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Uranio: ancora per quanto?

Da Il Fatto Quotidiano, 13 gennaio 2011

Lo svolgimento del referendum sulle centrali nucleari è l’occasione per riconsegnare sovranità ai cittadini su una politica energetica nazionale requisita dalle lobbies e preclusa agli orizzonti della sostenibilità e della democrazia. Una consultazione popolare evoca partecipazione, impossibile se non c’è rigore nell’informazione, se non si dà spazio al pluralismo di opinioni e se le opzioni contrapposte non sono chiaramente leggibili. Questo richiede di capire che le scelte in discussione, comprese le alternative, devono reggere ad un esame di ragionevolezza e quindi che il gioco vale la candela. Nel caso dell’energia nucleare, l’esaurimento assai prossimo e inevitabile dell’uranio decreta di per sé l’insensatezza di approntare ex novo una filiera di reattori nel nostro Paese.

Di fronte alla presa di coscienza dell’imminenza del picco del petrolio, la prima reazione emotiva è “allora useremo l’uranio”. In effetti, l’energia nucleare è spesso presentata come il toccasana che risolverebbe tutti i malanni e che ci permetterebbe di superare senza danni la crisi energetica ormai in corso da qualche anno. Tuttavia, i fautori dell’energia nucleare glissano sulla questione della disponibilità di uranio, il quale è una risorsa minerale limitata, così come lo è il petrolio. Quanto uranio abbiamo, realmente? È possibile che siamo vicini al “picco dell’uranio”, allo stesso modo in cui ci stiamo avvicinando al picco del petrolio?

In effetti, si tratta di fonti e di forme di conversione di energia molto diverse: mentre petrolio, gas e carbone hanno a che vedere con la combustione istantanea di forme di vita alimentate dal sole migliaia di secoli fa e accumulate nelle viscere della terra, per l’uranio si tratta di trasformazione per via artificiale e controllata di massa in energia. L’uranio è un “combustibile” che non brucia e che si è formato indipendentemente dall’esistenza di forme vitali e in tempi ben più remoti, relativamente più vicini alla grande esplosione iniziale, il big bang. Per capirne l’origine, le miriadi di stelle che vediamo sono il motore della costruzione incessante, nel processo di fusione nucleare, di atomi sempre più complessi a partire dal più leggero idrogeno, fino a quelli stabili come il ferro e a quelli assai più instabili con numero di massa alto, come l’uranio 235. Un elemento non rinnovabile che, proprio per la lunga sequenza di fusioni nucleari da cui proviene, è abbastanza diffuso, ma relativamente scarso e perciò drammaticamente esauribile sul nostro pianeta.

Come dirò di seguito, tutti i fattori che agiscono sul picco del petrolio, compresi quelli di natura economica, determinano il rapido esaurimento anche del “combustibile” dei reattori. È solo l’idea di superpotenza e di enorme densità energetica dei processi atomici che avvengono nel nocciolo del reattore o nel cuore di una bomba che fa pensare a tempi illimitati di durata. Ma se parliamo del minerale di uranio – ossia la roccia estratta dalla miniera che va successivamente purificata e trattata per essere utilizzata nel reattore – dobbiamo pensare ad una densità energetica dello stesso ordine di grandezza dei combustibili fossili di cui si profila il picco nei prossimi anni. Cioè, quantità equivalenti in peso (ad esempio tonnellate di roccia contenente uranio e tonnellate di carbone) producono effetti energetici analoghi e si consumano in tempi confrontabili. Anzi, essendo più scarso, il minerale di uranio che è in gioco da poco più di 50 anni avrà alla fine una durata complessiva sulla scena inferiore a quella del carbone o del petrolio, che sono in uso da qualche secolo in più.

Di conseguenza, le riserve di minerale convenienti e utili e la loro durata sono tutt’altro che illimitate e sono determinate dal costo del combustibile sul mercato (che non deve essere superiore a 130 $/Kg per competere con il costo dei fossili), dalla percentuale di uranio presente nelle rocce, dalla potenza totale dei reattori funzionanti, dal ciclo di arricchimento (7 Kg di uranio purificato danno luogo solo ad 1 Kg di uranio arricchito). Tenendo conto di tutti questi fattori e per essere utilizzato economicamente nella fabbricazione del combustibile da destinare alle centrali nucleari, il minerale deve possedere delle concentrazioni di ossidi di uranio che non possono scendere al di sotto della soglia dello 0,01%. Tenendo presente che il consumo annuale di uranio arricchito nel mondo è oggi di 11.521 tonnellate (circa 70.000 t. di uranio “purificato”) e che si stima che sia possibile estrarre a meno di 130 $/kg al massimo 5,5 milioni di tonnellate di uranio “purificato”, di cui 3,3 milioni sono rappresentate da quelle ragionevolmente sicure, si va da una disponibilità di 46 anni ad un massimo di 78 anni. Questi calcoli ipotizzano che il consumo rimanga costante, ovvero che non entri in funzione nessuna nuova centrale se non per sostituire impianti chiusi.

Un’ultima osservazione: sembrerebbe che anche l’uranio abbia già passato il proprio picco di estrazione, dato che già oggi vengono in soccorso le scorte militari (provenienti dallo smantellamento delle testate atomiche), che oggi costituiscono il 33% della produzione per soddisfare la domanda di reattori esistenti. Comunque, nemmeno l’impiego di tutto l’uranio contenuto nelle armi nucleari disponibili sposterebbe di molto la fine del minerale. Si può fare un rapido calcolo. Il totale delle bombe atomiche costruite da Russia e Stati Uniti insieme ha raggiunto qualcosa come 70.000 unità negli anni ’80. La maggior parte di queste bombe sono però già state demolite. Ci sono volute 15.000 bombe atomiche Russe per generare 375 tonnellate di uranio ad alto arricchimento. Questo uranio è stato poi trasformato in uranio a basso arricchimento (utile per le centrali) per un totale di circa 11.000 tonnellate.

Dai dati riportati, sembra di poter dedurre che questa quantità è equivalente a circa 80-100 mila tonnellate di uranio minerale “purificato”. Non è una quantità enorme. Oggi rimangono circa 6000 testate nucleari negli Stati Uniti, mentre pare che la Russia, secondo l’ultimo trattato Salt, ne abbia poco meno di 1500, il che significa che si potranno smantellare circa 7000 testate. Fatti i dovuti conti, queste testate corrispondono a più o meno 50.000 tonnellate di uranio minerale. Se il gap tra l’estrazione corrente e il consumo è oggi intorno alle 20.000 tonnellate, entro meno di dieci anni, l’uranio proveniente dalle bombe nucleari si esaurirà. Da quel momento per l’uranio per le centrali nucleari dovremo dipendere unicamente dalle risorse minerarie.

In definitiva, i calcoli più accurati e più ottimistici dicono che, arsenali militari compresi, avremo a disposizione uranio ancora per un minimo di 55 e un massimo di 85 anni, sempre che il parco reattori non aumenti (e il prezzo non scoraggi l’estrazione). Tenuto conto che le prime nostre centrali non entrerebbero in produzione prima di un decennio, non riesco a capire quale sia la convenienza di un “ritorno lampo” dell’atomo, come invece vorrebbe darci a intendere lo scacchista dello spot del Forum Nucleare Italiano in onda su tutti i media in queste settimane. Credo che in base a queste considerazioni fatte, allo scacchista non resti che abbandonare sconfitto la partita.

Mario Agostinelli

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Il referendum abrogativo sul nucleare

Articolo di Alfiero Grandi (Il Manifesto, 14 gennaio)

La Corte Costituzionale ha ammesso 4 referendum tra cui il nucleare. Quindi in primavera si voterà per Comuni importanti e per i referendum abrogativi.

Ora il primo obiettivo è realizzare il quorum. Infatti da molto tempo i referendum abrogativi sono falliti perché non è stata raggiunta la metà più uno degli aventi diritto al voto. Il referendum promosso dal Comitato per l’acqua pubblica ha una buona base di partenza, ha avuto consensi importanti e trasversali e tuttavia il salto di qualità da un milione e quattrocentomila elettori a oltre 24 milioni è molto impegnativo.

Il referendum pormosso dall’Italia dei Valori per abrogare la legge che vuole reintrodurre il nucleare in Italia, fatta approvare dal Governo con voto di fiducia, ha una base di partenza meno ampia. Sia perché è un argomento più recente, sia perché l’Italia dei Valori, che pure ha il merito di averlo promosso, lo ha fatto con modalità inadeguate. Infatti era del tutto possibile promuovere questo referendum con un accordo ampio e coinvolgente, come per l’acqua pubblica, ma Idv ha deciso di procedere in solitudine e questo è un limite molto serio, da correggere in fretta.

Era del tutto possibile avanzare una proposta unitaria perché il quesito referendario per abrogare la legge 99/2009 (e il suo decreto attuativo) era sostanzialmente concordato nel merito – ad esempio – con il nostro Comitato, grazie anche alla competente assistenza giuridica del prof. Gianni Ferrara. Tuttavia ora il referendum c’è e entro il 15 giugno si voterà. Quindi non c’è spazio per troppe recriminazioni e occorre rapidamente preparare un ampio fronte associativo e politico per sostenere il confronto con la potente e ricchissima lobby nuclearista.

La lobby affaristica del nucleare ha già iniziato da tempo la sua campagna elettorale a favore con spot televisivi a raffica, costosi e insinuanti ma chiaramente a favore della reintroduzione, del resto voluta in partnership con il Governo. Occorre rivendicare dalla stampa e dalle televisioni la par condicio. Fino ad ora non si sapeva se il referendum sarebbe stato ammesso. Ora è noto e quindi la Commissione parlamentare di vigilanza, il Consiglio di amministrazione della Rai, l’Autorità delle Comunicazioni e quant’altri sono invcestiti di responsabilità debbono fare rispettare la parità di condizioni. Se in campo restasse solo il punto di vista di chi vuole ad ogni costo il nucleare ci sarebbe un problema molto serio per la reale agibilità politica delle posizioni abrogazioniste.

Il 22/1 si riunirà il Comitato che ha promosso la legge di iniziativa popolare che è stata depositata alla Camera dei deputati il 21 dicembre, forte del sostegno di 110.000 firme, ed è chiaro che a questo punto affronterà anche il problema del referendum. Lo scopo della proposta di legge è fare emergere non solo un no secco al nucleare perché costa un mare di quattrini, perché è pericoloso come dimostrano l’ultimo incidente in Niger e la ricerca tedesca sull’aumento della leucemia nei bambini in rapporto alla vicinanza alle centrali.

Lo scopo della legge è anche di rendere chiaro che del nucleare non c’è bisogno e che anzi investire risorse in questa direzione porterebbe non solo a buttare soldi ma a toglierle alle energie da fonti rinnivabili, come ha ricordato il documento firmato da 200 imprenditori italiani, a prima firma Pistorio. Non ci sono le risorse per il nucleare e per le rinnovabili, bisogna scegliere tra 2 alternative. Come dimostra la vendita dell’Enel di parte delle rinnovabili proprio per finanziare l’avventura nucleare.

Puntare sul risparmio energetico, che ha spazi enormi, e sulle energie da fonti rinnovabili (salute e ambiente a parte) con un programma nazionale e delle Regioni vuol dire scegliere l’occupazione (almeno 15 volte più del nucleare) e gli investimenti qualificati in settori produttivi in rapida crescita, che vedono oggi la presenza delle economie più solide nel mondo. L’Italia ha le condizioni e l’interesse a fare una scelta di campo netta contro il nucleare e per le rinnovabili e il referendum può essere il punto di svolta. A condizione che si superino rapidamente ripicche e solitudini e che si faccia un’alleanza con il comitato per l’acqua bene pubblico. Oddi ha ragione, facciamolo e facciamolo presto.

Alfiero Grandi, Presidente Comitato Si alle energie rinnovabili NO al nucleare e primo firmatario della legge d’iniziativa popolare

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Entro giugno il referendum contro il nucleare

Nell’allegare la dichiarazione di Alfiero Grandi a nome del comitato nazionale che ha raccolto 110.000 firme per la legge di iniziativa popolare sulle energie rinnovabili, anticipiamo la necessità di operare il cambio di passo verso l’appuntamento referendario anche per il nostro Comitato Lombardo Energia Felice. Presto comunicheremo la data di convocazione di una riunione allargata per strutturare la nostra presenza nella campagna che si apre. Intanto invitiamo tutti quelli che si sono attivati per la raccolta firme nei territori a partecipare alla riunione nazionale del 22 gennaio 2011.

Mario Agostinelli e Alfonso Navarra

Dichiarazione di Alfiero Grandi, presidente del comitato nazionale No nucleare Si rinnovabili

La Corte ha deciso e quindi entro il 15 giugno si voterà per abrogare la legge con cui il Governo sta tentando di reintrodurre il nucleare in Italia. Il referendum è stato promosso dall’Italia dei valori ma in realtà è il frutto di un lavoro comune che era arrivato fino a concordare il testo del quesito referendario. Ora occorre recuperare l’errore di averlo voluto promuovere in solitudine perchè ormai il quesito è un patrimonio di tutti e occorre superare al più presto malumori che ci sono stati a fronte della decisione dell’Idv. La questione nucleare è troppo importante per essere trattata con ripicche o malumori. Ormai il referendum ci sarà e occorre cercare di vincerlo insieme agli altri ammessi, con particolare riguardo all’importantissima questione di mantenere l’acqua come bene pubblico. Occorre unità contro il tentativo di reintrodurre il nucleare in Italia e per aprire la strada ad un forte rilancio del risparmio energetico e per le energie da fonti rinnovabili come del resto propone la legge di iniziativa popolare che il nostro Comitato ha già depositato alla Camera dei deputati con il sostegno di 110.000 firme.

Deve essere fermata anche la costosa e insinuante campagna elettorale anticipata e di parte che hanno promosso Enel ed altre aziende con spot televisivi e spazi sui giornali, con il beneplacito del Governo. Ora debbono pronunciarsi gli elettori e quindi da ora la Commissione parlamentare di vigilanza e la Presidenza Rai debbono garantire parità di condizioni.

Il nucleare è una scelta sbagliata, costosa, pericolosa come dimostra l’ennesimo incidente avvenuto in Niger e di cui pochissimi hanno parlato: Incidente che ha devastato un territorio con 200.000 litri di fanghi radioattivi fuorusciti che hanno creato un’autentica catastrofe. La campagna per abrogare la legge sarà l’occasione per mettere in guardia le italiane e gli italiani contro i pericoli del nucleare su cui finora c’è stata una voluta sottovalutazione. Non sarà facile perchè occorre portare a votare la metà degli elettori e tuttavia l’acqua come bene pubblico e il no al nucleare possono farcela.

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La partita “truccata” (video)

In questi giorni sugli schermi televisivi appare una partita a scacchi. Primissimo piano sulla scacchiera e sulle mani che muovono i pezzi. I due interlocutori accompagnano ogni mossa con una affermazione. Dice uno dei giocatori: “Sono contrario all’energia nucleare perché mi preoccupo dei miei figli”. Talmente generico che appare quasi come un pre-giudizio. Facile la replica del secondo scacchista che, afferrando il cavallo, afferma: “Io sono favorevole: anche loro avranno bisogno di energia e tra 50 anni non potranno più contare solo sui combustibili fossili”. Possiamo forse negare che il petrolio è in via di esaurimento? Commovente: si prodigano per il futuro dei nostri figli.

Naturalmente gli spot televisivi sorvolano sui  problemi della sicurezza e minimizzano il non risolto problema dello smaltimento definitivo delle scorie, oppure non citano costi effettivi e non fanno confronti sull’occupazione. Questa partita a scacchi in verità è condotta – e qui sta la furbata, ma anche la debolezza dell’artificio – da un giocatore solo, che tiene alla larga le opinioni che i cittadini si possono fare attraverso il confronto e le testimonianze che possono dare, magari con 100.000 firme date una per una proposta di legge sulle energie rinnovabili. A noi questa mirabolante partita, costata milioni di euro provenienti anche dalle tasche degli italiani, ricorda le lugubri mosse della Morte di fronte al Cavaliere nel Settimo Sigillo dell’indimenticabile Ingmar Bergman.

Video originale della campagna pubblicitaria

Video di soWWWersiva_Mente

Video di Legambiente

Video di MegaChannelZero

Video di Marquito Channel

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No al nucleare, sì alle rinnovabili

Da Il Fatto Quotidiano, 26 dicembre 2010

La mattina del 21 dicembre, in una Roma blindata e con un Parlamento sordo al Paese, sono state consegnate 100.000 firme a sostegno di una proposta di legge per dire “no” al nucleare e dare diffusione anche nel nostro Paese alle fonti rinnovabili. Un gesto di responsabilità e partecipazione, in sintonia con quello spirito di riappropriazione del proprio futuro che all’indomani gli studenti avrebbero rilanciato in molte città. Anche noi due, accompagnati da un vistosissimo babbo natale, ci siamo infilati con un pacco nel portone della Camera e abbiamo posato in foto che nessun giornale e nessuna TV ha in alcun modo ripreso. Già, perché il silenzio attorno ai contenuti della proposta e alle iniziative che l’hanno sorretta, è l’altra faccia della campagna massiccia che le lobbies nucleariste ed il Governo hanno avviato.

Durante quattro mesi sono state svolte attività informative attraverso incontri pubblici, convegni, seminari e manifestazioni che hanno permesso di esaminare l’efficienza e i costi, lo sviluppo e le tecniche attuali delle energie rinnovabili, contrapponendole a quel “risorgimento nucleare” che, per la verità, è solo uno sguardo miope sul passato. Proporre un’alternativa all’atomo, come fa questo progetto di legge, fondata sul pieno e ordinato sviluppo delle energie rinnovabili, viene avvertito a livello di massa come una scelta giusta, necessaria per affrontare la situazione preoccupante del clima, ma anche come nucleo di un diverso sviluppo economico, di una politica di nuova e qualificata occupazione. E perfino come svolta qualitativa per un governo democratico e decentrato delle risorse, del loro consumo, degli effetti sulla salute, dello sviluppo ordinato di un territorio da vivere e abitare, prima che da attraversare e consumare.

I moduli consegnati, compilati sull’intero territorio nazionale, sono il segnale dal basso verso chi si appresta a modellare il pensiero degli italiani con una campagna comunicativa a senso unico. In questi giorni sugli schermi televisivi appare una partita a scacchi. Primissimo piano sulla scacchiera e sulle mani che muovono i pezzi. I due interlocutori accompagnano ogni mossa con una affermazione. Dice uno dei giocatori: “Sono contrario all’energia nucleare perché mi preoccupo dei miei figli”. Talmente generico che appare quasi come un pre-giudizio. Facile la replica del secondo scacchista che, afferrando il cavallo, afferma : “Io sono favorevole: anche loro avranno bisogno di energia e tra 50 anni non potranno più contare solo sui combustibili fossili”. Possiamo forse negare che il petrolio è in via di esaurimento? Commovente: si prodigano per il futuro dei nostri figli… Naturalmente gli spot televisivi sorvolano sui problemi della sicurezza e minimizzano il non risolto problema dello smaltimento definitivo delle scorie, oppure non citano costi effettivi e non fanno confronti sull’occupazione. Questa partita a scacchi in verità è condotta – e qui sta la furbata, ma anche la debolezza dell’artificio – da un giocatore solo, che tiene alla larga le opinioni che i cittadini si possono fare attraverso il confronto e le testimonianze che possono dare, magari con 100.000 firme. A noi questa mirabolante partita, costata milioni di euro provenienti anche dalle tasche degli italiani, ricorda le lugubri mosse della Morte di fronte al Cavaliere nel Settimo Sigillo dell’indimenticabile Ingmar Bergman.

Ma per i lobbisti non tutto fila liscio, nemmeno sul versante delle imprese. L’appello di 200 imprenditori guidati dal vice Presidente di Confindustria Pistorio, contro il ritorno dell’energia dall’atomo, sostiene che non si possono sommare tutti gli investimenti possibili, occorre scegliere: o nucleare o efficienza e rinnovabili. Non ci sono soldi per investire su tutto. E qui si smonta l’obiettivo di fondo della campagna in corso: “mediare” sull’affiancamento del nucleare alla scelta delle rinnovabili. “Facciamoli entrambi”, sottacendo il fatto che la discussione è solo sul sì o no alla localizzazione dei reattori che Berlusconi acquista da Sarkozy. Noi non ci caschiamo e ci piace l’allegria con cui ci siamo presentati a Montecitorio, con camioncino carico e un babbo natale beneaugurante. Barba, baffi e cappuccio che portavano in dono una energia che arriva dalla biosfera e dai territori in cui viviamo, lasciando fuori dalla porta carbone ed uranio, di solito riservati ai più cattivi.

di Tommaso Sodano e Mario Agostinelli

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