Archivi categoria: Politiche

Dibattito: “Le sfide di un’altra economia?” – Torino

Giovedì 15 settembre

Parco Michelotti, ex Zoo, Torino

Con Guido Viale, Mario Agostinelli, Gianni Rinaldini. Modera Federico Bellono

“E’ il tempo dei sacrifici”, “Austerity”, “Dobbiamo rilanciare l’economia”, “Un patto per la crescita”, “Rilanciare i consumi”… Quante volte abbiamo sentito ripetere queste parole? Nel pieno della crisi le classi dirigenti al completo ripetono i loro presunti mantra salvifici senza batter ciglio. Ogni volta verrebbe da ricordare che le cure ad una malattia non possono mai essere le cause che l’hanno provocata. Questa banalità sembra non essere patrimonio comune.

Veniamo da trent’anni di scelte economiche basate su liberalizzazione dei capitali, privatizzazioni dei servizi pubblici, diminuzione dei diritti del lavoro, maggiore finanza e meno economia reale. Decisioni assunte all’unisono che hanno prodotto un’Italia con maggiori disuguaglianze, privilegi, delocalizzazioni produttive, meno lavoro. Oggi vengono vendute come ricette alla crisi le stesse cause, c’è qualcosa che non funziona…

L’attuale crisi, paradossalmente, può essere l’occasione per ripensare da capo l’economia e le sue leggi. Quasi tutti si ostinano a credere nel rilancio dei consumi e nella crescita delle produzioni: non sarebbe il caso di rifondare un’economia fondata sulla sostenibilità e l’equità al posto dell’aumento quantitativo delle merci?

Il Prodotto Interno Lordo non tiene assolutamente conto del benessere delle persone e di molti aspetti della loro vita: non sarebbe il caso di trovare altri modi di misurare la salute di un’economia? Le merci viaggiano in maniera sostenibile da un capo all’altro del mondo: non sarebbe il caso di ri-organizzare delle economie locali attente al territorio, all’ambiente, al lavoro?

Sono tante le ragioni che portano a sostenere la necessità di un altro modello di sviluppo. L’urgenza di pensare e costruire un’economia che abbia al centro le persone e non il mero profitto non è una scoperta dei nostri giorni. Eppure la radicalità della questione ambientale, il continuo aumento delle disuguaglianze, l’insostenibilità degli stili di vita occidentali impone la necessità di un’altra economia come mai prima d’ora.

Se è una conversione ecologica del modello produttivo e la transizione ad un’altra economia più equa sono necessarie, come attuarle? Quali strumenti? Basterà il movimento e l’organizzazione del basso per restituire una dimensione locale dell’economia? Come affrontare l’annoso problema del rapporto democrazia/poteri economici? Ed infine, come evitare che tutto si riduca a puro marketing in nome del green-washing (la classica pennallata di verde che mette la coscienza a posto)?

Info: www.fiumana2011.org

Condividi

Le sfide dell’acqua 2012-2022

Agire per l’acqua bene comune – Obiettivo Europa

SEZANO – VERONA    1 – 3 settembre

A cura di Università del Bene Comune, Facoltà dell’Acqua, VI°Anno Accademico (2011). In collaborazione con Ass. Monastero del Bene Comune, Comitato italiano Contratto Mondiale sull’Acqua, l’Institut Européen de Recherche sur la Politique de l’Eau (IERPE) di Bruxelles

La sfida europea. Il 2012: un anno determinante

Il 2011 é stato un anno ricco e pregante di battaglie per l’acqua, specie in Italia. L’Europa lo sarà (ma lo é già nei fatti) nel 2012

La Commissione Europea ha dichiarato che il 2012 sarà ‘”l’anno dell’acqua”. soprattutto perché

• la Commissione europea si é impegnata a presentare nell’autunno del 2012 il suo Blueprint for Europe’s Water (Blueprint per l’acqua in Europa). Questo documentoé destinato inevitabilemnte a diventerà la “Bibbia” dell’Unione in materia di politica dell’acqua per i prossimi 10-15 anni!

• l’Unione europea organizzerà la Terza Conferenza Europea sull’acqua

• nel mese di maggio si terrà la European Greeen Week centrata sull’acqua

• a marzo 2012 si terrà in Europa, a Marsiglia, il VI Forum Mondiale dell’Acqua del Consiglio Mondiale dell’Acqua, organismo dominato dalle grandi imprese multinazionali europee,in particolare francesi. Il Forum di Mazrsiglia si presenta come “il grande momento” di celebrazione della “visione mondiale dell’acqua” di matrice europea, in particolare francese. Una celebrazione che non é mal vista, anzi, dazlle istituionizioni europee in particolare la Commissione.

In realtà, promotori/protagonisti di quest’insieme impressionante di grandi eventi e momenti sono le istituzioni euopee le cui preferenze, attualmente, non sono opposte alla “mercificazione dell’acqua” e all’apertura dei servizi idrici ( e degli altri servizi pubblici “locali”) al mercato ed al settore privato. Conoscere meglio gli obiettivi ed i programmi promossi a livello europeo in materia dell’acqua, imparare a definire e a valutare le possibili alternative e le azioni da intraprendere per trasformare le manifestazioni del 2012 in grandi opportunità di visibilità e di efficacia per le azioni della società civile, ecco la sfida europea per i cittadini che sono da anni impegnati nella promozione dell’acqua bene comune pubblico e della concretizzazione effettiva del diritto all’acqua per tutti (gli esclusi dall’acqua aumentano nel mondo). Il Forum ufficiale Mondiale dell’Acqua a Marsiglia offrirà l’occasione per organizzare il Forum Alternativo, anch’esso mondiale. Il Parlamento europeo – in congiunzione ai parlamenti nazionali – sarà il luogo dove più direttamente ed efficacemente si potrà denunciare i rischi in corso , fare pressione, far avanzare le proposte.

La strategia adottata a livello europeo dall’UE è stata quella di dare la priorità ai problemi della qualità dell’acqua cui hanno aggiunto, più recentemente, i problemi legati alla scarsità e rarefazione (dette crescenti) dell’acqua. Così facendo, l’Unione Europea ha limitato la funzione della politica europea dell’acqua ad una politica di gestione della risorsa. In questo contesto, la prioirtà é data alle strategie competitive sull’accesso all’acqua e sui suoi usi sia nell’interesse nazionale (gli Stati membri restano i soggetti sovrani in materia di regime di proprietà dell’acqua e di gestione dei servizi idrici), sia nell’interesse economico e finanziario delle imprese gestori ed utilizzatrici (le grandi società private multinazionali mondiali quotate in borsa).

Scarica il programma completo (PDF, 569 Kb)

 

Condividi

Documento finale del Comitato “Vota sì per fermare il nucleare”

VERSO IL FORUM ITALIANO PER L’ENERGIA PER LA RIVOLUZIONE ENERGETICA NELLA PROSPETTIVA APERTA DALLA CULTURA DEI BENI COMUNI

Con il Referendum, quello che potremmo definire “l’equivoco del nucleare” è stato spazzato via dall’agenda politica ed energetica. Questo è il punto di arrivo di una straordinaria e vincente campagna referendaria. Oggi abbiamo la possibilità di individuare un nuovo punto di partenza. La vittoria è stata determinata da una molteplicità di fattori, ma in questa sede è importante per noi sottolinearne soprattutto due.

Il primo. Nel corso della campagna referendaria è emerso in modo palese il sostegno popolare, trasversale ai partiti, alla “visione” di una nuova economia e di un nuovo modello di sviluppo fondata sull’energia distribuita e su un uso diverso dell’energia, in altre parole su fonti pulite e rinnovabili e sull’efficienza e il risparmio energetico. Su questa visione, per oltre metà degli Italiani, si deve basare il futuro del Paese. E ciò che è più importante è che tutto ciò è stato visto come un’alternativa vera e concreta al nucleare.Il secondo.

Questa campagna referendaria ha visto emergere una società in movimento, che ha espresso una nuova politica fatta di pratiche e metodologie originali, insieme al ridimensionamento del potere assoluto delle TV a favore della riscoperta di strumenti di propaganda e informazione basati sul dialogo ed il convincimento diretto di milioni di persone, accanto all’uso dei social network e della rete. Tutto ciò è potuto avvenire perché è esploso nel paese un nuovo bisogno di partecipazione e di impegno che si è nutrito di uno straordinario interesse per i beni comuni.

La campagna referendaria ha quindi costituito una formidabile occasione perché si recuperasse il dibattito e l’elaborazione a livello territoriale su questioni strategiche, nazionali e globali: questo rende possibile, oggi, intrecciare le esperienze locali in un ambito più collettivo e in una prospettiva di nuova mobilitazione sociale e culturale a scala nazionale.

Per tutto ciò oggi è possibile parlare di un nuovo punto di partenza.

A due condizioni.

Che si valorizzi la varietà e ricchezza di posizioni e approcci.

Che non si rinunci ad un’azione unitaria ed efficace una volta individuato lo scenario condiviso.

Tale scenario può essere sintetizzato nella contemporanea presenza sulla scena mondiale della crisi economica e di quella climatica che disegnano il nostro campo d’azione intorno a tre grandi questioni tra loro intrecciate: lo sviluppo delle rinnovabili, del risparmio e dell’efficienza energetica, la risposta ai cambiamenti climatici, le opportunità di lavoro e di modifica degli stili di vita che tutto ciò determina.

Grazie a questi scenari oggi è concretamente possibile costruire una nuova economia fondata sulla sostenibilità ambientale, a basse emissioni di CO2, ed un modello di produzione distribuita dell’energia, partendo dal riconoscimento che stiamo vivendo nella prima fase di una vera e propria rivoluzione energetica, alla ricerca di un diverso paradigma di gestione delle risorse, che superi anche la dicotomia pubblico-privato. L’Unione Europea, ad esempio, sta elaborando una RoadMap per la decarbonizzazione al 2050. Si tratta di una vera rivoluzione, con il completo affrancamento dal carbone e dal petrolio che hanno costituito la base della rivoluzione industriale degli ultimi 200 anni. L’esito però di questa storica battaglia è tutt’altro che scontato: anzi, è già in atto un’offensiva tesa a rilanciare l’uso del carbone e mantenere inalterato il peso dei combustibili fossili.

Dobbiamo anche sapere che la rivoluzione energetica non è un processo tecnico, ma richiede un ripensamento profondo dei processi sociali e dei modelli culturali. Serve perciò rilanciare un grande investimento nella formazione di un nuovo patrimonio di conoscenza e di consapevolezza delle persone, che passa sia attraverso un rilancio del sistema di istruzione e ricerca sia attraverso il recupero dei saperi delle comunità.

Serve pensare a forme nuove e originali di mobilitazione sociale, capace di tenere insieme le associazioni con i gruppi di acquisto solare, le imprese con il governo del territorio, i piani di riqualificazione energetica delle città con la produzione distribuita di energia pulita, l’apertura di concrete prospettive di futuro per i giovani con il rilancio del lavoro a partire dal ruolo dei lavoratori nell’intervenire sui cicli produttivi e sui prodotti nella prospettiva di una riconversione energetica.

Sono obiettivi e prospettive ambiziosi. Tanto più che oggi in Italia, a differenza che nella maggior parte dei paesi europei, non esiste alcuna strategia e programmazione, né sul Clima e la riduzione delle emissioni climalteranti, né sull’energia. Sono necessarie scelte strategiche e settoriali di Governo e Parlamento, con un ruolo attivo delle Regioni e degli Enti Locali che partano dal chiaro obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori energetici (produzione elettrica e industriale, terziario, trasporti, riscaldamento e agricoltura).

La forza che abbiamo accumulato durante la campagna referendaria può trasformarsi oggi in un grande movimento popolare che costruisca uno spazio pubblico partecipato capace di produrre risposte concrete alle sfide che abbiamo delineato, tenendo insieme energie pulite, clima, lavoro, ricostruendo un’idea di futuro che abbia al centro il benessere comune.

Oggi possiamo aprire un percorso originale e ci possiamo muovere su più piani:

– iniziativa forte ed incisiva contro il carbone a partire da una iniziativa nazionale da tenersi a Porto Tolle in autunno.

– appoggio alla Proposta di legge di iniziativa popolare SVILUPPO DELL’EFFICIENZA ENERGETICA E DELLE FONTI RINNOVABILI PER LA SALVAGUARDIA DEL CLIMA, per chiedere che la nuova Strategia Energetica e Ambientale Nazionale sia fondata sugli obiettivi europei di riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2020 e sull’obiettivo di completa decarbonizzazione al 2050, sostenuta da un processo partecipato di consultazione che veda il coinvolgimento di tutti gli attori sociali (organizzazioni non governative, sindacati, aziende, cittadine e cittadini) e delle istituzioni locali e regionali.

– avvio di un percorso di confronto con i sindacati sulle opportunità di coniugare la sfida energetica con il lavoro

– promuovere una conferenza nazionale per l’energia che elabori un Piano Energetico Nazionale, partendo dall’attuale overcapacity nella produzione elettrica, per puntare alla progressiva sostituzione dell’uso di combustibili fossili con le fonti energetiche pulite e rinnovabili, nel quadro di una generale riduzione del consumo di energia e un uso più efficiente dell’energia stessa.

– messa in campo di piani energetici locali, in particolare per le grandi aree urbane, che sulla base di regole chiare individuino le priorità e le scelte strategiche, minimizzando l’impatto nell’uso del territorio.

– iniziativa autunnale per una Strategia Energetica e Ambientale che tagli le emissioni di gas climalteranti globali e locali, oltre che le emissioni dannose per la salute, che rilanci l’attenzione in Italia per i cambiamenti climatici e le urgenti e conseguenti azioni che rispecchino la giustizia climatica a livello nazionale e internazionale, mobilitando il popolo delle rinnovabili, del risparmio e dell’efficienza strutturazione di un Centro Studi, che accompagni le elaborazioni territoriali e avanzi proposte per la convocazione di una conferenza nazionale e la predisposizione di un vero e proprio piano energetico per l’Italia, ponendo l’obiettivo ambizioso, come già ha fatto la Germania, della produzione di energia da fonti rinnovabili all’80 % entro il 2050, con la contestuale riduzione del consumo energetico da fonti fossili

– prosecuzione della mobilitazione antinucleare sia per tenere sotto osservazione il nucleare che già c’è (dal decomissioning alla presenza di uranio impoverito o in ogni modo riprocessato), sia per lavorare con il movimento antinucleare europeo

– partecipazione alla cinquantesima Marcia della Pace Perugia-Assisi perché la necessità di approvvigionamento energetico e la dipendenza da fonti esauribili e geolocalizzate continua ad essere, insieme al bisogno di acqua, la causa principale di molteplici conflitti.

Sulla base di questi elementi l’assemblea decide di riconvocarsi entro il mese di settembre 2011 per proseguire l’esperienza unitaria della campagna referendaria, promuovendo la costituzione di comitati territoriali aperti in un percorso nazionale per la costruzione del forum italiano per l’energia, entro la prospettiva aperta dalla cultura dei beni comuni.

Condividi

Mercoledì antinucleare a Milano

Per i mercoledi antinucleari di via Borsieri, 12, c/o Spazio Kronos, il 29 giugno siamo organizzati nel seguente modo:

  • ore 17.00-19.00: i compiti e le scelte del Coordinamento Energia Felice (inclusa la proposta di Cooperativa Energetica). Partecipano: Mario Agostinelli, Giuseppe Farinella, Massimo De Giuli, Antonio Frascone e altri.
  • ore 19.00-20.30: discussioni su “O la Borsa o la Vita“. La domanda è: ‘sta minchia di debito pubblico l’abbiamo fatto noi popolo? Perché tutti, politica, giornalismo, scienza accademica, ce lo vogliono fare pagare proprio a noi? Perché dovremmo finanziare speculatori e banchieri, ma anche TAV e centrali nucleari?
Condividi

Nucleare: il referendum non chiude la partita

In questi giorni siamo impegnati allo spasimo per raggiungere il – difficile, non ci illudiamo, ma comunque alla portata – quorum sui referendum. Per quanto mi riguarda, io comunque amo sempre riflettere sugli scenari che si prospettano: è un vizio di cui non riesco a privarmi. La domanda che mi pongo è: che succede se vince il SI’ al quesito per fermare il nucleare? Dopo i festeggiamenti di prammatica vado finalmente in pensione come antinuclearista di professione? Provo a ragionarci su per vedere se finalmente mi trovo davanti un futuro radioso di vacanze al mare, possibilmente tutto l’anno, con la mia partner.

Se il 12 e 13 giugno vince il SI’ (con l’abrogazione dei commi 1 e 8 dell’art. 5 del decreto Omnibus) viene logicamente a cadere la possibilità di realizzare centrali nucleari, anche nel caso in cui venissero acquisite evidenze scientifiche , mediante il supporto dell’Agenzia di Veronesi. Il governo potrà (anche se non sarà più vincolato a farlo entro il maggio 2012) adottare la strategia energetica nazionale, ma questa non potrà includere il ricorso al nucleare. Le trappole interpretative però restano e sono dovute all’essenza delle nostre regole referendarie: esse infatti consentono solo l’abrogazione di norme di legge ben codificate, non permettono affatto di esprimere orientamenti politici ben definiti (e meno che mai “per l’eternità”). La partita vera viene poi, come sempre, giocata politicamente.

Era già accaduto, con il referendum del 1987, che – ad essere precisi – avrebbe dovuto produrre solo un blocco alla ricerca e alle attività nucleari all’estero (e c’era anche la questione delle compensazioni per gli enti locali). La decisione di chiudere i lavori per le nuove centrali non era obbligatoria, ma fu proprio quello che venne fatto. Al contrario, era obbligatorio che l’Enel non si impegnasse in programmi nucleari all’estero, ma, di nuovo, fu proprio quello che la partecipata di Stato fece. Vedremo riproporci, in qualche modo, un film simile, vale a dire non si fa quello che si deve e si fa quello che non si deve?

Pensate che, in Italia, questo andazzo non sia possibile?

I segni già si vedono in quanto sta maturando nei nostri ambienti governativi. Cito il Sole 24 Ore di oggi, in particolare un articolo a firma di Federico Rendina: “Siccome le nuove norme che si chiede di abolire sono quelle che fissano tempi certi e un percorso obbligato per quel piano energetico complessivo di cui l’Italia non riesce da anni a dotarsi, ecco in agguato un pericoloso effetto boomerang: niente piano energetico nazionale; niente quadro complessivo per meglio sviluppare, tra l’altro, le rinnovabili“.

Il ricatto di una situazione emergenziale così prospettata potrebbe aprire la strada alla riproposizione di una via autonoma e “semplificata” all’atomo. Citiamo sempre l’articolo di Rendina: “Con un atto amministrativo autonomo sull’onda di una delega legislativa il governo si riserverebbe la facoltà di riproporre per intero e magari rafforzate le stesse norme (poi abolite) già nel mirino originario del referendum, per giunta in piena autonomia e senza controllo. Evitando così il ricorso ad un processo legislativo nella sua completezza, con l’usuale passaggio dal setaccio parlamentare che costituirebbe comunque una doverosa garanzia“.

In sostanza si tornerebbe alla legge “sviluppo” di due anni fa (n. 99/2009), poi superata da altre norme attuative e dalla “moratoria” che abbiamo abrogato: quella che ha istituito l’ASN di Veronesi e ha previsto il ricorso agli impianti nucleari fissando gli adempimenti successivi. L’idea che poterebbe essere coltivata, da parte dei fautori del nucleare, se volessero forzare la mano (ma potrebbero benissimo aspettare un quinquennio dopo altri 25 lavorando nel frattempo sotto traccia) è “ricominciare da tre”.

Stiamo perciò bene attenti a non dormire sugli allori e a dare per scontato che il nucleare in Italia stia per diventare un capitolo ormai chiuso. Le giaculatorie esorcistiche degli ambientalisti di professione sulla non sostenibilità economica della tecnologia nucleare odierna non terranno da sole a bada gli interessi potentissimi e globali dei “vampiri atomici”. Per comprendere questo c’è bisogno di chi focalizza l’attenzione sui legami strettissimi tra “atomo di pace” (sic) ed “atomo di guerra”.

Vacanze al mare SI’, perciò, ma con giudizio…

Alfonso Navarra

PS: la partita non è chiusa nemmeno nella malaugurata ipotesi che non raggiungessimo il quorum

Condividi