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Tutti zitti sul nucleare: perché?

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015I loquacissimi e filonucleari Chicco Testa, Franco Battaglia e via discorrendo si sono presi le vacanze con molto anticipo. Nemmeno più un cenno ai mirabolanti benefici futuri dell’atomo, dopo i disastri economici che colpiscono Toshiba e Westinghouse; nemmeno una nota sulle decisioni di Areva e Edf di chiusura precauzionale di reattori; nulla sulla California che ferma la sua ultima centrale. E che silenzio tombale sul deposito nazionale delle scorie, che adesso non balla più solo tra Saluggia, Sardegna e Scanzano, ma fa capolino addirittura a Ispra (Varese) in un capannone per ora inaugurato solo per artisti temerari.

Mentre si avvia il dibattito sulla Nuova strategia nazionale (Sen) confezionata dal ministro Calenda, capace di entusiasmare tutti i fan delle fonti fossili e di rimandare ad altri tempi l’introduzione di un paradigma energetico finalmente innovativo, tutto si concentra sulle virtù del gas e dei gasdotti che sbarcherebbero sulle nostre coste. Direi che – freudianamente – le virtù taumaturgiche dell’atomo, troppo azzardate e impopolari da riproporre per il futuro dell’elettricità, vengono trasferite al gas, combustibile meno gravido di Co2, ma pur sempre evocativo – con le sue grandi centrali e migliaia di km di tubi – di una crescita illusoria, di una esuberanza e di uno spreco di energia.

Tutto, purché si stia lontano dalle fonti naturali, dall’efficienza, dalle reti digitali e dagli impianti di immagazzinamento di energia elettrica. E’ il modello dei grandi impianti che continua ad entusiasmare ministri ed esperti oggi più timidi e silenti. Anche questa è la ragione per cui la crisi del nucleare francese non trova spazio sulla stampa, né commenti all’altezza della gravità dei fatti.

Proprio in questo inizio di estate il Coordinamento antinucleare “Sud-Est France” ha ripubblicato il processo del 30 agosto 2016 a Parigi in cui aveva difeso il sito del blogger Mediapart che attaccava Luc Oursel (ora morto di cancro, era un ingegnere e caposquadra nelle miniere di uranio di Areva in Gabon), presentando una denuncia contro l’attività estrattiva di uranio in condizioni di rischio altissimo.

Nel testo ripubblicato, Areva viene accusata di aver firmato un accordo di “sponsorizzazione con la morte nucleare”; di svolgere attività culturali locali per i bambini in modo da far loro sottovalutare i pericoli di radiazione; di aver sovvenzionato la grande mostra sull’Egitto ad Avignone con i ricavi della vendita di combustibile Mox alla centrale di Fukushima. Queste accuse si aggiungono a difficoltà attuali di bilancio per Areva, a spese pazzesche per il progetto di fusione Iter, ai difetti del contenitore degli Epr in costruzione. Il nucleare zoppica davvero. E non solo in Francia.

In questi giorni, dopo la decisione Svizzera di non costruire nuove centrali nucleari, dall’altra parte dell’emisfero, in California, si sta prendendo una decisione determinante con conseguenze di vasta portata: Pacific Gas e Electric co hanno annunciato di non rinnovare la licenza per i due reattori presso la centrale nucleare di Diablo Canyon che chiuderà nel 2025, terminando un tumultuoso rapporto durato 31 anni con la popolazione e il governo locale e con una perdita economica annuale di circa un miliardo di dollari.

La chiusura fa parte di un accordo con le organizzazioni del lavoro e dell’ambiente in cui la multiutility accetta di aumentare gli investimenti in efficienza energetica, energia rinnovabile e immagazzinamento elettrico per compensare la potenza che non sarà più prodotta dalla centrale nucleare. Canyon Diablo è l’ultima centrale nucleare operante nello Stato, dopo l’arresto nel 2012 della stazione di generazione nucleare di San Onofre, a sud di San Clemente.

Il presidente di Pg&E Tony Earley ha dichiarato: “Il paesaggio energetico della California sta cambiando profondamente con l’efficienza energetica, la rinnovabilità e l’immagazzinamento che sono essenziali per la politica energetica dello Stato. Mentre compiamo questa transizione, la produzione completa di Diablo Canyon non sarà più richiesta fino a esaurirsi”. Diablo Canyon impiega quasi 1.500 lavoratori e contribuisce con più di un miliardo di dollari all’economia locale. È il più grande datore di lavoro privato della contea di San Luis Obispo, ed elargisce un salario medio annuo di 157mila dollari.

Si tratta di un accordo storico che definisce una data certa per la fine dell’energia nucleare in California e assicura il rimpiazzo con il risparmio, la sicurezza, il costo competitivo dell’energia rinnovabile, l’efficienza energetica e l’immagazzinamento di energia.

L’accordo è anche condizionato dall’approvazione da parte della multiutility pubblica statale dei programmi di Pg&E per la sostituzione della potenza di Diablo Canyon e delle altre grandi centrali con risorse senza gas a effetto serra. In definitiva, l’efficienza energetica e l’energia rinnovabile dal vento e dal sole possono sostituire gli impianti nucleari e a combustibile fossile.

Inoltre, la riconversione di tutti gli occupati sulle nuove tecnologie – ha detto un sindacalista locale – assicura “che i posti di lavoro della classe media siano una parte centrale dell’economia emergente pulita e rinnovabile“. Piacerebbe sentire anche in riva ai nostri mari discorsi di questo tono nell’estate assolata in cui il clima fa sentire i suoi morsi.

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Nikola Tesla e Donald Trump: con la testa rivolta alle spalle

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Trump e Tesla si collocano ad almeno 120 anni di distanza l’uno dall’altro, ma un confronto tra le loro visioni risulta impietoso per l’arrogante Tycoon e il tempo, a giudicare dal programma energetico del nuovo Presidente, sembrerebbe essere trascorso invano.

Nikola Tesla in una intervista di fine ‘800 affermava che ci sono tre maniere con le quali l’energia che determina il progresso umano può essere aumentata. “In primo luogo, noi possiamo aumentare la massa. Questo, nel caso dell’umanità, significherebbe il miglioramento delle condizioni di vita, la salute, la cura della prole ecc… In secondo luogo, noi possiamo ridurre le forze di attrito che impediscono il progresso, come l’ignoranza, l’insanità, e il fanatismo religioso. In terzo luogo, noi possiamo moltiplicare l’energia a disposizione della massa umana imbrigliando le forze dell’universo, come quelle del sole, dell’oceano, dei venti e delle maree. Il primo metodo aumenta la quantità di cibo e il benessere. Il secondo metodo porta alla pace. Il terzo metodo aumenta la nostra capacità di lavorare e di raggiungere risultati. Non ci può essere progresso che non sia costantemente diretto verso un incremento del benessere, della salute, della pace e dei risultati del lavoro. Questa concezione, ancorché meccanicistica della vita, è uno degli insegnamenti di Buddha e del Sermone della Montagna”.

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Carbone a Genova: roba da matti!

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Il 22 novembre scorso, il direttore della Autoritè de suretè nucleaire francese (Asn) Pierre-Franck Chevet, in seguito alla scoperta di una crepa nella copertura del reattore sperimentale Epr (reattore ad acqua pressurizzata) in costruzione a Flamanville, comune situato nel dipartimento della Manica nella regione della Bassa Normandia, ha deciso di riconsiderare l’intera “catena di controllo” per rendere l’atomo più sicuro e di chiudere, per un certo tempo, 20 dei 58 reattori nucleari presenti sul territorio francese. Il problema riscontrato riguarda un eccesso di carbonio nella copertura in acciaio speciale nell’impianto in costruzione (dal 2005!) e si accompagna ad altri riscontri di insufficiente affidabilità in alcune centrali in attività.

La Francia, che è il più grande Paese esportatore netto al mondo di energia elettrica e vende principalmente in Italia, Gran Bretagna, Svizzera, Belgio e Spagna, produce per il 75% con l’atomo, con una disponibilità di potenza di 63.200 MW, ma si è trovata costretta a ridurre pesantemente gli obbiettivi di generazione – dal 1998 previsti sopra ai 400 TWh – in seguito alle ispezioni e ai fermi in atto. Data la mancanza di flessibilità del sistema elettrico francese, le interruzioni di massa drenano potenza da tutta Europa oltre a mettere in discussione il “prestigio” del nucleare transalpino nel mondo.

La produzione è in costante calo da maggio, secondo la Reuters, per due ragioni:

1) EDF possiede la maggior parte dei reattori di Francia, ma l’azienda ha gravi problemi finanziari e molti dei suoi progetti hanno un rating inferiore all’investment grade. Con più di 40 miliardi di dollari di debito le azioni di EDF, di cui il governo francese detiene l’85%, sono crollate del 55% nel corso dell’anno passato.

2) Una legge approvata dal governo francese lo scorso novembre allo scopo di sostenere l’energia solare, richiede di ridurre la quota di produzione di energia nucleare a solo il 50 per cento entro il 2025.

In un Sistema interconnesso come quello europeo, l’aumento del prezzo del MWh nucleare fa arretrare l’importazione dalla Francia per i paesi confinanti mentre richiede che quest’ultima sfrutti impianti sottoutilizzati in territorio estero per supplire il calo di produzione. Ciò vale in primis per la Germania che ha diversificato le sue fonti di alimentazione e accresciuto la sua capacità da fonti rinnovabili lasciando sottoutilizzata in parte la sua flotta convenzionale (i prezzi tedeschi sono stati di 33,65 € / MWh contro i 45,60 € / MWh dell’atomo dei vicini).

L’Italia intanto ha aumentato le sue esportazioni del 198% e ridotto le importazioni nette (-62%) dando fiato a quelle voci che al ministero dello Sviluppo vorrebbero la ripresa della produzione da fonti fossili, pur sapendo che la buona diffusione delle rinnovabili (ora contrastata) fa la differenza tra le varie zone del Paese (l’Italia settentrionale è quella che sta soffrendo di più per l’attuale situazione).

E qui si inserisce il colpo a effetto dell’italiano ministero dello Sviluppo economico: riaprire la centrale a carbone di Genova. Era stata spenta questa estate, dopo aver esaurito le 2.200 ore di produzione autorizzate per il 2016. Per quest’anno era in programma la dismissione programmata dall’Enel, con una chiusura anticipata nonostante sulla carta avesse ancora 2.000 ore previste. Ma la colpa è dei Francesi… Il pericolo di carenze energetiche risveglia dunque appetiti che sembravano sopiti. “Una decisione gravissima – dichiara Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia – che usa scuse rese risibili dalla enorme sovracapacità italiana: siamo in grado di produrre quasi 117 GW di energia elettrica a fronte del massimo picco di domanda interna di 60,5 GW.

La risposta del Gestore dei mercati elettrici (GME) è stupefacente: “La produzione termoelettrica a carbone, la cui quota attualmente è limitata dalla forte competizione con le rinnovabili soprattutto nelle ore vuote, potrebbe tornare a un funzionamento baseload nel medio periodo. Questa possibilità si conferma nell’ipotesi che i mercati delle commodities mantengano lontano lo switching nel merit order fra impianti a carbone e cicli combinati a gas”.

L’uso ormai smodato dell’inglese significa che tra carbone e rinnovabili si torna al punto di prima, con buona pace per la vista sul porto da Sampierdarena, per chi vuole continuare a trivellare in mare, per A2A che brucia lignite in Montenegro, per le nostre bollette in aumento e per l’accordo per la riduzione di emissioni di anidride carbonica COP21, che recentemente è andato in vigore anche con l’approvazione di governo e parlamento italiani.

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La presidenza di Trump: poco sole, tanto petrolio e… nucleare

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Allo stato attuale delle nomine del suo governo, possiamo già avere idea di quali saranno gli orizzonti energetici della presidenza Trump. E’ un governo di Paperoni e si profila come “il più ricco della storia moderna americana“. La squadra di Bush nel 2001 vantava un patrimonio complessivo stimato in circa 250 milioni di dollari, pari ad appena un decimo della ricchezza del solo Wilbur Ross, il ministro del Commercio scelto da Trump che, secondo Forbes, ha un patrimonio di 2,5 miliardi di dollari.

Todd Ricketts, il vice designato di Ross al Commercio “è figlio di un miliardario ed è comproprietario dei Chicago Cubs”, mentre Steven Mnuchin che Trump ha nominato per guidare il dipartimento del Tesoro, è un ex manager di Goldman Sachs, executive di un fondo speculativo e finanziatore di Hollywood.

Miliardaria anche Betsy DeVos, selezionata come futuro ministro dell’Istruzione: la ricchezza della sua famiglia ammonta a 1,5 miliardi di dollari. Mentre Elaine Chao, prossimo ministro dei Trasporti, è la figlia di un magnate delle spedizioni marittime. Harold Hamm, papabile ministro dell’Energia, è un magnate del petrolio che si è fatto da solo e che figura al 30esimo posto nella classifica di Forbes sui 400 uomini più ricchi d’America.

L’assunzione recente a segretario del Dipartimento di Stato di Tillerson, il Ceo di Exxon (la più grande azienda energetica del mondo). Se si stima la ricchezza del presidente eletto Donald Trump sui 3,7 miliardi di dollari, si può calcolare che i patrimoni del governo che entra in carica valgono più del Pil delle ultime 120 nazioni.

Una squadra siffatta ha presente il business assai più del clima del pianeta. Chris Mooney, Brady Dennis e Steven Mufson, a nome dei gruppi ambientalisti, hanno protestato l’8 dicembre per la nomina di Scott Pruitt, il procuratore generale del petrolio e del gas ad alta intensità dello stato di Oklahoma, a capo della Environmental Protection Agency (Epa), una mossa di aggressione alla pur prudente politica sui cambiamenti climatici del presidente Obama e un segno di svolta dell’eredità ambientale. Pruitt, che è stato anche attivo in gruppi religiosi e ricopre il ruolo di diacono della Prima Chiesa Battista di Broken Arrow, ha trascorso gran parte della sua vita, come procuratore generale, combattendo la stessa agenzia che è stato nominato a guidare.

Pruitt ha difeso la ExxonMobil quando cadde sotto inchiesta da parte dei procuratori generali di Stati più liberali che cercavano informazioni sul fatto che il gigante del petrolio non avesse rivelato informazioni sui cambiamenti climatici. Ora il suo amico siede addirittura al Dipartimento di Stato, con l’applauso dell’Eni di Descalzi e l’assenso di Putin che ha messo in fibrillazione i giacimenti russi in una fase in cui tornerà in crescita il prezzo di petrolio e metano.

L’Oklahoma, il “protettorato di Pruitt, è classificata al quinto posto nella nazione per la produzione di petrolio greggio nel 2014, ha cinque raffinerie di petrolio, 73 impianti di perforazione e ospita Cushing, il gigante di stoccaggio di petrolio da fracking. Appena nominato le quotazioni dell’etanolo per biocarburante sono crollate del 7%.

Ma non è tutto: è partita un’autentica caccia alle streghe. I consulenti per il presidente eletto Donald Trump stanno sviluppando piani per rimodellare i programmi del Dipartimento di Energia, sostenere l’invecchiamento delle centrali nucleari in opera e identificare il personale che ha giocato un ruolo nella promozione dell’agenda per il clima del presidente Barack Obama.

La squadra di transizione ha infatti chiesto all’Agenzia di elencare i dipendenti e collaboratori che hanno partecipato agli incontri sul clima delle Nazioni Unite (Parigi e Marrakesh in particolare) insieme a coloro che hanno contribuito a sviluppare le metriche dei costi sociali dell’emissione di carbonio durante l’amministrazione Obama, utilizzate per la stima e la giustificazione dei benefici per il clima di nuove regole di risparmio e promozione delle rinnovabili.

I consulenti sono anche alla ricerca di informazioni sui programmi di prestito dell’agenzia, per le le attività di ricerca e per fornire la base per le statistiche. In fondo Trump aveva promesso di eliminare gli “sprechi” del governo a favore del pubblico e di annullare l’accordo sul clima di Parigi nel quale quasi 200 paesi si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra. Non sfiniti dal loro attivismo negazionista, gli stessi consulenti del Presidente stanno studiando come rilanciare il piano sospeso di deposito delle scorie di rifiuti radioattivi a Yucca Mountain del Nevada. Se il buongiorno si vede dal mattino…

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Il pasticcio di Hinkley Point

La centrale nucleare inglese che i francesi vogliono e gli inglesi no

a cura di Roberto Meregalli

Questa storia parla di due reattori nucleari che dovrebbero essere costruiti in Gran Bretagna. Una storia apparentemente lontana da noi, ancor più dopo la Brexit, ma che ci riguarda perché la transizione energetica coinvolge tutti; ed i progetti inglesi non rispondono alla logica di creare sistemi energetici locali, distribuiti, ma al vecchio paradigma di un sistema in mano a pochi perché affare di grandi capitali. Inoltre è una storia che esemplifica come importanti decisioni siano ostaggio di logiche economiche che esulano dal tema in discussione.

Hinkley Point si trova presso la città di Bridgwater, nel Somerset in Inghilterra, ed è sede di un impianto nucleare composto da due reattori, chiusi nell’anno 2000, e da due ancora in servizio, anche se destinati a chiudere i battenti a breve, dopo quarant’anni di attivita.

Nell’ottobre del 2013 il governo inglese concluse un accordo con la francese EDF (Eletricité de France), per evitare la chiusura del complesso, costruendovi due nuovi reattori di tipo EPR (Evolutionary Power Reactor).

Va premesso che la Gran Bretagna nel 2015 ha prodotto il 21% della sua elettricita col nucleare ma gli impianti sono vecchi, sono vent’anni che il settore è fermo, quindi entro il 2023 tutti, tranne uno, chiuderanno i battenti. Doveroso quindi pensare alla loro sostituzione con nuovi impianti o con sistemi di generazione diversi.

EDF l’impresa di stato francese, si era proposta di costruire i due reattori di Hinkley e lo aveva fatto strappando un accordo che le garantirebbe un prezzo fisso dell’elettricita prodotta (garantito per 35 anni). Già al momento dell’accordo furono molte le critiche dell’opposizione a Cameron (allora primo ministro), qualcuno ironizzò che il governo inglese non riusciva a stabilizzare il prezzo dell’elettricità per i cittadini inglesi, ma riusciva a farlo per EDF per 35 anni.

Il (pre)contratto in effetti garantisce un prezzo stabile di 92,5 sterline (117 euro) per ogni megawattora prodotto, stabilendo che il governo inglese pagherà la differenza fra questo importo e quello di mercato. Orbene questo prezzo è il doppio del prezzo della borsa elettrica inglese, è persino più del doppio del prezzo attuale in Italia: 40 euro al megawattora! Inoltre il governo inglese si farebbe garante per tutti i debiti contratti dall’operatore sul mercato finanziario per reperire i fondi necessari alla costruzione, e saranno molti visto che il preventivo del 2012 di EDF era di 16 miliardi di sterline (20 miliardi di euro) ma oggi si parla di 34 miliardi di sterline (43 miliardi di euro). Si tratta quindi di un progetto “titanico” che la stampa francese ha paragonato alla costruzione del canale di Suez, al Concorde e all’Eurotunnel.

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