle buone erbacce con Oikos (in bicicletta) in contemporanea Thai Chi al boschetto dei Faggi Chiusura del pomeriggio con il tour “Esplorazione urbana – alla scoperta del Grande Forlanini” sono previsti anche: animazione e spazi gioco per bambini, musica, merenda e altre sorprese…

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9 maggio: Presentazione libro con Grandi e Pisapia

DEMOCRAZIA, BENI COMUNI, ALTERNATIVA POLITICA

Una nuova prospettiva per il cambiamento politico e sociale del nostro Paese nell’occasione presentazione del libro

REFERENDUM E ALTERNATIVA

di Alfiero Grandi

 

Mercoledi 9 maggio 2012 alle ore 17.30, presso la Libreria Les Mottes (Punto Rosso) in Via Carmagnola, a Milano

Partecipano

Alfiero Grandi (Presidente Ars e autore del libro)

Aldo Tortorella (Direttore rivista “Critica marxista”)

Giuliano Pisapia (Sindaco di Milano)

Mario Agostinelli (Presidenza Comitato Si alle Rinnovabili, No al nucleare)

Luigi Vinci (Condirettore della rivista “Progetto Lavoro”)

Coordina Giorgio Riolo (Ass. Cult. Punto Rosso)

 

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Associazione Culturale Punto Rosso – Via G. Pepe 14, 20159 Milano – Tel. E fax 02/874324 – info@puntorosso.it – www.puntorosso.it

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La crisi e i beni comuni

a cura di Mario Agostinelli

1. CONTESTUALIZZARE LA CRISI. Il “manifesto per un soggetto politico nuovo” affronta molte delle questioni irrisolte che riguardano un “popolo” determinato e sostanzialmente convergente verso il cambiamento, che tuttavia da ormai quindici anni affronta le nuove “fratture”, avanza e si ritrae da zone tematiche inesplorate (la pace globale permanente, i beni comuni, l’ingiustizia climatica, i diritti del lavoro globalizzato e dei migranti, solo per citarne alcune), senza trovare sintesi definitive, né riuscire a fissare nuovi rapporti di forza sotto forma di una rappresentanza di massa in una società che invece arretra nelle sue istituzioni partecipative. Ma non credo che l’adesione al “manifesto” sia l’unica forma per contribuire a fare il punto di una lunghissima fase di ricerca senza adeguato approdo. Anzi, io vorrei semplicemente mettere a fuoco le novità, rilevare alcuni limiti interpretativi, precisare alleanze e allargare il fronte dei contenuti senza pretese esaustive, stando però in un cammino comune ancora in corso, che trae la sua forza dall’inclusione e dall’ascolto.

Che la territorialità e i beni comuni costituiscano, in quanto ambito e contenuto, un punto di partenza indispensabile e dalle potenzialità non del tutto esperite per recuperare una soggettività conflittuale che si organizza stabilmente rispetto alla feroce astrattezza della globalizzazione, è un risultato che ha portato al successo dei referendum e che continuerà a produrre anche alle imminenti amministrative importanti effetti sulla rivitalizzazione delle autonomie locali. Il documento, tuttavia, non contestualizza la crisi e sottovaluta come l’attacco sociale e la gestione della recessione in corso siano riusciti a colpire in modo particolare la speranza di “un mondo diverso possibile”, rendendo più difficile la marcia di avvicinamento tra diverse esperienze, lasciandole confinate in spazi territoriali separati, senza fondere i rispettivi messaggi. Chi ha visto l’inizio della crisi come una opportunità, deve fare i conti adesso col fatto che, almeno in Europa, il discrimine posto dal “risanamento del debito” ad opera della “troika” è riuscito a bloccare una narrazione in atto che Uhlrich Beck riteneva vincente ed ha ribaltato il giudizio inappellabile delle nuove generazioni sul liberismo e sui disvalori del sistema capitalista (voi l’1%, noi il 99%) in una recriminazione nei confronti delle conquiste del lavoro e della democrazia sociale del dopoguerra, bollati come eccessivi e pregiudizievoli per un rientro in gioco dei giovani.

2. DOVE STA IL CONFLITTO? E’ proprio perché la caratteristica della crisi non si può ridurre ad aspetti settoriali, che il nuovo soggetto deve essere aperto, permeabile ad una prassi del conflitto che non ha bisogno di essere nominata preventivamente, nè circoscritta e nemmeno gerarchizzata , dato che il conflitto sociale è ormai penetrato nelle esistenze ed emerge in tutte le sue articolazioni – dal lavoro, alla natura, al genere – ad ogni passaggio in cui il potere rimarca l’insussistenza dei margini redistributivi entro cui nel passato si cercavano i compromessi sociali. Il conflitto potrebbe solo essere esorcizzato, “legalmente” abolito, ma non sembra esserci obiettivo di giustizia che si possa comporre “naturalmente” nella forma di un patto preventivo. Provatevi a scoprire la radicalità e la tensione al cambiamento che molti dei programmi per le prossime elezioni comunali vanno esibendo: noterete come spesso i partiti a livello locale sposino posizioni condivise dai loro elettori, che fanno strame delle rassicurazioni che Casini Alfano e Bersani mandano all’austerità montiana. Sono programmi che, per dare senso all’amministrare, cercano punti di contatto praticabili tra conservazione dei beni comuni e creazione di lavoro, mentre la scure delle privatizzazioni e dei tagli ai servizi spingerebbe proprio in direzione opposta. La categoria dei beni comuni evoca conflitto, ma occorre guardarsi dal ricondurre ogni forma di alternativa al concetto dei “commons”. Bisogna, a mio parere, approfondire una strategia, prima di allargarne a dismisura il campo di applicazione. Io penso che i riferimenti debbano per ora andare solo alla insostituibilità per la vita e la riproduzione: occorre allora andare oltre l’esperienza, pur formidabile, dell’acqua, per disegnare un approccio complessivo alla natura – e quindi al lavoro e all’esistenza intera – alternativo a quello che il capitale oggi impone, esulando dai confini tradizionali della geopolitica (il Novecento) e invadendo quelli della biosfera.

Continuo a rimanere deluso di una organizzazione post-referendum in cui i singoli movimenti permangono organizzati come se dovessero procedere “confederati”. Il rapporto energia-acqua-cibo-territorio dovrebbe essere invece pensato nella sua complessità e indissolubilità. Innanzitutto nell’ambito dell’autogoverno comunale e con la partecipazione della popolazione locale, e poi su su con concretezza, fino a contrastare la requisizione ad opera di un mercato che si organizza su scala continentale e mondiale. Si tratta già così di un programma politico di amplissime ambizioni: una alternativa alla dittatura delle borse e delle banche, che porta alla miseria i paesi, alla finanziarizzazione dei servizi locali essenziali, alla distruzione degli unici posti di lavoro programmabili in qualità e quantità con un livello di partecipazione autentico.

3. BENI COMUNI E RICONVERSIONE PRODUTTIVA. Il ritorno ad una descrizione qualitativa anziché solo quantitativa del mondo in cui viviamo ci consente di produrre sintesi politiche che i soli numeri e i modelli econometrici non sono in grado né di esprimere né di prevedere. Nella relazione tra gli elementi naturali rinnovabili, riproducibili ma anche degradabili, si ritrova un equilibrio tra uomo e ambiente in cui possono agire da mediatori il livello di civiltà che viene consegnata alle nuove generazioni e la creazione di un lavoro che trasforma conservando, nel segno della giustizia e della sufficienza. Un programma politico, potremmo dire, che funziona se trova rappresentanza adeguata e lotte vincenti. In pratica, si tratta di realizzare una organizzazione democratica della società ecosostenibile, ossia una società che soddisfa i propri bisogni senza alterare i complessi meccanismi che reggono il clima, che non preleva dalla natura più risorse di quanto essa possa rigenerare nel tempo, che non spreca e distrugge il territorio nella sua componente sociale e naturale. Questo proposito tiene insieme acqua, sole, aria, terra e cibo e consente l’avvio di una transizione che fissa anche i tempi urgentissimi del mutamento del quadro politico-organizzativo di riferimento. Inutile aggiungere che il mondo del lavoro torna ad essere il fulcro di un’azione che riporta al centro del conflitto la riconversione della produzione solo se di fronte al capitale riprende potere e si autorappresenta con la democrazia diretta.

Io credo che la questione energetica sia determinante e il tempo nuovo che stiamo vivendo e che offre la scoperta della soggettività relazionale, dell’emergenza di una coscienza di specie, richieda proprio quella democrazia dal basso a cui il “manifesto” dedica un’attenzione puntigliosa; un po’ astratta, forse, se non opta con decisione per il collegamento tra giustizia sociale e giustizia ecologica come leva interpretativa delle priorità per l’umanità e del superamento definitivo del produttivismo e della competizione.

4. L’IMPORTANZA DEL PARADIGMA ENERGETICO. Per il freddo calcolo dei banchieri al Governo una politica energetica “low carbon” e improntata alla riduzione dei consumi è roba da sognatori e il ripensamento imposto dal referendum un incidente da metabolizzare quanto prima. In effetti, c’è intima coerenza tra l’azione e la speculazione del mondo finanziario e il sostegno al modello energetico attuale. Ed è fuor di dubbio che il sistema delle grandi banche tragga profitto dal rallentamento e dalla non diffusione delle fonti rinnovabili. Corrado Passera ha segnalato la direzione del Governo per affrontare la tematica energetica nella sua complessità. Si tratta di fare dell’Italia l’hub del gas in Europa, lasciando sostanzialmente inalterata la dipendenza del sistema dei trasporti dal petrolio: in altri termini, l’Italia diventerebbe, con il sostegno del fondo per la sicurezza energetica messo a disposizione dalla UE, il punto di transito e di stoccaggio di gas e petrolio per l’Europa e di concentrazione della logistica per le merci di passaggio dai nuovi centri di produzione globali (il progetto della TAV Torino-Lione è del tutto coerente con questa logica). Niente, quindi, politica industriale di riconversione ecologica che, ponendo al centro rinnovabili e mobilità sostenibile, richiederebbe linee di credito trasparenti e basate sul consenso sociale, quando invece la “manna” del petrolio e del gas può giungere alle bocche dei soliti investitori con il corredo ulteriore di nuove centrali, condotte, navi, rigassificatori, stoccaggi sotterranei, perforazioni senza tregua.

Il conflitto è evidente, ma va di nuovo segnalato come sul cambio di paradigma incominciano a sintonizzarsi le autonomie locali più aperte e avvedute, che costruiscono coi cittadini, le associazioni ed i movimenti riassetti territoriali e piani regolatori partecipati, sistemi di mobilità sostenibile, progetti energetici innovativi per le loro città o i loro comuni. Siamo assai più avanti di quanto si dica. Il patto dei Sindaci, previsto dalla UE per i piani di azione per l’energia sostenibile (PAES), dispone direttamente fondi e sostegni alle comunità che in modo condiviso rendono virtuose le loro abitazioni, i loro stili di vita, l’approvvigionamento dalle fonti rinnovabili. Esistono oggi in Italia 1153 comuni che hanno aderito al patto dei sindaci su 2653 in Europa. Un movimento che è già intrecciato a gruppi di acquisto solidale, a reti di coenergia, ad azioni di risparmio solidale e che costituisce un brusco richiamo alle ipotesi finanziarie di creare multiutility da quotare in borsa. Perché allora non unificare quanto prima in progetti coerenti almeno i riferimenti territoriali che sui beni comuni sono già all’opera?

Lancio della Campagna: “Stop ENEL – Per un nuovo modello energetico”

Assemblea internazionale verso la costituzione di una rete delle comunità danneggiate dall’ENEL

29 aprile 2012, ore 10-18

CSOA Ex Snia Viscosa, Via prenestina 173, Roma

Lancio della Campagna

30 aprile 2012, ore 13.30-17.30

Di fronte sede ENEL, Viale Regina Margherita 125, Roma

Come primo appuntamento si incontreremo a Roma il 29 aprile in un’assemblea internazionale presso il CSOA Ex-SNIA comitati e associazioni italiani, rappresentanti delle comunità e movimenti locali dal Cile, Guatemala, Colombia, Albania, Romania, Russia. Il 30 aprile, giorno dell’assemblea degli azionisti, si terrà di fronte ENEL una conferenza stampa di presentazione della campagna: STOP ENEL. Per un nuovo modello energetico.

Parteciperanno: Monsignor Alvaro Ramazzini – testimone d’onore delle comunità nel dialogo con l’ENEL (diga di Palo Viejo in Guatemala); Concepcion Santay – Sindaco indigeno maya/ixiles di San Juan Cotzal (diga di Palo Viejo in Guatemala); Victor Formantel Gallardo – Movimento Sociale dell’Aysèn (progetto Hydroaysen per la costruzione di cinque dighe nella Patagonia cilena); Juan Pablo Orrego – Ecosistemas/Patagonia sin Represas (Cile); Jorge Eladio Hueche Catriquir – in rappresentanza della comunità indigena Mapuche di Panguipulli (Cile); Miller Armin Dussan Calderon – Professore Surcolombiana e presidente di Assoquimbo (diga di El Quimbo in Colombia); Vladimir Slivyak – Ecodefense (progetto di centrale nucleare di Kaliningrad e centrale a carbone di Reftinskaya, in Russia); Codruta Nedelcu – ARIN (centrale a carbone di Galati in Romania); Diana Popa – BWN (centrale a carbone di Galati in Romania); Elona Saro – EDEN Center (centrale a carbone di Porto Romano in Albania); un rappresentante del Comitato No Coke di Civitavecchia; un rappresentante del Comitato Ambiente Amiata.

LEGGI L’APPELLO (PDF, 270 Kb)

SEGUI LA CAMPAGNA

Prime adesioni: Ass. di amicizia con il popolo Mapuche, Ass. culturale Aktivamente, Ass. Italia-Nicaragua, A Sud, ATTAC Italia, Campagna di solidarietà con le Comunità Ixiles del Guatemala, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Centro studi Juan Gerardi, CEVI – Centro di Volontariato Internazionale, Collettivo Lucciole per lanterne, Comitato Carlos Fonseca, Confederazione COBAS, Forum Ambientalista, Movimento No Coke Alto Lazio, Punto pace Pax Christi Reggio Emilia, Retenergie, Selvas.org, Servizio Civile Internazionale, Solarecollettivo Onlus, Sos Geotermia Coordinamento dei Movimenti per l’Amiata, SUR – Società Umane Resistenti, Yaku