La lotta tra carbone e rinnovabili in Cina

di Gianni Silvestrini – Qualenergia 19 novembre 2012

La settimana prossima inizia a Doha, nel Qatar, la 18° Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici – COP 18, un passaggio del percorso a ostacoli che entro il 2015 dovrebbe consentire di trovare un accordo globale per contenere le emissioni climalteranti al 2020.
Ma intanto qual è il panorama globale? La Cina, che alla firma del Protocollo di Kyoto nel 1997 aveva emissioni pari alla metà degli Usa, l’anno scorso è stata responsabile del 29% della produzione mondiale di anidride carbonica, più di Europa e Stati Uniti messi insieme. Nel grafico le emissioni in milioni di tonnellate di CO2 dal 1990 al 2010. Impressionante il boom della Cina: l’incremento dell’ultimo decennio supera da solo le emissioni totali degli Usa o dell’Europa (fonte: JRC, European Commission).

Principale imputato il carbone. La superpotenza asiatica lo scorso anno ha consumato 3,7 miliardi di tonnellate, circa la metà della produzione mondiale. Sempre in Cina nei prossimi quattro anni dovrebbero essere realizzate 160 nuove centrali a carbone. Nel grafico il consumo di carbone nel mondo (in miliardi di tonnellate, fonte EIA).

Uno scenario dunque tutto nero? In realtà questo sistema sta scricchiolando. Non solo per i 2.500 minatori che muoiono ogni anno o per le terribili conseguenze sanitarie che stanno provocando vere ribellioni, come quando lo scorso dicembre 30.000 residenti hanno bloccato la costruzione di una nuova centrale nella provincia di Guandong. In discussione sono i profitti. Il rallentamento dell’economia e il blocco delle tariffe stanno infatti provocando grosse perdite ai produttori elettrici cinesi. Così, gli investimenti in nuove centrali a carbone nel 2011 si sono dimezzati rispetto al 2005 e le centrali che verranno completate nel 2012 sono la metà rispetto allo scorso anno.

Nel frattempo continua la corsa delle rinnovabili. Con 63 GW installati alla fine dello scorso anno la Cina ha rafforzato la sua leadership mondiale nella potenza eolica installata e dovrebbe raggiungere 2-300 GW al 2020. Nel fotovoltaico, comparto che vede il Paese asiatico dominare la produzione internazionale di celle e moduli, il mercato interno è appena decollato, 3,5-4 GW installati nel 2012, ma la potenza potrebbe raggiungere 100 GW prima della fine del decennio. Secondo i programmi governativi, nel 2015 il 30% della potenza elettrica dovrebbe essere costituita da rinnovabili e da nucleare (nel 2011 erano stati prodotti 87 TWh atomici e 67 eolici). Nel grafico l’elettricità generata dal nucleare e dal vento in Cina tra il 2000 e il 2011 (fonte Schneider).

Dunque, il sistema energetico cinese è in fase di rapido cambiamento. L’accordo mondiale sul clima dipenderà molto dalla forza che acquisiranno all’interno della potenza asiatica i settori della green economy (rinnovabili, efficienza, mobilità sostenibile) rispetto a quelli dominanti legati al carbone.

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