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Appello per il fotovoltaico

A tutti coloro che sono interessati alla sopravvivenza del fotovoltaico

Il Governo intende presentare in pre-consiglio martedi una bozza che di fatto bloccherà il fotovoltaico con effetto quasi immediato se non retroattivo. Tetto di 8.000 MW e stop agli incentivi un MW dopo. Chi finanzierà gli impianti in queste condizioni di incertezza e dopo tutta la disinformazione che è stata fatta in questi giorni?

Stiamo agendo su vari fronti per cercare di parare il colpo:

1) oltre 55 parlamentari hanno firmato la lettera da noi predisposta per il capo dello stato e il presidente del consiglio dei ministri

2) lunedì terremo una conferenza stampa congiunta di fronte al ministero dello Sviluppo con Legambiente, WWF, GreenPeace, Aper, Anev, AssoSolare, Grid Parity Project e Kyoto Club

3) stiamo cercando di organizzare una manifestazione di fronte a Palazzo Chigi per il giorno previsto di approvazione del Dlgs (mercoledi).

Tutto questo potrebbe non bastare purtroppo. E’ il momento di fare sentire quanti interessi sono toccati da un provvedimento cosi sbagliato.

Abbiamo predisposto il testo di una lettera. Ciascuno di noi lo dovrebbe inviare e impegnarsi a farlo inviare a quante più persone possa. Se non ci muoviamo ora faremo la fine della Spagna e saremo spazzati via. Dobbiamo far capire che non siamo pochi speculatori ma un vero settore industriale. Ogni operaio, ogni elettricista, ogni collaboratore dovrebbe mandare la mail.

Se ci credete diffondete agli amici, ai colleghi e ai collaboratori. Se non lo facciamo adesso la settimana prossima potrebbe essere troppo tardi.

L’e-mail dovrebbe essere indirizzata ai seguenti indirizzi e-mail:

segreteria.presidente@governo.it, Segreteria.ministro@sviluppoeconomico.gov.it, Saglia.segreteria@sviluppoeconomico.gov.it, Segreteria.capogabinetto@sviluppoeconomico.gov.it, Ufficio.legislativo@sviluppoeconomico.gov.it, segreteria.ministro@minambiente.it, atelli.massimiliano@minambiente.it, Lucarelli.paola@minambiente.it, Degiorgi.marco@miniambiente.it, segreteriaMinistroSacconi@lavoro.gov.it

in cc andrebbe messo il seguente indirizzo:

info@sosrinnovabili.it

Ancora meglio se potete fare inviare anche dei fax. Vi fornisco i numeri di fax:

Presidenza del Consiglio dei Ministri: 06 67793067

Ministero dello Sviluppo economico: 06.47887964

Ministero dell’Ambiente: 0657288513

Ministero del Lavoro: 064821207

Se avete un profilo su Facebook, su Linkedin o su un altro social network diffondete la lettera. Di silenzio si muore.

Testo del messaggio da spedire:

On. Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Ministro dello Sviluppo Economico
On. Ministro dell’ambiente, della tutela della natura e del mare
On. Ministro del Lavoro, Salute e Politiche Sociali

In questi giorni, si decide la morte per decreto delle energie rinnovabili in Italia. Quindicimila famiglie rischiano di perdere in pochi mesi il posto di lavoro, un indotto che occupa  altre 100.000 persone sarà colpito. E’ un prezzo altissimo, in termini sociali ed economici, che verrà pagato da uno dei pochissimi settori produttivi non colpiti dalla crisi e da un numero importante di lavoratori e famiglie. E’ quello che succederà se il Consiglio dei Ministri approverà il decreto sulle rinnovabili nella versione che circola in questi giorni all’interno del Parlamento e su cui si leggono anticipazioni di stampa.

Dopo pochi mesi dalla (lungamente attesa) approvazione, nel mese di agosto dello scorso anno, della legge sul nuovo conto energia, lo scorso 31 gennaio la Commissione europea ha adottato, come noto, una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti.

A dispetto di queste premesse, nelle bozze del decreto legislativo rinnovabili leggiamo la previsione di introdurre retroattivamente un limite vincolante di 8.000 MW. Stop ai progetti autorizzati e in corso di autorizzazione. Stop a molti cantieri in corso. Un vero e proprio tetto al fotovoltaico, più di 6 volte inferiore a quello fissato dalla Germania. È questa la prospettiva che annienterebbe il settore fotovoltaico a partire dalla prossima settimana con l’eventuale approvazione in Consiglio dei Ministri. A farne immediatamente le spese saranno circa 150.000 lavoratori impiegati direttamente e indirettamente nel fotovoltaico.

In queste condizioni  un’industria nascente è condannata a morte prima ancora di essere diventata pienamente adulta. Se nell’arco di pochi giorni non si riuscirà a introdurre dei correttivi, il fotovoltaico rischia una Caporetto, con ripercussioni molto pesanti sia in termini occupazionali che di credibilità del sistema Paese. Mentre gli Stati Uniti di Obama, pur in presenza di un taglio delle spese pubbliche molto robusto, mantengono saldo il timone verso lo sviluppo delle rinnovabili, l’Italia rischia un nuovo tracollo dopo quello degli anni Ottanta.

Siamo sbigottiti, è incomprensibile. Non è abbastanza promuovere l’ambiente e la salute di noi tutti, generare ricchezza e dare lavoro a oltre 15.000 addetti diretti e fino a 100.000 indiretti, offrire l’opportunità a oltre 160.000 famiglie di diventare indipendenti energeticamente? Quali interessi si vogliono davvero tutelare? Chi sono i poteri forti che stanno eliminando ad una ad una tutte le rinnovabili? Prima l’eolico, oggi il fotovoltaico. Che destino attende un paese che distrugge sistematicamente le proprie opportunità di sviluppo?

Nonostante il parere positivo in sede di Commissioni Parlamentari (per cui lo schema di decreto attuativo della direttiva 2009/28 sull’energia da fonti rinnovabili si inserisce nel quadro della politica energetica europea volta a ridurre la dipendenza dalle fonti combustibili fossili e le emissioni di CO2) il dibattito in corso, specie per le notizie di stampa spesso espressione di interessi non necessariamente palesi e esplicati in sede politica e sociale, sembra preludere ad un intervento legislativo che andrà, si teme, in senso diametralmente opposto a quello, voluto dalla Commissione, di incoraggiamento delle politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili.

La realtà è diversa. A fronte di una crisi che non smette di mordere il tessuto produttivo, è vero che il settore delle rinnovabili si muove in netta controtendenza. Gli incentivi (che, ricordiamo, non gravano sul bilancio dello Stato ma nemmeno su quello delle famiglie, come invece si è letto in questi giorni) hanno creato un volano virtuoso che ha consentito al Paese di riavvicinarsi al gruppo dei paesi leader nel campo dell’innovazione e della capacità produttiva. Il fotovoltaico, in un contesto così difficile come quello che abbiamo visto delinearsi negli ultimi anni, rappresenta un settore in crescita occupazionale e di fatturato, oltre che un settore tecnologicamente in evoluzione.

Confidiamo nell’equilibrio e nella saggezza del Governo e del Parlamento affinché si voglia intervenire per evitare che un altro tassello della nostra economia cada vittima di contrapposti interessi e di battaglie ideologiche. Confidiamo che saprete dare un futuro alle nostre famiglie e ai nostri figli che si trovano oggi incolpevoli nella precarietà e nell’incertezza.”

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In diretta dal Social Forum di Dakar

Quattro varesini dall’XI Forum Sociale Mondiale, Dakar 6-11 febbraio 2011

La manifestazione di apertura del Forum Sociale Mondiale si è tenuta domenica a Dakar tra la Piazza dell’Obelisco, nel cuore della Medina, a due passi dalla Grande Moschea, e l’Università Diop, una delle più prestigiose dell’Africa nera. Ventimila i partecipanti secondo le autorità locali, ma a nostro parere quattro volte di più, in rappresentanza di oltre 130 paesi e di qualche migliaio di associazioni accreditate. Le sole preiscrizioni paganti al Forum erano attorno alle 50.000 unità. Soverchiante la presenza africana: in testa i senegalesi, come ovvio, seguiti da una folta e vivacissima rappresentanza marocchina. Netta la prevalenza delle donne di ogni età, e di giovani: riflesso non tanto dell’assetto demografico del Maghreb e dell’Africa nera, quanto del risveglio panarabo e panafricano in corso, che potrebbe contagiare per primo proprio il paese che ospita il Forum, il vivace, politicamente strutturato e culturalmente più moderno Senegal urbano, e di qui generare un effetto domino sul resto del continente, a partire dai paesi più sofferenti sul piano politico, come Nigeria e Camerun. Il titolo della nota e la foto evocano un possibile parallelismo tra le donne africane di oggi e gli operai torinesi del luglio ’60, che inaugurarono una formidabile stagione di emancipazione del lavoro. A significarne l’apertura al futuro, il corteo era guidato simbolicamente da un centinaio di bambini di una scuola elementare privata di Dakar, ciascuno con un palloncino colorato, accompagnati da una dozzina di suore giovanissime che sembravano suggerire “Un’altra chiesa è possibile”. Dagli altri continenti, folta la presenza dei brasiliani e dei venezuelani seguaci del controverso presidente populista Chavez. Molte le organizzazioni di cooperazione, tra cui le internazionali Oxfam e Caritas in primis, e l’italiana Mani Tese. Tra le associazioni italiane, oltre a Arci e Uisp, significativa soprattutto la delegazione della CGIL, con una forte presenza di lavoratori migranti da ogni continente. Dall’Asia di qualche consistenza la sola presenza indiana. Al termine, il comizio conclusivo è stato aperto dal presidente boliviano Morales.

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Sulla Manifestazione del 5 a Cremona

Il giorno 2 febbraio si costituirà il Comitato Nazionale per il SÌ al referendum antinucleare: la trasformazione in questa direzione sia del comitato “SÌ alle rinnovabili NO nucleare” sia di “Energia Felice” è scontata. Le caratteristiche di pluralismo e di unitarietà che ci siamo dati, oltre alla caratterizzazione di raccordo tra associazioni, movimenti, forze sindacali e politiche, saranno preservate, anche sulla base dell’esperienza positiva svolta finora.

Proprio per evitare dispersioni di forze e per favorire una convergenza rapida verso un linguaggio comune, oltre ad un’organizzazione sinergica, abbiamo chiarito che, sulla scorta dell’esperienza dell’acqua, la convocazione di un Forum dei movimenti di base previsto a Cremona per il 5 febbraio non dovesse in alcun modo porsi come eccentrico all’avvio dell’unico Comitato nazionale. A tal fine, dopo una rapida consultazione, abbiamo inviato una nota agli organizzatori del Forum (nella fattispecie Lino Balza in rappresentanza di tutti) che qui riportiamo:

Caro Lino, non ti abbiamo risposto – Navarra ed io – per differenti ragioni. Navarra è ricoverato a Palermo per un malore serio che gli impedisce di tenere le relazioni abituali, ma abbiamo avuto modo di sentirci. Io ho sentito il bisogno di una rapida consultazione estesa anche ai territori. Così ho preferito mantenere il coordinamento lombardo EnergiaFelice – con il suo straordinario lavoro di consolidamento territoriale e plurale – all’interno della dimensione unitaria e nazionale che ha svolto finora a partire dalla nostra regione. Ho quindi dato priorità alla riflessione nazionale del 22 scorso a Roma nel comitato No nucleare Si rinnovabili ed ho deciso di attenermi alle indicazioni che ne sono uscite. Lì sono state prese decisioni (v. allegato) che prefigurano un unico comitato nazionale (che si intreccerà con modalità da concordare con quello dell’IDV che ha promosso il referendum in Cassazione) su cui tutte le iniziative autonome e dal basso possono confluire rafforzando il proposito del NO al nucleare, ma evitando di disperderci in diversi comitati. Comitati che rischierebbero alla fine di entrare in competizione o di ricercare primazie, magari non dichiarate, ma nei fatti sottintese.

Anch’io penso che il movimento antinucleare nazionale stia arrivando all’appuntamento referendario con un grave ritardo organizzativo. Ritengo perciò che vadano intraprese tutte le azioni per cercare di ridurre questo handicap al fine di riuscire ad esprimere una forte azione unitaria e coordinata il più presto possibile. In questa prospettiva l’appuntamento di Cremona è sicuramente utile, purché risponda non solo all’urgenza, ma anche a modalità organizzative e ad un approccio contenutistico irrinunciabili per far crescere una pratica unitaria fatta di discussione, contributi, articolazioni, che ci posizionino anche per l’energia al livello di consapevolezza cui è arrivato il Forum per l’acqua. Per la scadenza del 5 a Cremona la mia posizione è ovviamente di sostegno, purché il Forum risulti finalizzato al dibattito, alla conoscenza e al collegamento tra realtà di base e faccia da stimolo alla mobilitazione il più ricca possibile. Quello che non condividerei è la costituzione di un comitato diverso da quello nazionale, che è stato prefigurato per convergenza di tutte le associazioni che si sono mobilitate per la raccolta di firme o che condividono l’esclusione del nucleare dal nuovo paradigma energetico. Ad esso il Forum può decidere in autonomia di contribuire e partecipare nelle forme che concorderà. In definitiva, per amplificare al massimo la voce del SI e non disperdere le energie in mille rivoli occorre, a mio parere, che l’appuntamento di Cremona condivida un atteggiamento unificante e punti dichiaratamente e in tempi rapidi alla costituzione di unico organismo di coordinamento nazionale. In questo caso, anche se io non potrò parteciparvi direttamente perché il 5 sarò a Dakar per il Forum Sociale Mondiale, un nostro rappresentante interverrà volentieri a portare il contributo del comitato Energiafelice .

Un abbraccio. Mario

Così l’iniziativa del 5 a Cremona può essere l’occasione di una prima sferzata in direzione della mobilitazione per il referendum. La partecipazione diventerà anche la conferma di un buon lavoro svolto fin qui solo se lo spirito che è riportato sopra sarà confermato e se i tentativi di “mettere il cappello” saranno scartati dalla maturità di tutti i comportamenti e scoraggiati dalla volontà vincente di costruire un fronte rigoroso, netto, ma unitario, che aggreghi e mobiliti masse e non nicchie nella battaglia su “acqua e energia”.

Dopo la settimana il 5 febbraio, Energia Felice convocherà una propria assemblea larga per definire, con altrettanta partecipazione di quanta è cresciuta nel periodo di raccolta firme, la “road map” di preparazione della campagna referendaria. Vi proponiamo la terza settimana di febbraio, quando un quadro nazionale – compresi i rapporti tra il comitato IDV che si è presentato in Cassazione e il comitato delle associazioni e dei movimenti in cui confluiremo nazionalmente – si sarà meglio precisato. Il sito www.energiafelice.it e questa mailing list continueranno ad aggiornarvi in tempo reale.

Dal 6 al 12 febbraio si svolgerà il Forum Sociale Mondiale di Dakar (Senegal) al quale alcuni di noi partecipano e da cui avremo ulteriori stimoli nella nostra battaglia contro il nucleare e per i beni comuni.

Un abbraccio

Mario Agostinelli e Alfonso Navarra (a riposo a Palermo per una rapida ripresa)

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L’anno nucleare prima del referendum

Da Il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2011

L’anno che si è appena chiuso si era aperto con l’annuncio della nomina dei vertici dell’Agenzia per il nucleare (“entro il mese di gennaio”, v. Staffetta Quotidiana 5 gennaio 2010). Sarebbero poi seguite le delibere CIPE riguardanti le tecnologie da adottare e la formazione dei consorzi per la costruzione dei reattori; delibere che avrebbero permesso di affrontare il tema delle localizzazioni, sulle quali sarebbe seguito “un ampio confronto con le regioni e i territori”. Un anno dopo, i passi avanti risultano pochi, anche se nel mese di dicembre il governo ha tentato di recuperare terreno.

È utile ricordare che la Legge n.99 del 2009 e il decreto legislativo 31/2010 prevedono l’adozione di ben 34 provvedimenti per definire tutte le norme tecniche ed amministrative relative alla regolamentazione della pianificazione, progettazione, autorizzazione ed esercizio degli impianti elettronucleari in Italia. Entro il 23 giugno 2010 avrebbe dovuto essere approvata la strategia nucleare. Tuttavia il 13 dicembre scorso, Sara Romano, direttore generale del Ministero per lo Sviluppo economico retto per un semestre da un Berlusconi in tutt’altre faccende affaccendato, ha ribadito per l’ennesima volta che la strategia “è a buon punto”, ma non è ancora pronta. Le delibere CIPE sulla tipologia degli impianti avrebbero dovuto essere pronte per metà febbraio 2010. Sono invece state presentate alla Conferenza Stato-Regioni il 16 dicembre, senza ricevere un parere vincolante visti i difficili rapporti tra i territori e il centro (solo 4 Regioni, tra cui la solita solerte Lombardia di Bossi-Formigoni hanno dato via libera ai reattori di III generazione).

Nel 2010 è giunto in porto solo lo statuto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, ma ancora il governo non è riuscito a completare le nomine del suo vertice. Rimane entusiasta della sua futura funzione l’incompetente Umberto Veronesi che, messone a capo, sproloquia dicendo che dormirebbe con un contenitore di scorie sul comodino e che nel 2150, esauriti tutti i fossili, rimarrà in campo solo l’inesauribile (?) uranio. Inoltre manca la mappa per il deposito delle scorie, lo schema di copertura finanziaria e assicurativa per gli operatori, e manca all’appello la campagna nazionale di comunicazione e sensibilizzazione prevista dalla legge (art.25 comma 2). Vista la latitanza delle istituzioni, le imprese si sono già mosse autonomamente e il 19 dicembre è partita la campagna del Forum Nucleare di Chicco Testa (budget di sei milioni di euro). Una campagna che vorrebbe proporsi come imparziale ma che non può esserlo visti i finanziatori, così come non poteva esserlo lo studio firmato Ambrosetti, spesso citato come riferimento super partes, ma finanziato da Enel/EDF, coppia che da due anni spende qualche decina di milioni di euro all’anno per creare consenso attorno al nucleare (ultima uscita il dvd con Cecchi Paone distribuito dal Corrierone).

In verità, il Ministero, conscio delle difficoltà, sta lavorando a una semplificazione delle procedure di autorizzazione contenute nella legge 31/2010 e ha come obiettivo quello di finalizzarle entro marzo 2011 (dopo, secondo la legge,  non sarebbe possibile). A premere in questa direzione sono le imprese che aspirano a una fetta del budget previsto per i primi 4 reattori EPR, budget stimato in almeno 30 miliardi di euro, se si pensa che il primo reattore di questo tipo, in costruzione in Finlandia, pianificato all’avvio del cantiere per un costo di 3,3 miliardi è attualmente arrivato oltre i 6. Questo reattore doveva essere costruito in 48 mesi e consegnato nel maggio-giugno 2009. L’ultimo comunicato stampa del committente, del 26 novembre 2010, dichiara che l’entrata in servizio non avverrà prima della fine del secondo semestre 2013. Se questa data sarà rispettata, i mesi costruttivi diventeranno 100, più del doppio di quanto preventivato, in linea col raddoppio dei costi. Di certo il primo EPR (ma anche il secondo, a Flamanville in Francia, non si discosta molto da questo trend), sta offrendo una performance decisamente negativa. Tutta colpa dei committenti/costruttori? Oppure l’EPR è un reattore complesso e difficile da realizzare? È un dato di fatto che gli stessi francesi parlino ora di sviluppare un nuovo reattore, più piccolo e meno complesso e il numero uno di EDF, Henri Proglio, abbia recentemente confermato che desidera avviare gli studi di sviluppo per un reattore da 1.000 MW (v. Staffetta Quotidiana 16/12/2010).

Abbiamo parlato di nucleare perché in tema di energia elettrica è l’unico fronte su cui il governo si è impegnato nel 2010. Mentre l’impegno per le fonti rinnovabili è stato semplicemente dettato non da volontà politica ma dalla necessità di ottemperare alle regole dell’Unione Europea. Solo per questo in giugno è stato redatto un piano nazionale per le fonti rinnovabili, che pone l’obiettivo di produrre 99TWh di energia elettrica da FER entro il 2020 (nel 2009 eravamo a quota 69). Ma nonostante le mille difficoltà legislative inventate da questo governo, le fonti rinnovabili hanno ormai raggiunto una maturità e uno sviluppo significativi. Solo un dato: il 20,8% del consumo interno lordo di elettricità è stato coperto da energie rinnovabili nel 2009. Dato che verrà confermato nel 2010, durante il quale lo sviluppo dell’eolico è stato rallentato da mille problemi ma arriverà comunque a una potenza installata di quasi 6.000 MW, mentre il solare fotovoltaico supererà la già rilevante previsione dei 2.500 MW. Uno studio di Isuppli stima che nel solo ultimo trimestre 2010 nel nostro paese siano stati installati quasi 1.000 MW (per avere un riferimento a inizio anno il totale installato era di 1.142 MW). E sempre secondo questa analisi nel 2011 il trend non cambierà e le nuove installazioni saranno pari a 3.900 MW.

Allora: cosa succederà nel 2011? Moltissimi gli impegni, dalla redazione del piano nazionale per l’efficienza energetica (vero antidoto alla costruzione di qualsiasi centrale), al decreto legislativo per le fonti rinnovabili, già approvato dal Consiglio dei Ministri. Decreto che peraltro ha davanti a sé una lunga strada di modifiche prima di arrivare all’approvazione definitiva e che dovrebbe delineare modi e strumenti perché il nostro Paese arrivi a raggiungere gli obiettivi europei fissati per il 2020.

I prossimi mesi saranno certamente caratterizzati dal pressing di Enel-Edf per rendere irreversibile la scelta governativa di tornare al nucleare, poiché in loro è forte la consapevolezza che “se perdiamo il treno, questa volta non ripasserà”. Adesso però c’è di mezzo una consultazione popolare prevista entro l’estate, con tutta la necessità di fornire informazione adeguata e imparziale ai cittadini. Questo blog, che prende ispirazione da un modello energetico imperniato su fonti naturali distribuite e da comportamenti sobri e stili di vita compatibili con la tutela della biosfera e più giustizia sociale, si propone di ragionarne con una certa continuità e con rigore, aprendosi a tutte le voci disponibili. Riusciremo a fermare consapevolmente il treno?

Mario Agostinelli

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Energie rinnovabili (da La Repubblica)

Rinnovabile significa lavoro ma in Italia ancora troppi ‘no’

Articolo di Antonio Cianciullo (La Repubblica.it, 24 gennaio 2011)

Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, lancia l’Associazione Bruno Trentin. E affronta le questioni che legano occupazione e green economy, il nucleare che rischia di rallentare la corsa del Paese, e l’opportunità rappresentata dalle nuove fonti di energia. “Ma l’Italia è dominata da una logica che blocca l’innovazione e il futuro”

I POSTI di lavoro assicurati dalla green economy? Tra qualche anno in Germania supereranno quelli nel settore automobilistico. Il ritorno al nucleare? Una sottrazione di fondi e di attenzione che rischia di rallentare la corsa dell’Italia che può riagganciare il locomotore dei paesi guida. Parola di Guglielmo Epifani. L’ex segretario della Cgil ha scelto un tema caldo e una platea qualificata per lanciare l’Associazione Bruno Trentin, il nuovo laboratorio di riflessione sindacale.

Il tema è il rapporto tra energia e lavoro. A intervenire sono stati, tra gli altri, il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari, il segretario dell’Ueapme (l’associazione europea delle piccole e medie imprese) Andrea Benassi, il presidente della Lega Coop Giuliano Poletti, il segretario della Cgil Susanna Camusso. Guest star: Jeremy Rifkin, il teorico della terza rivoluzione industriale che ha dipinto lo scenario di una democrazia rafforzata dalla creazione di una rete energetica diffusa che toglie potere agli oligopoli, distribuisce ricchezza, offre garanzie contro i blackout e protegge l’ambiente.

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