Sconfitti sulla responsabilità del brusco cambiamento climatico in corso, i sostenitori dei fossili hanno cambiato spalla al fucile abbandonando carbone e petrolio in prospettiva e rilanciando a tutto campo il gas. Il “minore dei mali” tra i combustibili fossili consentirebbe di sostituire a breve il carbone e di mantenere il monopolio centralizzato delle multinazionali estrattive anche a spese di un incremento incontrollato di guerre sia economiche sia condotte sui campi fuori confine con gli eserciti più devastanti. Che la contesa sul futuro del Pianeta si giochi tra gasdotti e navi metaniere e rinnovabili appare ogni giorno più chiaro. Si sta passando dal negazionismo più bieco alla raffinatezza di “difendere” la possibilità di crescita dei più poveri (che si bombardano quotidianamente ad opera dei più ricchi).
Per fornire un’idea di come il confronto si vada facendo più aspro, man mano che il tempo viene a mancare e le lotte ricevono ispirazione da tante Grete e Francesco sparsi in tutti i continenti, faccio qui riferimento al caso degli Stati Uniti, dove tutto non va come ci raccontano gli amici di Trump. Sui web americani sono apparsi contemporaneamente due articoli molto informati e aggressivi: l’uno – di Anes Alic per Oilprice.com – a sostegno del gas come pietra angolare in una transizione energetica che dà per scontata l’irraggiungibilità di zero emissioni di CO2 per la metà del secolo; l’altro – di Dan Gearino – documentatamente convinto che il potenziale delle fonti naturali rinnovabili possa conseguire il traguardo che l’Ipcc giudica invalicabile.
1. Partiamo dal gas, col suo marchio “consevatore” e incompatibile con +1,5 °C
Anes Alic cerca dimostrare sotto il profilo economico le convenienze per i proprietari dei pozzi fossili, detentori allo stesso tempo della rete energetica centralizzata e sostenuti da ingenti finanziamenti pubblici. I prezzi del gas naturale – afferma – sono diminuiti molto più rapidamente di qualsiasi altra fonte di energia. Nel 2018, il gas naturale è costato 1,72 volte in più rispetto al carbone mentre costava 2,2 volte in più solo nel 2014. Questa è la vera ragione per cui il gas naturale sta rapidamente sostituendo il carbone come combustibile preferito per la generazione di elettricità in centrale. La domanda di gas continua a crescere a un ritmo vertiginoso (4,9% nel 2018), mentre la spesa per infrastrutture di grandi dimensioni continua a fluire nel settore (~ $ 360 miliardi nel 2018). Anche i prezzi del Gnl (liquido) sono diminuiti in media del 20% negli ultimi due decenni.
Gran parte dell’effetto può essere dovuta ad una sovrabbondanza di approvvigionamento unita a una capacità delle condutture insufficiente per trasportare la merce. Anes suggerisce di creare subito possenti infrastrutture, fin che l’economia e la distrazione dei governi sull’applicazione della carbon tax lo consente Il blocco di interessi che ha fatto fallire qualsiasi accordo alla Cop 25 di Madrid (Usa, Brasile, India e Cina e Australia) sta nella convinzione che per due decenni, il gas a basso prezzo e finanziato da danaro pubblico – shale gas compreso – sarà la chiave del dominio dell’energia, se non dell’immenso potere geopolitico oggi più articolato e meno ostile agli Usa. Infatti, il globo non deve più fare affidamento su un ristretto pool di produttori con una stretta nell’offerta, ma su addirittura su 21 nuovi produttori, con Stati Uniti e Australia che diventano importanti esportatori e con aumenti delle riserve accertate di gas naturale, mentre il Qatar, sta diventando il più grande produttore mondiale di Gnl, sottraendosi alle minacce di embargo dell’Arabia Saudita grazie ad un ammiccamento di Trump.
Il punto debole del risveglio del gas sta nelle inevitabili emissioni di CO2, ma il fatto che esse siano il 50% in meno rispetto al carbone e il 30% in meno rispetto al petrolio fa sì che venga sottovalutata una deprecabile e incontrollata crescita dei consumi: il gas finisce così coll’identificarsi con l’ossessione dello sviluppo, cementato in forme tecnologiche fortemente dipendenti e fortemente favorite dall’inerzia del sistema: ovvero il gas rappresenta oggi la reale resistenza al cambiamento.
2. Le rinnovabili: competitrici più accreditate per un’innovazione sostenibile
La rete elettrica degli Stati Uniti, scrive Dan Geraino, è sulla buona strada per diventare molto più pulita già nel 2020. All’11 febbraio 2020, dei 42 Gigawatt di nuova capacità della elettricità da immettere nella rete Usa proveniente dallo a Stato di New York, il 76% proviene già da energia eolica e solare, come si ricava dall’ultima serie di dati provenienti dall’amministrazione dell’Energia Usa.
Si tratta di una quota record, rispetto al 64% della nuova capacità aggiunta nel 2019. E lo sarebbe, nonostante la posizione ostile dell’amministrazione Trump nei confronti delle energie rinnovabili, comprese le tariffe sui pannelli solari importati dalla Cina e il rifiuto di estendere alcuni crediti d’imposta già programmati ai tempi di Obama, come afferma Joshua Rhodes, analista senior di Vibrant Clean Energy.
Ma il favore offerto al gas (in particolare al dannosissimo shale gas) fa sì che il mix di nuove centrali elettriche nel 2020 sia completamente dominato da eolico, solare e gas, con tutte le altre fonti di energia che si sommano a meno di un gigawatt, circa il 2%..
Ci sono tuttavia due impreviste novità: la prima sta nel fatto che la maggior parte della prevista crescita delle energie rinnovabili quest’anno – 18 Gigawatt – proviene da ben 107 progetti decentrati nei territori e sostitutivi di centrali fossili municipalizzate, i cui sviluppatori hanno iniziato la costruzione in tempo per beneficiare del credito d’imposta federale sulla produzione. La seconda è addirittura più sorprendente: i costi per lo sviluppo di parchi eolici sono diminuiti così tanto da essere le opzioni meno costose, anche senza sovvenzioni. Nientemeno che il Texas dei petrolieri, sorprendentemente, guida la nazione americana nella capacità di energia eolica e sarà anche il leader della nuova capacità eolica prevista nel 2020, con il 32% in totale.
Chi vincerà la sfida? Non ho dubbi che dipenderà dalla forza del movimento che combatte il cambiamento climatico. La tecnologia si adatta ai progetti sociali, oltre che alle convenienze economiche. Ci sono parchi eolici negli Stati delle Pianure americane che operano ad alto livello per gran parte del giorno e della notte e ci sono impianti a gas che rimangono inattivi per la maggior parte del tempo. Poiché l’eolico e il solare continuano a rappresentare una grande percentuale di nuove centrali elettriche, gli operatori di rete dovranno adattarsi ai sistemi in esecuzione che dispongono di grandi quantità di energia intermittente. Google e l’utilità NV Energy stanno collaborando per un progetto di accumulo di energia solare ed energia che secondo le aziende è il più grande del suo genere al mondo. Questo è il futuro e lo sarà, spero, anche da noi, già a partire dalla riconversione del carbone a Civitavecchia.
L’articolo Energia, più gas e meno rinnovabili: un trucco fatale per il clima proviene da Il Fatto Quotidiano.