di Giorgio Nebbia
Come in tutti i periodi di crisi e di grandi mutamenti economici e sociali tutti cercano di formulare previsioni: i governi, le imprese (che cercano di capire che cosa e come produrre), le banche (che sono preoccupate per i soldi che dovranno prestare a governi e imprese), le compagnie di assicurazioni (preoccupate per i soldi che dovranno versare per risarcire catastrofi e errori). Così da alcuni anni a questa parte si moltiplicano le previsioni dei consumi e fabbisogni energetici, dal momento che tutti i fenomeni economici richiedono energia: per produrre acciaio, per scaldare le case, per far camminare le automobili, per ottenere patate e grano, eccetera. Le previsioni sono in genere estese a periodi fra il 2025 e il 2035, più in la ben pochi si azzardano ad andare. Tutti più o meno concordano nel fatto che la popolazione umana aumenterà dagli attuali 7000 milioni di persone a un numero intorno a 8500 milioni di persone verso il 2030.
Queste persone avranno bisogno di varie cose irrinunciabili: alimenti, prima di tutto, metalli, cemento, acqua e inevitabilmente produrranno crescenti quantità di rifiuti. Le previsioni concordano su un crescente fabbisogno di energia e si tratta piuttosto di immaginare da dove trarla. La richiesta annua di energia oggi, 2012, si aggira nel mondo intorno a circa 12.000 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep), un valore che corrisponde all’energia “contenuta” in circa 4300 milioni di tonnellate di petrolio, più circa 5000 milioni di tonnellate di carbone, più circa 3000 miliardi di metri cubi di gas naturale, più l’elettricità fornita dalle centrali idroelettriche e nucleari e da un po’ di fonti rinnovabili. Le previsioni per il 2030 si aggirano intorno ad un fabbisogno di 16.000 milioni di tep all’anno. Le miniere di carbone contengono ancora riserve abbastanza grandi di questo combustibile fossile solido, ma la sua estrazione è pericolosa e il suo uso inquinante, anche se è quello che costa meno, per unità di energia fornita, tanto che il suo uso sembra destinato ad aumentare.
Peggiore è la situazione del petrolio, l’unico che fornisce i carburanti liquidi indispensabili per tenere in moto i novecento milioni di autoveicoli di oggi che diventeranno oltre 1500 milioni nel 2030. I grandi giacimenti mondiali di petrolio si stanno più o meno rapidamente impoverendo. Per soddisfare una crescente richiesta mondiale di petrolio, stimata di circa 5000 milioni di tep all’anno nel 2030, le previsioni contano sui giacimenti sottomarini a profondità sempre maggiori e in mari sempre più profondi e sulle tecniche, peraltro molto inquinanti, che permettono di estrarre il petrolio dalle rocce e sabbie che ne sono impregnate nel sottosuolo; alcuni prevedono che, sfruttando queste difficili risorse petrolifere, gli Stati Uniti potrebbero soddisfare i propri crescenti fabbisogni e addirittura diventare esportatori di petrolio. Le promesse dell’energia nucleare sembrano definitivamente svanite; un poco potrebbe aumentare l’elettricità ottenuta da grandi centrali che utilizzano il moto delle acque; qualcosa potrà venire dal Sole e dal vento.
L’uso di tutta questa energia farà aumentare i gas che finiscono nell’atmosfera per cui la temperatura “media” della Terra potrebbe aumentare in venti anni fra 2 e 4 gradi Celsius, con catastrofici effetti sul clima futuro. E l’Italia ? Negli anni settanta del secolo scorso, dopo la prima grande crisi energetica, sono stati fatti vari Piani Energetici Nazionali, rivelatisi tutti sbagliati nelle previsioni e nei rimedi suggeriti. Poi nell’ultimo ventennio si è vissuti alla giornata e solo in questo 2012 il governo ha finalmente formulato una Strategia Energetica Nazionale (SEN)(il termine “piano” è stato evitato perché sembra porti sfortuna): i consumi totali di energia dovrebbero restare costanti fino al 2030. Dovrebbero diminuire le importazioni di petrolio da circa 65 a circa 45 milioni di tonnellate all’anno con un aumento dell’estrazione da nostri giacimenti terrestri e sottomarini, da circa 5 a circa 12 milioni di tonnellate all’anno.
Alcuni critici si chiedono se davvero esistano riserve nazionali di questo genere ancora da sfruttare e quali sarebbero gli effetti ambientali. Gli attuali giacimenti italiani di gas naturale si stanno esaurendo: il SEN prevede tuttavia una ripresa della produzione nazionale da nuovi giacimenti, al fianco di ancora rilevanti importazioni. Le importazioni di carbone dovrebbero restare stazionarie intorno a 20 milioni di tonnellate all’anno. La produzione di elettricità dovrebbe restare più o meno costante fino al 2030, fra 300 e 320 miliardi di chilowattora all’anno: dovrebbe raddoppiare la produzione di elettricità dai rifiuti (la moltiplicazione degli inceneritori non è una buona prospettiva) e dovrebbe aumentare molto l’elettricità da impianti fotovoltaici solari. Dovrebbero restare più o meno costanti i consumi energetici finali nell’industria, nelle abitazioni, nei trasporti e dovrebbero diminuire un poco le emissioni annue di gas serra. Come mai si parla così poco di documenti da cui dipendono la vita e il lavoro futuro di tutti noi ?