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IL GOVERNO ASCOLTA SOLO I GRANDI INTERESSI DEI PRODUTTORI DA FONTI FOSSILI E COLPISCE LE RINNOVABILI

Il Governo Letta, con intese più o meno larghe, ha ottenuto ieri la fiducia sul maxiemendamento relativo alla legge di stabilità che contiene, al comma 99, la “perla” di togliere soldi alle rinnovabili per darli alle fonti fossili.
La questione è quella dell’ormai famoso “capacity payment”, ossia il pagamento, alle centrali elettriche convenzionali, di una quota economica, solo per la capacità di produrre energia, anche se questa non é utilizzata, e neppure prodotta.

Non erano proprio i grandi produttori energetici tra i campioni del liberismo e del mercato che si regola da sé? Come mai oggi chiedono una sovvenzione, che è un vero e proprio aiuto di stato?

Per di più prendendo le risorse facendo pagare gli oneri di sistema anche sull’energia da fonti rinnovabili autoprodotta e autoconsumata.

Queste sovvenzioni sono richieste per “compensare” l’eccesso di capacità produttiva convenzionale, dovuta allo sviluppo delle fonti rinnovabili (che ormai coprono più di un terzo del fabbisogno), ma anche per la riduzione dei consumi (dovuta alla crisi economica, e in misura minore ad un aumento dell’efficienza energetica); ma, soprattutto, per gli esagerati investimenti in centrali convenzionali, fatti senza nessuna programmazione e scommettendo contro lo sviluppo delle rinnovabili, da parte delle imprese del settore.

Perchè dovrebbero essere premiati costoro? Perchè dovrebbero essere tenute in operatività anche centrali obsolete, inquinanti e poco efficienti, come già avviene per quelle a olio combustibile?

Viene portato a sostegno l’argomentazione che esiste un problema di sicurezza della rete e degli approvvigionamenti e quindi della potenza di riserva, essendo le fonti rinnovabili per loro natura discontinue e solo in parte programmabili.

Certo il problema va affrontato con una rimodulazione del modello energetico che sviluppi la generazione distribuita, le reti intelligenti, il massimo di efficienza e razionalità nell’uso di tutte le fonti energetiche. In quest’ambito saranno necessari anche incentivi per chi innova e contribuisce alla transizione energetica, non per chi difende il vecchio sistema fossile.

Invece questo Governo continua a vedere solo gli interessi del fossile, sempre ieri a Trieste, sotto gli auspici del premier Letta, l’Eni ha firmato con i russi un accordo per trivellare il Mediterraneo, alla ricerca di idrocarburi.

Oggi, nel corso del Forum di Qualenergia? Il Ministro Orlando ha detto di condividere “l’incazzatura” dei partecipanti contro il “comma 99” e ha annunciato che intende “proporre un emendamento alla Camera”, quando verrà presentato il testo della legge di stabilità.

Auspichiamo esista una maggioranza adeguata, ma per questo è bene che gli interessi diffusi, che sostengono le ragioni dell’ambiente e delle fonti rinnovabili, si facciano sentire.

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Dodici miliardi di euro all’anno gli aiuti pubblici in Italia alle fossili

da qualenergia.it

A livello mondiale il problema dei sussidi alle fonti fossili è abbastanza noto: l’ultima denuncia è contenuta nel World Energy Outlook 2013 della IEA, che li quantifica in 544 miliardi, cinque volte quelli alle fonti rinnovabili. Secondo stime di Ong ambientaliste, solamente eliminando questi aiuti si ridurrebbero le emissioni mondiali di CO2 di 750 milioni di tonnellate, ovvero il 5,8% al 2020, contribuendo al raggiungimento della metà dell’obiettivo climatico necessario a contenere l’aumento di temperatura globale di 2 °C.

Quasi mai invece si sente parlare di questo tema su scala nazionale italiana. Prova ad accendere il dibattito pubblico nazionale un dossier targato Legambiente che mette in evidenza un dato: sono circa a 12 miliardi di euro all’anno i sussidi di cui beneficiano le fonti fossili nel nostro Paese. Il rapporto fa una sorta di censimento degli aiuti diretti e indiretti che finiscono a petrolio, carbone e altre fonti inquinanti e climalteranti (vedi allegato in basso) e cerca di fornire un po’ di trasparenza su questo argomento: le vie che portano al sostegno delle fonti sporche sono diverse, tortuose e individuarne la portata non è sempre semplice.

Secondo il dossier stiamo parlando di 4,4 miliardi di sussidi diretti, distribuiti ad autotrasportatori, centrali alimentate fonti fossili e imprese energivore, e di 7,7 miliardi di sussidi indiretti, tra finanziamenti per nuove strade e autostrade, sconti e regali per le trivellazioni. Il totale, appunto, è di 12,1 miliardi di euro.

La voce più importante riguarda i trasporti. Al settore dell’autotrasporto sono andati, dal 2000 al 2013, quasi 5,3 miliardi di euro attraverso fondi diretti al sostentamento del settore (400 milioni l’anno), sconti sui pedaggi autostradali (120 milioni in media ogni anno), riduzioni sui premi INAIL e RCA (rispettivamente 105 e 22 milioni), oltre a deduzioni forfettarie non documentate per circa 113 milioni annui. Per il 2013 si tratta di 400 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i 330 per il 2014, ad oggi in discussione nella Legge Stabilità.

Un’altra voce di sussidio riguarda gli sconti sulle tasse per l’acquisto di carburante; secondo l’OCSE, l’Italia nel 2011 ha sostenuto il settore con riduzioni e esenzioni dall’accisa per oltre 2 miliardi di euro.

C’è poi il capitolo termoelettrico. Diversi impianti da fonti fossili beneficiano di sussidi diretti per la produzione elettrica. L’esempio più noto è l’incentivo CIP6 alle assimilate. Complessivamente, agli impianti a fonti fossili, dal 2001 al 2012 sono stati assegnati 40,149 miliardi di euro, si legge nel report. Secondo i dati del GSE, nel 2012 il sussidio è stato pari a 2,166 mld di euro e continuerà, riducendosi nel tempo, ancora fino al 2021. Sempre secondo i dati del GSE, si può stimare che i CIP6 da qui al 2021 costeranno alla collettività circa altri 4,880 miliardi di euro.

Un nuovo sussidio diretto a centrali vecchie e inquinanti poi è entrato in funzione nel 2012, giustificato con presunti allarmi legati all’emergenza gas. In pratica le vecchie centrali a olio combustibile vengono remunerate con 250 milioni di euro (per il 2013), a fronte della disponibilità a entrare in funzione contro possibili nuove emergenze gas e per di più potranno operare con “deroghe alla normativa sulle emissioni in atmosfera o alla qualità dei combustibili”.

Diversi altri aiuti sono invece più difficili da individuare e contabilizzare. Ad esempio ci sono i rimborsi ai nuovi entranti nel meccanismo europeo di scambio delle emissioni ETS: gli impianti entrati in funzione negli ultimi quattro anni riceveranno rimborsi per circa 160 milioni, prelevati da risorse che sarebbero dovute invece servire a ridurre le emissioni di CO2 (vedi QualEnergia.it).

Altra voce che Legambiente mette nel conto come sussidi alle fonti fossili sono gli sconti ai grandi consumatori di energia: circa 600 milioni di euro l’anno. Stesso discorso per il servizio di interrompibilità, cioè il compenso garantito a certi grandi consumatori in cambio alla disponibilità di vedersi interrompere la fornitura nell’eventualità (a dire il vero piuttosto remota) che l’energia immessa in rete non basti per tutti. Nel 2013 il servizio di interrompibilità si può stimare in 736,5 milioni di euro. Altro sussidio diretto a favore delle aziende energivore è la riduzione dell’accisa sul gas naturale impiegato per usi industriali da soggetti che registrano consumi superiori a 1.200.000 mc annui, per 60 milioni di euro l’anno.

Altri sussidi potrebbero essere in arrivo: nella proposta di Decreto del Fare 2, ad esempio, è previsto un incentivo per la costruzione di una centrale al carbone cosiddetto “pulito” nel Sulcis: 60 milioni di euro l’anno, per un costo totale di 1,2 miliardi di euro, che saranno coperti tramite il prelievo nella bolletta elettrica.

Ma gli incentivi alle fossili sono anche indiretti. Una forma di sussidio indiretto riguarda ad esempio il campo delle infrastrutture. “Invece di investire su metropolitane e tram per aiutare i cittadini a lasciare l’auto a casa, o di migliorare la logistica delle merci per avere un’alternativa più efficiente con treni e navi, in Italia la priorità degli investimenti infrastrutturali continua ad andare a strade e autostrade, con la conseguenza di favorire il trasporto privato su gomma e quindi il consumo di fonti fossili”, spiegano gli autori del dossier. Nel 2012 la spesa per gli investimenti in nuove opere stradali e autostradali è stata pari a 2,4 miliardi di euro; erano 3,3 nel 2011.

Ancora, altri sussidi indiretti e sconti sono applicati a coloro che sfruttano le risorse fossili nel territorio italiano. Il caso più eclatante riguarda le irrisorie royalties previste per trivellare in Italia, portate con il Decreto Sviluppo al 10% (a parte il petrolio a mare dove la percentuale è al 7%). “Se in Italia avessimo portato le royalties al 50%, nel 2012 ci saremmo trovati invece che un gettito di 333,5 milioni di euro circa, con uno da 2,859 miliardi di €. Se si aggiornassero i canoni per la prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio con cifre più adeguate (almeno 1.000 €/kmq per la prospezione, 2mila per le attività di ricerca fino a 16mila per la coltivazione), le compagnie petrolifere potrebbero versare alle casse dello Stato oltre 300 milioni di euro invece dell’attuale milione. Anche in questo caso, la ‘distrazione’ nell’aggiornare i canoni determina evidenti sussidi indiretti pari a circa 300 milioni di euro”, denuncia l’associazione ambientalista.

Dossier Legambiente (pdf)

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Papa Francesco: NO AL FRACKING

Ed eccolo qui, Papa Francesco che Lunedi’ 11 Novembre di e’ fatto fotografare con una t-shirt che dice “No al fracking” e poi con un altra dove invece c’e’ scritto ‘El agua vale más que el oro’ e “L’acqua vale piu’ dell’oro”.

La foto e’ stata scattata assieme al regista e al senatore argentino Fernando ‘Pino’ Solanas in Vaticano, nella foto sulla destra. Erano presenti anche Juan Pablo Olsson del Proyecto Sur CABA, che lotta contro il fracking in Argentina, ed un procuratore esperto in delitti ambientali, Gustavo Gómez.

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A Cesena l’energia giusta

Vi siete mai chiesti, leggendo un fumetto o guardando un film con dei supereroi, quanta energia richiederebbe realmente volare a mille all’ora o correre come un fulmine, o ancora sollevare un palazzo con una sola mano? Probabilmente no. Ma del resto molti di noi non si sono mai chiesti neppure quanta energia occorre per asciugarsi i capelli, cuocere la pasta, o riscaldare il nostro appartamento…


Da questa semplice considerazione è nata l’idea di un progetto, rivolto alle scuole medie di Cesena e  a tutta la cittadinanza, che punta a promuovere, in modo divertente e curioso, il risparmio energetico e le energie rinnovabili.


 “L’obiettivo di questo progetto– ci spiega l’Assessore alla Sostenibilità Ambientale Lia Montaltiè quello di sensibilizzare la cittadinanza sull’importanza delle energie rinnovabili e del risparmio energetico, partendo da quanto di buono è già stato concretamente realizzato in questi anni nel Comune di Cesena, anche grazie all’azione di Energie per la Città Spa, promotrice dell’iniziativa, per poi allargare e approfondire la riflessione su questi temi, affinché essi possano diffondersi ulteriormente.”


E bisogna riconoscere che effettivamente di interventi ne sono stati fatti numerosi negli ultimi anni.

Con la collaborazione di Energie per la Città, la Società che svolge anche l’attività di Energy management per conto del Comune di Cesena, sono stati infatti realizzati interventi di riqualificazione energetica su 83 edifici pubblici e installati impianti fotovoltaici sui tetti di 19 scuole del territorio, tutti monitorati costantemente con un moderno sistema di telecontrollo.


 “Siamo molto orgogliosi della parte tecnica – ci spiega l’ing. Davide Broccoli, Presidente di Energie per la Città Spa – ma a mio avviso questa da sola non è sufficiente se non è affiancata anche da una più profonda coscienza, personale e collettiva, rispetto all’importanza delle nostre scelte in questo ambito, che riguarda molti aspetti della vita quotidiana. Sarebbe inutile, ad esempio, installare un impianto fotovoltaico per poi lasciare le luci accese nelle aule vuote, oppure mettere i doppi vetri o convertire la vecchia caldaia con quelle di ultima generazione, se poi si tengono le finestre aperte sopra ai termosifoni. Ridurre gli sprechi con azioni virtuose è la prima fondamentale fonte di energia!

Per questo abbiamo deciso di finanziare questo importante progetto educativo e culturale, rivolto a tutti i cittadini. Gli interventi progettati dalla società consentono inoltre al Comune di Cesena di accedere a incentivi statali e regionali.”


E’ per questa ragione che si è deciso di coinvolgere la Cooperativa Kaleidos, per organizzare e seguire tali interventi educativi con l’esperienza che questa realtà ha accumulato in molti anni di attività educativa sulle tematiche ambientali.


 “Il progetto è rivolto a tutta la cittadinanza – ci spiega Michele Dotti, educatore della Cooperativa – e questo ci ha spinto a predisporre linguaggi comunicativi diversi per raggiungere le diverse fasce d’età e valorizzarne le differenti competenze potenziali:


per quanto riguarda i giovani abbiamo pensato ad incontri nelle scuole e ad un loro coinvolgimento nella realizzazione di materiale divulgativo;


ai bambini e alle famiglie, proporremo tre giornate di festa e giochi nelle piazze e nei parchi, in stile “giochi senza frontiere”, sempre sul tema dell’energia;


per coinvolgere adulti e anziani abbiamo pensato a degli incontri serali presso tutte le dodici circoscrizioni. Lo stile che ci prefiggiamo è sempre orientato alla partecipazione attiva e a promuovere il piacere, diremmo quasi il divertimento, dell’impegno.”


Gli incontri nelle scuole sono iniziati la settimana scorsa, dal plesso della Scuola media Anna Frank e proseguiranno per tutto l’inverno fino a raggiungere 250 alunni, con un percorso di tre incontri, in 12 differenti classi, di tutte le Direzioni didattiche, delle scuole medie inferiori della città. In parallelo si terranno gli incontri serali nelle Circoscrizioni di quartiere. Mentre dalla primavera inizieranno gli eventi di piazza per le famiglie.

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info: www.energieperlacitta.it – mail: mercatoenergia@energieperlacitta.it – tel. 0547.356363

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Cambiamenti climatici: gli stati europei in ordine sparso

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano – 12 novembre 2013

Come da copione, la tragedia delle Filippine non riesce a turbare la coscienza dei governanti del vecchio mondo. “In fondo – pensano – per ora non ci tocca e i Paesi meno sviluppati soffrano perché non hanno ancora sistemi di prevenzione all’altezza delle catastrofi. Peggio per loro, finché qui ne siamo immuni e possiamo lavarci la coscienza con un po’ di carità a disastro avvenuto”.

Che la prevenzione stia invece nel ridurre noi le emissioni climalteranti, con tutto quanto consegue sull’uso delle risorse, sugli stili di vita, sulla convivenza con l’ambiente e sulla qualità del lavoro, non è argomento di riflessione per una politica che, se si compiace di esibire “palle d’acciaio”, inconsciamente manifesta una propensione più androide che umana.

Eppure, si aprirà a giorni in Polonia il vertice sui cambiamenti climatici: i governi dell’Europa purtroppo ci arriveranno in ordine sparso, mentre tutto il mondo della finanza fiuterà affari e le banche faranno pressioni per drenare risorse verso i loro bilanci, anziché per ripianare il debito verso la natura.

L’Ue, per la verità, si era posta l’obiettivo per la riduzione delle emissioni di CO2 e aumentare la quota di energia rinnovabile entro il 2030. Ma le differenze tra gli Stati membri e gli interessi economici divaricanti potrebbero compromettere questa ambizione. Mentre la Danimarca rinuncia alle trivelle in mare a favore dei mulini a vento e la Germania si è da tempo impegnata sull’energia verdela Polonia punta sull’estrazione di gas da scisto (shale gas) e l’Inghilterra annuncia la costruzione di nuove centrali nucleari. In compenso, l’Italia si accontenterebbe di smistare il gas che le viene portato da lontano, rinunciando ad una politica industriale e occupazionale che la sua esposizione naturale favorirebbero.

La Commissione Europea continua ad affermare che la matrice energetica è di competenza esclusiva degli Stati membri, ma, se questo valeva nel secolo scorso, il cambiamento climatico e le rivoluzioni informatica ed energetica portano a omogeneizzare in dimensione continentale una strategia dell’efficienza, della cooperazione, dell’accumulo della produzione rinnovabile,dell’impiego di reti intelligenti. Le iniziative non coordinate dei singoli Stati non sono più senza conseguenze, come dimostra lo stesso esempio della transizione energetica in Germania, dove la sospensione della produzione nucleare e il conseguente sviluppo della produzione sostitutiva da vento e sole hanno avuto un forte impatto sui paesi limitrofi. Già nel 2013 durante il picco di produzione, volumi di elettricità verde che la rete tedesca non poteva assorbire sono stati trasferiti alle reti polacca e ceca.

Una Europa sempre più liberista e sempre meno sociale mostra tutti i suoi limiti anche in campo energetico. Con una strategia incerta, piegata alle privatizzazioni e influenzata dalle lobby energetiche che stazionano a Bruxelles, gli ingenti fondi a disposizione non servono a conseguire gli obbiettivi dichiarati. Gli inglesi vogliono sovvenzionare la costruzione di centrali nucleari? I polacchi vogliono avere una legislazione che non consideri i guasti ambientali del gas da scisto? I tedeschi vogliono difendere un’industria automobilistica che sforna vetture a elevate emissioni? Niente di meglio che non pestarsi i piedi e evitare di armonizzare le politiche energetiche di 27 nazioni.

Tuttavia, il futuro procede in altra direzione: già ora nessun paese è un’isola energetica e la rete elettrica a venire è irreversibilmente europea! Sarà pertanto residuale la battaglia dei grandi gruppi per mantenere sistemi centralizzati e impianti di grande dimensione alimentati da fonti non rinnovabili, pur con minori emissioni climalteranti. Perdente, dal momento che le tecnologie – nucleare e CCS (cattura e sequestro di CO2 sotto terra) – che dovrebbero rispondere a questi requisiti, sono in crisi dopo Fukushima e la decisione della Norvegia di porre fine all’ambiziosoprogetto di cattura nella raffineria di Mongstad.

La decarbonizzazione dell’economia funziona all’origine dei processi, comportando che i capitali siano dirottati verso le fonti rinnovabili – in grado di eliminare le emissioni di oggi – anziché verso la realizzazione di insicure discariche dei combustibili nucleari e fossili del passato. La diffusione delle rinnovabili entra ormai definitivamente in collisione strutturale con gli interessi dei monopoli nazionali, che proteggono il loro mercato locale anche a dispetto del clima.

Si può ben dire, in conclusione, che la diffusione delle rinnovabili costituisce l’antidoto più potente al catastrofico riscaldamento del pianeta.

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