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Per un modello energetico sostenibile e distribuito, per un mondo senza nucleare.

UN NUOVO MODELLO ENERGETICO PER IL LAVORO, LA  RICERCA, LA SALVAGUARDIA DEL CLIMA, A DUE ANNI DALLA VITTORIA AL REFERENDUM CONTRO IL NUCLEARE

Presentazione dell’Appello unitario di esponenti del  mondo scientifico, del  lavoro,  dell’ambientalismo, della società civile.

Si terrà lunedì 24 giugno, alle ore 11.30, presso l’auletta del CIRPS, piazza S. Pietro in Vincoli 10, a Roma, una conferenza stampa convocata dal comitato “Si alle energie rinnovabili NO al nucleare”, nella quale sarà presentato l’appello “Per un modello energetico sostenibile e distribuito, per un mondo senza nucleare”.

 

Nel testo, che registra una non scontata, ma promettentissima alleanza fra esponenti del mondo scientifico, del mondo del lavoro,  dell’ambientalismo e della militanza sociale, si disegna un futuro energetico di fuoriuscita dai fossili, con un realistico approccio alla riconversione ecologica dell’economia e un richiamo al protagonismo sociale che è indispensabile per continuare a seguire un cammino democratico, conseguente  all’espressione della maggioranza degli italiani chiamati alle urne solo due anni fa’”.

 

Per un modello energetico sostenibile e distribuito,

per un mondo senza nucleare.

L’appello si colloca in una fase decisiva per le politiche energetiche e industriali, per l’attività di ricerca, per contrastare il cambiamento climatico. Il governo Monti ha proposto, a “tempo scaduto”, una Strategia Energetica Nazionale (SEN), che è stata per il momento assunta anche dal governo Letta, che, in definitiva,  rispecchia gli interessi dell’ENI e dell’Enel e dei finanziatori delle infrastrutture (gasdotti, depositi etc.), dà il via libera alle trivellazioni per il petrolio, e promuove il carbone come alimentazione delle centrali termoelettriche”. Al contrario, l’appello, in sintonia con le scelte europee, traccia il percorso di effettiva riduzione delle emissioni climalteranti; quindi prevede  l’alt al carbone, alle trivellazioni per il petrolio e alla proliferazione di rigassificatori e depositi del gas; un immediato impulso al risparmio, il decentramento degli impianti a fonti  rinnovabili, un piano per la ricerca nei settori energetici più avanzati, un piano industriale per l’attuazione della road map UE al 2030, in raccordo con i Piani energetici delle Regioni delle città, dei consorzi dei comuni.

 

Firme prestigiose sostengono l’appello e danno credito ad  un movimento articolato che veda protagonisti lavoratori, cittadini, movimenti e associazioni, e investendo tutti gli ambiti della produzione, del consumo, della organizzazione delle città, degli stili di vita collettivi e individuali”.

La crisi economica globale originata dal crollo finanziario del 2008, coi devastanti effetti occupazionali e sociali purtroppo ben noti nel nostro Paese, si è andata a sovrapporre alla crisi globale dell’ambiente, che ha nel cambiamento del clima il suo più attuale e drammatico riferimento.

Il coincidere di queste crisi avrebbe dovuto rimettere in discussione dalle fondamenta il modello di sviluppo, dal quale entrambe sono state generate, per muoversi con determinazione verso una tante volte evocata riconversione ecologica dell’economia e della società, attraverso una transizione difficile ma possibile.

In questa direzione si è espressa la maggioranza degli italiani solo due anni fa. Con la vittoria dei referendum sull’acqua pubblica e contro il nucleare, si è aperta una prospettiva che va anche oltre l’importanza indiscutibile delle due questioni, ancora aperte nella traduzione della volontà popolare in atti e leggi definitive: si è posto il problema della salvaguardia di alcuni “beni comuni” e “nuovi diritti”, che non possono essere governati solo dalle logiche del mercato.

Oggi questa battaglia deve continuare: analogamente alla ripubblicizzazione dell’acqua, che sta proseguendo con un articolato movimento dal basso, è necessario farla definitivamente finita col nucleare, in Italia e in Europa, anche introducendo una gestione trasparente e sicura (ad oggi non garantita dalla società deputata, Sogin) delle scorie, degli impianti e di quanto resta del ciclo nucleare.

Tuttavia non possiamo limitarci solo a questi importanti temi. Iniziative molto più corpose e propositive devono essere intraprese per effettuare il passaggio ad un nuovo modello di sviluppo. Parte significativa della transizione sarebbe compiuta se si imboccasse con decisione la strada dell’economia dei beni durevoli e sostenibili, in particolare nel settore energetico. L’attuale modo di produrre e consumare energia, con oltre l’80% di ricorso ai combustibili fossili su scala mondiale, è il massimo responsabile dell’incremento delle emissioni di CO2 e della sua concentrazione in atmosfera, alla base, appunto, dello sconvolgimento climatico.

Proprio per far fronte a questa situazione, che la rivista Nature denunciava nel 2012 come: “non è stata mai così grave”, la UE, dopo la convenzione di Aarhus, sui diritti alla giustizia ambientale, lanciò nel 2007 la strategia dei tre 20% al 2020, obiettivi vincolanti per i Paesi aderenti. Oggi in Europa, le road map e gli scenari in discussione vanno oltre le politiche del pacchetto “20 – 20 – 20” e chiedono obiettivi vincolanti al 2030 sulle emissioni di gas serra e sull’ energia: il taglio del 55% delle emissioni, rispetto al 1990; il contributo delle fonti rinnovabili al 45%; ulteriori misure di efficienza energetica per contenere la crescita dei consumi puntando alla completa “decarbonizzazione”, almeno della produzione elettrica, al 2050.

Dopo i referendum, non sentendosela di riproporre per la terza volta il nucleare, il governo Monti ha proposto, per di più a “tempo scaduto”, una Strategia Energetica Nazionale (SEN), che è stata per il momento assunta anche dal governo Letta. Ancora una volta, come in tutti i Piani Energetici Nazionali che si succedettero nel secolo scorso, la SEN rispecchia gli interessi aziendali dell’ENI e dell’Enel e dei finanziatori delle infrastrutture (gasdotti, depositi etc.), rispettivamente con il via libera alle trivellazioni per il petrolio, anche offshore, con la progettazione di facilities per il gas e con la promozione del carbone come alimentazione delle centrali termoelettriche. I colossali interessi di grandi gruppi prevalgono su quelli del Paese, dell’ambiente e della salute dei cittadini.

La proposta che la SEN fa poi dell’Italia come “hub” europeo del gas, non ha alcun assenso in sede UE – ogni Paese avendo una sua politica energetica raccordata solo parzialmente con gli altri –, e rivela la sua totale inconsistenza a fronte del nuovo ruolo che gli Stati Uniti stanno esplicitamente assumendo come leader mondiale per il gas, ottenuto nel loro sottosuolo tramite nuove tecnologie, soprattutto il “fracking”.

Ancora, in accoglimento delle lamentele, soprattutto degli operatori elettrici di Assoelettrica, per la competizione finalmente aperta nel settore elettrico dalle fonti rinnovabili, la SEN, col compiacente concorso dell’AEEG, ignora la gradualità con la quale vanno ridotti, sicuramente, gli incentivi (e sconfitte le speculazioni), deprimendo così gravemente uno dei pochi settori a forte sviluppo. L’Italia nel 2011 era stata la massima installatrice mondiale di Fotovoltaico, oggi, con la fine degli incentivi del V conto energia, servono misure regolamentari certe per mantenere lo sviluppo della filiera delle fonti rinnovabili .

È evidente che la SEN non è assolutamente in grado di far sì che l’Italia rispetti gli obiettivi europei del “20 – 20 – 20”.  Chiediamo quindi che il Governo Letta non dia corso a questa SEN e che invece vari una strategia energetica di transizione, che in sintonia con le scelte europee, sostenga:

•alt al carbone e alle trivellazioni per il petrolio,

•no alla proliferazione di rigassificatori e depositi del gas,

•un piano per la ricerca, a partire da quella pubblica, nei settori energetici più avanzati,

•un piano industriale realistico per l’attuazione dei tre 20% e degli obiettivi della road map UE al 2030 in raccordo con i Piani energetici di cui, almeno alcune Regioni si sono già da tempo dotate e con una capacità di coordinamento dei PAES comunali.

È assolutamente necessario aprire un confronto fra le parti sociali per avviare una riconversione ecologica in tutti i settori produttivi, partendo anche dagli obiettivi di efficienza proposti già due anni fa dalla Confindustria e dalle tre Confederazioni sindacali CGIL, CISL e UIL. Sarà questo il miglior punto di partenza per dare occupazione “pulita e rinnovabile”, soprattutto ai giovani, e contemporaneamente fornire il contributo del nostro Paese alla lotta ai cambiamenti climatici.

Uscire completamente e con sicurezza dal nucleare, contribuire al controllo del clima, costruire un modello sostenibile, decentrato e democratico, è possibile se un movimento articolato si consolida dal basso, coinvolge lavoratori, cittadini, movimenti e associazioni, e investe tutti gli ambiti della produzione, del consumo, della organizzazione delle città, degli stili di vita collettivi e individuali.

Ognuno di noi, nell’ambito del proprio ruolo, s’impegna a sostenere lo sviluppo di questo movimento.

Primi firmatari:

Agostinelli Mario (Energiafelice)

Andrea Baranes (Banca Etica)

Vittorio Bardi  (Si Fer No Nuke)

Marco Bersani (Attac)

Roberto Biorcio (Univ. Milano)

Raffaella Bolini (ARCI)

Giulietto Chiesa (Giornalista)

Giovanni Carrosio (Università Trieste)

Nicola Cipolla (CEPES)

Vittorio Cogliati Dezza (Legambiente)

Giuseppe De Marzo (A Sud)

Marica Dipierri (A SUD)

Domenico Finiguerra (Stop consumo di suolo)

Francesco Garibaldo (Ricercatore)

Alfiero Grandi (CRS)

Marco Mariano (Retenergie)

Andrea Masullo (Green Accord)

Gianni Mattioli (Unesco)

Mariagrazia Midulla (WWF)

Emilio Molinari (Contratto acqua)

Alfonso Navarra (LOC)

Giuseppe Onufrio (Greenpeace)

Rosario Rappa (FIOM Nazionale)

Gianni Rinaldini (Fondazione Sabbatini)

Valerio Rossi Albertini (CNR)

Gianni Silvestrini (Kyoto club)

Massimo Scalia (Unesco)

Gianni Tamino (Università Padova)

Guido Viale (Economista)

Alex Zanotelli (padre comboniano)

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L’energia del prossimo Governo

di Gianni Silvestrini – qualenergia.it 17 dicembre 2012

Fra tre mesi avremo un nuovo Governo che dovrà affrontare la più grave crisi economica dal dopoguerra. Dovrà gestire profonde trasformazioni sapendo che le ricette del passato non bastano o possono essere controproducenti. E dovrà farlo con un respiro internazionale.

L’Europa si trova infatti al centro di una grande trasformazione che parte dall’energia, ma coinvolge anche il mondo dei trasporti, dell’edilizia e quello industriale. Sul versante della produzione elettrica la UE vuole soddisfare almeno un terzo dei propri consumi con le rinnovabili fra soli 8 anni e intende assegnare un ruolo centrale alle energie verdi nei prossimi decenni. Questo processo ha innescato scelte industriali in diversi Paesi, a iniziare dalla Cina, portando a una riduzione dei prezzi che oggi si manifesta nelle rinnovabili ma che si estenderà ai comparti dell’efficienza energetica. L’Europa, che ha avviato lo sviluppo di questi mercati, deve adeguare la risposta sul versante dell’offerta tecnologica, ragionando anche con logiche sovranazionali (come ha fatto con l’Airbus) se vuole realmente competere, che si parli dell’accumulo elettrochimico, del termodinamico o del fotovoltaico di terza generazione.

Ma torniamo all’Italia, sapendo che le prossime scelte dovranno tenere conto del contesto internazionale e che occorrerà valorizzare il know how diffuso accumulato e quello in corso di acquisizione (per esempio nelle smart grids). Per collegarsi con il tema citato delle tecnologie, va riavviata una politica industriale basata sul sostegno all’innovazione in particolare nei comparti della green economy, dalla chimica alla mobilità, passando ovviamente per l’energia. In questo senso il rilancio di uno strumento come “Industria 2015”, opportunamente aggiornato nelle modalità di finanziamento, va esteso all’orizzonte del 2020.

Proprio il settore energetico rappresenta un terreno molto interessante per articolare risposte positive, a patto di introdurre soluzioni innovative e di affrontare alcune criticità. Si dovranno, per esempio, liberare potenzialità parzialmente inespresse come quelle legate alla riqualificazione dell’edilizia e governare i radicali cambiamenti in atto nel sistema elettrico.

L’attuale contesto della finanza pubblica obbliga a individuare progetti e programmi che consentano, con un limitato utilizzo di risorse dello Stato, efficaci sinergie tra diversi comparti e che abbiano ricadute significative dal punto di vista occupazionale. Per scendere nell’elencazione di alcune aree di intervento e di rivisitazione degli strumenti da utilizzare si può fare qualche riflessione, anche alla luce di esperienze internazionali.

Un esempio viene dalle iniziative innovative come il Green Deal inglese per avviare programmi di miglioramento radicale dell’efficienza energetica del patrimonio edilizio superando la barriera dell’investimento iniziale grazie all’utilizzo di capitale privato e alla creazione di una cabina di regia pubblica. Il meccanismo dei certificati bianchi dovrà essere potenziato in modo da renderlo realmente incisivo per spingere l’efficienza energetica nel comparto industriale e per avviare nuove politiche nel mondo dell’edilizia.

Sul versante delle rinnovabili elettriche andrà operata una seria azione disemplificazione delle procedure autorizzative e di quelle di connessione e avviata una liberalizzazione reale dei mercati. Andrà affrontato il tema dei registri e dei SEU. In particolare, andrà preparato il terreno per garantire che in tempi brevi il fotovoltaicopossa venire installato senza incentivi diretti.

Andrà poi monitorata l’applicazione dei decreti sulle rinnovabili elettriche e termiche per ovviare a eventuali disfunzioni, mentre andrà stimolata la diffusione dei biocarburanti di seconda generazione e del biometano per autotrazione.

Poi ci sono le reti da riqualificare, elemento cruciale in questo cambio di paradigma, in uno sforzo in cui l’innovazione si sposa con gli approcci a ricadute multiple.

Dunque, la carne al fuoco è molta, in un contesto peraltro con limitati margini di manovra. Proprio per questo giunge al momento giusto la costituzione, lo scorso 13 dicembre, di FREE, Coordinamento delle Fonti Rinnovabili e dell’Efficienza Energetica, che raggruppa al momento 22 Associazioni e rappresenta un salto di qualità di un variegato mondo che coinvolge centinaia di migliaia di occupati. FREE svolgerà un importante ruolo di interlocuzione con il prossimo Governo potenziando l’azione delle singole Associazioni, elaborando proposte e scenari. Una voce responsabile e incisiva nella transizione energetica in atto.

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Piano Passera: una strategia per grandi lobby che ci incolla al passato

di Mario Agostinelli – Pubblico giornale 30 ottobre 2012

Il governo dei tecnici continua ad affrontare non solo l’emergenza, ma tutto l’arco delle questioni che dovrebbero riguardare il futuro del Paese. Cercando di applicare nelle more di un tempo breve in cui la democrazia è depotenziata, ricette drastiche e impopolari, che si pongono però l’obiettivo di costituire la struttura portante della modernizzazione del Paese per il lungo periodo, con o senza il premier attuale. Il piano Passera per l’energia, messo sul sito del ministero pochi giorni orsono, è parte rilevante di questa strategia. La trentennale assenza di una politica energetica nazionale viene improvvisamente “risolta” con l’apparizione su internet di uno studio compilato con seducenti illustrazioni e una retorica accattivante. Allora, prima di analizzare il cuore del documento, occorre chiederci: è opportuno che un governo senza legittimazione popolare delinei la strategia energetica destinata a segnare le sorti del paese per molto tempo? Ci si dirà: è prevista una ampia consultazione on line della durata di sei settimane ed una Conferenza Nazionale (ad ora del tutto imprecisata per struttura e partecipanti!): ma quale potere è consegnato a questo percorso? Potrebbe forse mettere in discussione o emendare i cardini della proposta lanciata senza alcun confronto preventivo?

Veniamo ora a questi cardini, che sono: l’Italia come hub europeo del gas; investimento nel petrolio nazionale, con un incremento delle trivellazioni; riaccentramento dei poteri in materia energetica a discapito degli enti locali; molte belle parole sull’efficienza, accompagnate però – a quanto si sa – dalla eliminazione del 55% di detrazioni fin qui previste per interventi di risparmio energetico in edilizia; attenzione alle rinnovabili, però in funzione integrativa e non sostitutiva del sistema attuale e, per di più, sottoposte ad una sopravvivenza competitiva sul mercato rispetto a gas e petrolio, che continuano a godere di franchigia rispetto ai loro costi ambientali.

Passera in questo modo propone uno scenario non certo in linea con la strategia UE – la road map al 2050 – che tende significativamente all’obiettivo del 100% di energie rinnovabili. Offre al capitale industriale nazionale e alle banche d’affari le chiavi dei gasdotti, delle raffinerie, dei rigassificatori e delle rotte metaniere. Rilancia i soliti  grandi affari senza trasparenza. Ma taglia così le gambe ad un modello energetico decentrato sul territorio e confermato da una autentica esplosione delle fonti rinnovabili, che ci colloca al secondo posto nella classifica mondiale.

In tal modo si sostengono interessi di lobbies molto potenti, ma si mina alla base il tessuto di imprenditoria nuova, spesso a carattere locale, che stava sviluppando grande flessibilità e capacità di innovazione, nuove professionalità e raccordi virtuosi con il mondo della ricerca. Inoltre, si prendono le distanze da quella riconversione ecologica dell’economia che il nostro sistema deve con urgenza affrontare e che può sviluppare solo in una dimensione culturale, democratica e politica partecipativa e agli antipodi rispetto a scenari energetici futuri da cui si ammicca al passato.

Proprio in questi giorni la Confederazione Elvetica mette in consultazione una sua  strategia verso il 2050. La Svizzera propone un cambiamento radicale dell’intero sistema energetico, ritenuto necessario dopo la decisione di abbandonare l’atomo. Il documento muove da alcuni punti chiari. Per citare la relatrice “dal 2001 il prezzo del barile di petrolio e quello del gas sono continuamente saliti, con conseguente aumento del prezzo delle energie convenzionali. Nello stesso tempo le energie alternative costano sempre  meno, ma sono ancora relativamente care e vanno quindi sostenute, assieme ad un diverso stile di vita.” Su queste basi si è aperta una vera consultazione, adeguata a un tema come l’energia che richiede una svolta epocale e partecipata. Durerà 8 mesi, con obiettivi come la riduzione del 35% dei consumi, standard di dispersione dimezzati per gli edifici e ridotti del 40% per le emissioni delle automobili, incentivi all’autoproduzione, tasse sulla CO2.

E se, anziché la Russia, assumessimo come modello la Svizzera e si aprisse una vera consultazione che riporti al centro le minacce al clima, anzichè l’interesse degli enti energetici e di un sistema industriale che non si rinnova e  ci incolla al passato?

 

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Strategia Energetica Nazionale: il dibattito sul quotidiano Pubblico

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha presentato pochi giorni fa la Strategia Energetica Nazionale. Si tratta al momento di una bozza sulla base della quale il governo ha aperto una fase di consultazioni che verrà conclusa con una Conferenza nazionale.

Da molto tempo l’Italia non si dava un piano strategico in un settore così importante. È però discutibile che a colmare questo vuoto sia un governo tecnico. Ed è soprattutto fondamentale che siano offerte forme di partecipazione effettive alla cittadinanza, in tutte le sue articolazioni, per poter contribuire alla definizione di scelte tanto rilevanti per il futuro del paese.

Per questa ragione, Pubblico ha deciso di offrirsi come piattaforma per aprire un dibattito trasparente e plurale sulle linee strategiche proposte dal governo.

Abbiamo chiesto a una serie di esperti, di diverso orientamento, di contribuire a questa riflessione, che si svolgerà in misura importante online. Il giornale ospiterà anche alcuni interventi nella sua versione cartacea. E si impegna a raccogliere e trasmettere ai suoi lettori una sintesi dei suoi principali contenuti. Il dibattito verrà concluso con un Forum al quale inviteremo a partecipare una rappresentanza del Ministero. Se volete mandare dei vostri contributi, potete scrivere a: contributi@pubblico.eu

Collaborano a questa iniziativa anche http://www.energiafelice.it/ e http://qualenergia.it/

 

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