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L’ecosostenibilità: dal legno alla casa

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano

In queste note propongo e rielaboro le interessanti riflessioni di Samuele Giacometti, inviatemi in relazione ad un mio post di due settimane fa. Allora venivano discussi i costi sociali delle emissioni di CO2, non limitandosi al caso più eclatante delle combustioni di petrolio, gas e carbone, ma spingendosi a considerare anche il contributo delle biomasse al cambiamento climatico. La domanda posta dal signor Giacometti è la seguente: “È possibile quantificare il costo a carico della società per ogni tonnellata di CO2 comunque prodotta?”.

Il cosiddetto “Social cost of carbon” (SCC), il cui studio è stato addirittura richiesto dall’Amministrazione americana Bush prima e Obama poi, è considerata una misura di strategica importanza, perché quantifica il vantaggio economico qualora si riducessero le emissioni di CO2. Per calcolarla sono stati considerati gli effetti sulla salute, le ripercussioni economiche e altri effetti che i cambiamenti climatici possono causare all’umanità. Nel 2009, l’agenzia intergovernativa Usa aveva fissato il valore di riferimento a 21$ per tonnellata di CO2 mentre il Regno Unito a 83$. Due studiosi americani da me citati nel post precedente fanno oscillare il valore SCC da 55 a 266$. Come si vede, le differenze sono enormi e dipendono dagli effetti presi in considerazione.

Il signor Giacometti è un ingegnere meccanico che nel 2005, per motivi di lavoro, si è trasferito da Bologna a Prato Carnico (Ud) sulle Dolomiti Pesarine e ha progettato una casa interamente di legno. La casa è costruita con un metodo certificato, illustrato durante i lavori di Rio+20,come esempio di reale sostenibilità ambientale, sociale ed economica. L’esperienza ha tratto origine dall’impiego meticolosamente documentato da 43legno-pianta dei boschi gestiti dall’Amministrazione Frazionale di Pesariis.

Il fatturato generato fra le imprese e gli artigiani protagonisti dell’intera filiera di trasformazione del legno da pianta a casa è stato pari a 90.000 euro, arredamento compreso. Tutti questi operatori vivono e operano fra la Val Pesarina e il Comune di Sauris (UD) in un anello di soli 12 km. La buona riuscita dell’impresa, valutata nell’ambito dell’intero Ciclo di Vita (Life Cycle Assessment), è stata certificata e premiata come caso esemplare sulla base di dati quantitativi, confrontati con quelli di altre abitazioni similari secondo un approccio rigorosamente scientifico certificato dall’Enea. Un successo, quello della casa di Sauris, riconducibile all’origine locale del legname utilizzato per la costruzione e all’assenza di trattamenti chimici applicati su di esso.

Dallo studio è emerso che la trasformazione delle 43 legno-pianta in legno-casa, ha generato un effetto di cambiamento climatico pari solo a 52 tonnellate di CO2eq. Il costo sociale della costruzione ammonterebbe a 14.000$ considerando l’ipotesi peggiore (52t x 266$, con il valore di SCC massimo). Attraverso vari scenari di confronto è stato dimostrato che lo stesso legname, trasportato su strada per 1000 km (come accade per gran parte del legname di origine industriale), avrebbe incrementato del 23% gli effetti sui cambiamenti climatici e di circa 3.000$ i costi sociali.

Le conclusioni di questo esame sono interessanti: un oggetto non si può definire “ecosostenibile” solo perché fatto di legno. Occorre sapere da dove viene, in che periodo della sua vita è avvenuto l’abbattimento della pianta di origine e che tipo di trattamenti chimici sono stati adottati.

In definitiva, anche nel caso delle biomasse e delle loro applicazioni residenziali, l’analisi dell’intero ciclo premia le soluzioni a chilometro zero, il mantenimento dell’habitat forestale, il rifiuto di impiegare sostanze derivate dal petrolio. Interessante davvero questo spunto, che si rifà a un’esperienza locale e personale, che fa riflettere come ciascuno possa contribuire a ridurre i 2.300 milioni di tonnellate di CO2 all’anno immesse nell’atmosfera in Italia, pari a un costo sociale minimo di 48,3 miliardi di dollari (SCCUSA=21$) o, più realisticamente, di 610 miliardi (SCCMAX=266).

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Green Building: quando la sostenibilità fa rima con lavoro

Il 19 ottobre è stato presentato ufficialmente il primo rapporto dell’Osservatorio sulla edilizia sostenibile della Fillea CGIL e Legambiente. Stimati 600 mila posti di lavoro puntando su riqualificazione energetica e messa in sicurezza.

SCARICA IL RAPPORTO QUI: Innovazione e sostenibilità nel settore edilizio

Oltre 2 milioni di abitazioni risultano vuote; 6 milioni di italiani vivono in zone ad alto rischio idrogeologico e 3 milioni di persone abitano in zone ad alto rischio sismico. Il patrimonio edilizio esistente è costituito in massima parte da case costruite male, nelle quali fa freddo d’inverno e caldo d’estate malgrado la spesa energetica delle famiglie sia cresciuta del 52% in 10 anni.

Ma uscire da questa impasse è possibile. Dobbiamo rendere più vivibili le città, ammodernare l’edilizia esistente usufruendo delle nuove tecnologie per migliorare la qualita’ della vita e la sicurezza delle persone che ci abitano e ci lavorano, diminuire le spese di gestione delle case; possiamo rendere più belli e funzionali i quartieri recuperando l’esistente creando così nuovi posti di lavoro duraturi e qualificati.

Contro la crisi, Fillea Cgil e Legambiente propongono un nuovo modello per il settore delle costruzioni e nel primo rapporto congiunto su Innovazione e sostenibilità nel settore edilizio “Costruire il futuro” – che sarà presentato oggi al salone internazionale dell’edilizia (SAIE) di Bologna – espongono un’ampia analisi della situazione dell’edilizia sul territorio e degli strumenti che in molti casi Regioni, Province e Comuni, hanno messo in campo per introdurre nuovi criteri energetici e ambientali, andando spesso anche oltre la normativa in vigore.

In Italia, quindi, ci troviamo in una evidente situazione di stallo nelle costruzioni; in Europa intanto, le direttive per la certificazione e riqualificazione energetica degli edifici, nonché gli obblighi per il nuovo costruito a partire dal 2019, si strutturano in una strategia coerente (il cosiddetto 20-20-20) che in questi anni ha posto il vecchio continente all’avanguardia mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici. Tutto questo indica una nuova strada da percorrere: quella della riqualificazione, del recupero dell’esistente e dell’innovazione tecnologica in edilizia.

Per Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil “in questi anni in Italia sono spariti 500mila posti di lavoro nell’intero settore delle costruzioni, la metà direttamente nel comparto dell’edilizia. Una ecatombe figlia della tempesta perfetta scatenata dall’insieme di due fattori di crisi: uno congiunturale scatenato dalla bolla immobiliare del 2008, ed uno strutturale, cioè la crisi di un modello industriale vecchio ed obsoleto, che non ha saputo capitalizzare gli anni di crescita del settore per rafforzare la qualità delle imprese, sia in dimensione che in investimenti finalizzati alla ricerca ed innovazione dei materiali e delle filiere. Per questo la crisi delle costruzioni in Italia è più forte che in altri paesi. Chi ha saputo per tempo intervenire sui modelli industriali ed innovarli nella direzione della sostenibilità si è difeso meglio dalla crisi”.

Per Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente “oggi possiamo uscire da questa drammatica situazione puntando su due obiettivi: l’innovazione, perche c’è bisogno di una profonda trasformazione delle pratiche progettuali e costruttive se si vuole realizzare sul serio un miglioramento della sostenibilità ambientale nelle costruzioni e in particolare delle prestazioni energetiche, tale da ridurre consumi e bollette delle famiglie, e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio in un territorio tanto fragile quanto a rischio a nche per la costruzione di nuove case legali o abusive. Se consideriamo che il 60% degli edifici a prevalente uso residenziale è stato realizzato prima dell’introduzione della legge antisismica (1974), si comprende la dimensione del rischio che si corre e dove si deve prioritariamente intervenire, creando così  tanti nuovi posti di lavoro, qualificati e duraturi”.

Diventa necessaria una gestione strategica dell’intero processo di recupero e rinnovamento del patrimonio edilizio attraverso l’applicazione di un mix di soluzioni progettuali tecnologiche e impiantistiche sostenibili che servano anche a metterlo in sicurezza (parliamo di 11 milioni di edifici ad uso residenziale per 28 milioni di abitazioni), ma con caratteristiche diverse e priorità di intervento per i rischi sismici e idrogeologici, per il degrado edilizio e anche sociale, distribuiti in modo differente in ogni parte del Paese.

Questi ragionamenti riguardano da vicino la crisi economica che stiamo attraversando e per questo, Fillea e Legambiente hanno individuato una serie di interventi mirati al sostegno dell’economia sostenibile delle costruzioni, indicando un processo (già in corso in tante città) in continua evoluzione con particolare attenzione alle prestazioni energetiche degli edifici, allo sviluppo delle rinnovabili e alla certificazione energetica. Ciò porterebbe ad un innalzamento della qualità della vita dei cittadini e ad un aumento dell’occupazione pari a 600 mila nuovi posti di lavoro nei prossimi 10 anni, che possono arrivare, considerando l’indotto della filiera, a circa un milione.

Il primo intervento riguarda la necessità di una regia nazionale che dia certezze alla prospettiva della innovazione energetica in edilizia. In attuazione delle Direttive europee si devono fissare i riferimenti normativi che valgano su tutto il territorio nazionale, e che le Regioni possono dettagliare ma senza vuoti normativi o contraddizioni. In particolare è fondamentale un intervento in materia di prestazioni energetiche e di certificazione, perché le classi degli edifici devono diventare un riferimento imprescindibile e credibile per tutti gli operatori. E poi un intervento che dia certezze rispetto alle regole sull’accreditamento dei certificatori, sui controlli e le sanzioni.

Il secondo intervento riguarda gli edifici di nuova costruzione, dove occorre accompagnare il miglioramento delle prestazioni previsto dalle Direttive Europee stabilendo da subito un obbligo minimo di Classe A per tutti i nuovi interventi. Questo obiettivo, oggi a portata di mano da un punto di vista economico e tecnico, permetterebbe di preparare il settore delle costruzioni alla scadenza del 1° gennaio 2021. E permetterebbe di azzerare le bollette delle famiglie, anche grazie al contributo delle fonti rinnovabili ai fabbisogni elettrici e termici già previsto dalle Direttive.

Il terzo intervento concerne la riqualificazione del patrimonio edilizio per dare finalmente certezze sugli interventi e sugli strumenti di incentivazione. Occorre rendere permanenti le detrazioni fiscali del 55% per gli interventi di efficienza energetica e allargarlo alla sicurezza statica. Ma soprattutto, occorre introdurre un nuovo incentivo per promuovere interventi di retrofitting e messa in sicurezza di interi edifici.

Il quarto intervento riguarda il patrimonio edilizio pubblico, per superare il Patto di stabilità nel caso di interventi che migliorino l’efficienza energetica. Agli Enti locali deve essere data la possibilità di realizzare questi interventi direttamente o attraverso Esco, in tutti i casi in cui è dimostrata la riduzione complessiva di spesa realizzata grazie agli interventi e la fattibilità tecnica e finanziaria dell’intervento.

Il quinto obiettivo riguarda la messa in sicurezza del patrimonio edilizio con la necessità di aggiornare l’apparato normativo per gli aspetti di sismica e statica. Occorre intervenire sugli incentivi per premiare chi realizza interventi sia energetici che statici e introdurre il libretto del fabbricato.

Infine, si deve intervenire rispetto all’impatto ambientale del settore delle costruzioni, riducendo il prelievo di materiali da cava. E’ possibile farlo premiando nei capitolati di appalto i materiali provenienti da inerti riciclati, e rivedendo i costi di smaltimento in discarica e di prelievo da cava come si è fatto negli altri Paesi europei dove si sono ridotte le cave e aumentati i posti di lavoro.

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