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EXPO – Energia per la vita

Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Presidente del Comitato Scientifico di EXPO 2015

Energia per la vita

“Nutrire il Pianeta, Energia per la vita” recita il logo di Expo. Impressiona subito l’eliminazione di fatto del tema energia dal contesto organizzativo e dai contenuti, mentre il progetto da offrire deve convergere su tutti e quattro gli elementi congiuntamente – energia, acqua, terra, biosfera – e sulle relazioni fra essi, se si vuole offrire un quadro di prospettiva e di azione in cui anche il nostro futuro sia considerato un bene comune. Già, Expo non parla di diritto all’acqua potabile e di acqua per l’agricoltura familiare, non parla di diritto alla terra e all’autodeterminazione a coltivarla, privilegiando così un’interlocuzione con le fasce di popolazione ricca e gli interessi preminentemente commerciali.

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Expo rischia di diventare la vetrina per nutrire le multinazionali, non certo il pianeta, e, non recependo il link energia – clima, sottovaluta il contesto globale nel quale si colloca un’iniziativa che vorrebbe essere globale: quello dei cambiamenti climatici in atto, causati da un fabbisogno energetico mondiale ancora soddisfatto per oltre l’80% dai combustibili fossili, e delle conseguenze sul mondo vegetale e sulla produzione agro-alimentare. L’urgenza di far fronte a questa minaccia è stata segnalata, ormai da molti anni, dai pronunciamenti delle Accademie delle Scienze (2005, 2006), dai vertici mondiali sul clima e dallo stesso obiettivo politico della UE dei tre 20% al 2020, che per scongiurare gli effetti punta con decisione sull’efficienze energetica e sulle fonti rinnovabili abbandonando il nucleare. Un obiettivo divenuto il punto di riferimento del dibattito dei 195 governi che si stanno preparando per CoP 21 a Parigi, proprio in concomitanza con la chiusura di Expo.

Su tutto questo Expo glissa, se non affidando a piccole voci di contorno il tema di maggior attualità. Eppure lo sconvolgimento climatico sta già avendo e sempre più avrà drammatiche conseguenze proprio sull’agricoltura e sull’alimentazione per tutti gli abitanti del pianeta, non solo per il miliardo di persone oggi al di sotto del livello di sopravvivenza. Eppure il cambiamento climatico è responsabile degli eventi meteorologici estremi e dei conseguenti gravi danni alle colture agricole, oggetto ormai da tempo di richieste specifiche di risarcimento ai Governi, non davvero solo in Italia.

Il cambiamento climatico impatta sul calendario delle pratiche agricole, in particolare quelle vitivinicole, produce una crescente diffusione di agenti patogeni e di insetti nocivi su aree geografiche sempre più vaste, altera i ritmi di fioritura o di sviluppo di un sempre maggior numero di specie vegetali.

Il cambiamento climatico determina, nell’alternarsi degli effetti nelle varie aree del Pianeta, un impatto complessivo negativo e rappresenta una minaccia alla sicurezza alimentare, che dall’agricoltura dipende.

Il cambiamento climatico, cioè la rottura della stabilità dei grandi cicli climatici, è la più grave alterazione del riprodursi del ciclo delle acque e della loro disponibilità sulla Terra. Le attuali forme di produzione agroalimentare comportano, a livello mondiale, un consumo dell’80 per cento dell’acqua dolce, richiedono il 30% del fabbisogno energetico mondiale e sono responsabili del 24% delle emissioni di gas serra (CH4 e N2O), sono cioè parte di un feedback positivo, di un circuito perverso che alimenta continuamente la causa delle drammatiche conseguenze che induce.

Una profonda svolta nella gestione umana del circuito energia, acqua, terra, biosfera si rende necessaria e inderogabile. Verso nuove forme di sviluppo economico-sociale, che impieghino saperi, tecnologie e intelligenza dell’uomo nella gigantesca impresa di praticare tutte le attività umane in sintonia coi grandi cicli della natura.

Per questo chiediamo che durante tutto il periodo dell’esposizione Expo dedichi a questi temi – i quattro “elementi” energia, acqua, terra, biosfera e il link con i cambiamenti climatici – una sessione centrale e permanente, sotto l’egida della FAO e dell’UNESCO e all’insegna degli “obiettivi del Millennio”, aperta al confronto tra gli esperti e le esperienze e le proposte che cittadini e portatori di interessi vorranno mettere a confronto.

PRIMI FIRMATARI

Mario AGOSTINELLI, Luigi AGOSTINI, Aurelio ANGELINI, Vittorio BARDI, Giovanni CARROSIO, Pietro COLUMBA, Francesca FARIOLI, Graziella GALVANI, Stefano GREGO, Paolo GUARNACCIA, Serenella IOVINO, Peter KAMMERER, Franco LO COCO, Sergio MARELLI,  Gianni MATTIOLI, Emilio MOLINARI, Giorgio NEBBIA, Giorgio PARISI, Emanuele PATTI, Wolfango PIRELLI, Debora RIZZUTO, Massimo SCALIA, Gianni SILVESTRINI, Alfredo VANOTTI, Alex ZANOTELLI

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L’idolo del mercato

di Roberto Meregalli – BCP/Energia felice

Da tempo fra gli addetti ai lavori si parla dell’eliminazione della “maggior tutela”, ossia del regime accessibile ai clienti domestici (e non solo) che non vogliono passare al mercato libero. Nei giorni scorsi la norma era apparsa nelle bozze del DDL concorrenza scatenando diversi commenti, soprattutto perché indicava una data molto vicina per la fine della maggior tutela: il giugno del 2016. Venerdì 20 febbraio il governo ha approvato un testo che conferma la proposta di eliminare la maggio tutela ma con tempi dilatati.

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Pagine da Tutela
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Energia Bene comune – Festival Sabir Lampedusa

LAMPEDUSA 1-5/10/2014

Quale energia – Bene comune solo se rinnovabile
intervento a cura di Giuseppe Farinella, delegato di Energia Felice

Il protocollo di kyoto e il contratto mondiale dell’energia nel 2005
Riflessione su quanto hanno inciso le nostre proposte
– garantire a tutti l’accesso all’energia e di conseguenza combattere la povertà ed il sottosviluppo
– limitare i cambiamenti climatici e l’inquinamento dell’aria, che l’attuale tipo di sviluppo produce;
– limitare l’impatto ambientale e sociale della produzione e della trasformazione di energia su larga scala;
– ribaltare il paradigma energetico basato sul controllo centralizzato delle risorse, decentralizzando la produzione;
– favorire democrazia e partecipazione perché sole vento e biomasse in quanto rinnovabili e distribuite sul territorio, non monopolizzabili, come invece il petrolio, il carbone, il metano e il nucleare;
Obbiettivi che avevano la necessità di essere praticati e che hanno inciso profondamente nel modo di pensare e affrontare le questioni energetiche.

Cosa è cambiato
Europa 20/20/20 (-20% co2, +20% rinnovabili, +20% efficienza), direttiva europea 2009 con la quale si sono ottenuti enormi risultati che stanno incidendo sulle scelte politiche mondiali.
Grazie alla direttiva europea e alla azione politica della sinistra in Italia negli ultimi 10 anni abbiamo raddoppiato la produzione di energia da fonti rinnovabili (+PV +eolico +biomasse) mettendo in crisi le centrali a metano e a carbone e dimostrando che esiste una alternativa praticabile all’uso dei combustibili fossili.
E’ possibile delineare un percorso che entro il 2050 potrebbe consentire a qualunque nazione industrializzata di affrancarsi dal petrolio, dal carbone e dal nucleare.
Auto, camion, navi e aeroplani ultraleggeri e, quando possibile, elettrici o ibridi; edifici super efficienti e progettati con modalità innovative; cogenerazione di calore ed elettricità , cicli chiusi e biomimesi; reti intelligenti, apporti massicci di energia da fonti rinnovabili…

Il clima, se fosse una banca l’avrebbero salvato” articolo di Mario Agostinelli
“Il negoziato che si svolge nell’ambito della Convenzione sui Cambiamenti Climatici è lungo e complesso, ma sembra arrivato a un punto cruciale nel percorso per l’approvazione di un nuovo strumento legale che favorisca la riduzione globale delle emissioni di gas serra. I leader internazionali sono convocati nel mese di dicembre in Perù per preparare un accordo globale sul clima nel 2015 a Parigi.
Dalla mobilitazione di tante persone, organizzazioni e popoli diversi, agli annunci dei banchieri Rockefeller (ieri padroni di Exxor e oggi di Standard Oil) di non voler più investire nei combustibili fossili; dai piani ambiziosi di alcuni Paesi alle coalizioni di grandi aziende: tutto si è riversato all’interno del Palazzo di Vetro, lasciando interdetti i grandi e i piccoli della Terra”.

Riflettere sull’analisi dell’economista Fitoussi: la crescita economica dei paesi in via di sviluppo solo se sostenuta da energia da fonti rinnovabili potrà creare più occupazione e ridurre la domanda di fossili creando un circolo economico virtuoso per uscire dalla crisi.

Quale energia: Bene comune solo se rinnovabile
Il footprint sta peggiorando ad un ritmo insostenibile: da un consumo di 3/4 delle risorse generate dal pianeta negli anni ’60 ad oggi che già dal mese di settembre siamo in deficit.
Il nodo è politico non più tecnico o scientifico: movimento mondiale sempre più ampio e capace di incidere.
Agire per creare economia dal basso democratica, capace di valorizzare risorse locali.

Proposte operative
– Promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili con progetti di cooperazione e di sostegno allo sviluppo nei paesi che si affacciano sul mediterraneo
“In the Mediterranean region, the level of urbanisation reached 60% in 2010. The annual urbanisation rate has been around 2% during the last decade. In absolute figures, population in urban areas in the MENA region has already reached 165 million. This is expected to increase by another 80 million by 2025, which will make the region one of the most urbanised in the world, with around 80% of the total population living in urbanised areas. Presently, Mediterranean cities face a range of challenges relating to sustainable development and climate change. Consequently, the need for investments in many areas, including transport systems, water and waste management infrastructure and energy saving activities, is already significant and is expected to increase sharply over the ensuing years.”
– A Vienna (8-9 dicembre 2014) cominciamo a liberare il Pianeta da tutte le armi nucleari
La “ribellione” degli Stati non nucleari (contiamo ben 125 dichiarazioni ufficiali!), supportata dai movimenti della società civile, come l’ICAN e i Mayors for Peace, a livello internazionale, ed ESIGIAMO! in Italia, rende finalmente possibile un negoziato internazionale che porti ad un Trattato per la messa al bando e l’eliminazione di tutte le armi nucleari. Un negoziato che può partire dalla Conferenza internazionale che si terrà a Vienna l’8 e 9 dicembre 2014.

Giuseppe Farinella

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Lavoro, precarietà e nuovo schiavismo: quale Europa?

11maggio201411 maggio 2014, ore 16.00
Nova Milanese (Monza) – Auditorium Comunale – Piazza Gio.I.A. – via Giussani

Gianni Rinaldini, Scenari e prospettive del lavoro in Italia

Argiris Panagopoulos, La distruzione del lavoro in Grecia

Daniela Padoan, Il razzismo contro i poveri e la nuova schiavitù

Stefano Sarti, Ambiente e lavoro – oltre la contraddizione

Pino Viola, Precariato in Italia

Guido Viale, Lavoro e riconversione ecologica

Mario Agostinelli, Scenari per l’Europa

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Ancora incentivi ai rigassificatori?

I nuovi rigassificatori potrebbero avere l’incasso quasi totalmente garantito dalle nostre bollette. Avrebbero cioè diritto a un rimborso pari fino al 71% della loro capacità nel caso non riuscissero a vendere tutto il gas previsto. Una sentenza del Tar Lombardia sull’impianto di Livorno riporta in vita quell’aiutino che era stato escluso nell’autunno del 2012.
Alessandro Codegoni qualenergia.it
10 luglio 2013

A volte ritornano. No, non parliamo di mostri horror, che del resto non tornano in seguito a sentenze del Tar, ma degliincentivi per i rigassificatori, che esclusi nell’autunno 2012 adesso rientrano in gioco grazie a una sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia.

I rigassificatori sono quegli impianti che riportano a gas il metano liquefatto, proveniente da paesi non collegati direttamente a noi con i gasdotti. La loro presenza consente di differenziare l’offerta di gas, di abbassare i prezzi e di sopperire ad eventuali blocchi sui condotti. Del perché in Italia abbiano avuto finora poca fortuna, nonostante il nostro paese, per gli alti consumi di metano e la dipendenza dai gasdotti, sia uno di quelli che ne avrebbe più bisogno,  e di cosa si sia fatto per attirarne l’installazione, abbiamo parlato ampiamente in un nostro articolo (QualEnergia.it, Quel regalo ai rigassificatori fatto coi soldi nostri).

In quell’articolo si ricordava il sistema di incentivazione dei rigassificatori, chiamato“fattore di garanzia”, varato dall’’Autorità per l’energia (Aeeg) nel 2005, in seguito all’emergenza gas di quell’inverno. Consisteva nell’assicurargli un rimborso pari fino al 71% della loro capacità, nel caso non fossero riusciti a vendere tutto il gas previsto. La storia si concludeva ricordando come il fattore di garanzia fosse stato di fatto annullato dalla stessa Aeeg a fine ottobre 2013, dopo l’annuncio di una inchiesta da parte della UE su possibili “aiuti di Stato”, o, secondo la versione dell’Autority, perché ci si era resi conto che nell’attuale situazione di mercato, con le importazioni di metano scese da 75 a 67 miliardi di metri cubi annui fra 2005 e 2012, quell’incentivo rischiava di trasformarsi in un “bagno di sangue” per la bolletta degli utenti del gas.

In particolare la delibera del 31 ottobre 2012, escludeva il fattore di garanzia per tutti i futuri rigassificatori, e lo prevedeva per quelli recentemente approvati (quindi i rigassificatori di Rovigo e Livorno) solo se avessero aperto le porte a fornitori diversi dalla società proprietaria. Visto che sia Rovigo che Livorno sono gestiti in esclusiva, nessuno avrebbe goduto dell’incentivo.

Dunque partita chiusa? Si, quando mai … siamo in Italia. Dopo la delibera del 31/10/2012 la società Olt (Offshore LNG Toscana), controllata da E.On, che ha quasi ultimato il rigassificatore di Livorno, ha fatto ricorso al Tar della Lombardia, chiedendo che l’incentivo gli fosse conferito, anche se il suo impianto non è aperto a terzi. E il 7 luglio il Tar ha deciso in suo favore e la nave-rigassificatore di Olt, fino ad allora ferma a Dubai, si è immediatamente diretta a tutto gas (è proprio il caso di dirlo) verso le nostre coste.

Così, a partire dalla fine dell’anno, quando all’impianto Olt, posto a 22 km al largo del porto toscano, cominceranno ad attraccare navi gasiere per immettere il combustibile nella rete italiana, a tutti noi non resta che pregare che i suoi affari vadano a gonfie vele. Perché, se così non fosse, e nel 2014 vendesse meno del 71% della sua capacità nominale di 3,75 miliardi di metri cubi di metano annui, la differenza gliela pagheremmo noi in bolletta.

Ma non basta. Il mondo dell’energia attende con trepidazione di leggere nei dettagli la sentenza del Tar, per capire quali paletti abbia fissato. Se, nella peggiore delle ipotesi, avesse stabilito che il fattore di garanzia vada ripristinato anche per i futuri impianti di rigassificazione, c’è da scommettere che la marea di 15 nuovi rigassificatori che erano previsti fino a qualche anno fa, e che si era ritirata, viste le condizioni di mercato e l’ostilità delle popolazioni locali,  lasciando solo 4 o 5 progetti ancora in piedi,potrebbe ritornare più forte di prima. Quale venditore, infatti, si farebbe sfuggire l’occasione di avere quasi l’intero incasso garantito dallo Stato, comunque vadano gli affari?

Purtroppo, dice una fonte Aeeg che abbiamo sentito, se Olt si è decisa a fare ricorso al Tar, probabilmente è proprio perché si è resa conto che i contratti che aveva stipulato non bastavano per coprire l’ammortamento dell’impianto. E questo potrebbe prefigurare un rimborso nel 2014 per le sue mancate vendite fino a 20 milioni di euro, che si ridurrebbe poi progressivamente nei 20 anni successivi, fino ad azzerarsi appena l’impianto fosse ammortizzato.

Comunque sembra che l’Autorità farà ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar. Ma ‘Pantalone’ non sa cosa augurarsi: se non facciamo i rigassificatori, il monopolio del gas resta nelle mani di chi gestisce i gasdotti internazionali e i contratti bilaterali con i paesi fornitori, e quindi può, in larga parte, fissare i prezzi che vuole. Se facciamo i rigassificatori, sia pure in un numero ragionevole e con l’accordo delle popolazioni locali, favoriamo la concorrenza sul mercato del gas, facilitando, in teoria, la discesa dei prezzi dell’energia. Ma ora con il rischio di dover pagare noi, nel caso i loro affari andassero male. E poi si meravigliano se uno si butta sulle rinnovabili …

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