Archivi categoria: Politiche

23 gennaio: presentazione libro “Cercare il Sole” a Firenze

Presentazione del libro

“Cercare il Sole. Dopo Fukushima”

di Mario Agostinelli, Roberto Meregalli, Pierattilio Tronconi

Lunedì 23 gennaio, ore 16:00

Sala Affreschi – Palazzo Panciatichi – Consiglio Regionale della Toscana – via Cavour, 4 – Firenze

 

Introduce:

– Mauro Romanelli, Consigliere Regionale

Modera:

– Maurizio De Santis, Portavoce Regionale Sinistra Ecologia e Libertà Toscana

Interventi:

– Mario Agostinelli, Coautore del libro

– Alessio Gramolati, Segretario generale CGIL Toscana

– Fabio Roggiolani, Liberi Imprenditori Ecologisti

 

Media Partner: www.ecquologia.it

Segreteria organizzativa: d.braccaloni@consiglio.regione.toscana.it – via Cavour, 4 – Firenze – Tel 055/2387506 – Fax 055/2387662

Scarica la locandina (PDF, 135 Kb)

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Boom fotovoltaico, ma a Merano chiude la Memc

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano online – 8 gennaio 2012

Tante chiacchiere sulla necessità di sostenere le produzioni di avanguardia e nei mercati più stimolanti; reprimende continue ai sindacati perché non accettando i licenziamenti arbitrari bloccano la ripresa; espulsione della Fiom dagli stabilimenti del supermanager Marchionne. Tutta qui la risposta delle classi dirigenti alla crisi?

Intanto a Merano la Memc, tra i maggiori produttori mondiali, ha annunciato, nell’ambito di una ristrutturazione globale delle attività societarie, la cessazione delle attività dell’unico impianto italiano di silicio per fotovoltaico. Sono a rischio 310 posti di lavoro, più un altro centinaio nell’indotto, e una produzione d’avanguardia partita da pochissimo: i nuovi reparti per il silicio policristallino, che hanno richiesto un investimento di 19 milioni di euro, sono stati inaugurati poco più di un anno fa. Gli operai hanno tenuto un’assemblea prima di Natale bloccando il traffico e risultano gli unici a preoccuparsi della continuità produttiva di un settore strategico.

Per caso, i ministri Fornero e Passera hanno provato a riflettere con i dipendenti Memc sullo scandalo per cui la più grande performance mondiale di installazione di fotovoltaico per il 2011 si è registrata in Italia (6.900 MW, che, sommati a quelli esistenti, fanno segnalare dal GSE al 29 dicembre 12.408 MW allacciati alla rete, suddivisi in 316 mila impianti!) comperando quasi tutto il materiale e le apparecchiature all’estero? Se hanno diritto di parola e decisione solo i “tecnici” e ci si proietta unicamente nel loro mondo esclusivo, mentre si zittisce la gente in carne ed ossa con il proprio vissuto, ci si abbandona solo alla “giostra dello spread”, che non lambisce nemmeno da lontano la democrazia, non suscita partecipazione e ci allontana da un quotidiano in cui prevalga la solidarietà. Questo ci ricordano le lotte in corso in molte parti del Paese.

Per la vicenda del lavoro meranese si può fare molto, avendo a cuore però le famiglie dei dipendenti prima che gli interessi della multinazionale americana. Nell’immediato, per garantirsi che gli impianti non vengano fermati, si può agire sulla leva fiscale a partire da un’aliquota Irap ridotta a favore di quelle aziende che investono in ricerca e sviluppo nel settore delle energie rinnovabili. Si può anche stabilire temporaneamente una riduzione selettiva del costo dell’energia elettrica da parte della provincia e del comune, che sono propietari al 50% delle centrali elettriche fornitrici. Oppure, consentire l’importazione dalla vicina Austria, il cui governo non carica la bolletta di oneri impropri.

Soprattutto occorre progettare il medio-lungo periodo per uscire dall’emergenza e garantire un futuro socialmente desiderabile per il territorio. Il “libero mercato” non basta, anzi, spesso fa danni irrecuperabili. E’ indispensabile che “il pubblico” (Stato, Provincia e Comuni) assumano compiti di indirizzo e di programmazione economica sul territorio, intervenendo con idee, programmi, strumenti (comprese le municipalizzate e i centri di ricerca pubblici) e finanziamenti. Le energie rinnovabili (e non solo il fotovoltaico) hanno caratteristiche di filiera tipicamente territoriale, entro cui la missione della Memc può a buona ragione essere integrata con vantaggi dovuti alla specializzazione del mercato alpino attentissimo agli aspetti ecologici e interessato all’integrazione dell’energia nel paesaggio e nella valorizzazione della salute. La riconversione ecologica di cui spesso si parla è a portata di mano e, in questo caso, nemmeno tanto complessa. Perché non provarci proprio a partire, con uno sforzo straordinario e esemplare, da un’azienda in difficoltà ma ancora solida come la Memc?

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Comunicato costituzione Associazione Energia Felice associata all’ARCI

Il giorno 14 dicembre si è costituita in Lombardia l’associazione Energia Felice, associata all’ARCI milanese. Si tratta di una evoluzione a lungo meditata e costruita in un rapporto collettivo, frutto anche della svolta culturale e politica sui beni comuni e di una pratica di impegno e di lotta a partire prima dalla raccolta di firme sulla proposta di Legge di iniziativa popolare “No al nucleare, Si alle rinnovabili” e poi dal lavoro nel Coordinamento nazionale per il referendum di giugno contro il nucleare. In particolare, il voto referendario rappresenta un fatto politico eccezionale, che ha evidenziato la scelta chiara degli italiani contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua. Dobbiamo sentire la responsabilità di interpretare la volontà del popolo italiano anche di fronte alle resistenze già messe in campo. In questi tempi di crisi occorre costituire un riferimento culturale chiaro per l’attuazione della democrazia, a partire anche dalle soluzioni ai problemi energetici.

Il debito verso la natura procede insieme a quello finanziario. Sanare il primo equivale a risolvere l’altro. Il nostro patrimonio è il pianeta. Il nostro mercato lo sviluppo bio-compatibile. Il nostro futuro l’economia sostenibile. Il nostro miglior alleato contro la crisi globale è l’energia rinnovabile, la nostra arma più potente la sua inesauribile capacità di generare vita. Le risorse per sanare il debito finanziario le abbiamo: quelle risorse si chiamano risparmio ed energie pulite.

L’approccio corrente alla politica energetica va ricomposto: quale società, giusta e desiderabile, quale lavoro dignitoso e quale futuro per la specie umana impongono un quadro nuovo di convivenza con i ritmi, i cicli e le risorse energetiche della biosfera a cui apparteniamo indissolubilmente?

La finalità prevalente di Energia Felice in questa fase è quella di organizzare attività di educazione, formazione e sensibilizzazione sul territorio riguardo ai temi delle fonti rinnovabili, del decentramento territoriale dell’energia, del risparmio e degli stili di vita necessari, dei beni comuni.

Sono già da ora in cantiere diverse attività: incontri di educazione/informazione anche tramite l’uso di internet e dei social media; corsi di formazione; produzione e divulgazione di libri, slide, DVD; partecipazione a convegni, fiere, seminari; proposte alle scuole di primo e secondo grado laboratori didattici, lavoro sul territorio con i circoli ARCI per accessi consorziali alle rinnovabili e sviluppo di piani energetici territoriali.

Per quanto riguarda la comunicazione online è possibile accedere ed informarsi tramite il sito www.energiafelice.it

Per ricevere la newsletter settimanale basta inviare la richiesta con il proprio indirizzo mail a info@energiafelice.it.

Mario Agostinelli, presidente associazione Energia Felice, associata ARCI

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Speciale Durban: Un accordo farsa

di Giuseppe De Marzo su Il Manifesto del 13 dicembre 2011

Un accordo farsa che fa carta straccia degli allarmi della scienza, della democrazia ed irride alle vittime del caos climatico. Impossibile definire diversamente quanto successo in Sudafrica, durante il vertice mondiale sul clima.

Dopo due settimane e 40 ore di extra time l’accordo di Durban in realtà non prevede assolutamente nulla di obbligatorio e vincolante per i grandi inquinatori, ma dice solamente che nel 2015 verrà definita un’intesa e che questa sarà valida nel 2020. Come un obeso che dopo 19 anni (gli anni passati dal primo summit ad oggi per trovare una soluzione vincolante sul clima) continua a rimandare al prossimo lunedì la dieta necessaria a salvargli la vita. Gli credereste? Irresponsabile cecità. Non c’è altro modo per definire il comportamento di chi governa oggi il mondo. 350 mila morti ogni anno, innalzamento dei mari, scomparsa di molti paesi del pacifico, distruzione delle economie degli stati costieri, intensificazione dei fenomeni metereologici estremi, acidificazione dei mari, desertificazioni di intere aree del mondo, 50 milioni di profughi ambientali, centinaia di milioni di posti di lavoro a rischio, perdita di biodiversità a ritmi superiori rispetto alle precedenti estinzioni di massa: come si fa a non vedere ed a rimandare ancora? Proprio qui in Africa, il continente che rischia di essere “cucinato” dal caos climatico, si è seppellito l’unico accordo in vita, quello di Kyoto, che vincola legalmente i paesi industrializzati a ridurre le emissioni. Nel 2012 scadrà senza essere sostituito da qualcosa di altrettanto obbligatorio.

Il COP17 di Durban sarà ricordato come un fallimento per l’umanità ed un grande affare per chi continua a far salire la febbre del pianeta. A sentire i governi dei grandi inquinatori, su tutti USA e Cina, dovremo aspettare il 2015 per negoziare un accordo che sarà vincolante solo nel 2020. Il punto è che non abbiamo 10 anni! La scienza è chiara su questo. Il picco delle emissioni deve essere il 2015 e dall’anno seguente dovranno ridursi se vogliamo evitare di essere responsabili di un innalzamento della temperatura superiore ai 4 gradi nel corso di questo secolo. I governi avevano indicato solennemente a Copenaghen due anni fa, sede del COP15, in 2 gradi il limite oltre il quale la conseguenza sarebbe trasformare la terra in un girone dantesco e sprofondare la gran parte dell’umanità nell’apartheid economica e ambientale.

E’ cambiato qualcosa da allora? Basterà la green economy gestita dal colosso cinese a ridurre il riscaldamento globale? Evidentemente no. Come si fa quindi ad aspettare il 2020? Chi dovrebbe obbligare i grandi inquinatori a ridurre le emissioni? Ha prevalso l’idea di lasciare nelle mani del mercato, delle forze produttive (o distruttive?) e della finanza la capacità di ridurre le emissioni di gas clima alteranti, come se la crisi finanziaria non avesse insegnato niente sulla mano “visibile” del mercato e sul suo unico interesse: fare soldi. L’assenza dei principali capi di Stato del mondo inquinante e industrializzato al vertice dimostra del resto come la politica sia oggi incapace di prendere decisioni contrarie ai grandi interessi economici e finanziari, anche se la posta in gioco sono le sorti dell’umanità. Chi per una ragione e chi per un’altra tutti privilegiano, sbagliando, le ragioni della crisi economica. Un pensiero primitivo, eppure vincente, quello che dipinge ancora in contrapposizioni l’economia all’ecologia ed ignora i limiti segnalati dalla scienza. E non è certo questa la strada per coniugare le ragioni dell’ambiente con quelle del lavoro.

Le proposte portate dalla società civile e dalla scienza per una seria riconversione energetica ed industriale dell’apparato produttivo, in grado di rispondere concretamente a queste due grandi urgenze, sono rimaste invece inascoltate. Nemmeno sui meccanismi di mitigazione ed adattamento si sono fatti passi avanti concreti per sostenere i paesi più poveri e quelli più vulnerabili, come le isole nel Pacifico che stanno scomparendo per l’innalzamento dei mari. Gli USA che avevano garantito 100 miliardi di dollari ogni anno per il Fondo Verde hanno fatto marcia indietro e non si capisce chi metterà i soldi, come saranno ripartiti e come avverrà il trasferimento di tecnologie pulite.

Siamo in balia delle onde. Per evitare di scoprirci naufraghi sul nostro stesso pianeta dobbiamo fare prestissimo e costruire un campo nuovo che esprima una cultura ed una pratica egemone che ripensi lo sviluppo a partire dai limiti del pianeta. Non è impossibile. La società civile, i movimenti, i lavoratori, i contadini e la scienza sono pronti. Speriamo che la politica questa volta scelga di stare dalla parte giusta. È l’ultima occasione.

Giuseppe De Marzo, portavoce A Sud

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Speciale Durban: la lunga notte

Alberto Zoratti, da Durban

La Conferenza delle Parti di Durban, come molti si aspettavano, ha scelto di sforare nei tempi. La fine della plenaria, programmata per ieri, si è rimandata ad oggi con inizio, in sala da decidere, alle 10 ore di Durban. In un Convention center a metà tra il bivacco ed il disimpegno, le delegazioni governative corrono per trovare un accordo che consenta di non far perdere ulteriore tempo al mondo che aspetta. C’è la possibilità di una conclusione comunicabile, non si sa ancora quanto accettabile nei contenuti. E come ogni volta si accende la polemica sul multilateralismo e sulla possibile inutilità dei percorsi Onu, non tenendo presente che chi chiede con forza approcci multilaterali sono proprio i Paesi del sud del mondo, approcci che le grandi potenze come gli Stati Uniti notoriamente rifiutano.

La lunga notte di Durban

Nelle stanze e nei corridoi dell’ICC di Durban si sono fatte le ore piccole. Molti delegati hanno trovato posto sulle poltrone per passare la nottata, altri si sono trovati impigliati in estenuanti negoziati. L’Assemblea plenaria della COP17 ha scelto di non fare il bis della sua precedente versione messicana: sospensione a tarda notte e ripresa alle 10 del mattino di sabato. Ed i testi usciti dagli Indaba lasciano spazio a molte interpretazioni, ma anche ad alcune preoccupazioni. Con una domanda: il multilateralismo val bene una messa?

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