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Energie rinnovabili: si allontanano gli obiettivi al 2030?

Birol (Iea): «Contributi ai combustibili fossili nemico pubblico numero uno della la lotta al cambiamento climatico»

 

 

Negli ultimi 10 anni la quota delle fonti rinnovabili nel mix energetico mondiale è aumentata di più del 15%, ma aumentano i dubbi sulle possibilità di raggiungere a livello mondiale l’obiettivo del 30% entro il 2030. A dirlo è il Ren21 Renewables global report futures (Gfr), presentato al World future energy summit 2013 (Wfes) di Abu Dhabi.

Il rapporto, che integra il  Renewables Global status report del Renewable energy policy Network for the 21st century (Ren21) è stato realizzato insieme all’Institute for sustainable energy policies (Isep) giapponese  e sottolinea che «I combustibili fossili rappresentano ancora l’80% consumo energetico mondiale, minacciando gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra che sono responsabili del global warming».

Intervenendo al Wfes la segretaria esecutiva della United Nations framework convention on climate change (Unfccc), Christina Figueres, ha ricordato che «Il passaggio verso l’energia low carbon è iniziato, ma non sta avvenendo al livello od alla velocità necessari».

Il segretario generale dell’ International renewable energy agency (Irena), Adnan Amin ha detto ai delegati di Abu Dhabi riferendosi al Piano d’azione presentato dall’Irena il 14 gennaio: «Se non si fa nulla, avremo un 9% di gap sul target 2030. Dobbiamo e possiamo colmare questa lacuna».

Il rapporto di Ren21 ed Isep si basa su interviste con 170 specialisti di alto livello, presenta 50 scenari sull’utilizzo futuro delle energie rinnovabili. Secondo l’Outlook for Energy A view to 2040 di Exxon Mobil (che non ha nessuna simpatia per le energie pulite), nel 2040  la quota dell’energia rinnovabile nella produzione di elettricità dovrebbe attestarsi ad un misero 16%; per il Bp energy outlook 2030, fra 17 anni la quota delle rinnovabili sarà al 25%, mentre dei rapporti Iea la portano al 31-48% nel 2035 ed Energy (R)evolution di Greenpeace già al 65% nel 2030.

La proiezione più prudente contenuta nel Gfr Ren 21 è che entro il 2050 la quota delle energie rinnovabili non superi il 20%. Altre proiezioni portano questa quota tra il 30 e il 45%, quelle più ottimiste vanno dal 57% – 71% dell’Iea energy tecnology perspective al 94% di Energy (R)evolution di Greenpeace, al 100% dell’Ecofys energy scenario del Wwf.

Secondo il Gfr dell’agenzia globale parigina Ren21, «L’energia rinnovabile rappresenta oggi circa il 17 – 18% del mix energetico mondiale. I combustibili fossili – petrolio, gas naturale e carbone – contano ancora per un enorme 80%, mentre l’energia nucleare per circa il 2 o 3%». La buona notizia è che il nucleare varrebbe quasi la metà di quanto affermavano alcune stime precedenti, la cattiva è che gli idrocarburi la fanno ancora da padroni.

Quello che è certo è che, attualmente, le fonti rinnovabili rappresentano almeno il 20% del mix energetico in almeno 30 Paesi e che circa 120 Paesi del mondo si sono dati obiettivi politici per incrementare la produzione ed il consumo di energie rinnovabili.

Secondo l’ultimo rapporto Bloomberg New Energy Finance, nel 2012 gli investimenti nelle energie rinnovabili sono calati dell’11% a 268 miliardi di dollari. Nel 2011 avevano raggiunto i 302 miliardi dollari, con un aumento di oltre il 30% rispetto al 2010.  Anche per questo Fatih Birol, economista capo e direttore global energy economics dell’International energy agency (Iea) ha detto ad Abu Dhabi: «Non sono ottimista sul fatto che gli obiettivi del 2030 saranno raggiunti. Ho molti punti interrogativi. Il prezzo medio del petrolio nel 2012 è stato di 112 dollari al barile, uno dei livelli più alti di tutti i tempi, ma i contributi ai combustibili fossili sono il nemico pubblico numero uno della la lotta al cambiamento climatico. I contributi ai combustibili fossili nel 2011 hanno raggiunto i 523 miliardi dollari, in crescita di oltre il 30% rispetto all’anno precedente. Questo rende i combustibili fossili a buon mercato e ne incoraggia, piuttosto che scoraggiarne, l’uso. Abbiamo sicuramente bisogno di energie rinnovabili, ma se non abbiamo un quadro affidabile che renda gli investimenti nelle energie rinnovabili redditizi, non raggiungeremo l’obiettivo».

Come dar torto al presidente francese François Hollande che, aprendo il Wfes negli Emirati Arabi Uniti ha detto «Se non spendiamo… avremo una catastrofe»?

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Qualche domanda ai partiti sull’energia

Il Coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) ha inviato ai partiti politici che si presenteranno alle prossime elezioni un articolato position paper, che pubblichiamo di seguito, sulla Strategia Energetica Nazionale e sullo sviluppo del settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, costituito da 15 tematiche per le quali viene richiesta una risposta o una condivisione. Il Coordinamento FREE raccoglie in qualità di Soci più di venti Associazioni che rappresentano questi settori, oltre a un ampio ventaglio di Enti e Associazioni che hanno chiesto di aderire come ‘sostenitori’ (senza ruoli decisionali).

Tra le proposte/richieste di FREE, la creazione di un Tavolo permanente di confronto con gli stakeholder, l’introduzione di una carbon tax, un’azione per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. Richieste di principio ma anche di carattere tecnico, a una politica che, tranne qualche eccezione, non mette ancora al centro la questione energetico-ambientale e un serio ripensamento della politica industriale del Paese.

I politici dovrebbero fare uno sforzo per uscire dal pensiero unico e di breve periodo che li attanaglia e li rende mediocri nella loro azione, ponendosi almeno un quesito chiave: come dovremmo vivere e cosa dovremmo consumare e produrre tra 20 o 30 anni? Già provare a dare una risposta a questa domanda sarebbe un modo per capire qual è il modello di società che hanno in mente, e che ha precise implicazioni anche per il presente. Questa si chiamerebbe … “Politica”.

Coordinamento FREE: alcune domande alle forze politiche – Versione pdf

La Strategia Energetica Nazionale (SEN), messa a punto dal governo Monti, va rivisitata assumendo il 2030 come obiettivo di riferimento per la decarbonizzazione, obiettivi di incremento dell’efficienza energetica e di apporto delle fonti energetiche rinnovabili, che attivino un mercato e un sistema produttivo competitivi e siano coerenti con le indicazioni contenute nelle roadmap europee: consumi che nel 2030 dovranno essere ridotti del 15% rispetto gli attuali e con le energie verdi in grado di coprire il 30% dei consumi (e arrivare al 50-75% nel 2050), da cui far discendere il dimensionamento degli altri obiettivi e la scelta degli strumenti a ciò funzionali.

D 1 – Concordate con questa impostazione?

Relativamente agli obiettivi di efficienza energetica e di sviluppo delle rinnovabili, proponiamo che il ministero costituisca al proprio interno un Tavolo permanente di confronto con gli stakeholder, con il compito, per tali settori, di verificare il grado di attuazione della Strategia Energetica, di discutere proposte di misure ad hoc e, una volta adottate, di verificarne l’efficacia. Tra queste è prioritario esaminare la condizioni per creare una governance forte, fra cui l’opportunità di accentrare in un solo ministero (che potrebbe essere il ministero dell’energia e dei cambiamenti climatici) tutte le competenze e le funzioni in materia energetica e delle correlate implicazioni ambientali.

D 2 – Siete disponibili a livello parlamentare e, se parte della maggioranza, a livello governativo, a sostenere prima e ad approvare poi le proposte in premessa a questa domanda?

Strumenti di valenza generale, coerenti sia con un’economia di mercato, sia con gli obiettivi prioritari da noi proposti, sono l’introduzione, a fiscalità complessiva inalterata, della carbon tax, prevista dalla proposta di Direttiva europea – COM (2011) 169 – a cui faceva riferimento l’articolo 14 del disegno di legge di delega sulla riforma fiscale del governo Monti, e l’abolizione di qualsiasi forma di incentivazione ancora assegnata nel nostro Paese alle fonti fossili.

Le uniche eccezioni riguardano quelle tecnologie e quei settori che in questa fase di transizione utilizzano in modo più efficiente le fonti fossili e contribuiscono fattivamente alla riduzione dei consumi e alla de-carbonizzazione.

D 3 – Concordate sulla priorità da assegnare all’approvazione di un ddl fiscale che introduca la carbon tax e preveda una graduale uscita dal sistema dei benefici fiscali, diretti e indiretti, a favore delle fonti fossili?

Perché gli obiettivi di incremento dell’efficienza energetica e dell’apporto delle rinnovabili massimizzino le ricadute produttive e occupazionali, è necessario destinare risorse adeguate alla R&S e all’innovazione nelle industrie e nei servizi.

D 4 – Siete disponibile, spostando su altri obiettivi le voci a ciò destinate nei bilanci degli enti pubblici di ricerca, ad affiancare alla voce A5 della bolletta elettrica, che finanzia la ricerca di sistema, una voce di peso metà, per finanziare la R&S relativa all’efficienza e alle rinnovabili elettriche (riducendo però le altre componenti, al fine di non aumentare il valore complessivo), e a introdurre nella bolletta del gas una voce percentuale che porti a un ammontare annuo identico per finanziare la R&S relativa all’efficienza e alle rinnovabili termiche? Concordate che un provvedimento analogo va adottato per benzina e gasolio, con il ricavato da destinare alla R&S sui biocarburanti di seconda e terza generazione?

Siete disponibili a utilizzare, per finanziare la R&S, una percentuale significativa dei proventi incamerati dal Governo a seguito della vendita alle aste delle quote di CO2 (periodo 2013-2020, direttiva EU ETS)?

Concordate sulla necessità di istituire un fondo di rotazione ad hoc per l’innovazione nelle industrie e nei servizi attivi nei comparti efficienza energetica e rinnovabili?

Nel settore civile (35% dei consumi finali), più della metà delle costruzioni presenta consumi tripli rispetto a quelli previsti dalle attuali normative per i nuovi edifici e miglioramenti dell’efficienza sono possibili anche sul versante dei consumi elettrici.

D 5 – Siete disponibili ad approvare immediatamente un provvedimento che per l’edilizia nuova o soggetta a ristrutturazioni rilevanti, sia essa pubblica o privata, anticipi allo 01.01.2016 l’adozione della Direttiva 2010/31/UE sui “quasi zero energy building”, come già deciso nel Regno Unito? Siete conseguentemente favorevoli ad aumentare i valori e ad accelerare le scadenze degli obblighi per i nuovi edifici o gli edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, previsti nell’Allegato 3 del Decreto Legislativo 28/2011? Nel recepimento della Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica accettate di estendere l’obbligo della riqualificazione energetica annua del 3% oltre che per gli edifici pubblici dello Stato,  anche per quelli delle Regioni e degli Enti Locali?

Intendete inoltre sostenere la proposta di rendere stabili al 50% le detrazioni fiscali, riportandone però la spalmatura a 5 anni, e di estenderle (ridotte al 40%) anche alle ristrutturazioni di edifici adibiti ad attività industriali o terziarie, e di introdurre un’analoga detrazione del 10% per gli acquisti di elettrodomestici, limitatamente a quelli della classe più alta?

Per gli interventi di efficientamento energetico nelle industrie, nel residenziale, nel terziario, nell’agricoltura vi è largo spazio per la cogenerazione/trigenerazione, per il recupero termico e per motori elettrici più efficienti. Le modifiche introdotte al meccanismo dei Certificati Bianchi a fine 2011, purché rese più incisive in termini di obiettivi e di riconoscimenti economici, potrebbero garantire un adeguato sviluppo degli interventi di efficientamento, purché gli audit energetici abbiano la necessaria diffusione, soprattutto nelle PMI, condizione oggi lungi dall’essere realizzata.

D 6 – Siete d’accordo che, oltre ad assegnare ai Certificati Bianchi obiettivi più incisivi e riconoscimenti economici maggiori, le PMI possano detrarre fiscalmente il costo degli audit energetici, a condizione che questi siano effettuati da ESCO iscritte, previa qualifica, in un apposito Albo?

Un contributo trasversale alla crescita dell’efficienza energetica può venire dalle azioni del governo italiano a livello comunitario per l’approvazione di normative più stringenti e/o dei tempi per la loro entrata in vigore, riguardanti componenti e sistemi relativi alla produzione e al consumo sia elettrico che termico, nonché al trasporto pubblico e privato. Visto che la “rivoluzione energetica” va affiancata ad una “rivoluzione culturale” sarebbe opportuno, per accrescere l’efficienza energetica e l’energia da fonti rinnovabili , prevedere risorse per attività didattiche nelle scuole o campagne di informazione attraverso i mass media.

D 7 – Siete disponibili a livello parlamentare e, se parte della maggioranza, a livello governativo, a sostenere le suddette azioni da parte del Governo a livello comunitario?

Prioritarie sono tutte le misure volte a facilitare, accelerandolo, il percorso verso la competitività delle fonti rinnovabili, in modo da rendere sempre più residuali i meccanismi di incentivazione. Vanno quindi eliminate innanzi tutto le pastoie normative e amministrative, che oggi come oggi rappresentano costi aggiuntivi.

D 8 – Siete d’accordo sulla necessità di abrogare immediatamente i meccanismi del registro per i piccoli impianti e, per i grandi, delle aste, che hanno dimostrato di non funzionare adeguatamente?

Siete d’accordo nell’avviare un percorso che porti a sostituire i meccanismi attuali di incentivazione con strumenti fiscali incisivi e meccanismi di sostegno sul capitale, anche con fondi rotativi?

L’anno appena concluso ha messo in evidenza una debolezza procedurale in termini di chiarezza soprattutto, ad esempio, legato al tema della definizione di entrata in esercizio; servirà, in relazione a questo, una attenta valutazione delle procedure appena conclusesi con la fine del 2012 onde evitare che impianti realizzati con ingenti investimenti non accedano agli incentivi a causa di mere formalità. Più in generale, le procedure autorizzative vanno riviste alla luce di un principio generale: la produzione energetica con le rinnovabili è funzionale al contrasto del cambiamento climatico, obiettivo considerato prioritario a livello delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea. Di conseguenza, pur nel quadro delle normative per la salvaguardia ambientale e per la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, la valenza positiva ai fini del cambiamento climatico deve portare a un’ulteriore semplificazione delle procedure e delle norme attualmente in vigore, sia per gli impianti nuovi, sia per i rifacimenti di quelli esistenti.

Domanda 9 – Siete d’accordo che la revisione delle procedure amministrative dovrebbe essere uno dei temi da portare prioritariamente al Tavolo permanente di confronto da noi proposto?

La Strategia Energetica qui definita è pienamente realizzabile solo creando le condizioni per il massimo sviluppo: a) della produzione decentrata di energia; b) di criteri operativi che risolvano in modo non penalizzante la produzione da fonti rinnovabili non programmabili.

Per quanto concerne il punto a), la normativa esistente contiene misure che favoriscono l’autoconsumo vero e proprio e una forma virtuale di autoconsumo (il cosiddetto scambio sul posto) per impianti di potenza fino a 200 kW, misura che sarebbe opportuno estendere fino ad almeno 1 MW, mentre di recente l’AEEG ha avanzato proposte che viceversa penalizzerebbero lo scambio sul posto. Inoltre, due norme, approvate per rendere possibile la vendita diretta di energia a consumatori diversi dal proprietario di un impianto alimentato da rinnovabili, la prima, denominata Servizio Efficiente di Utenza (SEU) è da tempi in attesa che l’AEEG emani i relativi criteri di applicazione, mentre la seconda, ancora più favorevole, denominata Sistemi di Auto Approvvigionamento Energetico (SAAE) è stata recentemente oggetto di una delibera avversa del TAR del Lazio.

Per il punto b), l’AEEG ha approvato una delibera, che prevede oneri per il bilanciamento con altre fonti della produzione non programmabile, non solo penalizzante in modo ingiustificato, ma addirittura retroattivo. Viceversa, è tecnicamente possibile incaricare Terna (per la rete di trasmissione) e gli operatori delle reti di distribuzione, ciascuno per gli impianti a generazione non programmabile ad esso afferenti, di gestire in modo integrato tali impianti in modo da ridurre drasticamente l’aleatorietà della loro produzione.

Domanda 10 – Siete d’accordo nel proporre l’estensione dello scambio sul posto fino a 1 MW, senza introduzione di misure che lo penalizzino, di sollecitare l’AEEG a varare il provvedimento per rendere operativo il SEU e, nel caso in cui diventasse definitiva la sentenza del TAR del Lazio avversa ai SAAE, di rivedere il provvedimento per tenere conto dei rilievi sollevati dalla giustizia amministrativa?

Concordate che il problema del bilanciamento delle produzioni energetiche non programmabili va affrontato e risolto senza indebite penalizzazioni di tali produzioni, tenendo conto dei limiti oggettivi della tecnologia adottata, e comunque evitando ogni retroattività della norma?

Più in generale, concordate con un impegno di regolazione integrata mirato a raggiungere gli obiettivi per un minore costo dell’energia e la riduzione delle emissioni?

Le bioenergie, cioè quelle direttamente correlate alla sfera biologica e al suolo agro-forestale possono portare un contributo rilevante alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Per garantire una evoluzione sostenibile del settore sono necessarie politiche di sviluppo che siano definite a partire dal contesto, dal territorio e le sue risorse naturali, ambientali, economiche e sociali.  L’approccio integrato è quello che meglio esprime le potenzialità agroenergetiche perché valorizza adeguatamente i sottoprodotti, le colture da integrazione, contribuisce ad una gestione sostenibile ed efficiente del patrimonio agricolo, zootecnico e forestale ed inoltre crea benefici per le comunità locali e al sistema produttivo.

La bioenergia è una fondamentale fonte di carbonio rinnovabile utile per una maggiore sostenibilità delle pratiche agricole. Attraverso una sua larga adozione nelle imprese agricole le bioenergie possono contribuire ad una riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili ed ad una riduzione delle emissioni di gas climalteranti in agricoltura.

In questo quadro è necessario adottare misure per:

  • favorire i processi di miglioramento della efficienza delle tecnologie e dei processi di conversione energetica;
  • sviluppare la qualità e certificazione dei biocombustibili e più in generale delle bioenergie con particolare riferimento all’efficienza nell’utilizzo del suolo e nella riduzione delle emissioni di gas climalteranti;
  • favorire l’utilizzo di biomasse di integrazione atte a ridurre l’efficienza nell’utilizzo del suolo agricolo quali i sottoprodotti agricoli, forestali e agroalimentari, colture energetiche in rotazione con colture alimentari, colture su terreni marginali, sottoprodotti delle bioraffinerie;
  • finanziare il piano quadro “Foresta- Legno” approvato dal MIPAAF per potenziare la gestione forestale sostenibile e la produzione di biomasse in chiave sinergica tra le varie destinazioni finali possibili;incoraggiare la forestazione urbana per le positive implicazioni energetiche e sociali;
  • prevedere per il settore forestale e l’arboricoltura da legno un sistema di incentivi basato sulla contabilizzazione degli assorbimenti di CO2;
  • favorire lo sviluppo delle tecnologie di produzione di biocarburanti di seconda generazione.

Va inoltre intrapresa una azione per promuovere la professionalità degli operatori del settore forestale.

D 11 – Se farete parte del Governo, vi impegnerete a presentare al Tavolo permanente di confronto proposte concrete per la soluzione ottimale di quanto sopra indicato, da tradurre poi in opportuni provvedimenti da presentare al Parlamento? Se all’opposizione, sarete disposti ad approvarli?

L’energia termica rappresenta di gran lunga la prima tipologia energetica utilizzata degli italiani con il 45% nei consumi finali. Il recentissimo decreto che ha finalmente avviato il “conto termico “ costituisce indubbiamente una significativa iniziativa per la promozione di energia termica da fonti rinnovabili. Tuttavia dopo una necessaria fase di start up sarà necessario verificare se le misure adottate saranno sufficienti ed efficaci per il raggiungimento degli obiettivi, con particolare riferimento all’efficienza energetica in edilizia e alla considerazione della stagione estiva, vera sfida per il futuro che vede il nostro Paese leader in Europa.

Domanda 12 – Vi impegnate a sostenere lo sviluppo dell’energia termica da fonti rinnovabili e se sarà necessario ad adeguare misure e stanziamenti previsti dal Decreto 28 Dicembre 2012 per questo scopo?

È ormai urgente introdurre misure atte a garantire l’adeguamento delle reti energetiche agli obiettivi previsti per le rinnovabili e più in generale per la generazione distribuita.

Per quanto concerne il settore elettrico, va perseguito un potenziamento sia quantitativo (obiettivo prevalente per la rete di trasmissione), sia qualitativo (prevalente per le reti di distribuzione, che devono diventare smart). Mentre le misure per i potenziamenti quantitativi sono già previsti negli attuali meccanismi tariffari, per lo sviluppo delle smart grid occorre introdurre nelle tariffe per le reti di distribuzione una voce che consenta ai distributori elettrici di finanziare i relativi investimenti.

Non solo, anche le reti del gas vanno rese smart, e vanno approvate  le misure di incentivazione del biometano immesso in rete,  già previste dall’art. 21 del D.Lgs. 28/2011.

D 13 – Siete disponibili a livello parlamentare a impegnare il Governo e, se parte della maggioranza, a far approvare dal Governo l’indirizzo all’AEEG di modificare le tariffe per le reti di distribuzione elettriche e gas, introducendo una voce finalizzata al finanziamento degli investimenti per la loro trasformazione in smart grid?

Siete disponibili a chiedere l’immediata attuazione di quanto previsto per il biometano dall’art. 21 del D.Lgs. 28/2011?

Nel settore del calore, oltre a potenziare le reti di teleriscaldamento esistenti, ne vanno realizzate altre, con l’obiettivo di passare dall’attuale 4% circa di calore servito da teleriscaldamento al 20% al 2020. Altrettanto va fatto per la cogenerazione ad alto rendimento, lontana dagli obiettivi del Piano d’Azione Italiano per l’Efficienza Enwergetica (72 TWh/a al 2020), la cui penetrazione non dovrà essere solo abbinata al teleriscaldamento. In parallelo vanno introdotte quote minime obbligatorie di utilizzo di calore da rinnovabili, crescenti nel tempo, fino a raggiungere il 30% nel 2030. Gli investimenti per recuperi di calore da processi industriali, incluso l’utilizzo per teleriscaldamento, devono poter accedere a finanziamenti agevolati per alleggerire gli elevati costi iniziali di installazione.

Le reti di distribuzione del gas dovranno favorire l’integrazione di una quota crescente di biometano, dando immediata attuazione a quanto già disposto dal Decreto legislativo 28/2011.

È infine urgente varare il fondo di garanzia per il teleriscaldamento, previsto dall’ Art. 22 del D. Lgsl. 28/2001

D 14 – Siete d’accordo nell’appoggiare questi obiettivi?

In una Strategia Energetica con il 2030 come riferimento temporale, vanno elaborate proposte specifiche, finalizzate a uno sviluppo sinergico della mobilità elettrica e di quella tradizionale, alimentata in misura crescente con biocarburanti e biometano. La predisposizione sin d’ora di un percorso che, per la maggior parte, troverà attuazione nel prossimi decennio, è essenziale affinché il programma di ristrutturazione del sistema di raffinazione, previsto dalla SEN (e comunque imposto dalla crisi del settore), non riproduca una overcapacity analoga a quella dei cicli combinati, e sia viceversa orientato a incorporare progressivamente processi di bioraffinazione.

Domanda 15 – Concordate sulla necessità di avviare immediatamente su queste tematiche un confronto congiunto con le imprese attive nella raffinazione e colTavolo permanente di confronto da noi proposto?

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Consuma, consuma… e il Pianeta finisce presto

di Giorgio Nebbia

Come in tutti i periodi di crisi e di grandi mutamenti economici e sociali tutti cercano di formulare previsioni: i governi, le imprese (che cercano di capire che cosa e come produrre), le banche (che sono preoccupate per i soldi che dovranno prestare a governi e imprese), le compagnie di assicurazioni (preoccupate per i soldi che dovranno versare per risarcire catastrofi e errori). Così da alcuni anni a questa parte si moltiplicano le previsioni dei consumi e fabbisogni energetici, dal momento che tutti i fenomeni economici richiedono energia: per produrre acciaio, per scaldare le case, per far camminare le automobili, per ottenere patate e grano, eccetera. Le previsioni sono in genere estese a periodi fra il 2025 e il 2035, più in la ben pochi si azzardano ad andare. Tutti più o meno concordano nel fatto che la popolazione umana aumenterà dagli attuali 7000 milioni di persone a un numero intorno a 8500 milioni di persone verso il 2030.

Queste persone avranno bisogno di varie cose irrinunciabili: alimenti, prima di tutto, metalli, cemento, acqua e inevitabilmente produrranno crescenti quantità di rifiuti. Le previsioni concordano su un crescente fabbisogno di energia e si tratta piuttosto di immaginare da dove trarla. La richiesta annua di energia oggi, 2012, si aggira nel mondo intorno a circa 12.000 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep), un valore che corrisponde all’energia “contenuta” in circa 4300 milioni di tonnellate di petrolio, più circa 5000 milioni di tonnellate di carbone, più circa 3000 miliardi di metri cubi di gas naturale, più l’elettricità fornita dalle centrali idroelettriche e nucleari e da un po’ di fonti rinnovabili. Le previsioni per il 2030 si aggirano intorno ad un fabbisogno di 16.000 milioni di tep all’anno. Le miniere di carbone contengono ancora riserve abbastanza grandi di questo combustibile fossile solido, ma la sua estrazione è pericolosa e il suo uso inquinante, anche se è quello che costa meno, per unità di energia fornita, tanto che il suo uso sembra destinato ad aumentare.
Peggiore è la situazione del petrolio, l’unico che fornisce i carburanti liquidi indispensabili per tenere in moto i novecento milioni di autoveicoli di oggi che diventeranno oltre 1500 milioni nel 2030. I grandi giacimenti mondiali di petrolio si stanno più o meno rapidamente impoverendo. Per soddisfare una crescente richiesta mondiale di petrolio, stimata di circa 5000 milioni di tep all’anno nel 2030, le previsioni contano sui giacimenti sottomarini a profondità sempre maggiori e in mari sempre più profondi e sulle tecniche, peraltro molto inquinanti, che permettono di estrarre il petrolio dalle rocce e sabbie che ne sono impregnate nel sottosuolo; alcuni prevedono che, sfruttando queste difficili risorse petrolifere, gli Stati Uniti potrebbero soddisfare i propri crescenti fabbisogni e addirittura diventare esportatori di petrolio. Le promesse dell’energia nucleare sembrano definitivamente svanite; un poco potrebbe aumentare l’elettricità ottenuta da grandi centrali che utilizzano il moto delle acque; qualcosa potrà venire dal Sole e dal vento.
L’uso di tutta questa energia farà aumentare i gas che finiscono nell’atmosfera per cui la temperatura “media” della Terra potrebbe aumentare in venti anni fra 2 e 4 gradi Celsius, con catastrofici effetti sul clima futuro. E l’Italia ? Negli anni settanta del secolo scorso, dopo la prima grande crisi energetica, sono stati fatti vari Piani Energetici Nazionali, rivelatisi tutti sbagliati nelle previsioni e nei rimedi suggeriti. Poi nell’ultimo ventennio si è vissuti alla giornata e solo in questo 2012 il governo ha finalmente formulato una Strategia Energetica Nazionale (SEN)(il termine “piano” è stato evitato perché sembra porti sfortuna): i consumi totali di energia dovrebbero restare costanti fino al 2030. Dovrebbero diminuire le importazioni di petrolio da circa 65 a circa 45 milioni di tonnellate all’anno con un aumento dell’estrazione da nostri giacimenti terrestri e sottomarini, da circa 5 a circa 12 milioni di tonnellate all’anno.
Alcuni critici si chiedono se davvero esistano riserve nazionali di questo genere ancora da sfruttare e quali sarebbero gli effetti ambientali. Gli attuali giacimenti italiani di gas naturale si stanno esaurendo: il SEN prevede tuttavia una ripresa della produzione nazionale da nuovi giacimenti, al fianco di ancora rilevanti importazioni. Le importazioni di carbone dovrebbero restare stazionarie intorno a 20 milioni di tonnellate all’anno. La produzione di elettricità dovrebbe restare più o meno costante fino al 2030, fra 300 e 320 miliardi di chilowattora all’anno: dovrebbe raddoppiare la produzione di elettricità dai rifiuti (la moltiplicazione degli inceneritori non è una buona prospettiva) e dovrebbe aumentare molto l’elettricità da impianti fotovoltaici solari. Dovrebbero restare più o meno costanti i consumi energetici finali nell’industria, nelle abitazioni, nei trasporti e dovrebbero diminuire un poco le emissioni annue di gas serra. Come mai si parla così poco di documenti da cui dipendono la vita e il lavoro futuro di tutti noi ?
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No ai sussidi per le centrali a combustibili fossili

Con il Decreto sviluppo, LEGGE 7 agosto 2012 , n. 134 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese. Pubblicato sulla GU n. 187 del 11-8-2012) all’art. 34 comma 7 bis è stato introdotto un meccanismo di incentivazione alla produzione di energia elettrica mediante fonti fossili, già definito “capacity payment”.
Il meccanismo, su cui doveva esprimersi l’autorità per l’energia elettrica ed il gas entro 90 giorni, mira a remunerare la capacità di generazione elettrica da fonti fossili installata, a fronte di un calo della domanda interna di energia elettrica e a causa della crescita della produzione di elettricità da rinnovabili.
La motivazione sarebbe quella di remunerare un presunto servizio di “flessibilità” garantito dalle centrali convenzionali, in realtà è contestato dal settore fotovoltaico e da varie associazioni non solo in quanto sottrae denaro pubblico alle rinnovabili ed al risparmio energetico, ma anche in quanto costituisce un indebito sussidio a investitori privati del settore energetico.
La causa principale di questa situazione risiede nella sovraccapacità elettrica italiana ( abbiamo una potenza elettrica installata doppia rispetto al fabbisogno di punta), determinatasi per cause derivanti da politiche industriali errate da parte delle SPA del settore, che hanno previsto una crescita continua dei consumi e che ora vorrebbero far pagare le proprie scelte industriali errate ai cittadini e alle aziende clienti con un nuovo onere in bolletta.

 

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