Dopo la decisione del Sol Levante di uscire dall’atomo: europei, non vinciamo alla maniera dei giapponesi! Preveniamo nuovi disastri più che probabili con i 197 reattori funzionanti!
Il lavoro per un network antinucleare europeo.
Mercoledi 19 settembre 2012, ore 18.00 – 20.00
Discussione presso lo Spazio Kronos – via Borsieri, 12 Milano
testo a cura di Alfonso Navarra, vice presidente di Energia Felice
La nuova Strategia energetica nazionale-SEN avrebbe deciso che il Giappone chiuderà con il nucleare entro 30 anni, quindi nel 2040 (all’incirca). Possiamo confessare che è un risultato che ha sorpreso molti ecopacifisti “scafati”: non ci aspettavamo tanto presto una simile vittoria del movimento antinucleare e della gente.
Ed è, vogliamo sottolinearlo, una vittoria di tutti coloro che hanno a cuore un mondo più pulito e pacifico.
Una vittoria quindi anche per gli “italiani” in quanto esseri umani in carne ed ossa; e di gran lunga più importante, proprio per noi italiani – si può ritenere – della conservazione di qualche posto di lavoro nel settore carbonifero, per la quale vengono a chiederci “solidarietà” (?).
Il nostro ringraziamento va pertanto agli attivisti giapponesi che, rintuzzando le manovre della lobby atomico-militare e difendendo le ragioni della salute e della sicurezza collettiva, hanno animato ed organizzato le grandi manifestazioni di questi mesi (vedi le massicce, ripetute, continue mobilitazioni locali, vedi i 250.000 che hanno sfilato a Tokyo nello scorso luglio). Il nostro pensiero e la nostra gratitudine vanno anche a Yukari Saito ed al centro “Semi sotto la neve” che, con l’aiuto di Angelo Baracca, ci hanno sollecitato, in Italia, a “non dimenticare Fukushima” e a seguire e sostenere la lotta del popolo giapponese per farla finita con il nucleare.
Il grande disastro di Fukushima, quello che secondo gli “esperti” alla Veronesi e ed alla Ricotti non sarebbe mai potuto accadere, ha quindi fatto “rinsavire”, dal nostro punto di vista, il terzo grande Paese, dopo Germania e Svizzera. Ma, a pensarci bene, possiamo aggiungere anche l’Italia nell’elenco, grazie al referendum del giugno 2011!
(Stiamo invece molto attenti a parlare di ripensamenti da parte della Francia: Hollande, subentrato a Sarkozy, si impegna a chiudere il “catorcio” di Fesseneheim solo nel 2017 (questa centrale solo pochi giorni fa ha subito un incidente di una certa rilevanza) e promette che il peso del nucleare si ridurrà al 50% nel 2050, rispetto al 75% previsto dal suo predecessore!)
Il Giappone è stato il Paese più tragicamente toccato dall’incidente ma anche quello, al contempo, nel quale la lobby atomica, ben rappresentata al governo, aveva dispiegato una strenua resistenza nei confronti di un’opinione pubblica giustamente sempre più arrabbiata. E’ stata molto significativa, in proposito la vicenda della contrastatissima riaccensione dei reattori di Ohi (gli unici attualmente rientrati in funzione dopo lo spegnimento degli altri 52 per verifiche sulla sicurezza).
La stampa riportava e riporta sondaggi per i quali l’80% dei giapponesi sarebbe decisamente contraria al riavvio delle centrali e quello che meraviglia è che siano così pochi dopo le notizie terrificanti che appaiono sui media locali. Ce ne riferisce, ad esempio, il quotidiano della Confindustria italiana del 15 settembre, in un articolo a firma di Marco Magrini (vedi file allegato): «Aiuti internazionali per evitare un incendio al reattore 4», recitava un titolo del Japan Times di una settimana fa. L’articolo racconta della drammatica situazione al reattore numero quattro di Fukushima, l’unico che era spento al momento dello tsunami. «Il combustibile esausto nell’unità 4 è un drago che dorme», sentenzia Arnie Gundersen, un ingegnere nucleare e attivista americano, che due settimana fa ha incontrato membri del Parlamento di Tokyo per levare l’allarme: il reattore è devastato e 1.500 barre di cesio, ricoperte di una lega di zirconio che brucia a contatto dell’aria, rischiano di causare un’esplosione. Finora, la Tepco – la disgraziata società che gestisce la centrale – ha rimosso due barre sole. Dice che comincerà a fare il resto l’anno prossimo, e finirà in tre anni. Non basta questo, a cambiare il vento dell’opinione pubblica?».
L’articolo prosegue: «Chi è favorevole al nucleare, ripete che quella resta l’energia più conveniente che c’è. Ma per favore, non ditelo ai giapponesi. Il premier Noda ha detto che il paese spenderà almeno mille miliardi di yen (10 miliardi di euro) per decontaminare 29 milioni di metri cubi di terreno. Ma quelle sono noccioline. Lo stesso governo calcola che ci vorranno quarant’anni per rammendare lo strappo di Fukushima. E, secondo Tatsuhiko Kodama del’Università di Tokyo, il costo finale si aggirerà sui 50mila miliardi di yen, 503 miliardi di euro. Mai ci fu bolletta più cara.»
Quanti morti farà Fukushima, allo stato attuale, cioè se si riuscirà ad evitare il peggio, che forse, lo ammette lo stesso Sole 24 Ore, deve ancora arrivare? Per quanto riguarda le conseguenze ambientali, citiamo quanto riportato su Wikipedia, e quindi a disposizione anche del più sprovveduto web-surfer: “La natura e pericolosità della contaminazione di Fukushima, non può propriamente essere comparata a quella del disastro di Chernobyl per due ragioni: in primo luogo, la maggior parte della contaminazione è di natura sotterranea: per prevenire il surriscaldamento di noccioli e piscine di stoccaggio, è necessaria una continua immissione di acqua di raffreddamento che si disperde nel sottosuolo, attraverso le crepe aperte dal terremoto. La seconda differenza critica rispetto a Chernobyl è che questo fu sigillato dentro ad un sarcofago in un limitato lasso di tempo, mentre a Fukushima questa soluzione è impraticabile; la contaminazione sta procedendo ininterrottamente fin dal primo giorno, e durerà ancora per un imprecisato numero di anni, secondo certe stime, e se non avvengono crisi sistemiche nell’economia del Giappone, dai 10 ai 20 anni. E’ ancora incerto quale tipo di percorso possa seguire la massa d’acqua radioattiva attraverso le falde freatiche della regione: di certo un gran parte si riversa continuamente in mare, ed una parte si diffonde nell’entroterra. Della data del 22 agosto 2012 è la notizia che da misurazioni su pesce catturato nella regione, sono stati rilevati elevatissimi tassi di radioattività presenti nelle carni, tali da suggerire il blocco della distribuzione di pesce”.
Per quanto riguarda più specificamente la mortalità nei prossimi decenni (i cancri ci mettono il loro tempo a svilupparsi), teniamo presente che Greenpeace calcolò per Chernobyl 500.000 morti in giro per il mondo (stima esagerata? forse per niente affatto), e qui siamo di fronte a qualcosa di molto più grave, con – come si è detto – nuovi, possibili, sviluppi catastrofici.
Ma torniamo ai festeggiamenti per la vittoria. Non tutto è limpido, nelle “flessibili” dichiarazioni del premier Noda. Ma il tabù è stato finalmente infranto: sarà pure elettoralismo, sarà pure un calendario “a passo di lumaca”, ma il governo giapponese dice, nero su bianco, che “deve essere chiaro che il nostro obiettivo è l’uscita”. Prima del disastro di Fukushima, si puntava addirittura a soddisfare con l’atomo oltre metà del fabbisogno elettrico, scusate se è poco! Le centrali oggi ferme si tenterà, ovviamente, di riaprirle (previ test sulla sicurezza). Addirittura non si fermerà la messa in pratica dei progetti già approvati!
Aggiungiamo, ad esempio di quanto sostenuto, questa interessante notizia, del 15 settembre, che riportiamo per intero, tratta da www.lastampa.it : “Il governo giapponese, che aveva annunciato ieri la progressiva fine della produzione nucleare entro i prossimi 30 anni, ha fatto sapere oggi che non ha intenzione di revocare la licenza per la costruzione di tre nuovi reattori già in cantiere. “Non pensiamo di ritirare il permesso già accordato dal ministero”, ha dichiarato il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, Yukio Edano. Due dei tre reattori in questione sono in costruzione ad Aomori, nel nord del paese, dove il ministro è stato ieri in visita. Edano ha comunque precisato che, una volta costruiti, l’attività dei tre reattori sarà sottoposta all’approvazione di un’apposita Commissione creata dal governo per il controllo dell’industria nucleare”.
L’obiettivo del Giappone ora è quello di triplicare il suo utilizzo di energie rinnovabili, arrivando al 30% del totale. Ma bisogna anche continuare il percorso di razionalizzazione del consumo di energia, e, nell’immediato, altra faccia della medaglia, anche aumentare le importazioni di petrolio, carbone e gas naturale.
Secondo i calcoli (finti, si ha l’impressione) del governo giapponese, l’addio al nucleare aumenterà di circa 40 miliardi di dollari Usa la spesa per importare petrolio e carbone. Intanto, per portare la produzione nucleare a zero nel 2034, il Paese seguirà tre principi: no a nuovi reattori (ma, a quanto pare, si salvano le nuove licenze già concesse), smantellamento di quelli con più di 40 anni di vita, non accettare il riavvio di impianti sospesi se non dopo esami sulla loro sicurezza condotti da “autorità ad hoc”.
Siamo intervenuti, a nome dell’Associazione Energia Felice, al Seminario, svoltosi a Milano nei giorni scorsi (13-14-15 settembre), per preparare il Forum Sociale Europeo di novembre a Firenze, rivolgendo un invito ai movimenti partecipanti: diamoci da fare, in Europa, per non finire vincitori alla maniera dei giapponesi!
L’esposizione al rischio atomico continua in Giappone ma continua anche in Europa, dove sono attivi ben 197 reattori “civili”. Cosa ci rende così sicuri del fatto che noi siamo al riparo da catastrofi tipo Chernobyl o Fukushima? Il fatto forse che noi europei occidentali siamo più tecnologici e scrupolosi nelle misure di salvaguardia e sicurezza dei russi e degli orientali in genere? Ma siamo seri!
Ricordiamo il detto: prevenire è meglio che curare. Agire ex ante è più saggio che pentirsi ex post. Maglio attivi oggi che radioattivi domani. Se lasciamo il fuoco atomico acceso in casa questa prima o poi si incendierà, possiamo scommetterci! La nostra prima preoccupazione deve essere di spegnerlo al più presto, questo fuoco.
E dobbiamo dimostrare la sensatezza di non chiamare menagramo chi ci esorta alla ragionevole e doverosa prudenza! Perché quando avremo la nostra inevitabile Chernobyl o Fukushima europea avremo poi voglia di recriminare: perché non mi ero dato da fare prima?
Anche noi italiani, vediamo di non credere tutto risolto con il risultato referendario del 2011!
Mi è saltata una centrale francese o svizzera a poche decine di Km dal confine: non sarò mica scemo, io valdostano, io piemontese, io lombardo, a restarmene ancora a casa credendo di poter vivere e lavorare in tranquillità (magari per il futuro dei miei figli!) e a non emigrare lasciando in loco tutte le masserizie contaminate? Perché mi sono accalorato, agitato e sbracciato per ogni accenno di nuova, futura, discarica di rifiuti tradizionali solo proposta mentre, che so, per la discarica radioattiva già funzionante (si fa per dire) da anni a Saluggia, e che ora, alluvionata come era logico che accadesse, ha reso radioattiva tutta l’acqua del Po e con essa l’intero Mediterraneo, ho continuato a fare orecchie da mercante, come se la cosa riguardasse solo i vercellesi di provincia? Forse che lo stesso Nobel Carlo Rubbia non aveva parlato in proposito di catastrofe annunciata?
No, allora non ho dato retto ai “grilli parlanti” come Rubbia. Per questo mi ritrovo adesso con una moglie più lunatica del solito, con mio figlio che ha strani sintomi… e, osservando le strane chiazze che mi si diffondono sul petto, a dover disperatamente credere ad un governo che mi assicura che è tutto sotto controllo…