Solare Usa e Ue: la Cina è vicina

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano online – 18 settembre 2012

In questi mesi è stata più volte sottolineata la “rivoluzione” in atto sul mercato dell’energia elettrica. In sintesi, i 13 GW (milioni di kW) di pannelli fotovoltaici installati in Italia producono dalle 9 del mattino alle 18 serali un flusso di energia elettrica sufficiente a modificare la determinazione del prezzo del kWh in borsa, cosicché oggi l’energia elettrica all’ingrosso tocca il suo massimo costo non alle ore 12, come da tradizione, ma alle 22 di sera, realizzandosi così un disaccoppiamento fra prezzi e consumi: il costo non è più massimo quando massima è la domanda. Ad esempio il prezzo delle ore 12 (ora di maggior richiesta quando di questi tempi il picco della domanda sale a 43 GW) contrattato per l’8 giugno 2012 è stato pari a 86,49 euro al MWh, mentre alle ore 22 era a 100,15 (quando la potenza richiesta in rete è intorno ai 38 GW) e 96,85 alle 24 (32 GW di richiesta – dati da Gestore Mercati Energetici).

Tutto questo contribuisce a dimostrare che c’è una nuova speranza per il cambiamento climatico: il 20% dell’energia elettrica mondiale è già prodotto da energie rinnovabili. La Cina ha investito miliardi in energia solare, il che rende questa fonte ormai a buon mercato come i combustibili fossili. Sembrerebbe insensato dal punto di vista della cooperazione ambientale, eppure la Ue e gli Usa sono intenzionati a imporre tariffe per le importazioni di pannelli solari cinesi, finendo con ostacolare questa rivoluzione energetica pulita. Lo denuncia Avaaz, che avanzerà una richiesta formale al Commissario per il commercio della Ue e la International Trade Commission degli Stati Uniti per aprire un dialogo e non ricorrere a dazi odiosi.

Pur avendo la Cina un triste primato in materia di diritti umani e ambientali, sta aprendo con le sue politiche industriali un raggio di speranza. Negli ultimi dieci anni, ha investito miliardi in energia solare e ha avviato strategie ambiziose per sovvenzionare la produzione, il che significava il crollo dei prezzi dei pannelli. Stati Uniti e Ue stanno tornando a concedere sovvenzioni pubbliche alle lobbies del petrolio e del carbone, e ora sono in procinto di aumentare il costo dell’energia solare, imponendo tariffe alla Cina. La partita è aperta: l’Occidente punta ad abbassare sul mercato il prezzo di petrolio e gas ottenuti da nuovi giacimenti di scisti bituminosi ad altissimo costo ambientale. Un prezzo fittizio reso praticabile dalla speculazione sul mercato finanziario e gravoso di debiti ambientali verso le future generazioni.

Alcuni sostengono che il basso costo dei pannelli solari cinesi mette in pericolo i posti di lavoro dei lavoratori locali, ma la maggior parte del lavoro che il settore dell’energia solare procura riguarda l’installazione e l’adattamento dei pannelli, la manutenzione e l’integrazione nelle reti intelligenti, oltre che la loro fabbricazione.

Tornare indietro, per fortuna, non è più possibile. Le fonti rinnovabili hanno mostrato una curva di apprendimento straordinaria e in alcune regioni sono già pronte a far concorrenza a quelle fossili anche senza incentivi. La concorrenza cinese non significa estromissione delle nostre tecnologie e della crescita di competenze locali: più energia “verde” significa più imprese e quindi più lavoro. Nel primo trimestre 2012 sono sorte complessivamente 120.278 imprese ma ne sono morte 146.368, quindi un saldo negativo (-0,43%). Per le imprese energetiche invece il saldo è positivo per 511 unità (+7,6%). Ed è dal 2007 che di trimestre in trimestre ciò accade. Fra il primo trimestre 2012 e quello 2011, le imprese del comparto energetico sono cresciute del 37,1% mentre il totale delle imprese italiane è calato dello 0,3%.

Lavorare a un nuovo sistema energetico non significa quindi rifluire nel protezionismo, ma creare lavoro di qualità, innovare su base territoriale, armonizzare attività umana e natura, fare ricerca per valorizzare risorse naturali che possono integrarsi, ma non essere semplicemente surrogate dalla contabilità del commercio internazionale.

19 settembre: discussione a Milano

Dopo la decisione del Sol Levante di uscire dall’atomo: europei, non vinciamo alla maniera dei giapponesi! Preveniamo nuovi disastri più che probabili con i 197 reattori funzionanti!

Il lavoro per un network antinucleare europeo.

Mercoledi 19 settembre 2012, ore 18.00 – 20.00

Discussione presso lo Spazio Kronos – via Borsieri, 12 Milano

 

testo a cura di Alfonso Navarra, vice presidente di Energia Felice

La nuova Strategia energetica nazionale-SEN avrebbe deciso che il Giappone chiuderà con il nucleare entro 30 anni, quindi nel 2040 (all’incirca). Possiamo confessare che è un risultato che ha sorpreso molti ecopacifisti “scafati”: non ci aspettavamo tanto presto una simile vittoria del movimento antinucleare e della gente.
Ed è, vogliamo sottolinearlo, una vittoria di tutti coloro che hanno a cuore un mondo più pulito e pacifico.
Una vittoria quindi anche per gli “italiani” in quanto esseri umani in carne ed ossa; e di gran lunga più importante, proprio per noi italiani – si può ritenere – della conservazione di qualche posto di lavoro nel settore carbonifero, per la quale vengono a chiederci “solidarietà” (?).

Il nostro ringraziamento va pertanto agli attivisti giapponesi che, rintuzzando le manovre della lobby atomico-militare e difendendo le ragioni della salute e della sicurezza collettiva, hanno animato ed organizzato le grandi manifestazioni di questi mesi (vedi le massicce, ripetute, continue mobilitazioni locali, vedi i 250.000 che hanno sfilato a Tokyo nello scorso luglio). Il nostro pensiero e la nostra gratitudine vanno anche a Yukari Saito ed al centro “Semi sotto la neve” che, con l’aiuto di Angelo Baracca, ci hanno sollecitato, in Italia, a “non dimenticare Fukushima” e a seguire e sostenere la lotta del popolo giapponese per farla finita con il nucleare.

Il grande disastro di Fukushima, quello che secondo gli “esperti” alla Veronesi e ed alla Ricotti non sarebbe mai potuto accadere, ha quindi fatto “rinsavire”, dal nostro punto di vista, il terzo grande Paese, dopo Germania e Svizzera. Ma, a pensarci bene, possiamo aggiungere anche l’Italia nell’elenco, grazie al referendum del giugno 2011!

(Stiamo invece molto attenti a parlare di ripensamenti da parte della Francia: Hollande, subentrato a Sarkozy, si impegna a chiudere il “catorcio” di Fesseneheim solo nel 2017 (questa centrale solo pochi giorni fa ha subito un incidente di una certa rilevanza) e promette che il peso del nucleare si ridurrà al 50% nel 2050, rispetto al 75% previsto dal suo predecessore!)

Il Giappone è stato il Paese più tragicamente toccato dall’incidente ma anche quello, al contempo, nel quale la lobby atomica, ben rappresentata al governo, aveva dispiegato una strenua resistenza nei confronti di un’opinione pubblica giustamente sempre più arrabbiata. E’ stata molto significativa, in proposito la vicenda della contrastatissima riaccensione dei reattori di Ohi (gli unici attualmente rientrati in funzione dopo lo spegnimento degli altri 52 per verifiche sulla sicurezza).

La stampa riportava e riporta sondaggi per i quali l’80% dei giapponesi sarebbe decisamente contraria al riavvio delle centrali e quello che meraviglia è che siano così pochi dopo le notizie terrificanti che appaiono sui media locali. Ce ne riferisce, ad esempio, il quotidiano della Confindustria italiana del 15 settembre, in un articolo a firma di Marco Magrini (vedi file allegato): «Aiuti internazionali per evitare un incendio al reattore 4», recitava un titolo del Japan Times di una settimana fa. L’articolo racconta della drammatica situazione al reattore numero quattro di Fukushima, l’unico che era spento al momento dello tsunami. «Il combustibile esausto nell’unità 4 è un drago che dorme», sentenzia Arnie Gundersen, un ingegnere nucleare e attivista americano, che due settimana fa ha incontrato membri del Parlamento di Tokyo per levare l’allarme: il reattore è devastato e 1.500 barre di cesio, ricoperte di una lega di zirconio che brucia a contatto dell’aria, rischiano di causare un’esplosione. Finora, la Tepco – la disgraziata società che gestisce la centrale – ha rimosso due barre sole. Dice che comincerà a fare il resto l’anno prossimo, e finirà in tre anni. Non basta questo, a cambiare il vento dell’opinione pubblica?».

L’articolo prosegue: «Chi è favorevole al nucleare, ripete che quella resta l’energia più conveniente che c’è. Ma per favore, non ditelo ai giapponesi. Il premier Noda ha detto che il paese spenderà almeno mille miliardi di yen (10 miliardi di euro) per decontaminare 29 milioni di metri cubi di terreno. Ma quelle sono noccioline. Lo stesso governo calcola che ci vorranno quarant’anni per rammendare lo strappo di Fukushima. E, secondo Tatsuhiko Kodama del’Università di Tokyo, il costo finale si aggirerà sui 50mila miliardi di yen, 503 miliardi di euro. Mai ci fu bolletta più cara.»

Quanti morti farà Fukushima, allo stato attuale, cioè se si riuscirà ad evitare il peggio, che forse, lo ammette lo stesso Sole 24 Ore, deve ancora arrivare? Per quanto riguarda le conseguenze ambientali, citiamo quanto riportato su Wikipedia, e quindi a disposizione anche del più sprovveduto web-surfer: “La natura e pericolosità della contaminazione di Fukushima,  non può propriamente essere comparata a quella del disastro di Chernobyl per due ragioni: in primo luogo, la maggior parte della contaminazione è di natura sotterranea: per prevenire il surriscaldamento di noccioli e piscine di stoccaggio, è necessaria una continua immissione di acqua di raffreddamento che si disperde nel sottosuolo, attraverso le crepe aperte dal terremoto. La seconda differenza critica rispetto a Chernobyl è che questo fu sigillato dentro ad un sarcofago in un limitato lasso di tempo, mentre a Fukushima questa soluzione è impraticabile; la contaminazione sta procedendo ininterrottamente fin dal primo giorno, e durerà ancora per un imprecisato numero di anni, secondo certe stime, e se non avvengono crisi sistemiche nell’economia del Giappone, dai 10 ai 20 anni. E’ ancora incerto quale tipo di percorso possa seguire la massa d’acqua radioattiva attraverso le falde freatiche della regione: di certo un gran parte si riversa continuamente in mare, ed una parte si diffonde nell’entroterra. Della data del 22 agosto 2012 è la notizia che da misurazioni su pesce catturato nella regione, sono stati rilevati elevatissimi tassi di radioattività presenti nelle carni, tali da suggerire il blocco della distribuzione di pesce”.

Per quanto riguarda più specificamente la mortalità nei prossimi decenni (i cancri ci mettono il loro tempo a svilupparsi), teniamo presente che Greenpeace calcolò per Chernobyl 500.000 morti in giro per il mondo (stima esagerata? forse per niente affatto), e qui siamo di fronte a qualcosa di molto più grave, con – come si è detto – nuovi, possibili, sviluppi catastrofici.

Ma torniamo ai festeggiamenti per la vittoria. Non tutto è limpido, nelle “flessibili” dichiarazioni del premier Noda. Ma il tabù è stato finalmente infranto: sarà pure elettoralismo, sarà pure un calendario “a passo di lumaca”, ma il governo giapponese dice, nero su bianco, che “deve essere chiaro che il nostro obiettivo è l’uscita”. Prima del disastro di Fukushima, si puntava addirittura a soddisfare con l’atomo oltre metà del fabbisogno elettrico, scusate se è poco! Le centrali oggi ferme si tenterà, ovviamente, di riaprirle (previ test sulla sicurezza). Addirittura non si fermerà la messa in pratica dei progetti già approvati!

Aggiungiamo, ad esempio di quanto sostenuto, questa interessante notizia, del 15 settembre, che riportiamo per intero, tratta da www.lastampa.it : “Il governo giapponese, che aveva annunciato ieri la progressiva fine della produzione nucleare entro i prossimi 30 anni, ha fatto sapere oggi che non ha intenzione di revocare la licenza per la costruzione di tre nuovi reattori già in cantiere. “Non pensiamo di ritirare il permesso già accordato dal ministero”, ha dichiarato il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, Yukio Edano. Due dei tre reattori in questione sono in costruzione ad Aomori, nel nord del paese, dove il ministro è stato ieri in visita. Edano ha comunque precisato che, una volta costruiti, l’attività dei tre reattori sarà sottoposta all’approvazione di un’apposita Commissione creata dal governo per il controllo dell’industria nucleare”.

L’obiettivo del Giappone ora è quello di triplicare il suo utilizzo di energie rinnovabili, arrivando al 30% del totale. Ma bisogna anche continuare il percorso di razionalizzazione del consumo di energia, e, nell’immediato, altra faccia della medaglia, anche aumentare le importazioni di petrolio, carbone e gas naturale.
Secondo i calcoli (finti, si ha l’impressione) del governo giapponese, l’addio al nucleare aumenterà di circa 40 miliardi di dollari Usa la spesa per importare petrolio e carbone. Intanto, per portare la produzione nucleare a zero nel 2034, il Paese seguirà tre principi: no a nuovi reattori (ma, a quanto pare, si salvano le nuove licenze già concesse), smantellamento di quelli con più di 40 anni di vita, non accettare il riavvio di impianti sospesi se non dopo esami sulla loro sicurezza condotti da “autorità ad hoc”.

Siamo intervenuti, a nome dell’Associazione Energia Felice, al Seminario, svoltosi a Milano nei giorni scorsi (13-14-15 settembre), per preparare il Forum Sociale Europeo di novembre a Firenze, rivolgendo un invito ai movimenti partecipanti: diamoci da fare, in Europa, per non finire vincitori alla maniera dei giapponesi!
L’esposizione al rischio atomico continua in Giappone ma continua anche in Europa, dove sono attivi ben 197 reattori “civili”. Cosa ci rende così sicuri del fatto che noi siamo al riparo da catastrofi tipo Chernobyl o Fukushima? Il fatto forse che noi europei occidentali siamo più tecnologici e scrupolosi nelle misure di salvaguardia e sicurezza dei russi e degli orientali in genere? Ma siamo seri!

Ricordiamo il detto: prevenire è meglio che curare. Agire ex ante è più saggio che pentirsi ex post. Maglio attivi oggi che radioattivi domani. Se lasciamo il fuoco atomico acceso in casa questa prima o poi si incendierà, possiamo scommetterci! La nostra prima preoccupazione deve essere di spegnerlo al più presto, questo fuoco.
E dobbiamo dimostrare la sensatezza di non chiamare menagramo chi ci esorta alla ragionevole e doverosa prudenza! Perché quando avremo la nostra inevitabile Chernobyl o Fukushima europea avremo poi voglia di recriminare: perché non mi ero dato da fare prima?

Anche noi italiani, vediamo di non credere tutto risolto con il risultato referendario del 2011!
Mi è saltata una centrale francese o svizzera a poche decine di Km dal confine: non sarò mica scemo, io valdostano, io piemontese, io lombardo, a restarmene ancora a casa credendo di poter vivere e lavorare in tranquillità (magari per il futuro dei miei figli!) e a non emigrare lasciando in loco tutte le masserizie contaminate?  Perché mi sono accalorato, agitato  e sbracciato per ogni accenno di nuova, futura, discarica di rifiuti tradizionali solo proposta mentre, che so, per la discarica radioattiva già funzionante (si fa per dire) da anni a Saluggia, e che ora, alluvionata come era logico che accadesse, ha reso radioattiva tutta l’acqua del Po e con essa l’intero Mediterraneo, ho continuato a fare orecchie da mercante, come se la cosa riguardasse solo i vercellesi di provincia? Forse che lo stesso Nobel Carlo Rubbia non aveva parlato in proposito di catastrofe annunciata?

No, allora non ho dato retto ai “grilli parlanti” come Rubbia. Per questo mi ritrovo adesso con una moglie più lunatica del solito, con mio figlio che ha strani sintomi… e, osservando le strane chiazze che mi si diffondono sul petto, a dover disperatamente credere ad un governo che mi assicura che è tutto sotto controllo…

14-16 settembre: L’Europa che si muove s’incontra a Milano

Le risposte di cittadini, reti e movimenti alla crisi economica, sociale, ambientale e democratica per la costruzione di un’Europa sociale e dei beni comuni

Milano, 11 settembre 2012

A dieci anni di distanza da quell’enorme spazio di discussione e dibattito aperto che fu il primo Forum Sociale Europeo di Firenze, reti, gruppi e movimenti fiorentini hanno avviato un percorso inclusivo per costruire il prossimo novembre nella città toscana un appuntamento con cui rimettere insieme legami, riflessioni e azioni intorno alla costruzione di un’Europa sociale e dei beni comuni, come risposta alla crisi economica, sociale, ambientale e di democrazia in cui siamo immersi.

Per fare questo è necessario, dialogare, costruire, dibattere con tutti i soggetti che in questi mesi hanno messo a punto strategie e azioni di contrasto all’idea di un’Europa solo economica che come risposta alla crisi pone solo austerità, privatizzazioni e si allontana sempre di più dallo spirito di coesione, inclusione e sostegno basato su una politica di governo e gestione partecipata e democratica dei beni comuni.

Il primo appuntamento di preparazione per Firenze si terrà a Milano il 14, 15 e 16 settembre, a Palazzo Reale, Piazza Duomo 14, presso la sala Convegni al 3° Piano.

Tre giornate per definire nel dettaglio i temi principali di Firenze e per condividere le proposte e le azioni da portare avanti nei diversi paesi, con le reti europee che saranno presenti, dai movimenti greci, spagnoli, fino a quelli dell’est e dell’Italia che ha avuto un grande risveglio di partecipazione dopo i referendum del 2011 che però non sono stati seguiti dai tanto auspicati risultati.

Sabato 15 dalle 17.00 alle 19.00 è previsto un momento pubblico di confronto con la città a cui hanno già confermato la presenza alcuni ospiti internazionali e nazionali tra cui Susan George, Eric Toussant (CADTM, Belgium), Sarah King (European Trade Union Confederation), Alexandra Strickner (Attac, Austria), Felipe Van Keirsbilck (Joint Social Conference, Belgium), Viky Skoumbi (Save Greece from its Saviours, Greece), Members of M15-Indignados and Occupy London, Alaa Talbi (World Social Forum Tunis 2013, Tunisia).

E’ un grande impegno che ci aspetta ma anche una sfida attraente: ricostruire uno spazio di discussione e azione in una fase in cui sui territori si manifestano gli effetti dei tanti volti della crisi, ma dove si attivano anche numerose forme di conflitto sociale e di proposta alternativa, capaci di assumere anche dimensioni di massa.

Si ringrazia il comune di Milano la collaborazione e la concessione della sala.

Per info: info@firenze1010.eu , tel: 02 541781

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Forum contro il nucleare

Firenze 10+10

 

9  novembre 2012

Fortezza da Basso

Forum contro il nucleare (civile e militare) per un modello energetico “giusto”: incontro per preparare la rete europea

 

La giornata di lavoro sul nucleare e sull’energia bene comune  e pubblico proposte per Firenze 10+10 hanno lo scopo di costituire un coordinamento europeo che consegua la denuclearizzazione civile e militare perseguendo nel contempo l’alternativa di un modello energetico “giusto”.

Gli obiettivi di questa lotta comune vivono già nell’esperienza del lavoro di un numero di soggetti e persone di molto superiore a quello degli stessi promotori. Il disarmo atomico, nei singoli paesi e a livello euro-mediterraneo e medio-orientale, e lo spegnimento immediato dei reattori nucleari sono necessità di una evidenza lampante ed ascrivibili a quella “semplicità che è difficile a farsi”. Dobbiamo ottenerli dispiegando tutta la forza dell’unità popolare prima che i rischi incalcolabili della follia nucleare si concretizzino (come nell’ex URSS ed in Giappone).

La vittoria del referendum antinucleare in Italia deve trovare seguito e compimento con analoghe vittorie in tutta Europa ed a livello europeo.

Il discorso diventa più complesso quando si tratta di prospettare un modello energetico “giusto”, che metta al centro i diritti umani, la giustizia ambientale e sociale, la difesa della salute dei cittadini e del territorio come bene comune.

L’incontro è stato impostato in modo da  sollecitare la partecipazione e la collaborazione di altri gruppi e movimenti, anche catalogati sotto altri “filoni”, con particolare attenzione ai contributi internazionali. Per questo presentiamo l’agenda dell’incontro e una descrizione dei temi che verranno trattati mettendo in evidenza le possibili “convergenze” contenute nelle nostre proposte.

I proponenti ritengono che la lotta antinucleare, se impostata in termini complessivi ed in tutta la profondità delle sue implicazioni, promuova inevitabilmente la convergenza tra le tematiche principali (i “cinque blocchi”) che caratterizzano i movimenti sociali. La lotta antinucleare è, infatti, lotta per la pace, in quanto la denuclearizzazione è parte di un primo, decisivo disarmo (in virtù del legame intrinseco che esiste tra nucleare civile e nucleare militare).

Ma (senza stare in questa sede poi a farla troppo lunga, perché avremo occasione di approfondire nel corso del Forum), anche lotta per la democrazia, per l’ambiente (inclusa la tutela dell’acqua), per la salute, per i rifiuti zero, per l’occupazione, per una economia alternativa: l’energia bene comune e pubblico è infatti necessaria per contrastare il collasso del neoliberismo che rischia di trascinarci tutti nella miseria, nello sconvolgimento degli ecosistemi, nell’avventura senza ritorno della guerra atomica (che può innescarsi persino “per errore”!).

Un collettivo antinucleare lo costituì nel 1978 Peppino Impastato, il giovane martire antimafia che denunciava i boss con trasmissioni ironiche su una radio libera  del movimento sociale siciliano. Il suo sogno era di preservare la “bellezza” della vita e del territorio dalla violenza degli apparati della potenza, del profitto, dell’oppressione criminale. Con i sogni ed il coraggio di Peppino noi vogliamo cambiare questo mondo e questa Europa alla rovescia!

 

PROGRAMMA

 

10:00 – 12:00

Presentazione del Forum  (15 minuti ad intervento da parte dei proponenti)

Il contratto mondiale per l’energia – estendere la vittoria italiana in Europa – Associazione Energia Felice (ARCI) – Mario Agostinelli

Attuare i referendum del 2011: ripubblicizzare l’ENEL per contrastare l’energia padrona. La campagna STOP ENEL – Comitato Salute Ambiente Energia – Vincenzo Miliucci

Il nucleare militare in Europa: potenze emerse e potenze latenti – Fermiamo chi scherza col fuoco atomico (Campagna OSM-DPN) – Alfonso Navarra

Iniziative e campagne per il disarmo atomico- Mondo Senza Guerre (Italia)

Lotta antinucleare, disarmo, lotte internazionali – Alessandra Mecozzi (FIOM)

I problemi della conversione dell’industria elettronucleare – IG METALL (Germania)

La lotta antinucleare in Francia e le esperienze europee di Nukewatching – Martin De La Lavarde – Sortir du Nucléaire (Francia)

Problemi tecnici e politici per avanzare l’ICE sull’energia – intervento europarlamentare antinucleare

 

12:00 -14.00

Sezione attuazione del referendum in Italia

 

Cinque  relazioni di 15 minuti

L’esperienza del CAVRA milanese, un’istanza da riprendere a livello nazionale (Giampaolo Persoglio)

Il problema delle scorie radioattive – il caso italiano – Legambiente Piemonte (Giampiero Godio)

La dismissione delle centrali ed il deposito nazionale delle scorie  – Stop Enel (Giorgio Ferrari)

Comitato Antinucleare Garigliano – Massimo Penitenti

L’atomica ritorna a farci paura – Angelo Baracca

 

14.3 0 – 16.00

 

Sezione modello energetico “giusto”

Tre relazioni della durata di 15 minuti

No al nucleare si alle rinnovabili ( Vittorio Baldi)

Un possibile referendum contro la strategia energetica di Monti-Passera

Il rifiuto della logica delle Grandi Opere

 

(Iinterventi della durata di 5 minuti)

 

Comitato cittadini liberi Porto Torres –

Problemi ecologici della geotermia – SOS geotermia

Spezia Via dal carbone –

No carbone Brindisi –

 

Interventi non programmati di realtà territoriali e comitati di base della durata di 5 minuti

 

Pausa di 30 minuti

 

16.30 – 19.00

Sezione denuclearizzazione militare

Relazioni della durata di 10 minuti

L’appello contro i venti di guerra nel Mediterraneo – Peacelink

L’obiezione alle spese militari e nucleari – Campagna OSM-DPN

Il modello di difesa ed i Corpi civili di Pace – Fucina della nonviolenza Firenze

Luciano Benini – MIR

Energia, democrazia, pace – War Resisters’ International (Coordinamento Mondiale)

Il movimento antinucleare giapponese – Semi sotto la neve

 

ore 19.00 -20.00

 

Sezione network antinucleare europeo – Gruppo di lavoro per stendere il documento finale (facilitatori già designati: Mario Agostinelli, Vincenzo Miliucci, Alfonso Navarra, Anna Polo. Altri potranno aggiungersi sul momento).

 

 

Si propone come base un documento di Sortir du Nucléaire, redatto per esigenze nazionali francesi, ma adattabile ed adattato alla dimensione europea.

Il documento va integrato con le indicazioni di strategie e percorsi di azione che emergeranno dal dibattito.