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Diciamo la nostra sul ritorno al petrolio – un appello di Mario Agostinelli e dell’associazione Energia Felice

Care/i, il governo vara nientemeno che un piano energetico nazionale (l’ultimo era del 1988). Udite, udite!: ci sarà una consultazione online per fare osservazioni al documento che il governo ha messo sul web. peccato che non ci sia procedura pubblica, nè la possibilità di mettere in discussione il ritorno a petrolio, l’estensione del gas, la marginalità delle rinnovabili. E se provassimo a inondare il sito del ministero di Passera con osservazioni critiche, che facciamo girare tra noi e che potreste rendere visibili su www.energiafelice.it, indirizzandole a info@energiafelice.it?

Prendiamo sul serio la consultazione sul piano energetico di Passera-Monti? 

Sotto l’alto patronato di Giorgio Napolitano, l’“agenda Monti” transita, senza manifesti segni di irritazione dei candidati alle primarie di Primavera, dagli interventi d’emergenza per un Paese sull’orlo del baratro al disegno organico di un futuro stabilizzato nel segno dell’ingiustizia sociale e della definitiva rimozione della questione climatica. L’intenzione del premier “tecnico” è politicamente meditata: nelle more di un tempo necessariamente a scadenza, con una democrazia sospesa, un Parlamento esautorato e un’opinione pubblica concentrata ora sullo spread, ora sulla endemica corruzione degli amministratori, occorre dar corso alle ricette liberiste in tutti i campi possibili , così da marchiare irreversibilmente la modernizzazione del Paese, a dispetto dei programmi (se ce ne sono) dei suoi eventuali contendenti (se ce ne sono). Monti per sempre, insomma, anche quando questo moderno Cincinnato tornerà alle sue incombenze di ascoltato consigliere dei poteri finanziari che hanno mutato il volto dell’Europa sociale.

Il piano Passera per l’energia, messo sul sito del ministero tre giorni orsono, è parte rilevante di questa strategia a tutto campo. E’impressionante come la trentennale assenza di una politica energetica nazionale venga improvvisamente “risolta” da uno studio compilato con seducenti illustrazioni ed una retorica accattivante, che potrebbero ben figurare ad un convegno di esperti energetici vicini alla pensione, attorniati da finanziatori ed enti desiderosi di riprendersi lo spazio in esaurimento ostinatamente riservato alle fonti fossili e alle grandi opere ad esse “consustanziali”. Dovremmo pur chiederci se sia opportuno che un governo senza legittimazione popolare delinei la strategia energetica destinata a segnare le sorti del paese per qualche decennio.  Anche se tutti (singoli, associazioni, enti e chissà chi altro) siamo invitati ad una consultazione via web, dove potremmo fare osservazioni con la stessa fiducia, temo, con cui si spedisce una lettera senza ricevuta di ritorno.  Sarei tentato di mettere in discussione i cardini della proposta e di invitare tutti quelli che lottano per un nuovo paradigma climatico-energetico, a confutare con una azione organizzata le autentiche provocazioni che vengono avanzate: Italia hub europeo del gas; petrolio nazionale con un incremento delle trivellazioni; riaccentramento dei poteri in materia energetica a discapito degli enti locali; un profluvio di belle parole sull’efficienza mentre si cancella il 55% di detrazioni; attenzione alle rinnovabili in funzione integrativa e non sostitutiva del sistema attuale e per di più sottoposte ad una sopravvivenza competitiva sul mercato, rispetto a gas e petrolio depurati dei loro costi ambientali.

Ma chi mi assicura di essere in qualche modo ascoltato nella mia più totale dissonanza da questa impostazione di rilancio delle fonti fossili nell’era della presa di coscienza del cambiamento climatico? Nel piano governativo si trasformano le regole climatico-ambientali in strumenti commerciali  e si rilancia in chiave autarchica l’economia del gas e del petrolio.  Passera offre al capitale industriale nazionale e alle banche d’affari la ripetizione dello scenario che ci ha condotti alla crisi, assestando un duro colpo al tessuto di imprenditoria nuova a carattere locale, legata alle rinnovabili, che stava sviluppando grande flessibilità e capacità di innovazione, nuove professionalità e raccordi virtuosi con il mondo della ricerca. Così si prendono le distanze da quella riconversione ecologica dell’economia, che il nostro sistema deve con urgenza affrontare e che si può sviluppare solo in una dimensione culturale, democratica e politica agli antipodi rispetto a scenari energetici “futuri” da cui tecnici e banchieri  ammiccano al passato.

Per convincerci della necessità di prendere la parola e di rimettere in corsa un conflitto democratico, vale la pena di andare a guardare cosa succede nei contemporanei programmi energetici, ad esempio, di Germania e Svizzera.

In Germania si accelera lungo la “Road map UE 2050”, chiaramente protesa verso il 100% rinnovabili. E volutamente si diffondono notizie molto confortanti per quanto riguarda la sostituzione delle energie fossili con le rinnovabili e la capacità di realizzare risparmio energetico sul territorio. E’ di questi giorni la conferma che in Germania le luci lo scorso inverno sono state tenute accese dall’energia solare, proprio mentre veniva ridotto l’apporto del nucleare per decisione politica dopo Fukushima. Infatti, il governo tedesco, che si prepara a chiudere i suoi 22 reattori, ha ridotto anche gli scambi nucleari con la Francia rischiando il black-out, ma – come ha detto il responsabile per l’energia del Bunderstag: “Siamo stati salvati dal sole.”. E’ pur vero che lo scorso febbraio il territorio dalla Baviera alla Mosella ha goduto di una eccezionale insolazione, ma i 28 GW di potenza fotovoltaica, concentrati in Baviera, erano collegati alla rete ed hanno fornito circa il 3% della potenza totale. Il solare è un generatore di elettricità intermittente, dipendente dagli impianti di stoccaggio e di back-up – spesso convenzionale – che ovviano, se ben progettati, alla capacità di potenza quando il sole non splende. Così, è risultato determinante per la Germania l’avere investito nelle reti e nei sistemi di immagazzinamento: lo sforzo tedesco consiste nel ritenere le rinnovabili sostitutive dei fossili e quindi meritevoli della massima attenzione lungo tutta la filiera. Si è così creata una capacità di energia in eccesso, che ha consentito addirittura di aumentare le esportazioni di elettricità verso la Francia ipernucleare da 4GW a 5GW!
In quanto alla Svizzera, un Paese conservatore, sobriamente autonomo rispetto all’UE e fino a ieri moderatamente filonucleare, moderno, con un alto tenore di vita ed elevati consumi , con un’abbondanza della fonte idrica, ma non certo favorito quanto lo siamo noi per l’abbondanza delle altre fonti energetiche  naturali e in particolare di quella solare, viene messa in consultazione la  strategia energetica al 2050. Si tratta di un cambiamento radicale dell’intero sistema, ritenuto necessario dopo la decisione di abbandono dell’atomo.  La relazione che accompagna il piano energetico cita che: “ a livello mondiale abbiamo prezzi molto volatili di fronte ad un aumento della domanda di energia. Dal 2001 il solo prezzo del barile di petrolio è salito dagli 83 agli attuali 125 dollari, con conseguente aumento del prezzo del gas e delle energie convenzionali. Nello stesso tempo, vediamo che le energie alternative costano sempre  meno , ma sono ancora relativamente care e vanno quindi sostenute. Bisogna pertanto puntare decisamente su una graduale trasformazione del sistema energetico attuale”. La strategia elvetica risulta molto chiara: riduzione del consumo pro-capite di energia complessivamente del 35% entro il 2035 (del 50% per combustibili e carburanti!); risanamento degli edifici con inasprimento degli standard; prescrizioni sulle emissioni di CO2 delle automobili (al 2020 massimo di 95 gr CO2/Km); sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili, specialmente  nei settori del riscaldamento e della produzione di elettricità; diffusione delle smart grid per consentire un ricorso più efficiente all’autoproduzione e alla generazione decentrata di elettricità. Significativo è soprattutto il collegamento tra la politica energetica e quella climatica, con il varo di una riforma fiscale ecologica che accorpa in un’unica tassa  sull’energia la tassa sulla CO2 e quella per immettere in rete l’elettricità e il calore autoprodotti (favorendo così le rinnovabili per autoconsumo, che vengono ripagate fino al 30% dei costi di installazione).

Bisognerebbe farlo sapere a Passera, che punta sul rilancio delle trivellazioni e sulla costituzione di un “hub del gas” che saturerebbe l’Italia di tubi, rigassificatori e depositi di fonti fossili.  Il nostro governo, pur obbligato dal referendum a stoppare il nucleare, rientra tuttora nel gruppo degli avversari delle rinnovabili: continua in questo la politica di Berlusconi – d’altra parte gli interessi dei banchieri al governo sono contigui a quelli delle lobbies dei mega-impianti che ispiravano il Cavaliere – e quindi ostacola lo sviluppo di  un sistema decentrato, denso di innovazione e sostenuto da una componente elevata di ricerca, governato democraticamente sul territorio e alimentato dalle fonti naturali.

Forse inondando il sito del ministero di contro osservazioni, pubblicizzandole in rete, organizzando proposte e manifestazioni, si potrebbe reimpostare la questione energetica come contributo alla strategia dei beni comuni, al punto da dover contrastare anche con un referendum un piano di contabilità ordinaria, che ci disimpegna rispetto al futuro e che aumenta insostenibilmente il debito naturale.

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L’energia nel dibattito USA per le Presidenziali

articolo tratto da L’Huffington Post  |  Di 

 

“Not true, Governor Romney, it’s just not true”. Così Obama ad una affermazione del suo avversario politico che lo accusava di aver ridotto la produzione di carbone e le licenze per la produzione di petrolio in territorio americano nel corso del secondo dibattito pubblico per la corsa alla Casa Bianca. Salgono quindi i toni dello scontro quando si parla di energia e tra i due contendenti sembrano esserci grandi differenze di visone del problema nonché, quindi, di programma. Vediamo allora di capire se ci sono e quali sono le differenze nelle politiche energetiche dei due candidati.

Prima di entrare nello specifico si deve però, e purtroppo, notare come nell’arco dei circa 10 minuti in cui si è parlato di energia non vi sia stato alcun riferimento da parte di nessuno dei due contendenti al problema dei cambiamenti climatici. Non resta che attendere e sperare che dell’argomento si parli nel corso del terzo ed ultimo dibattito.

DIPENDENZA ENERGETICA 
Obama in questa sua campagna elettorale propone una politica energetica definita “All of the above policy”, ovvero una strategia energetica che tenga insieme lo sviluppo di tutte le fonti di energia, ognuna per le proprie possibilità e potenzialità, dal nucleare al carbone, passando per biocarburanti e le fonti rinnovabili, fino al gas naturale. Questa diversificazione delle fonti nasce dall’impegno da parte di Obama di arrivare al 2020 con una riduzione del 50% delle importazioni di petrolio, sostituite quindi da un incremento della produzione interna di tutte le fonti.

Al riguardo Obama intende inoltre puntare sull’efficienza energetica con l’obbiettivo di riduzione al 2025 di 2 milioni di barili di petrolio al giorno.

Obama inoltre ha ritardato il progetto dell’oleodotto Keystone XL in considerazione dei suoi possibili effetti ambientali in Nebraska mentre ha indicato come prioritario il suo sviluppo nella parte meridionale fra l’Oklahoma e il Golfo del Messico.

Romney intende ridurre la dipendenza energetica degli USA attraverso un strategia “allargata” in base alla quale propone di rendere indipendente tutta l’America del Nord al 2020 incrementando le perforazioni di gas e petrolio, aumentando la collaborazione con Canada e Messico con i quali promuovere progetti congiunti e accordi specifici. Inoltre Romney ha dichiarato che una delle prime cose che farà da presidente è approvare la realizzazione dell’oleodotto Keystone XL che dal Canada, per precisione dall’Alberta, dovrà portare il petrolio fino alle raffinerie texane.

ENERGIE RINNOVABILI
Obama ritiene che le clean energies hanno e dovranno avere un ruolo centrale sia in termini di riduzione della dipendenza dall’estero sia in relazione alla sviluppo di politiche salva clima. Già nel 2009 stanziò 90 miliardi di dollari per lo sviluppo di progetti di energia solare ed eolica, di efficienza energetica, di alta velocità ferroviaria e di miglioramento della rete elettrica. Inoltre Obama ricorda che ha già stanziato 16 miliardi a garanzia di prestiti per progetti di sviluppo delle energie rinnovabili nonché conferma il sistema di credito d’imposta per gli impianti di energia eolica.

Romney è invece contrario a contributi per le fonti rinnovabili se non per le attività di ricerca e sviluppo e, forte del fallimento della società Solyndra LLC sostenuta e “sponsorizzata” dai finanziamenti della presidenza Obama, ritiene che il fondo di 90 miliardi sia stato un vero flop e che oltre il 50% delle aziende che hanno ricevuto questo finanziamento siano fallite. Nonché è contrario al rinnovo del credito di imposta per i produttori di energia eolica.

ESTRAZIONE DI PETROLIO E GAS
Riguardo quest’argomento i due sfidanti sono entrambi favorevoli all’incremento delle trivellazioni petrolifere, anche all’interno delle aree protette e delle “Public Land”. L’unica cosa che li differenzia al riguardo è una maggior attenzione di Obama alle istanze ambientali sollevate caso per caso.

Obama ritiene che la produzione di petrolio è cresciuta ogni anno nel corso del suo mandato ma che la maggior parte dei guadagni siano andati a chi faceva estrazione su terreni privati. Inoltre che le licenze di estrazione ritirate riguardavano soggetti che non avevano alcuna intenzione di estrarre ma che le tenevano e usavano esclusivamente come strumento per speculare sui prezzi del petrolio.

Per quanto riguarda il gas Obama si dichiara favorevole al Fracking, la tecnologia oggetto di grandi discussioni che tramite il processo di fatturazione idraulica permette di aumentare il tasso di recupero del gas nei giacimenti, ricordando che l’EPA, l’agenzia per la protezione dell’ambiente americana ha fornito nel periodo della sua presidenza i primi regolamenti per il settore e che questa dovrà continuare a disciplinare e controllare questa pratica per eliminare qualsiasi rischio ambientale.

Romney rilancia il ruolo strategico delle trivellazioni soprattutto quelle off-shore per lo sfruttamento di nuovi giacimenti concentrando la propria attenzione soprattutto sulle coste della Virginia e della Carolina. In più propone per le estrazioni sul terreno una sorta di federalismo energetico per cui saranno i singoli Stati i veri controllori.

Romney è anche lui a favore del Fracking e al riguardo ritiene che debbano essere i i singoli Stati, e non l’EPA, a disciplinarne le procedure.

NUCLEARE E CARBONE
In questi due settori Obama e Romney sono sostanzialmente d’accordo, infatti sostengono entrambi lo sviluppo dell’energia nucleare, riguardo alla quale Obama nel corso di questi anni ha rivisto in modo considerevole la propria posizione inizialmente contraria.

Anche per il carbone sono entrambi favorevoli al cosiddetto “carbone pulito” e alla sperimentazione del Carbon capture storage ovvero il confinamento geologico dell’anidride carbonica (CO2) prodotta da grandi impianti di combustione

RUOLO DELL’AGENZIA NAZIONALE DELL’AMBIENTE
Obama ha sin dall’inizio del suo mandato riabilitato l’Agenzia che nel corso della precedente amministrazione Bush era in buona parte stata limitata nella propria attività se non addirittura bloccata. Dopo il fallimento della legge sul clima nel 2010 l’agenzia ha comunque proposte regole per limitare le emissioni delle centrali elettriche costringendo alcune centrali a carbone alla chiusura perché troppo inquinanti.

Romney ha, sulla scia di quanto già indicato dal George Bush, imputato all’Agenzia un ruolo troppo invasivo indicandola come un ostacolo allo sviluppo economico degli Stati Uniti e si propone di rimuovere i “regolamenti anticarbone”.

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Che cosa cambia con il Quinto Conto Energia

Il 27 agosto 2012 è entrato in vigore il Quinto conto energia, il nuovo regime incentivante per il fotovoltaico pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 luglio scorso. Il nuovo meccanismo,tuttavia, rischia di nascere già con il fiatocorto: il nuovo tetto di spesa complessivo
annuale per gli incentivi è stato innalzato di 700 milioni di euro, quindi gli incentivi ai nuovi impianti cesseranno al raggiungimento di 6,7 miliardi (a cui seguirà un regime transitorio di 30 giorni). Si stima che il nuovo conto energia partirà con un monte incentivi di oltre 6,3 miliardi già impegnati. Le risorse disponibili per il Quinto conto energia si ridurranno allora da 700 a meno di 400 milioni che con molta probabilità si esauriranno entro la primavera del 2013.

Scaricate qui un documento dell’Informatore Agrario, Che sintetizza molto bene il nuovo sistema di incentivazione.

Fotovoltaico: che cosa cambia con il Quinto Conto Energia

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Piano energetico, noi faremo come la Svizzera?

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano on line

Siamo un po’ al paradosso. Mentre il Governo Monti-Passera fa uscire di soppiatto dalle sue stanze unpiano energetico nazionale che guarda al passato (e che impudentemente assicura di sottoporre ad “ampia verifica”), un Paese conservatore, autonomo rispetto all’Ue e fino a ieri moderatamente filonucleare come la Svizzera, mette in consultazione una suastrategia energetica al 2050. E opta per un cambiamento radicale dell’intero sistema, ritenuto necessario dopo la decisione di abbandonare l’atomo.

Paragonare il piccolo Paese elvetico all’Italia dei “tecnici” mi serve anche per interloquire con i molti commenti riservati al mio blog. Commenti che arricchiscono i miei post rendendoli assai più problematici e articolati di quanto siano in partenza e a cui non posso rispondere direttamente senza ulteriormente frammentare la discussione. Perciò provo a replicare a talune critiche o perplessità ricorrendo a riscontri insospettabili e a prima vista sorprendenti.

È il caso dell’orizzonte energetico con cui si sta misurando la Svizzera e che rende un po’ desuete le presunzioni dei sostenitori inflessibili del nucleare, dei fossili, della continuità del vecchio sistema. Si tratta di un Paese moderno, con un alto tenore di vita ed elevati consumi, con un’abbondanza della fonte idrica, ma non certo favorito quanto lo siamo noi per l’abbondanza delle altre fonti energetiche naturali. In passato, la Svizzera aveva ritenuto risolutivo il ricorso all’energia nucleare. Una riflessione critica dopo Fukushima ha finito col buttare all’aria le carte di una strategia più che consolidata e refrattaria a cambiamenti radicali.

La consigliera federale Doris Leuthard, relatrice del piano energetico, ha stupito più di un osservatore. Nel suo rapporto all’organismo parlamentare ha esordito dicendo che “a livello mondiale abbiamo prezzi molto volatili di fronte ad un aumento della domanda di energia. Dal 2001 il solo prezzo del barile di petrolio è salito da 83 agli attuali 125 dollari, con conseguente aumento del prezzo del gas e delle energie convenzionali. Nello stesso tempo vediamo che le energie alternative costano sempre meno, ma sono ancora relativamente care e vanno quindi sostenute” (Corriere del Ticino, 29 settembre 2012). E ha aggiunto che, con la decisione di abbandono del nucleare, “non resta che puntare decisamente su una graduale trasformazione del sistema energetico attuale”. Esattamente il contrario della proposta Passera che tende al rilancio delle trivellazioni e alla costituzione di un “hub del gas” che saturerebbe l’Italia di tubi, rigassificatori e depositi di fonti fossili.

La strategia elvetica risulta molto chiara: riduzione del consumo pro-capite di energia complessivamente del 35% entro il 2035 (del 50% per combustibili e carburanti); risanamento degli edifici con inasprimento degli standard; prescrizioni sulle emissioni di CO2 delle automobili (al 2020 massimo di 95 gr CO2/Km); sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili nei settori del riscaldamento e della produzione di elettricità; diffusione delle “smart grid” per consentire un ricorso più efficiente all’autoproduzione e alla generazione decentrata di elettricità. È significativo soprattutto il collegamento tra la politica energetica e quella climatica, con il varo di una riforma fiscale ecologica che accorpa in un’unica tassa sull’energia la tassa sulla CO2 e quella per immettere in rete l’elettricità e il calore autoprodotti.

La consultazione a livello statale durerà 8 mesi. Una volta noti i risultati, si aprirà il dibattito parlamentare con un contraddittorio e una pubblicità assicurata da un protocollo rigoroso per radio e televisioni statali. Da noi ci si limita ad annunciare imprecisate consultazioni online sulla bozza Passera –  tutt’ora semiprivata – con formulari predisposti in forma di quesito secco, a cui si potrà rispondere con la stessa aspettativa con cui si imbuca una lettera per un destinatario che non è tenuto a rimandare la ricevuta di ritorno.

Una volta, forse con un po’ di ingenuità, per rivendicare le otto ore di lavoro si cantava “e noi faremo… come la Russia!”. Mai ci saremmo aspettati di rivendicare democrazia energetica e giustizia climatica sospirando “e noi faremo come la Svizzera!”

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E’ on line la Strategia Energetica Nazionale, alias il Famigerato Piano Passera

Da oggi è disponibile sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico la Strategia Energetica Nazionale, versione definitiva delle bozze che sono state diffuse in rete già alla fine di agosto e che abbiamo commentato su questo sito (Il governo della grande trivella; Ilva, Alcoa, Sulcis e l’energia fossile di Passera).

Per ora ci limitiamo a riportare tutta la documentazione disponibile. Nei prossimi giorni inizieremo a pubblicare una serie di documenti nei quali analizzeremo in modo approfondito e critico il documento.

Potete scaricare il documento completo qui: Documento di ConsultazioneUna sintesi del documento qui: Slide Piano Passera.

Il ministero ha ammantato la pubblicazione della SEN di una retorica della partecipazione: il documento è messo in rete e attraverso un form è possibile proporre modifiche e integrazioni. Per accedere al form clicatte qui: Partecipa alla consultazione.

Non crediamo che nella realtà la Strategia Energetica Nazionale possa subire delle modifiche sostanziali in seguito al processo di consultazione. Le linee generali sono già ben definite e non emendabili: Italia hub europeo del gas; petrolio nazionale con un incremento delle trivellazioni; riaccentramento dei poteri in materia energetica; e poi tante belle intenzioni su rinnovabili ed efficienza, ma è più che evidente come vi sia l’intenzione di marginalizzare le fonti pulite.

Osserva giustamente Leonardo Berlen di qualenergia.it: “Nella SEN c’è un profluvio di belle parole sull’efficienza energetica, ma proprio oggi è stata presentata alla Camera una proposta di legge di stabilità in cui non compare la proroga del 55% che rischia così di morire a giugno 2013, dopo essere stato depotenziato dallo stesso Governo proprio poche settimane fa”.

Esiste poi una questione squisitamente politica: è legittimo che un governo senza legittimazione popolare delinei la strategia energetica che è destinata a segnare le sorti del paese per molto tempo?

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