Ciao a a tutte/i,
è uscito il mio ultimo libro, dedicato all’agricoltura e al cibo che ne traiamo.
Questo libro parla di agricoltura, l’attività che ha fatto smettere gli uomini di vagare come nomadi e li ha fatti accasare attorno ad un fazzoletto di terra. Oggi, nelle società occidentali, sono sempre meno coloro che coltivano, abbiamo cibo in abbondanza, anche se non sappiamo ancora distribuirlo fra tutti gli abitanti della terra, cosicché quasi uno su sette la sera va a dormire con la pancia inquieta.
Un numero doppio di persone invece dorme male per il motivo opposto, perché ha la pancia gonfia da star male, e una massa che ne limita addirittura i movimenti; perché l’industria del cibo mette sugli scaffali alimenti troppo ricchi di zucchero, sale e grassi che soddisfano altri nostri bisogni a danno della nostra salute.
Di questi due aspetti tratta il primo capitolo; il secondo disegna la grande industria dei campi in Italia, Europa e nel resto del mondo: parleremo di raccolti, di industrie di processo, di catene di supermercati, di commercio internazionale.
Nel terzo ci affacceremo sul lato oscuro dell’agricoltura mondiale, sul retrobottega, dove si ammassano i rifiuti, le cosiddette esternalità, tutto ciò che non si mostra mai al cliente per non rovinare il suo appetito. Quanto inquina l’agroalimentare? Quanto costa all’ambiente il consumo di carne? Quanti antibiotici entrano nella pancia degli animali allevati? Quanti fertilizzanti, quanti antiparassitari si spargono sui campi? Nel capitolo cercheremo di rispondere a tutte queste domande.
Sono tanti i dati riportati perché si è preferito evitare discorsi generici, ma molte sono anche le cose che non troverete e che avremmo voluto aggiungere ma che abbiamo omesso per rendere “digeribile” il testo. La ricchezza di dati genera il rischio di ammucchiare tante informazioni sui pericoli del mondo del cibo col risultato di farci sentire sempre meno capaci di affrontarli. Ma non è certo questo l’obiettivo e nella parte finale del libro andremo oltre con lo sguardo, per vedere nuove agricolture, già presenti ma non ancora pienamente sviluppate, che cercano di evitare i danni e perseguono un rapporto più rispettoso verso l’ecosistema. Parleremo quindi di agricoltura sociale, di agricoltura urbana, di agricolture non omologate all’unica vocazione dell’economia.
Concluderemo il viaggio con una riflessione su come il rispetto per le piante e gli animali – nostri compagni indispensabili di vita – implichi non solo l’esigenza di migliorare le tecniche agricole e le filiere alimentari, ma non possa avvenire senza un cambiamento di noi stessi. Senza la riscoperta delle nostre origini, dei legami con l’intero creato, della nostra capacità adattiva su un pianeta che cambia e, soprattutto della necessità esistenziale di superare il mito dell’individuo per abbracciare quello di comunità, non troveremo la sostenibilità, la giustizia e la felicità che cerchiamo.
Siamo entrati in un nuovo secolo, e le questioni che dobbiamo affrontare sono diverse da quelle di cinquant’anni fa. Un nuovo paradigma incentrato sul benessere, la resilienza e la sostenibilità deve sostituire quello produttivista del passato per dare piena realizzazione al diritto ad una alimentazione adeguata e per difendere le basi stesse dell’esistenza umana. L’equazione è complessa, ma può essere risolta e nel risolverla troveremo cibo soprattutto per la nostra anima.