Archivi categoria: Generale

Extrabanca condannata per discriminazione razziale

da Affaritaliani.it

E’ un po’ come quando, periodicamente, si scopre che un prete bestemmia in chiesa: la condanna di Extrabanca per discriminazione razziale assume veramente il sapere particolare, e amarissimo, tipico di quando un comportamento colpevole viene adottato da chi, come immagine, ha scelto quella esattamente opposta alle opere che compie. La Corte di Appello di Milano, Sezione seconda civile, con sentenza depositata in data 23 giugno 2015 nella causa 2300/2014, ha riconosciuto il carattere discriminatorio per motivi razziali della revoca dell’incarico di vicepresidente del Consiglio di Amministrazione di Extrabanca S.p.A. del dott. Otto Bitjoka, imprenditore italiano di origine camerunense.

Chi conosce Extrabanca fa un salto sulla sedia: è un piccolo istituto di credito molto innovativo – attualmente (dopo i fatti contestati) acquisito dal gruppo che fa capo a Matteo Arpe – che aveva scelto come propria bandiera, anzi come oggetto specifico della propria attività, quella di fornire servizi bancari agli immigrati. Evidente la potenziale forza della specializzazione: integrare i servizi di banca “normali” con quelli, come la rimessa internazionale di denaro, tipici degli immigrati poteva (e ancora potrebbe) essere un’ottima idea. Nelle filiali, impiegati multietnici e multilingue, carte di credito di tipo speciale, finanziamenti alle piccole imprese eccetera…

Ideologo dell’iniziativa, appunto Otto Bitjoka, un omone simpatico ed energico, ben noto da almeno vent’anni a chiunque segua, con un po’ di attenzione, il dibattito sul fenomeno dell’immigrazione in Italia. Un personaggio-simbolo. Ebbene, da vicepresidente del consiglio d’amministrazione, il 5 dicembre 2011 Bitjoka si vede revocare il mandato. Perché? Come ha accertato la  Corte di Appello di Milano, “tale revoca ha carattere ritorsivo e discriminatorio per motivi razziali in quanto motivata sulla base della solidarietà manifestata dal dott. Otto Bitjoka a un dipendente di origine straniera di Extrabanca, a sua volta discriminato da Extrabanca S.p.A. per motivi razziali”, come accertato dal Tribunale di Milano Sezione Lavoro (in data 22 marzo 2012 nella causa R.G. 16945/2011). Dinanzi alla Corte di Appello di Milano il dott. Otto Bitjoka è stato assistito dall’avvocato Fabio Strazzeri.

“Sono molto felice che sia stata fatta giustizia. È un fatto molto grave che Extrabanca S.p.A. sia stata condannata per discriminazione razziale. E’ una palese violazione delle finalità di tale istituto, nato per tutelare gli stranieri e favorire il loro accesso al credito. Io, dopo la revoca dell’incarico di vicepresidente, mi sono dimesso dal Consiglio di Amministrazione in quanto ritenevo che Extrabanca S.p.A. tradisse i principi sui quali era stata fondata. Adesso la Corte di Appello di Milano mi ha dato ragione”.

L’avvocato Fabio Strazzeri, difensore del dott. Otto Bitjoka, dichiara: “Sono pienamente soddisfatto perché la Corte di Appello di Milano ha reso giustizia al mio assistito, ingiustamente discriminato sulla base di motivi razziali. Speriamo che la sentenza possa essere da monito affinché in futuro non si ripetano comportamenti simili che sono in contrasto con i valori della Costituzione e con ogni principio di civiltà giuridica”.

LA NOTA PRECISAZIONE DI EXTRABANCA – In relazione agli articoli di stampa odierni Extrabanca non commenta la sentenza della Corte di Appello di Milano, così come non aveva commentato quella a lei favorevole resa in primo grado dal Tribunale. La Banca, nella piena consapevolezza dell’assenza di qualunque condotta discriminatoria, si riserva il diritto di ricorrere in Cassazione per ottenere l’annullamento della sentenza di secondo grado che si riferisce a fatti accaduti nel 2009. Extrabanca è l’unico istituto di credito dedicato agli stranieri ed ai loro bisogni. Dalla sua nascita ad oggi ha investito tutte le proprie risorse nello sviluppo del suo progetto di integrazione che è stato ulteriormente rafforzato e ampliato dal nuovo management insediatosi nel settembre 2014.

Condividi

Difendersi dalle banche, di Fabio Strazzeri

Difendersi dalle banche, di Fabio StrazzeriLe banche sono al centro del sistema economico e politico italiano e internazionale. Sovrastano i cittadini e gli stessi Stati, che subiscono le conseguenze delle condotte dei banchieri, finalizzate a perseguire – talvolta in modo illegale – gli interessi di ristrette oligarchie.

Il libro indica i possibili strumenti di difesa dell’utente. In modo semplice e chiaro sono illustrate le pratiche bancarie scorrette e i rimedi offerti dall’ordinamento giuridico.

La crisi del 2008, causata dalle condotte irresponsabili delle banche, ha colpito i cittadini, le famiglie e le imprese in modo drammatico, ma può essere l’inizio di una nuova consapevolezza della necessità di reagire e porre al centro della vita economica e sociale i diritti della persona umana.

Temi trattati: il sistema bancario e il diritto bancario, i contratti bancari, i servizi bancari, banche e intermediazione nei pagamenti, banche e servizi di investimento, gli istituti a difesa dell’utente bancario, il segreto bancario e la normativa antiriciclaggio, le centrali rischi, le banche centrali e la moneta

Fabio Strazzeri è avvocato del foro di Milano. Ha pubblicato come coautore per Foschi Editore anche “Stranieri in Italia”. E’ curatore del sito www.studiolegalestrazzeri.it

Condividi

“Una vita nel pallone”, di Bruno Ravasio

a cura di Piero Lucia

Una bella storia, quella raccontata da Bruno Ravasio, fluida e scorrevole che, fin dalle prime pagine, per l’efficacia e l’essenzialità, riesce a captare l’attenzione del lettore. E che forse coinvolge maggiormente in quanto non si snoda né si consuma dentro il recinto parziale della sua narrazione.

Una vita nel pallone

Non è solo la vicenda, storicamente datata, sportiva ed umana, di molti decenni fa, di Virginio Ubiali, “Gepì”, rievocata da un lembo di terra bergamasca, spicchio di un’Italia semplice, in bianco e nero, che faticosamente inizia a riprendere un cammino e ormai prossima ad epocali cambiamenti. E’ uno sguardo, quello dell’autore, che spazia con agilità – contemporaneamente e in parallelo – su altre dimensioni, su più diversi fronti. Tra fatti e vicende, politiche e sociali di quel tempo, mischiate nella trama con equilibrio e con misura. Una miscela, ben riuscita, che si collega a quanto già vissuto, negli anni appena antecedenti, in una realtà del nostro bel paese sfregiata – come tante – nell’anima e nelle carni, dal trauma lacerante della guerra.

Una ferita profonda, ancora aperta e non cicatrizzata, che è necessario ad ogni costo saturare. Impresa ardua, che avrà bisogno del massimo e appassionato impegno collettivo. Dopo l’agghiacciante fragore delle bombe, s’inizia finalmente a respirare un’aria nuova, di gaia spensieratezza, e come di vivida sorpresa, per la riconquistata libertà. Un clima nuovo, denso di un’energia vitale dirompente, che in varie direzioni si rimette in moto.

Rinascono inedite forme di partecipazione collettiva, e di socialità, iniziano a dileguarsi le angosce e le paure disseminate ovunque nel lungo tempo della dittatura e poi acuite dall’esplosione feroce e  rovinosa della guerra, che col suo enorme carico di morte, di lutti e di rovine, ha sfigurato in lungo e in largo il Bel Paese. C’è una nuova, prorompente gioia di vivere e di agire che, convulsamente, riesplode tra chi è sopravvissuto a quella dura prova! Rimuovere le macerie, materiali e morali. E’ questo l’imperativo! E’ come una frenesia, volta a rimpadronirsi di getto del pezzo di esistenza che si è perso!

Il calcio, in quello specifico contesto, sviluppa una funzione di attrazione e di collante, un ruolo diffusamente coinvolgente capace di realizzare, dentro l’immaginario collettivo, un’originale forma di coesione.  E’ uno degli strumenti, più semplici e immediati, per rimettere insieme una socialità scomposta, per ricomporre identità smarrite, uscendo dalla solitudine e dalla disgregazione, in modo da ridare una nuova vitalità alla Nazione. Una modalità, rapida e sicura, per far riemergere un grumo di speranze da troppo tempo compresse e sullo sfondo tristemente relegate.

E’ questa una possibile visione in filigrana, per ripercorrere la trama e la vicenda umana del protagonista della storia, il suo  integrale confondersi col gioco del pallone, il suo mischiarsi agli amici sui campi di gioco di provincia impolverati.

Ma  la forza del racconto  è anche nel suo essere una storia per così dire “dilatata”, non comprimibile nell’esclusiva e parziale dimensione territoriale di un piccolo, marginale borgo di provincia. Tra i vari temi, che insieme si sfiorano e convivono, a volte quasi sovrapponendosi tra loro, centrale appare quello del lavoro, strumento decisivo di riscatto per superare antiche ingiustizie e incrostazioni di un mondo e di una realtà territoriale al proprio interno ancora troppo diseguale. Sullo sfondo il contesto ambientale, le case popolari, i quartieri operai, le grandi fabbriche, il Cotonificio Legler, in cui col sudore della fronte di migliaia di uomini ci si impegna a costruire un futuro, migliore, diverso e più avanzato, per una comunità che si è rimessa in moto!

Il segno peculiare della ricerca di un possibile riscatto, umano e materiale. Tracce che s’identificano e s’integrano a pieno con l’uomo che gioca col pallone, a cui si affidano speranze inconfessate, aspirazioni di vita ed ansie di riscatto. Nella comunità di Ponte San Pietro non c’è ragazzo che non vorrebbe anche solo in parte identificarsi in lui!

Il testo di Ravasio è in tal senso – e non a caso – denso di  molteplici, successive suggestioni. Un campo di calcio di provincia, uno dei tanti, sterrati e polverosi di un angolo d’Italia degli anni ’50, su cui per ore ciurme di ragazzini scalzi e impolverati rincorrono un pallone. Ponte San Pietro, nella lontana provincia bergamasca, un campo minore della Serie D, nella stessa zona della maggiore squadra locale, l’Atalanta, con le orgogliose casacche nerazzurre. La squadra di Ponte San Pietro non può certo essere eguale alla squadra maggiore di Bergamo e tuttavia nelle sue fila annovera Virginio Ubiali, il “Gepì”, autentico, inarrivabile funambolo.

E’ un numero 10 naturale, capace delle più impensate acrobazie, che intercetta la sfera col sinistro fatato di una calamita, e che disegna molteplici parabole di una bellezza rara. Nelle giornate di particolare ispirazione finanche irride senza ritegno l’avversario. Un giocoliere, che si esibisce con l’abilità degna di un virtuoso acrobata di circo. Ricorda in miniatura uno dei più grandi giocatori di calcio di quei tempi, un altro 10, un argentino vestito di casacca bianconera, che con Maschio e Angelillo comporrà  l’ineguagliabile trio degli “Angeli dalla faccia sporca”.

L’estroso gioiello di Ponte San Pietro era assurto agli onori della cronaca locale piuttosto tardi nel tempo, a 30 anni di età. Proveniva da una famiglia povera e modesta e per vivere era stato costretto a fare l’operaio alla Caproni. La sua vera, inesauribile passione era però quella di tirare calci ad un pallone, nei modi più imprevedibili e impensati, mirando da ogni direzione verso la porta con precisione estrema.

Ponte San Pietro, ed il legame fortissimo col luogo in cui era nato e dove era cresciuto, un rapporto profondo e indissolubile, col tempo rafforzato e mai venuto meno. Aveva bighellonato, da calciatore con scritto nel destino di diventare un gran campione, tra i più diversi luoghi, Novara, Biella, Crema, Lecco. E tuttavia ogni esperienza vissuta da professionista, pur ripagandolo dal punto di vista materiale, finiva per riportarlo al punto di partenza, nel luogo da cui aveva mosso i primi passi.

Una calamità, e forse un’autentica condanna, da cui misteriosamente non riuscirà mai a sottrarsi in alcun modo. Un punto dello spazio, che occupa in ogni poro la tua anima, da cui più ti allontani più ti richiama a sé. Fuori dal suo contesto “ Gepì” finiva puntualmente preda della tristezza e della malinconia! Per questo, alla fine, ritornava sempre al suo paese!

In conclusione, una storia semplice, una storia vera. Ed un insegnamento. La felicità non ha prezzo e non la si può acquistare solo col danaro! E’ più importante l’armonia col proprio io, attraversare il tempo che ci è dato con gli amici cari della gioventù, coi quali continuare a condividere, con naturalezza, le esperienze e le scelte di vita più importanti. E non ha prezzo il vivere  dentro le strade ed i quartieri del tuo piccolo borgo cittadino, dove conosci tutti, in quella dimensione che ti è cara, di cui respiri a pieno l’aria ed il valore col vero significato di ogni cosa. Nell’angolo di mondo, per davvero tuo, che è sempre pronto a raccoglierti di nuovo. E’ questo  ciò che vale, e che ti consente di sentirti ancora vivo e vero! Altro è superfluo, se ne può fare a meno. E’ questo l’ancoraggio di realtà, più intima e più piena, che mai nessuno in alcun modo ti potrà sottrarre! Il lieve sogno, che dentro di te continua ininterrotto a vivere e a pulsare, neanche il più grande mare burrascoso lo può portare via….

Bruno Ravasio, Una vita nel pallone, Lubrina Editore, 2014

Condividi

Nuovo round negoziale sul TTIP a Washington

AL VIA IL NUOVO ROUND NEGOZIALE SUL TTIP A WASHINGTON
LA CAMPAGNA STOP TTIP ITALIA “TENERE I RIFLETTORI PUNTATI, DOPO IL 18 APRILE LE RAGIONI DEL NO NON POSSONO ESSERE IGNORATE”

[Roma, 20 aprile 2015] – Comincia oggi il nuovo meeting dei negoziatori europei e statunitensi per l’approvazione del TTIP, l’Accordo transatlantico di liberalizzazione economica al centro delle critiche e delle mobilitazioni della società civile di mezzo mondo. Sul tavolo delle controparti più che l’abbassamento delle tariffe c’è l’armonizzazione degli standard e delle normative, con un rischio concreto di indebolimento delle tutele ambientali e sociali nel Vecchio continente, così come di un’espulsione dal mercato di centinaia di migliaia di produttori agricoli europei e italiani non più competitivi a causa dell’importazione di agroalimentare a basso costo.

Quanto sia problematica la questione lo dimostrano le ultime risoluzioni (Opinions) votate nelle diverse commissioni del Parlamento europeo i vista dell Risoluzione che verrà votata nel prossimo giugno dal Parlamento europeo, in cui a più riprese si chiede l’esclusione di settori specifici dal negoziato, confermando che le preoccupazioni della società civile sono concrete e non “miti” come più volte banalizzato dal Governo italiano e dalla Commissione Europea.

Dalla Commissione ambiente (Envi) che chiede che siano esplicitamente esclusi servizi pubblici, Ogm, pesticidi, clonazione animale, alla Commissione giuridica (Juri) che boccia senza appello l’arbitrato ISDS che permetterebbe alle imprese di denunciare i Governi i caso di leggi e normative che impattino sui loro profitti.

A complicare il tutto l’ultimo documento leaked da parte delle reti Stop TTIP, dove si mostra come lo scambio sul tavolo proposto dalla Commissione europea sia maggiore apertura degli appalti pubblici americani alle grandi imprese europee con, come contropartita, maggiore flessibilità sull’agricoltura.

“E’ un patto scellerato” commenta Monica Di Sisto, tra i portavoce della Campagna Stop TTIP Italia, “che usa l’agricoltura europea e i suoi produttori come merce di scambio. Con la retorica delle IGP la Commissione europea prova a far digerire una pillola indigesta, promettendo ciò che è impossibile mantenere: il rischio è che per proteggere poche tipicità, nell’accordo CETA con il Canada le IGP italiane tutelate parzialmente sono una quarantina su 273 riconosciute, si butti a mare un’agricoltura di qualità che va ben oltre un riconoscimento formale, e con questo anche centinaia di migliaia di piccole aziende”.

“La mobilitazione del 18 Aprile”, sottolinea Marco Bersani, tra i portavoce della campagna italiana, “mostra come il movimento sia riuscito a rompere il muro di silenzio imposto de facto in Italia. Mentre in altri Paesi europei la questione tiene banco da tempo, il nostro Governo ha scelto di non metterlo in agenda per il dibattito pubblico, considerandolo come affare da addetti ai lavori. Quello che poniamo è soprattutto una questione democratica”.

Per Elena Mazzoni, coordinatrice della campagna italiana “il rischio del TTIP non riguarda solo l’oggi, ma anche il domani. Il negoziato prevede che, a trattato ratificato, si crei un organismo tecnico congiunto Usa – Ue di cooperazione sulle regolamentazioni, che armonizzerebbe le normative e gli standard in autonomia e senza alcun controllo degli organismi democraticamente eletti. Oggi, per uscire dalla crisi, non c’è bisogno di aree grigie di decisione tra interessi economici, ma di un ampliamento sostanziale della partecipazione democratica nella ricerca di soluzioni condivise”.

Un recente sondaggio di YouGov diffuso nel marzo scorso dimostra in alcuni Paesi europei come la Germania, Paese non pregiudizialmente refrattario al libero commercio, il numero di contrari sia sostanzialmente più alto rispetto a chi sostiene il TTIP (43% contro il 26%) e come nella patria del neoliberismo come la Gran Bretagna il confronto sia 19% “No” contro il 19% “Sì”, con un 62% di “Non so”, un numero decisamente alto per un trattato di questa portata.

La Campagna Stop TTIP Italia
web: stop-ttip-italia.net
twitter: @StopTTIP_Italia
email: stopttipitalia@gmail.com

Condividi

Gas e elettricità nel ddl Concorrenza: chi tutela i consumatori?

di Mario Agostinelli – dal blog de Il Fatto Quotidiano

Venerdì 20 febbraio il governo ha approvato al Capo IV del “Ddl concorrenza”, quello passato alla cronaca per la rivolta di taxisti, notai e farmacisti, un testo che conferma l’eliminazione della “maggior tutela” per gli utenti di gas e elettricità. Un provvedimento che interessa milioni di cittadini e che è passato, come solo questo governo riesce a fare, completamente sotto silenzio, stampa economica e tweet compresi. Per “maggior tutela” normalmente si intende il regime a cui hanno diritto i clienti domestici e le imprese sotto i 50 dipendenti che non vogliono passare al mercato libero.

La tutela esistente è costituita dalle condizioni economiche definite dall’Autorità (Aeegsi), che tutti i venditori hanno l’obbligo di offrire a coloro che non scelgono il mercato libero e, mantenendo i contratti in essere, hanno, tanto per portare un esempio, beneficiato della discesa dei prezzi del petrolio nel periodo aprile-dicembre 2013.

A partire dal 1 gennaio 2018 non ci saranno più i prezzi di riferimento per gas ed elettricità attualmente stabiliti. Per dare una dimensione del provvedimento adottato in quattro articoli piuttosto oscuri per i non addetti ai lavori, sono quasi 29 milioni i punti serviti dal mercato elettrico e solo il 25% di questi ha finora optato per il mercato libero (pari al 29% dell’elettricità totale). Per il gas, il numero di punti serviti dal mercato libero è solo il 22% (23% del gas totale).

La forzatura corrisponde all’ideologia vincente, che consegna al mercato la soluzione di problemi di enorme rilevanza per la società e che in questi stessi giorni sta portando colpi durissimi al patrimonio pubblico delle reti (non solo Tv e telefonia, che attualmente sollevano le maggiori preoccupazioni e proteste). L’Autorità ha appena dimostrato – con i dati che si riferiscono agli anni 2012/2013 – che nel settore elettrico passare dalla maggior tutela al mercato libero può arrivare a costare fino al 20% in più (per il gas fino al 10%). A milioni di cittadini converrebbe quindi restare sotto il mercato di “tutela”. E l’aveva detto chiaramente una persona sopra le parti come Bortoni, presidente dell’Aeegsi, chiedendo di “evitare che la transizione al mercato libero dei clienti di massa sia caratterizzata da massicci trasferimenti di ricchezza dai clienti finali ai venditori del mercato libero”.

Vale la pena allora chiedersi: quali benefici avranno gli utenti, dopo che si è dimostrato che la concorrenza sul mercato finisce nelle mani di cartelli che li penalizzano e dopo che si è attestato che la componente delle imposte e dei servizi di rete pesa sulla bolletta assai di più della parte riservata ai “servizi di vendita” (46%) cui sarebbe riservata la liberalizzazione? Non si tratta invece di un favore fatto a coloro che acquistano energia e la rivendono alle società di vendita (quelle che ci mandano le bollette a casa), monitorati dall’Autorità che oggi rende pubbliche le sue valutazioni e che domani non avrebbe più alcun titolo nel merito, perché l’andamento delle tariffe verrà totalmente consegnato ai meccanismi del mercato? Si capisce come mai l’Aiget (Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader) abbia plaudito alla decisione governativa e abbia volutamente ignorato che gran parte dei contratti venduti sul mercato libero – magari a prezzo fisso per uno/due anni e poi lievitanti con clausole che i clienti neppure riescono a valutare per mancanza di informazioni – sono più onerosi per gli utenti malcapitati!

Se l’obiettivo fosse quello di abbassare i prezzi, si dovrebbe lavorare sul 54% del costo in bolletta che non è costo dell’energia, ma pane per la politica, nel senso che è costo di sistema, oneri e tasse, quindi materia normativa. E anche il contenimento della parte della bolletta (46%) che riflette i costi di generazione, non andrebbe lasciata al mercato – moderno moloch da venerare – ma dovrebbe essere il frutto di una politica energetica che abbassa i costi perché pone l’attenzione su come oggi si produce elettricità e da dove ci si rifornisce di gas.

I decreti legge non finiscono con un tweet: su questioni di questa portata vanno informate e coinvolte le associazioni dei consumatori, le organizzazioni sindacali, i movimenti che si espongono in difesa del clima e del lavoro, le istituzioni locali che si avvalgono delle municipalizzate per fornire servizi ai loro cittadini. Penso che solo attraverso una mobilitazione che ponga in risalto gli svantaggi di un trasferimento al mercato di un problema di rilevanza politica e sociale, il Parlamento, quando sarà chiamato a discutere della traduzione in legge di decreti ispirati da lobby o da una ideologia che demonizza il controllo sociale, potrà sentire su di sé la responsabilità della difesa concreta dei consumatori e dell’impegno per un sistema energetico il più efficiente e pulito possibile.

Condividi