Il neoministro allo Sviluppo Romani giudica molto probabile la costruzione in Lombardia di “almeno” una delle centrali nucleari previste. Riferisce poi che per convincere le popolazioni ad accettare l’atomo in casa si farà ricorso al “metodo francese”: offrire incentivi ai Comuni che si candidano ad ospitare gli impianti.
La road map del nucleare prosegue, sia pure con qualche ritardo: Umberto Veronesi viene nominato a presidente dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare; la Sogin ha una nuova dirigenza (Giancarlo Aragona è il presidente e Giuseppe Nucci l’amministratore delegato), dopo il commissariamento, durato oltre un anno. La Sogin è la società (100% di proprietà del Tesoro) che nel piano nucleare del governo dovrà occuparsi del Parco Tecnologico, compreso il deposito delle scorie radioattive. Il suo lavoro l’avrebbe già condotta all’individuazione di 52 aree adatte. Una lista finita nel cassetto, in attesa dei criteri che dovrà fissare l’Agenzia Nucleare. La localizzazione delle centrali avverrà dopo i criteri individuati dall’ASN e relativa lista dei siti adatti; dovranno comunque intervenire le Regioni con un loro parere e le “cordate” (Enel-EDF per gli EPR e forse anche E.ON- Gas De Suez per gli AP1000).
In Lombardia un sito radioattivizzabile è fra Cremona e Mantova, ovviamente sul Po. E’ verosimile però che, prima di indicare i siti, la lobby atomica aspetti che si vada a votare sul referendum di Di Pietro (verso giugno 2011). Una iniziativa che reputo un errore tattico. Berlusconi & C. canteranno vittoria dopo il praticamente certo non raggiungimento del quorum. Il referendum in questione potrà essere rinviato di un anno solo da probabili elezioni anticipate il marzo dell’anno prossimo…
La mia posizione è mettere le mani avanti rispetto al risultato chiamandolo “sondaggio”: in Italia il deficit democratico e il monopolio televisivo Mediarai ha abolito di fatto questo istituto di democrazia diretta. Dobbiamo insomma denunciare che partecipiamo ad un gioco truccato…
Un altro punto su cui invito alla riflessione gli attivisti, già convinti della assulta illogicità dei piani atomici, è perchè l’Italia si attacca al carro nucleare francese. La Francia, che è il Paese più nuclearizzato del mondo, ha evidenti interessi ad ammortizzare i suoi pesanti investimenti nucleari che hanno come scopo principale l’arsenale atomico finalizzato alla “Grandeur”. Deve quindi oggi piazzare gli EPR in giro per il mondo.
Per rispondere alla domanda da me proposta, avanzo due ipotesi complementari:
1- Roma ha bisogno che in Europa si chiudano gli occhi rispetto alla voragine del debito pubblico italiano (rischiamo – non è uno scherzo – l’esclusione dall’euro);
2- l’ENEL cerca una occasione di business che ripiani in parte i suoi debiti stratosferici (Pantalone, cioè il contribuente, deve subire un ulteriore salasso per mantenere a galla le società della “razza padrona” ex di Stato).
Per quanto riguarda più specificamente il primo elemento, faccio notare che, a livello UE, anche se Santoro non lo sa, si sta discutento la riforma del patto di stabilità, vale a dire una nuova versione dei “parametri di Maastricht”. L’Italia partecipa al tavolo con una richiesta precisa: “Vanno presi in considerazione anche livello e variazione del debito privato”. Leggo su Il Sole 24 Ore di ieri: “Parigi (come Roma) non solo rifiuta gli automatismi sanzionatori e rigide gabbie numeriche per smantellare gli squilibri nei conti pubblici ma insiste perché sia l’istanza politica – non quella tecnica, ndr – cioé il Consiglio, a prendere le decisioni”. Il fatto che si sia creato un asse franco-italiano contro la Germania su questa vicenda decisiva (da cui dipende la quantità di tutti i tagli nella spesa pubblica, sembra 40 miliardi di euro annui per l’Italia, a prescindere dal colore della maggioranza che governa), a mio modesto parere, ha qualcosa a che vedere con il “favore” che stiamo facendo a Sarkozy acquistando i reattori nucleari francesi…
Oggi, sempre su Il Sole 24 Ore, apprendiamo che al Lussemburgo è stato siglato un accordo politico quadro sulla riforma del patto di stabilità, che Tremonti giudica “molto buono”. “I ministri finanziari dell’Eurogruppo ieri hanno negoziato per ben 13 ore ininterrotte mediando tra gli opposti estremismi del partito tedesco (sostenuto da nordici, Repubblica Ceca e Slovacchia) deciso a imporre una rigidissima camicia di forza ai renitenti a un eccesso di disciplina. E del partito mediterraneo, guidato da Francia e Italia (appoggiato da Belgio, Spagna, Portogallo e Grecia), altrettanto deciso a respingere il modello del rigore inflessibile e tutto matematico”. Tutta questa complessa partita dovrebbe chiudersi nel 2013 con l’approvazione di emendamenti ai Trattati UE.
Nei piani per il rilancio del nucleare in Italia questa volta, diversamente che nel passato, vedo oggi, a conti fatti, una motivazione economica prevalente rispetto alle esigenze geopolitiche (anche se l’economia va interpretata non solo come produzione di profitto, ma più complessamente, come fattore di potenza). Riporto, infine, la notizia delle dichiarazioni di Romani come l’ha data “Repubblica”. La “Green Economy” è un treno che il nucleare rischia di farci perdere, ma come “Energia Felice” indicherei piuttosto un obiettivo di “Buenvivir”, che prenda atto in modo radicale dell’insostenibilità politica e sociale dell’attuale modello di crescita.
Senza tema di apparire “catastrofista”, credo infatti che occorra dire al popolo la verità “rivoluzionaria”: se non invertiamo la rotta è a rischio la sopravvivenza della nostra specie sul Pianeta…
Ricordo, per discutere ed approfondire anche queste considerazioni, la giornata di formazione per il Comitato Energia Felice prevista per il giorno mercoledi 27 ottobre presso la sala del Consiglio Regionale della Lombardia (via Fabio Filzi, 29 – 20124 Milano).
Alfonso Navarra, obiettore alle spese militari e nucleari, Coordinamento Energia Felice
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LEGAMBIENTE
Il Ministro Paolo Romani e una o due centrali nucleari in Lombardia? Un “distretto nucleare” nel nord milanese?
Penso che mentre tutta Europa scatena la gara a vantaggio dell’efficienza energetica e delle rinnovabile, con lo scopo di sostituire progressivamente tutte le centrali a petrolio e nucleare, Berlusconi sia rimasto legato ai miti del secolo scorso.
Mentre si promettono qualche migliaia di posti di lavoro (2 mila per ogni centrale nucleare in costruzione) si dimentica che le rinnovabili occupano oggi in Italia 80.000 professionisti, tecnici e operai. 20 mila di questi nella sola Regione Lombardia.
Il nucleare ci fa perdere la corsa nella green economy!
Andrea Poggio, vicedirettore generale Legambiente onlus
Non condivido per niente l’affermazione contenuta nell’articolo per cui il referendum è un errore tattico e nemmeno il fatto che si dà per certo il non raggiungimento del quorum.
Il referendum, lo ricordo è l’unico strumento che può bloccare la costruzione di centrali nucleari. Certamente non lo è la legge di iniziativa popolare che, come tutte le leggi di questo genere, finiscono nel cassetto.
Per questo ritengo che l’impegno dovrebbe essere massimo per vincere il referendum ed a questo impegno dovrebbero essere chiamate anche quelle forze politiche (Pd in particolare)che hanno assunto posizioni contradditorie e rinunciatarie.
Se non erro, nei referendum è dal 1995, quindi da ben 15 anni, che non viene raggiunto più il quorum.
Bisogna vedere perchè sul nucleare questa situazione dovrebbe essere ribaltata: sarebbe, credo, un vero miracolo!
Non mi risulta che il quadro del circuito informativo sia migliorato rispetto a 15 anni fa, anzi…
L’opinione pubblica è forse più interessata al tema nucleare rispetto, che so, alla fecondazione assistita?
Siamo andati, con la Carovana antinucleare, a toccare con mano, ad es.la situazione di Montalto.
Nonostante la visita fisica dei dirigenti di Areva e la dichiarazione del CEO di Westinghouse, anche egli in visita a Roma (“Montalto è il posto più adatto per impiantarvi un reattore e noi siamo pronti per installare un AP1000 all’interno della vecchia centrale: è tecnicamente possibile”), abbiamo trovato una popolazione in tutti altri pensieri affaccendata.
E se questo succede a Montalto, il luogo in cui DI SICURO verrà installato un nuovo impianto nucleare, figuriamoci quale è il clima nel resto di Italia!
L’eurobarometro divide l’opinione degli italiani in 3 blocchi: circa 1/3 contrario al nucleare, circa 1/3 favorevole; poi c’è 1/3 indeciso che comunque passerebbe in maggioranza all’opposizione non appena gli venisse detto che la centrale gli verrà costruita sul proprio territorio.
L’intelligenza tattica – a mio parere – avrebbe dovuto aspettare, per proporre una iniziativa referendaria, almeno quel momento dell’iter in cui i siti “papabili” vengono resi pubblici dalla nuova Agenzia di Veronesi. E vengono contemporaneamente tirate fuori dal cassetto Sogin le 52 località per il deposito.
La gente avrebbe allora capito che il nucleare non è “chiacchiere da bar” (come ritiene oggi prevalentemente persino l’area degli attivisti ecopacifisti) ma un pericolo concreto; e molti indecisi si sarebbero incazzati e sarebbero passati al nostro campo.
Fermo restando che, sempre secondo l’Eurobarometro, i 4/5 degli italiani ritiene la questione nucleare complessissima: non si sente all’altezza, come livello minimo di competenza, di occuparsene in prima persona, tenderebbe a delegare agli esperti.
Chernobyl, vale a dire la grande catastrofe “fumante”, è lontana…
Questo lo osserviamo anche quando raccogliamo le firme sulla LIP: l’adesione non passa liscia, come invece è successo per l’iniziativa sull’acqua pubblica.
Un ultima osservazione mi permetto di farla. Il referendum, per fortuna, non è l’unico strumento in mano popolare per bloccare una o più Grandi Opere.
Esiste anche l’azione diretta sostenuta da un’ampia ed unitaria mobilitazione popolare, come ha dimostrato Scanzano nel 2003 e come continua a dimostrare oggi la Val di Susa…
Da questo punto di vista sottolineo l’importanza di costruire una rete italiana ed europea di Nukewatching (vigilanza antiscorie).