Il gas che cuoce il pianeta ma salva gli USA dalla Cina

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano 21 dicembre 2012

In una serie di documentati articoli sulle pagine di Repubblica, Federico Rampini espone la strategia degli Stati Uniti guidati da Obama per mantenere l’egemonia geopolitica e militare a fronte dell’impetuosa crescita cinese. Parte decisiva di questa strategia è rappresentata dal progetto diestrazione di gas (e petrolio) dagli scisti bituminosi (shale gas), che porterebbe Usa e Canada a soppiantare il primato nelle fonti fossili dei Paesi Arabi e della Russia e a determinare così un confronto diretto nella competizione economica con Pechino da posizioni di forza.

A quale prezzo per il pianeta e per la vita futura? E dove sta il trucco per avere a basso prezzo un prodotto che richiede più energia per ottenerlo di quanta ne restituisca? Vale la pena di accennarne in questo primo post cui seguirà un altro. Sarà così più facile capire e la fiera e opportunistica opposizione di Washington e Ottawa all’adesione al protocollo di Kyoto, con conseguente affossamento della recente conferenza di Doha.

Il gas da scisto si ottiene con la fratturazione idraulica di rocce che contengono bitume disperso. Si tratta di perforazioni orizzontali ai depositi di scisti a profondità fino a 3 km, con pompaggio in grandi quantità di lubrificanti, acqua, sabbia e sostanze chimiche ad altissima pressione. Oltre alla devastazione paesaggistica, naturale e del suolo, la tecnica comporta – per le emissioni di CO2 e di metano – un alto rischio per la salute umana e per l’ambiente. Altro che effetto serra! Inoltre provoca conseguenze disastrose sulla contaminazione e l’esaurimento delle acque sotterranee e superficiali, sulla biodiversità, sul degrado del suolo e della qualità dell’aria, oltre a condizioni sismiche, accompagnate da non trascurabili livelli di materiale radioattivo naturale portato in superficie.

L’Unione Europea si sta per ora opponendo a questa pratica, nonostante la pressione dellaPolonia, che vorrebbe così ottenere un’indipendenza energetica ad ogni costo, e il pressing di grandi lobby come la Shell per avviare perforazioni di scisti marini. Senza contare anche l’attività frenetica dei rappresentanti del settore del governo canadese, che tra il settembre 2009 e luglio 2011, hanno organizzato oltre 110 eventi a Bruxelles (più di uno a settimana!).

Quale sarebbe la contropartita per Usa e Canada (con cui concorda evidentemente il governo Monti che ha proposto una Strategia Energetica nazionale (SEN) fondata sul rilancio di gas e petrolio) a fronte di un’accelerazione della crisi climatica? (N.B. Il gruppo di studio della Ue attribuisce all’effetto serra da shale gas un valore di default di 107 grammi di CO2 equivalente per megajoule (CO2eq/MJ) di carburante, rispetto alla media di 87.5g CO2eq/MJ per il petrolio).

Paradossalmente il vantaggio sta in un costo al mercato inferiore di un terzo rispetto al gas tradizionale, ottenuto artificialmente attraverso i raggiri delle banche sui prodotti derivati e su tutte le forme speculative che stanno dietro alla costruzione di pozzi e gasdotti, al varo di navi metaniere e all’attivazione di rigassificatori. Alla fine, queste operazioni sono pagate dai tagli alle pensioni, dal peggioramento delle condizioni di vita e di salute, dal dissesto della natura indotto dai cambiamenti climatici. Una bella storia moderna, un po’ sottaciuta dai media, che sa di vecchio e su cui torneremo.

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