- Gli impianti atomici di terza generazione sono più sicuri dei precedenti?
- Un terribile incidente come quello di Chernobyl oggi potrebbe ripetersi?
- Le centrali EPR destinate all’Italia garantiranno un risparmio sulle bollette dei cittadini?
- La creazione dei quattro reattori ci affrancherà del tutto dalle importazioni di greggio?
- Esistono rischi per gli abitanti che vivono nelle aree dove sorgeranno le centrali?
- Le scorie prodotte potranno essere smaltite in maniera definitiva?
- Esiste un sistema sicuro per rendere innocui plutonio e prodotti di fissione?
- Le future centrali di quarta generazione “ricicleranno” il plutonio?
- Nazioni come Francia e Svezia possono rappresentare dei modelli per il nostro Paese?
- L’installazione dei reattori creerà una maggiore produzione di energia elettrica?
I reattori nucleari di III generazione, sviluppati negli anni ’90, rappresentano l’evoluzione della II generazione sviluppata negli anni 1960-70, la fisica del reattore è immutata, sono stati invece migliorati tutti i dispositivi tecnologici di contorno. Sul fronte sicurezza, la terza generazione si distingue dalla precedente perché i sistemi di sicurezza sono ridondanti o sono di tipo “passivo”. I reattori di tipo EPR (European Pressurized Reactor) sono di tipo ridondante ovvero se ad esempio esiste un sistema di pompe per far circolare l’acqua per il raffreddamento, tale sistema è quadruplicato in modo che ve ne sono altri tre di scorta in caso di guasto.
I sistemi passivi (come l’AP 1000 (Advanced Passive) di Werstinghouse) sono invece quelli che, facendo affidamento su circolazione naturale, gravità, convezione e gas compressi, fanno sì che il reattore sia in grado di auto-arrestarsi in caso di necessità e di assicurare la refrigerazione anche in assenza di alimentazione elettrica e di operatori umani.
È indubbio che i reattori di III generazione siano migliori dei precedenti, così come una nuova auto è generalmente più sicura del vecchio modello rottamato, ma il rischio di incidenti catastrofici permane inalterato.
Riguardo agli EPR va segnalato che il giornale inglese “The Independent” sostiene che in caso di incidente morirebbero il doppio delle persone rispetto ad un vecchio reattore poiché la quantità di materiali radioattivi presenti nei reattori nuovi è maggiore. I documenti redatti da EDF (L’Enel francese), dicono che le quantità di Bromo, Rubidio, Iodio e Cesio radioattivi saranno 4 volte superiori rispetto ad un reattore normale. Stime indipendenti di Posiva Oy (che smaltisce scorie nucleari finlandesi) dicono che lo Iodio 129 sarebbe 7 volte tanto, la NAGRA (Swiss National Co-operative for the Disposal of Radioactive Waste) dice che il Cesio 135 e 137 (quello che ancor oggi si trova nei funghi dopo Chernobyl) prodotto sarebbe 11 volte tanto.
Ovviamente è difficile che accada un incidente simile ma è statisticamente impossibile escludere la possibilità di un incidente grave in una centrale atomica. In base al numero attuale di reattori in circolazione gli scienziati stimano la probabilità di un incidente catastrofico ogni 200 anni (Aspoitalia). Se, come dice Berlusconi, i reattori nucleari dovessero rapidamente quadruplicarsi, avremmo un incidente catastrofico ogni 25 anni. Ininterrotto è invece lo stillicidio di “piccoli” incidenti: nel 2008 vi sono stati 4 incidenti nelle centrali spagnole (oggi acquisite da Enel) e nel solo mese di luglio sono tre i casi segnalati in Francia (Tricastin e Romans-sur-Isère). Pensiamo a luoghi fortemente urbanizzati come la Pianura Padana…
No. Qualcuno ha rilevato sconti sulla propria bolletta dopo l’avvio della riconvertita centrale di Torre Valdaliga Nord? La riconversione di questa grande centrale da petrolio a carbone, definito “pulito”, inaugurata il 30 luglio 2008 da Scajola in persona, era stata giustificata dall’Enel proprio per ridurre le tariffe elettriche, essendo il carbone meno costoso di metano e petrolio (anche se più inquinante). La verità è che le aziende elettriche sono società per azioni, votate alla generazione di profitti, e i profitti non si fanno abbassando le tariffe e promuovendo il risparmio. Anche la borsa elettrica, creata pochi anni fa con la liberalizzazione del mercato, doveva far abbassare i prezzi, ma è accaduto il contrario. Purtroppo “Il prezzo è fatto dal mercato e non dalla tecnologia produttiva” (Il Sole24Ore 2/8/2009).
È falso sostenere, come ha fatto il governo italiano, che il nucleare costituisca una soluzione al problema dell’aumento del costo del petrolio. Vale la pena sottolineare che in Italia la generazione elettrica non utilizza il petrolio come fonte principale: nel 2008 i prodotti petroliferi hanno concorso alla produzione di energia elettrica con una quota del 6,8%, è il gas metano a coprire il 66% della produzione termoelettrica.
Sì, per il banalissimo motivo che non esiste la certezza matematica che in una centrale nucleare non succedano incidenti. Gli ingegneri nucleari sanno benissimo che non si progetta nulla a rischio zero, si tende alla massima riduzione possibile. Ma i rischi rimangono.
Le scorie, per utilizzare le parole di Giuseppe Zampini, amministratore di Ansaldo Energia (che controlla Ansaldo nucleare), “sono il problema, uno dei punti su cui siamo caduti, sappiamo gestire le centrali ma in Italia non sappiamo dove mettere le scorie”. Attualmente (dati ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) abbiamo circa 60 mila metri cubi di rifiuti radioattivi (in parte stoccati all’estero ma destinati a rientrare in Italia) e 235 tonnellate di combustibile irraggiato per cui dobbiamo trovare un sito sicuro. Iniziamo a smaltire queste prima di produrne altre!
Non esistono oggi soluzioni concrete al problema dei rifiuti radioattivi. Le circa 250 mila tonnellate di rifiuti altamente radioattivi prodotti finora nel mondo sono tutte in attesa di essere conferite in siti di smaltimento definitivi. L’unico deposito di profondità esistente, si trova negli USA ma ospita solo rifiuti militari e non quelli dei reattori civili. Riguardo al plutonio, risultano particolarmente vulnerabili gli impianti di riprocessamento dove vengono riciclate le barre di combustibile esauste estraendo il plutonio generato e l’uranio non consumato. Durante il processo sono possibili sottrazioni di materiale perché è impossibile un controllo rigoroso fra materiale in entrata e in uscita nell’impianto.
Quando nel 1996 il Dipartimento per l’energia statunitense compilò il noto “50° Years Report”, scoprì che non quadravano i conti fra entrate ed uscite di plutonio nei vari impianti. Da quello di Los Alamos risultavano spariti 765Kg, l’equivalente di 150 bombe nucleari! Il rischio trafugamenti non diminuirà in futuro, anzi aumenterà perché i nuovi EPR sono progettati per funzionare non solo con l’usuale uranio arricchito ma con il MOX (un mix di ossidi di uranio e plutonio), ottenuto proprio con gli impianti di riprocessamento. Pertanto il “nuovo nucleare” sotto questo aspetto risulta più pericoloso rispetto al “vecchio”. Dal 1995 l’Agenzia tiene nota di tutti gli incidenti che coinvolgono la sottrazione illecita, la detenzione e l’uso di materiale nucleare. Al 31 dicembre 2006 la lista prodotta contava ben 1.080 casi, Il 54% di origine criminale.
La quarta generazione è un mito, è il sogno di una tecnologia nucleare che non abbia i problemi del nucleare! Attualmente esiste un comitato internazionale formato da dieci paesi che lavora su sei tecnologie di reattori, (www.gen-4.org) comunemente identificato col termine quarta generazione: reattori veloci raffreddati a gas, reattori veloci raffreddati al piombo, reattori a sale fuso, reattori veloci raffreddati al sodio, reattori supercritici raffreddati ad acqua, reattori a gas ad altissima temperatura. Quali fra questi vedrà un giorno la luce è troppo presto per dirlo e qualsiasi previsione è puro esercizio di fantasia.
Ogni paese deve cercare il proprio modello di produzione di energia elettrica basandosi sulle proprie caratteristiche peculiari. La Svezia non ha il nostro clima per cui sarebbe un modello sbagliato, la Francia ha scelto il nucleare per diverse ragioni, non escluso il fatto di avere un arsenale nucleare militare: il nucleare civile è integrato a quello militare poiché le tecnologie sono le stesse.
Certo, guardare oltre confine non fa mai male, ma perchè non guardare allora alla Spagna, alla Germania o al Portogallo? Un paese, come l’Italia, povero di risorse energetiche primarie e dipendente dalle importazioni dall’estero. Ebbene il Portogallo sta diventando un leader mondiale nelle fonti alternative (vedi Financial Times 28 febbraio 2009), ed entro il 2020 prevede di produrre il 60% dell’energia elettrica da fonti alternative! Quanti posti di lavoro pulito e diffuso si creerebbero in Italia potenziando le tecnologie solari?
È ovvio che quattro centrali in più, alimentate con qualsiasi fonte, potrebbero aumentare la quantità di energia elettrica producibile. Ma un sistema elettrico è complesso: aumentare il numero di centrali non significa aumentare la produzione di energia elettrica. L’energia elettrica non è facilmente accumulabile, se ne produce in misura eguale alla domanda, non di più; il 31 dicembre 2008 in Italia avevamo centrali installate per una potenza complessiva di 98.625 MW, una cifra molto superiore alle nostre necessità (la potenza massima richiesta lo scorso anno è stata di 55.292 MW – Terna – Rete Elettrica Nazionale).
Certo, la potenza massima non è mai disponibile interamente, a causa dei cicli di manutenzione, ma deve essere chiaro che già oggi in Italia abbiamo impianti sufficienti, importiamo energia perchè i francesi la esportano a basso costo per il semplice fatto che un reattore nucleare non ha una produzione modulabile: quando parte non lo si spegne fino a che il combustibile non si esaurisce, per cui se l’energia prodotta non viene usata la si deve disperdere, a quel punto tanto vale venderla a basso prezzo.
Per inciso in Italia siamo anche esportatori di corrente, nel 2008 abbiamo esportato 3.398 milioni di Kwh (Terna).
Altra domanda: anche se decidessimo di costruire delle centrali nucleari in Italia per diventare più autonomi in Europa in fatto di dipendenza energetica, da chi poi dovremmo acquistare l’uranio per far andare le centrali? Forse dalla Francia?
OK, ma proviamo a superere il NO? Sto ancora aspettando una risposta a questa semplice domanda: dove troviamo l’energia di cui abbiamo bisogno, dato che le rinnovabili non possono garantire il fabbisogno energetico italiano?
Forse non è noto che abbiamo una potenza disponibile pari ad oltre 100GW, mentre la richiesta è di circa la metà. Basta guardare nel sito ufficiale di TERNA. E’ per questo motivo che molte delle nuove centrali a gas lavorano spesso al minimo.
Possiamo quindi attendere le rinnovabili, che avranno un forte sviluppo nel futuro, stanti gli studi, i progetti e le realizzazioni in tutto il mondo. D’altra parte se aspettiamo di avere energia nucleare dovremmo aspettare almeno 8-10 anni, spendendo prima 60-70 miliardi, che non abbiamo!
Sandro,non era certo mia intenzione mtteere in discussione il nostro approccio analitico alla QM e alla realte0 nel suo complesso,ma solo dire che non e8 certo la sola appartenenza di classe a fare l’uomo. Casomai il concetto di responsabilite0 e il rapporto che si stabilisce con questa, anche in relazione alla propria appartenenza sociale.Possiamo incontrare uomini degni di essere definiti tali, indipendentemente dalla loro origine sociale. Questo non significa negare la natura di classe (e di genere) del sistema dominante e la necessite0 del suo superamento, sia chiaro. Ritengo perf2 riduttivo, limitativo e anche fuorviante pensare che un individuo abbia o non abbia un valore solo in considerazione della sua appartenenza sociale. Oppure ancora che il solo fatto di appartenere ad un determinato ceto sociale (dal nostro punto di vista quello popolare) sia di per se9 una garanzia o una patente di oneste0 e virtf9.L’essere umano e8 una realte0 complessa, come sappiamo. E la sola appartenenza di classe non puf2 di certo costituire un elemento sufficiente per considerare il valore di un singolo individuo, che si compone di tanti aspetti, fortunatamente. Diverso e8 se, dall’aspetto individuale, passiamo ad analizzare i fenomeni nella loro complessivite0. Allora l’elemento dell’appartenenza di classe (e il concetto di responsabilite0 a cui sia te che io facciamo riferimento) assume necessariamente un diverso significato. Su questo non c’e8 alcun dubbio.Cito un esempio che credo possa aiutarci a comprendere la questione. L’assemblea costituente che scaturec dalla Rivoluzione Francese, per anni, subito dopo la Rivoluzione, si interrogf2 sulla necessite0 o meno di giustiziare il deposto re Luigi XVI. Naturalmente i moderati erano contrari mentre i radicali (che prevalsero) erano favorevoli alla sua esecuzione.Robespierre, che naturalmente era fra questi ultimi, pronuncif2 un memorabile e bellissimo discorso (indipendentemente dal giudizio di ciascuno sul personaggio) che merita di essere letto nel quale sostanzialmente sosteneva che una Rivoluzione Epocale come quella francese non poteva lasciare in vita il simbolo stesso dell’assolutismo, dell’oppressione e del privilegio di casta . Il re DOVEVA essere giustiziato e non certo per un problema di natura personale, ma per cif2 che egli rappresentava. Lo stesso concetto vale per tutti gli altri episodi di questo genere. Pensiamo forse che Cromwell o Lenin avessero problemi di natura personale rispettivamente con Carlo I e con lo zar Nicola? Forse qualcuno del CLN che decise la condanna a morte di Mussolini poteva averne , ma non c’e8 dubbio che anche quella decisione fu di natura esclusivamente politica, non certo personale.Capovolgiamo la questione e avremo lo stesso risultato(ma in termini positivi). La grandissima maggioranza dei leader rivoluzionari di tutto il mondo (non solo politici ma anche filosofi e letterati) non proveniva certo dalle classi subalterne; al contrario questi erano quasi sempre di estrazione borghese se non addirittura aristocratica. Tu mi risponderai (e io sono d’accordo con te) che questo e8 normale perche9 e8 ovvio e scontato che le classi subalterne non hanno certo le stesse possibilite0 di accesso alla conoscenza che hanno le classi dominanti. Verissimo.Tuttavia, e proprio questo esempio lo dimostra , negli esseri umani esiste (fortunatamente) un margine di irriducibilite0, indipendentemente dalla loro collocazione sociale. Ne potremmo fare tanti altri, ovviamente, ma credo che ci siamo capiti sul concetto. Sia la sociologia che la psicologia spiegano, con differenti approcci, come anche nei contesti socio-culturali pif9 pervasivi e totalizzanti, esista questa “irriducibilite0”da parte di alcuni gruppi e soprattutto individui. E proprio la stessa nostra esistenza e del movimento maschile dimostra questo. Pensaci. Non possiamo neanche escludere a priori l’ipotesi che nel futuro qualche cosiddetto “maschio alpha dominante”, scelga di aderire al nostro movimento, invece di pensare a godersi i piaceri che la sua condizione gli garantisce. Non sarebbe certo la prima volta che accade nella Storia Fabrizio