di Gianni Silvestrini – qualenergia.it 17 dicembre 2012
Fra tre mesi avremo un nuovo Governo che dovrà affrontare la più grave crisi economica dal dopoguerra. Dovrà gestire profonde trasformazioni sapendo che le ricette del passato non bastano o possono essere controproducenti. E dovrà farlo con un respiro internazionale.
L’Europa si trova infatti al centro di una grande trasformazione che parte dall’energia, ma coinvolge anche il mondo dei trasporti, dell’edilizia e quello industriale. Sul versante della produzione elettrica la UE vuole soddisfare almeno un terzo dei propri consumi con le rinnovabili fra soli 8 anni e intende assegnare un ruolo centrale alle energie verdi nei prossimi decenni. Questo processo ha innescato scelte industriali in diversi Paesi, a iniziare dalla Cina, portando a una riduzione dei prezzi che oggi si manifesta nelle rinnovabili ma che si estenderà ai comparti dell’efficienza energetica. L’Europa, che ha avviato lo sviluppo di questi mercati, deve adeguare la risposta sul versante dell’offerta tecnologica, ragionando anche con logiche sovranazionali (come ha fatto con l’Airbus) se vuole realmente competere, che si parli dell’accumulo elettrochimico, del termodinamico o del fotovoltaico di terza generazione.
Ma torniamo all’Italia, sapendo che le prossime scelte dovranno tenere conto del contesto internazionale e che occorrerà valorizzare il know how diffuso accumulato e quello in corso di acquisizione (per esempio nelle smart grids). Per collegarsi con il tema citato delle tecnologie, va riavviata una politica industriale basata sul sostegno all’innovazione in particolare nei comparti della green economy, dalla chimica alla mobilità, passando ovviamente per l’energia. In questo senso il rilancio di uno strumento come “Industria 2015”, opportunamente aggiornato nelle modalità di finanziamento, va esteso all’orizzonte del 2020.
Proprio il settore energetico rappresenta un terreno molto interessante per articolare risposte positive, a patto di introdurre soluzioni innovative e di affrontare alcune criticità. Si dovranno, per esempio, liberare potenzialità parzialmente inespresse come quelle legate alla riqualificazione dell’edilizia e governare i radicali cambiamenti in atto nel sistema elettrico.
L’attuale contesto della finanza pubblica obbliga a individuare progetti e programmi che consentano, con un limitato utilizzo di risorse dello Stato, efficaci sinergie tra diversi comparti e che abbiano ricadute significative dal punto di vista occupazionale. Per scendere nell’elencazione di alcune aree di intervento e di rivisitazione degli strumenti da utilizzare si può fare qualche riflessione, anche alla luce di esperienze internazionali.
Un esempio viene dalle iniziative innovative come il Green Deal inglese per avviare programmi di miglioramento radicale dell’efficienza energetica del patrimonio edilizio superando la barriera dell’investimento iniziale grazie all’utilizzo di capitale privato e alla creazione di una cabina di regia pubblica. Il meccanismo dei certificati bianchi dovrà essere potenziato in modo da renderlo realmente incisivo per spingere l’efficienza energetica nel comparto industriale e per avviare nuove politiche nel mondo dell’edilizia.
Sul versante delle rinnovabili elettriche andrà operata una seria azione disemplificazione delle procedure autorizzative e di quelle di connessione e avviata una liberalizzazione reale dei mercati. Andrà affrontato il tema dei registri e dei SEU. In particolare, andrà preparato il terreno per garantire che in tempi brevi il fotovoltaicopossa venire installato senza incentivi diretti.
Andrà poi monitorata l’applicazione dei decreti sulle rinnovabili elettriche e termiche per ovviare a eventuali disfunzioni, mentre andrà stimolata la diffusione dei biocarburanti di seconda generazione e del biometano per autotrazione.
Poi ci sono le reti da riqualificare, elemento cruciale in questo cambio di paradigma, in uno sforzo in cui l’innovazione si sposa con gli approcci a ricadute multiple.
Dunque, la carne al fuoco è molta, in un contesto peraltro con limitati margini di manovra. Proprio per questo giunge al momento giusto la costituzione, lo scorso 13 dicembre, di FREE, Coordinamento delle Fonti Rinnovabili e dell’Efficienza Energetica, che raggruppa al momento 22 Associazioni e rappresenta un salto di qualità di un variegato mondo che coinvolge centinaia di migliaia di occupati. FREE svolgerà un importante ruolo di interlocuzione con il prossimo Governo potenziando l’azione delle singole Associazioni, elaborando proposte e scenari. Una voce responsabile e incisiva nella transizione energetica in atto.