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Viaggiare con il sole

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 13 agosto 2013

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Su strada, nel mare, in cielo: è in corso una sfida internazionale per la costruzione di mezzi di trasporto alimentati soltanto con l’energia solare, dotati di motori elettrici funzionanti con pannelli fotovoltaici. I pannelli che si stanno diffondendo sui tetti delle case e nei campi, sotto la spinta di incentivi statali, e che producono elettricità alternativa a quella delle centrali termoelettriche, possono muovere autoveicoli, battelli e aerei con tecnologie in continuo perfezionamento, destinate ad avere ricadute di pace e di miglioramento dell’ambiente.

Alla fine degli anni cinquanta del Novecento, sono diventati disponibili in commercio i pannelli fotovoltaici studiati e sviluppati originariamente per fornire energia ai veicoli spaziali. In quegli anni la tecnologia delle auto elettriche era già matura e sembrava che ci volesse poco per sostituire le pesanti e ingombranti batterie di accumulatori con i leggeri pannelli fotovoltaici, rendendo così le automobili del tutto indipendenti dalla ricarica delle batterie. Ricordo di avere visto, esposta ad una mostra del 1960, una automobile americana azionata con un pannello solare.

Col passare degli anni la tecnologia dei pannelli a silicio e a sali di cadmio ha fatto grandi progressi e oggi sono disponibili su scala industriale, a prezzi abbastanza bassi, pannelli fotovoltaici capaci di produrre in media, per ogni metro quadrato di superficie, nel corso di un anno, 100 chilowattore di elettricità; 0,1 chilowattore di elettricità in ogni giorno di elevata insolazione, dal sorgere al tramonto del Sole. Se collegata con un motore elettrico, una adeguata superficie di pannelli solari è in grado di far girare le ruote di un veicolo. Nell’ultimo mezzo secolo diecine di inventori, laboratori universitari, industrie, hanno prodotto degli autoveicoli alimentati con pannelli solari, spesso con notevole successo: nel 2004 l’inventore svizzero di origine ungherese Louis Palmer costruì una automobile solare, chiamata “Solartaxi”, con la quale è riuscito a fare il giro del mondo, 54.000 chilometri, usando soltanto l’energia solare, mostrando in 40 paesi i vantaggi di questa fonte energetica rinnovabile e non inquinante.

Da molti anni in Australia si corre, ogni due anni (la prossima gara nell’ottobre 2013), una “millemiglia” per automobili lungo 3000 chilometri in Australia, fra Canberra, nel nord dell’isola, e Darwin nel sud. A tale gara partecipano diecine di concorrenti di tutti i paesi (da qualche anno fortunatamente è presente anche un veicolo italiano, “Onda solare”, costruito nell’Università di Bologna); altre simili corse si svolgono in America. Queste gare permettono di verificare i continui progressi tecnici sia nel rendimento dei pannelli, sia nell’efficienza dei motori elettrici, sia nell’aerodinamica dei veicoli e nei materiali da costruzione delle carrozzerie.

Sono ormai in funzione nel mondo vari battelli azionati con l’energia solare che aziona i motori collegati con le eliche. I battelli solari stanno trovando diffusione nei laghi e nei corsi di acqua in cui finora i motori tradizionali a combustibili fossili, sono stati fonti di inquinamento dell’aria e delle acque. Vari modelli di battelli solari, un perfezionamento rispetto ai battelli elettrici esistenti. sono stati costruiti e utilizzati anche in Italia.
La sfida più grande e affascinante riguarda però la possibilità di costruire aerei solari; a “volare col Sole” hanno pensato già molti anni fa, inventori e costruttori. Le ali offrono una vasta superficie su cui stendere i pannelli fotovoltaici che fanno ruotare le eliche; anche qui si tratta di impiegare materiali molto leggeri e di perfezionare la tecnologie delle eliche. I primi tentativi di successo sono stati fatti con aerei solari senza pilota. Il passo successivo è rappresentato dagli aerei solari con pilota, capaci di volare anche di notte, quando il Sole non è più in grado di fornire energia ed occorre utilizzare l’elettricità accumulata di giorno in speciali batterie.

Il principale protagonista di questa sfida è lo svizzero Bertrand Piccard, figlio di Jacques (1922-2008), che era riuscito a scendere con il batiscafo “Trieste” nel punto più profondo degli oceani, a 11.000 metri nella fossa delle Marianne, e nipote di August Piccard (1884-1962), l’uomo che aveva stabilito il primato di altezza (17.000 metri) con un pallone aerostatico. Da alcuni anni Bertrand Piccard, discendente da questi primatisti, sta perfezionando l’aereo solare “Solar Impulse” con il quale sono già stati effettuati voli con pilota all’interno dell’Europa, fra l’Africa e l’Europa e, di recente, dalla costa del Pacifico a quella dell’Atlantico degli Stati Uniti. Questi successi sono stati possibili grazie a radicali perfezionamenti nei materiali da costruzione, ma soprattutto nelle batterie di accumulazione dell’elettricità; le nuove batterie a base di litio hanno consentito un volo continuo di oltre 24 ore usando soltanto l’energia solare.

I casi citati non rappresentino futili esercizi di bravura, ma sono i primi passi verso progressi tecnologici che hanno ricadute immediate in tutti i settori dell’uso dell’energia solare. Ho un sogno: mi piacerebbe che l’Italia, magari con Università pugliese, fosse maggiormente attiva nel campo delle ricerche sui veicoli solari, i cui successi, con relativamente poca spesa, consentirebbero al nostro paese una presenza in una gara internazionale per un mondo meno inquinato.

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Una risposta agli attacchi di Ragazzi alle rinnovabili sulle colonne del Fatto Quotidiano

Roberto Meregalli

Energia Felice

 

Nelle prime righe dell’articolo di Giorgio Ragazzi si materializzano subito le tesi sostenute da almeno un paio d’anni da Assoelettrica, Aiget e Confindustria.

A fine luglio il vicepresidente di Confindustria Aurelio Regina aveva sparato analoghe bordate e, ricordando che “il mercato dell’energia attraversa una profonda crisi”, chiedeva interventi al governo minacciando “una raffica di chiusure tra i produttori di energia”. Ma il vicepresidente di Confindustria aveva abbandonato subito “gli elettrici” per lamentarsi del costo dell’elettricità: “Il sistema è troppo generoso e l’Italia non può permetterselo”, tagliava corto Regina.

Proponendo cosa? Che “anche i produttori incentivati paghino una parte degli squilibri che producono”, non solo, “devono poi contribuire al mantenimento del sistema di riserva, costituito anche da centrali termoelettriche, per evitare di rimanere al buio quando sole e vento spariscono”. Tradotto per i comuni mortali significa che le rinnovabili paghino il costo degli oneri creati dalla loro non prevedibilità e paghino le centrali a gas che servono a fare da back-up.

Ragazzi si spinge dove sinora Confindustria e neppure Chicco Testa aveva osato: chiedere misure retroattive e “tagliare con decisione i sussidi per nuovi investimenti”.

Sul secondo punto va chiarito che il governo Monti ha già agito a suo tempo ed il taglio c’è già stato.

Ma partiamo dai dati. Il conto energia, che dal 2005 ha incentivato l’installazione di pannelli fotovoltaici, è terminato definitivamente il 6 luglio del corrente anno.

Risultato? Cinquecentosettantamila impianti (e quindi altrettanti invitati a suddividere la fetta di torta degli incentivi) per 18 GW installati (18 milioni di MW, equivalenti ad 11 del più potente reattore nucleare in costruzione, l’ EPR che si voleva costruire anche in Italia). Costo pagato in bolletta nel 2012? 6,4 miliardi su un totale di sessanta, a tanto ammonta la bolletta totale italiana (tutti dati rilevati dalla relazione del presidente del GSE alla X Commissione del Senato il 18 giugno 2013).

Il fotovoltaico ha prodotto 18.862 MWh di elettricità nel 2012 (dato definitivo GSE) il 6,3% di quella prodotta in Italia, una quantità rilevante, ma come mai in grado di creare così tanti sconvolgimenti fra i termoelettrici? In fondo si tratta di una quantità inferiore alle perdite annuali sulla rete in alta tensione.

Tutta colpa del mercato elettrico, perché questa quantità viene offerta nelle ore di maggior consumo, in cui un tempo più alti erano i prezzi e pertanto maggiori i ricavi dei produttori di elettricità, il meccanismo (merit order) fa scartare le offerte a maggior costo. Se confrontiamo lunedì 15 maggio 2006 (era pre-fotovoltaica) e lunedì 13 maggio 2013, scopriamo che nella fascia oraria dalle 9 del mattino alle 20 serali il prezzo medio dell’elettricità all’ingrosso è calato del 37,5% (a fronte di un calo degli scambi del 9,5%). Nei giorni festivi è ancora peggio: – 54,1% di prezzo confrontando il 1 maggio dei due anni.

Quindi solare ed eolico hanno fatto abbassare il costo di generazione a livelli che rimangono sempre più elevati degli altri Paesi europei ma sempre meno distanti: nei primi cinque mesi del 2013 è più elevato solo del 3,7% rispetto a quello del Regno Unito, del 21,9% rispetto alla Francia (ma era più alto del 49% lo scorso anno), del 35,9% rispetto alla Germania (era del 43,5% nel 2012).

I termoelettrici non possono contestare questi dati, contestano che per contro è aumentata la parte della bolletta finale che comprende gli oneri, quella parte di bolletta in cui c’è di tutto e di più e che solo per scelta politica è in bolletta piuttosto che all’interno del Bilancio dello Stato.

Vero, però un bambino a questo punto chiederebbe come mai si è deciso di incentivare le fonti rinnovabili e nella risposta sta la direzione da imboccare ora. Lo si era deciso per ridurre le emissioni di CO2 e di tutti quegli inquinanti che genera la combustione (anche da biomassa), riducendo la pesante dipendenza italiana dalle importazioni. Se questi obiettivi valgono ancora non si può che stringere i denti e valorizzare al massimo i soldi spesi, questo è ciò che si fa nelle case degli italiani in questi tempi di crisi.

Valorizzare una spesa già fatta significa, in campo elettrico, non buttare l’elettricità prodotta dalle FER per incapacità della rete a riceverla, invece nel 2011 appena Terna presentò i progetti per costruire 130 MW di impianti di accumulo nel Sud d’Italia per “evitare che parte dell’energia prodotta con le fonti rinnovabili vada sprecata”, ci fu la reazione negativa di Confindustria e di Aiget (Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader). Significa che il cavo con la Sicilia andava inaugurato cinque anni fa se si voleva ridurre il costo dell’elettricità e non nel 2015 come si spera ora (a luglio mentre il prezzo all’ingrosso nel resto d’Italia è stato di 55 euro al MWh, in Sicilia è stato di 90 euro e il prezzo nazionale è calcolato come media fra i prezzi zonali).

Riguardo al prezzo dell’elettricità e del gas, perché il costo della prima in Italia è fortemente dipendente dal costo della seconda, è facile ripetere il solito refrain dei costi elevati, anche se nessuno chiarisce esplicitamente che, come ha ricordato per l’ennesima volta il presidente dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas nell’audizione presso la decima commissione del Senato nel luglio 2013, anche “nel 2012 i prezzi dei clienti domestici in Italia sono stati più bassi della media europea”. Ma è rarissimo trovare delle analisi serie sul costo dell’elettricità, basate su cifre reali, tutti trovano un capro espiatorio o una soluzione magica (si pensi al nucleare di due soli anni fa) evitando la complessità del sistema elettrico. In tal caso si scoprirebbe che il costo all’ingrosso dell’elettricità è da sempre, da prima dell’era delle rinnovabili, superiore in Italia rispetto ad altri Paesi Europei e lo è perché all’estero si utilizza più carbone, mentre in Italia la “tecnologia marginale” nella maggior parte delle ore (il 60% nel 2012, il 66% nel 2011) è rappresentata dai cicli combinati a gas, il confronto con la tecnologia marginale a carbone tedesca fa esattamente una differenza di 30 euro al MWh, senza tirare in ballo altre fonti di generazione (si veda l’ultimo rapporto dell’AEEG sui mercati elettrici). Chiediamo ai cittadini italiani se sono disposti a costruire nuove centrali a carbone per abbassare le bollette delle aziende, se volgiamo essere concreti.

Oggi abbiamo il problema (si fa per dire) di avere troppa elettricità “verde” e consumi in calo infinito, perché non si pensa di favorirne il consumo, sostituendo altre forme di energia alimentate dai fossili? Di fronte a un problema c’è sempre la tentazione di difendere lo status quo, ma la storia insegna che non è la strada giusta. Oggi, finita l’epoca degli incentivi, sarebbe errato stabilire misure retroattive, definite odiose dallo stesso Ragazzi. La storia italiana è piena di stop & go, che sono la peggior strategia per vincere qualsiasi gara.

 

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Stop & Go, pessima strategia

Roberto Meregalli

Energia Felice, 29 luglio 2013

 

La scorsa settimana il vicepresidente di Confindustria Aurelio Regina ha sparato l’ennesima bordata verso le fonti rinnovabili elettriche, o meglio, verso eolico e fotovoltaico, perché sono queste le due fonti del paniere delle rinnovabili a catalizzare da sempre vivaci critiche da svariati fronti.

Regina, ricordando che “il mercato dell’energia attraversa una profonda crisi”, ha chiesto interventi al governo minacciando che “senza interventi ci sarà una raffica di chiusure tra i produttori di energia”. Ma il vicepresidente di Confindustria abbandona subito “gli elettrici” per lamentarsi del costo dell’elettricità e del fatto che l’Autorità per l’energia ed il gas non abbia ancora messo in atto la decisione del governo precedente (Monti) di ridurre il costo per i grandi energivori (imprese con alti consumi). Ma poi l’affondo finisce sui soliti oneri in bolletta che, per sostenere il fotovoltaico, sono cresciuti a dismisura. “Il sistema è troppo generoso e l’Italia non può permetterselo”, taglia corto Regina.

Cosa propone? Che “anche i produttori incentivati paghino una parte degli squilibri che producono”, non solo, “devono poi contribuire al mantenimento del sistema di riserva, costituito anche da centrali termoelettriche, per evitare di rimanere al buio quando sole e vento spariscono”. Tradotto per i comuni mortali significa che le rinnovabili paghino il costo degli oneri creati dalla loro non prevedibilità e paghino le centrali a gas che servono a fare da back-up.

Omettiamo le risposte giunte dai rappresentanti delle categorie delle FER perché per il bene del Paese il discorso non va lasciato all’interno delle corporazioni, ma compreso e risolto da tutti quelli che pagano la bolletta.

Partiamo dai dati. Il conto energia, che dal 2005 ha incentivato l’installazione di pannelli fotovoltaici, è terminato definitivamente il 6 luglio del corrente anno, quindi tetto raggiunto. Risultato? Cinquecentosettantamila impianti (e quindi altrettanti invitati a suddividere la fetta di torta degli incentivi) per 18 GW installati (18 milioni di MW, equivalenti ad 11 del più potente reattore nucleare in costruzione, l’ EPR che si voleva costruire anche in Italia). Costo pagato in bolletta nel 2012? 6,4 miliardi su un totale di sessanta, a tanto ammonta la bolletta totale italiana (tutti dati rilevati dalla relazione del presidente del GSE alla X Commissione del Senato il 18 giugno 2013).

Il fotovoltaico ha prodotto 18.862 MWh di elettricità nel 2012 (dato definitivo GSE) il 6,3% di quella prodotta in Italia, una quantità rilevante, ma come mai in grado di creare così tanti sconvolgimenti fra i termoelettrici? In fondo si tratta di una quantità inferiore alle perdite annuali sulla rete in alta tensione.

Tutta colpa del mercato elettrico, perché questa quantità viene offerta nelle ore di maggior consumo, in cui un tempo più alti erano i prezzi e pertanto maggiori i ricavi dei produttori di elettricità, il meccanismo (merit order) fa scartare le offerte a maggior costo. Se confrontiamo lunedì 15 maggio 2006 (era pre-fotovoltaica) e lunedì 13 maggio 2013, scopriamo che nella fascia oraria dalle 9 del mattino alle 20 serali il prezzo medio dell’elettricità all’ingrosso è calato del 37,5% (a fronte di un calo degli scambi del 9,5%). Nei giorni festivi è ancora peggio: – 54,1% di prezzo confrontando il 1 maggio dei due anni.

Quindi solare ed eolico hanno fatto abbassare il costo di generazione a livelli che rimangono sempre più elevati degli altri Paesi europei ma sempre meno distanti: nei primi cinque mesi del 2013 è più elevato solo del 3,7% rispetto a quello del Regno Unito, del 21,9% rispetto alla Francia (ma era più alto del 49% lo scorso anno), del 35,9% rispetto alla Germania (era del 43,5% nel 2012).

I termoelettrici non possono contestare questi dati, contestano che per contro è aumentata la parte della bolletta finale che comprende gli oneri, quella parte di bolletta in cui c’è di tutto e di più e che solo per scelta politica è in bolletta piuttosto che all’interno del Bilancio dello Stato.

Vero, però un bambino a questo punto chiederebbe come mai si è deciso di incentivare le fonti rinnovabili e nella risposta sta la direzione da imboccare ora. Lo si era deciso per ridurre le emissioni di CO2 e di tutti quegli inquinanti che genera la combustione (anche da biomassa), riducendo la pesante dipendenza italiana dalle importazioni. Se questi obiettivi valgono ancora non si può che stringere i denti e valorizzare al massimo i soldi spesi, questo è ciò che si fa nelle case degli italiani in questi tempi di crisi.

Valorizzare una spesa già fatta significa, in campo elettrico, non buttare l’elettricità prodotta dalle FER per incapacità della rete a riceverla, nel 2011 appena Terna presentò i progetti per costruire 130 MW di impianti di accumulo nel Sud d’Italia per “evitare che parte dell’energia prodotta con le fonti rinnovabili vada sprecata”, ci fu la reazione negativa di Confindustria e di Aiget (Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader). Significa che il cavo con la Sicilia andava inaugurato cinque anni fa se si voleva ridurre il costo dell’elettricità e non nel 2015 come si spera ora (a luglio mentre il prezzo all’ingrosso nel resto d’Italia è stato di 55 euro al MWh, in Sicilia è stato di 90 euro).

E di fronte al dato di fatto di avere il problema (si fa per dire) di avere troppa elettricità “verde”, perché non si pensa di favorirne il consumo, sostituendo altre forme di energia alimentate dai fossili?  Di fronte a un problema c’è sempre la tentazione (di Confindustria) di difendere lo status quo, ma la storia insegna che non è la strada giusta. Oggi, finita l’epoca degli incentivi, sarebbe errato stabilire forme punitive sottoforma di regolamenti da parte dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas. La storia italiana è piena di stop & go, che sono la peggior strategia per vincere qualsiasi gara.

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Il secondo quaderno di Energia Felice – Rinnovabili 2013: un impatto devastante

A che punto siamo con le energie rinnovabili in Italia?
Dopo quattro anni di crescita è possibile fare un primo bilancio dello sviluppo del settore delle fonti rinnovabili e degli effetti sull’intero sistema energetico italiano. Lo scopo di questo testo è proprio questo, analizzando in base ai dati più recenti disponibili, le variazioni strutturali che le fonti rinnovabili stanno apportando ad alcuni mercati.

Scopriremo che senza alcuna regia (potremmo quindi scrivere senza volerlo), siamo già in una situazione totalmente imprevista solo pochi anni fa, con consumi energetici in calo dal 2005 e un vorticoso aumento di tutte le fonti rinnovabili (elettriche in primo luogo ma anche termiche). Nel settore elettrico la rivoluzione è tale (a maggio più di metà dell’elettricità offerta sul mercato del giorno prima è stata prodotta con fonti rinnovabili) da aver messo in crisi le utility e da aver scatenato una controffensiva sul piano regolatorio che rischia di bloccare – a metà del guado – il passaggio da un sistema centralizzato ad un sistema di generazione distribuita. Le prossime decisioni in materia saranno pertanto cruciali per il futuro occupazionale del settore delle rinnovabili, ma soprattutto per il futuro energetico del nostro Paese.

Scarica qui il testo in pdf – Rinnovabili 2013_ un impatto devastante

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