Archivi categoria: Energie rinnovabili

13-17 giugno: la Tenda del sole a Milano

5 giorni di incontri per far rispettare il nostro voto referendario!

Via Dante, Milano – ore 17.00 – 20.00

Intendiamo sensibilizzare la popolazione milanese su questi tre punti fondamentali:

1) chiudere definitivamente la partita del nucleare attuando a tutti i livelli incluso il livello locale la volontà popolare espressasi col referendum del giugno 2011

2) promuovere l’alternativa del risparmio e delle rinnovabili come base di un nuovo modello economico metropolitano a partire da una gestione partecipata dei servizi pubblici locali

3) denunciare il progetto della Multiutility del Nord in cui si vorrebbe ulteriormente stravolgere e snaturare A2A da sottrarre del tutto al controllo comunale

NB : Una caratteristica determinante e specifica del nostro Sportello Energia collegato alla Tenda è l’orientamento in senso antinucleare dei cittadini: INVITIAMO A DISDIRE I CONTRATTI CON A2A ed ALTRE COMPAGNIE FILO-NUCLEARISTE (o pesantemente compromesse con il vecchio modello fossile) per approdare a fornitori rinnovabili o ragionevolmente “sostenibili” (es. Cooperativa Reternegie e TRENTA spa con le quali l’Associazione Energia Felice si sta convenzionando).

Segui l’evento su Facebook >>>

Condividi

26 maggio: Premio A+CoM a Firenze

Il Patto dei Sindaci: i Piani di Azione per l’Energia Sostenibile ed oltre

Premio A+COM – I edizione e XIII Assemblea Nazionale Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

Sabato, 26 Maggio 2012. Ore 9.00 – 13.00

Firenze, Fortezza da Basso, Sala della Scherma

Il PAES (Piano di Azione per l’Energia Sostenibile) è il principale strumento a disposizione delle amministrazioni locali per ridurre i consumi energetici e promuovere le energie rinnovabili. Per incoraggiare e stimolare le amministrazioni comunali a dotarsi di Piani che siano strumenti di lavoro ambiziosi, qualificati e operativi, Alleanza per il Clima Italia e Kyoto Club promuovono il nuovo Premio A+COM, che seleziona ogni anno i 4 “migliori” PAES elaborati e deliberati, nei 12 mesi precedenti, nell’ambito del Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors).

Questa mattinata vedrà l’assegnazione del premio A+COM 2012 ai 4 Comuni vincitori che hanno deliberato nel 2010/2011 i migliori Piani di Azione per l’Energia sostenibile. La consegna del premio sarà occasione per illustrare la qualità dei Piani che hanno trovato la valutazione di eccellenza da parte del Comitato scientifico e di fare il punto su questa cruciale iniziativa che vede insieme la Commissione europea e i Comuni uniti nello sforzo di realizzare l’obiettivo “3×20”. Segue la XIII assemblea dei soci del Coordinamento delle Agende 21 Locali Italiane.

Partecipano:

Silvia Zamboni, giornalista e scrittrice ambientalista

Matteo Renzi, Sindaco di Firenze

Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

Ermete Realacci, Presidente Fondazione Symbola

Monica Frassoni, Presidente – European Alliance to Save Energy

SCARICA IL VOLANTINO (PDF, 143 Kb)

Condividi

F-35: quanto inquinano le armi

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano online – 14 maggio 2012

Con un debito pubblico al 120% del Pil e un’inflazione che supera il 3%, l’Italia ha deciso di ammodernare il proprio apparato attraverso l’acquisto di aerei da caccia e navi da guerra. Ha stabilito di destinare al bilancio difesa 2012 una cifra imponente pari a 19,9 miliardi di euro (l’1,22% del Pil). Novanta caccia F-35, al costo unitario di 135 milioni saranno acquistati e Finmeccanica parteciperà alla loro costruzione con un risultato occupazionale di 1500 occupati. Ci si può chiedere se con i costi così esorbitanti dei programmi e delle guerre non sarebbe meglio investire lo stesso denaro in settori che garantiscano più posti di lavoro, benessere e pace per il Paese. Come calcolato dall’Università del Massachusetts, se investiamo un miliardo di dollari nella difesa abbiamo 11.000 nuovi posti di lavoro; 17.000 se lo impegniamo nelle energie rinnovabili e 29.000 se fosse speso nel settore dell’educazione.

In questo post, vorrei enfatizzare gli aspetti legati ai terribili danni ambientali delle armi più distruttive che non si lesina ad acquistare e impiegare, nonostante la crisi venga assunta a vincolo insuperabile per tagliare le uscite dello stato. Basta fare dei conti nei serbatoi o dietro gli scarichi dei velivoli seminatori di morte, per chiedersi per quale perversa ragione al governo Monti sembrino indispensabili e perché invece un sindaco come quello di Milano – Pisapia – abbia meritevolmente chiesto di rinunciarvi.

Se guardiamo ai consumi, un aereo tipo F-15 Eagle consuma circa 16.200 litri/ora, un bombardiere B-52 12.000 litri/ora, un elicottero Apache 500 litri/ora. Un mese di guerra aerea calcolato su queste basi comporta l’emissione di 3,38 milioni di tonnellate di CO2, l’equivalente dell’effetto serra provocato in un anno da una città di 310 mila abitanti (poco meno di Bologna). Durante la guerra Desert Storm furono effettuati rifornimenti di carburante per missioni aeree per un volume di 675 milioni di litri, equivalenti a un pieno di circa 17 milioni di autovetture normali. Il serbatoio di un F-35 contiene 8391 kg di carburante. La combustione per ogni litro di carburante produce in media 2,5 kg di CO2. Dunque lo svuotamento dell’intero serbatoio di un F-35 (viaggio andata e ritorno nelle missioni in medio oriente) produce circa 21mila kg di anidride carbonica, pari all’emissione giornaliera di 1000 abitanti del nostro Paese.

Questi dati chiariscono cosa significhi non solo per i “nemici”, ma anche per tutta l’umanità e le generazioni future avventurarsi nella soluzione armata dei conflitti. Stiamo rincorrendo gli Stati Uniti, che invece stanno perdendo terreno velocemente nei confronti della Cina nel campo dell’economia verde. Questo anche per colpa dell’enorme spesa militare che sottrae risorse agli investimenti pubblici per mitigazione e adattamento climatico. Il gigante asiatico, ormai leader incontrastato della green economy, spende circa un sesto rispetto alla superpotenza americana per gli armamenti e il doppio per ridurre le emissioni e prepararsi ai cambiamenti climatici. Anche negli Usa sta crescendo un’opposizione alle scelte di continuo riarmo. Uno studio della Quadrennial Defense Review propone un cambio di direzione, stimando che un miliardo di dollari speso in armamenti creerà circa 8mila posti di lavoro, se speso per potenziare il trasporto pubblico 20mila, se speso per l’efficienza energetica negli edifici o per le infrastrutture circa 13mila.

Se si sceglie il riarmo, come indica la vicenda degli F-35, oltre alla devastazione della pace si compiono sia un danno ambientale in prospettiva che uno occupazionale immediato. Se si vuole contenere in 2°C l’aumento della temperatura del pianeta, bisogna limitare le emissioni di CO2 entro 350ppm. Quindi non solo rinunciare allo spaventoso consumo energetico delle armi moderne ma destinare alla riconversione ecologica dell’economia una percentuale di Pil pari almeno alla metà di quella che gran parte delle nazioni dedica alle spese militari, creando in più ricchezza e occupazione. L’abbassamento a 350 ppm si potrebbe raggiungere con investimento tra l’1 e il 3% del Pil globale. Un investimento lungimirante, considerando il rischio enorme del “global warming” e i vantaggi economici, ambientali e occupazionali che questa decisione procurerebbe. E allora, ci ripensi il governo Monti, così attento – dice lui – al contenimento e alla produttività della spesa pubblica.

Condividi

Comunicato stampa della Fiom su energia e industria

Roma, 11 maggio 2012

Energia e industria. Bardi e Potetti (Fiom): “Precisazioni necessarie dopo le dichiarazioni di Clini e Pasini sui rapporti tra l’industria metallurgica e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili”

Alcune precisazioni sono necessarie a proposito delle recentissime dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, e del Presidente di Federacciai, Giuseppe Pasini. Mercoledì 9 maggio a Verona, nella giornata di apertura del Solarexpo, la più importante fiera italiana sull’energia solare, e parallelamente a Milano, nella presentazione dei dati sul settore siderurgico da parte di Federacciai, assieme a dati e a considerazioni condivisibili su entrambi i settori, vi sono state alcune opposte dichiarazioni sulle questioni energetiche che richiedono alcune precisazioni.

Per il Ministro Clini, non sono le fonti rinnovabili quelle che alzano il costo della bolletta energetica, ma piuttosto settori della vecchia economia degli anni ’70, come l’acciaio e alluminio, che non dovrebbero avere vantaggi sulle tariffe. Per Federacciai, viceversa, il Governo non fa scelte per abbassare il costo dell’energia e del gas, ‘favorendo invece le lobby delle rinnovabili che hanno goduto di forti incentivi che solo ora vengono tagliati’. Se effettivamente l’intenzione di questi illustri dichiaranti era quella di imputare alla siderurgia, o viceversa alle rinnovabili, il costo di una bolletta energetica più alta che in altri paesi europei, dissentiamo profondamente.

Come è stato dimostrato più volte, infatti, la causa di questa onerosa bolletta sta nell’inefficienza del sistema energetico italiano, nella sovracapacità produttiva e negli alti margini di profitto dei grandi produttori da fonti fossili che, chissà perché, hanno contratti di fornitura del gas legati al petrolio e più alti che altrove. Si tratta di aziende oligopolistiche – in questo caso si che si possono definire lobby – che, per di più, nel caso di Enel e di Eni hanno una partecipazione pubblica che ne dovrebbe indirizzare le strategie.

Per quanto riguarda le rinnovabili, proprio ieri a Verona il GSE (il Gestore dei Servizi Energetici) ne ha spiegato gli effetti: prima dell’esplosione del fotovoltaico dell’ultimo anno alla Borsa elettrica c’erano due picchi di prezzo, uno di giorno, verso le 11 di mattina, e uno di sera, verso le 18-20. Ora il picco delle 11 di mattina è praticamente scomparso (anche se quello serale è stranamente aumentato di molto). La spiegazione è che il fotovoltaico, assieme alle altre rinnovabili, producendo a costi marginali nulli (non serve più combustibile per dare un kWh in più), di giorno fa concorrenza alle centrali tradizionali e riesce a contenere il prezzo dell’energia. Si tratta dell’effetto peak shaving che nel 2011 ha fatto risparmiare 400 milioni di euro.

Mettere in contrapposizione le rinnovabili e la siderurgia è sbagliato da molti punti di vista. Un modello energetico efficiente e sostenibile deve aumentare razionalmente tutte le fonti rinnovabili e deve progressivamente diminuire quelle fossili, garantendo dei costi compatibili, nel rispetto delle regole comunitarie, a tutti i settori produttivi, ivi compresi quelli energivori e di base, che servono per mantenere un sistema industriale moderno.

Lo sviluppo della cosiddetta green economy e gli stessi settori delle energie rinnovabili hanno bisogno di molti prodotti siderurgici. Si può verificare quanto alluminio serva in un impianto solare, quanto acciaio di qualità serva per una pala eolica, in una caldaia a condensazione, o nel solare termico? Perché questi materiali dovrebbero essere importati, visto che in Italia li stiamo producendo?

Certo queste produzioni devono essere efficienti e compatibili con l’ambiente e, a questo proposito, dissentiamo da un’altra affermazione fatta da Pasini, assieme al suo vice Nicola Riva, quando hanno chiesto alla Unione Europea di ‘non esagerare con le norme di tutela ambientale’. A dimostrazione di questa nostra impostazione, che non intende essere un improbabile tentativo di ‘quadratura del cerchio’, vorremmo ricordare che la Germania è il primo produttore di acciaio in Europa e, contemporaneamente, il primo al mondo per MW solari installati (24.700).

In Italia siamo i secondi per la siderurgia e anche per le installazione del solare (a maggio 13.160 MW), ma la differenza non è solo questa. La differenza vera è che in Italia non c’è una politica industriale che dica in quali settori e come si debba riavviare uno sviluppo sostenibile, mentre si tagliano i diritti e la spesa anche in settori che crescono, come le energie rinnovabili.

 

Condividi