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Siamo un gruppo di docenti e ricercatori dell’Università e dei Centri di ricerca di Bologna. In virtù della conoscenza acquisita con i nostri studi e la quotidiana consultazione della letteratura scientifica internazionale, sentiamo il dovere di esprimere la nostra opinione sulla crisi energetica e sul modo di uscirne.
Abbiamo quindi scritto al Presidente del Consiglio ed ai Ministri competenti una lettera aperta nella quale critichiamo la politica energetica del Governo e presentiamo proposte alternative.
Chiediamo ai colleghi delle Università e Centri di ricerca di altre sedi e a tutti i cittadini interessati di firmare questo appello nella apposita sezione (firma).
Definire le linee di indirizzo per una valida Strategia Energetica Nazionale è un problema complesso, che deve essere affrontato congiuntamente da almeno cinque prospettive diverse: scientifica, economica, sociale, ambientale e culturale. I punti fondamentali dai quali non si può prescindere sono i seguenti:
1) E’ necessario ridurre il consumo eccessivo e non razionale di energia. Sia i singoli cittadini che le aziende devono essere indotte a consumare di meno, non solo per i vantaggi economici che ne derivano, ma anche perché il consumo di energia è collegato al consumo di materiali e alla produzione di rifiuti. L’obiettivo fondamentale della riduzione del consumo di energia deve essere perseguito mediante un aumento dell’efficienza energetica e, ancor più, con la creazione di una cultura della parsimonia, principio di fondamentale importanza per vivere in un mondo che ha risorse limitate.
2) La fine dell’era dei combustibili fossili è inevitabile e ridurne l’uso è urgente per limitare l’inquinamento dell’ambiente e per contenere gli impatti dei cambiamenti climatici che potrebbero avere, in alcuni casi, conseguenze catastrofiche. Ridurre il consumo dei combustibili fossili, che importiamo per il 90%, significa anche ridurre la dipendenza energetica del nostro paese da altre nazioni e migliorare la bilancia dei pagamenti.
3) E’ necessario promuovere, mediante scelte politiche appropriate, l’uso di fonti energetiche alternative che siano, per quanto possibile, abbondanti, inesauribili, distribuite su tutto il pianeta, non pericolose per l’uomo e per l’ambiente, capaci di sostenere il benessere economico, di colmare le disuguaglianze e di favorire la pace.
4) Allo stato attuale, le possibili fonti di energia alternative ai combustibili fossili sono l’energia nucleare e le energie rinnovabili.
5) L’energia nucleare non ha i requisiti elencati al punto 3 e, proprio per questo, il suo sviluppo incontra serie difficoltà di ordine economico, tecnico, sociale, sanitario e politico; tanto che su scala globale, dopo aver raggiunto un culmine di 635 Mtep (tep = tonnellate equivalenti di petrolio) nel 2006, il consumo di energia nucleare è diminuito a 563 Mtep nel 2013 e non c’è evidenza di un’inversione di tendenza.
6) Le energie rinnovabili non sono più una fonte marginale di energia, come molti vorrebbero far credere: oggi producono il 22% dell’energia elettrica su scala mondiale, il 40% in Italia. Per ottenere il restante 60% dell’energia elettrica che serve in Italia, basterebbe coprire con pannelli fotovoltaici lo 0.5% del territorio, molto meno dei 2000 km2 occupati dai tetti dei 700.000 capannoni industriali e dalle loro pertinenze. Su scala mondiale, il fotovoltaico fornisce energia pari a quella prodotta da 23 centrali, nucleari o a carbone, da 1000 MW e l’eolico pari a quella di 85 centrali; in Italia, l’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico è pari a quella prodotta da due centrali da 1000 MW.
7) La transizione dai combustibili fossili e dal nucleare alle energie rinnovabili sta già avvenendo, sia pure con tempi diversi, in tutti i paesi del mondo. In particolare, l’Unione Europea (UE) ha già da tempo messo in atto una strategia basata sui punti sopra elencati (il Pacchetto Clima Energia 20 20 20, l’Energy Roadmap 2050).
L’Italia non ha carbone, ha pochissimo petrolio e gas, non ha uranio, ma ha tanto sole e le tecnologie solari altro non sono che industria manifatturiera. Quindi l’Italia – Paese povero di materie prime che storicamente ha basato sull’industria manifatturiera e sul commercio i suoi periodi di prosperità economica e prominenza internazionale – ha un’occasione straordinaria per trarre enorme vantaggio dalla transizione energetica in atto, uscendo dalla drammatica crisi economica in cui si è avvitata. E’ del tutto evidente che il futuro economico, industriale e occupazionale del nostro Paese deve essere basato sullo sviluppo delle energie rinnovabili e non su quello di risorse energetiche convenzionali che non possediamo in quantità significative.
Purtroppo la Strategia Energetica Nazionale, che l’attuale governo ha ereditato da quelli precedenti e che apparentemente ha assunto, non sembra seguire questa strada. In particolare, il recente decreto Sblocca Italia agli articoli 36-38, oltre a promuovere la creazione di grandi infrastrutture per permettere il transito e l’accumulo di gas proveniente dall’estero, facilita e addirittura incoraggia le attività di estrazione di petrolio e gas in tutto il territorio nazionale: in particolare, in aree densamente popolate come l’Emilia-Romagna, in zone dove sono presenti città di inestimabile importanza storica, culturale ed artistica come Venezia e Ravenna, in zone fragili e preziose come la laguna veneta e il delta del Po e lungo tutta la costa del mare Adriatico dal Veneto al Gargano, le regioni del centro-sud e gran parte della Sicilia (http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/cartografia/tavole/titoli/titoli.pdf)
Il decreto attribuisce un carattere strategico alle concessioni di ricerca e sfruttamento di idrocarburi, semplifica gli iter autorizzativi, toglie potere alle regioni e prolunga i tempi delle concessioni con proroghe che potrebbero arrivare fino a 50 anni. Tutto ciò in contrasto con le affermazioni di voler ridurre le emissioni di gas serra e, cosa ancor più grave, senza considerare che le attività di trivellazione ed estrazione ostacolano e, in caso di incidenti, potrebbero addirittura compromettere la nostra più importante fonte di ricchezza nazionale: il turismo. D’altra parte il decreto non prende in considerazione la necessità di creare una cultura del risparmio energetico e più in generale della sostenibilità ecologica e non semplifica le procedure che ostacolano lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Mentre fonti governative parlano di un “mare di petrolio” che giace sotto l’Italia, secondo la BP Statistical Review del giugno 2014 le riserve di combustibili fossili sfruttabili nel nostro paese ammontano a 290 Mtep. Poiché il consumo di energia primaria annuale è di 159 Mtep, queste ipotetiche riserve corrispondono al consumo di meno di due anni. Spalmate su un periodo di 20 anni, ammontano a circa il 9% del consumo annuale di energia primaria. Si tratta quindi di una risorsa molto limitata, il cui sfruttamento potrebbe produrre danni molto più ingenti dei benefici che può apportare.
Il mancato apporto di questa risorsa marginale potrebbe essere facilmente compensato, senza il rischio di creare problemi, riducendo i consumi. Ad esempio, come accade nei Paesi del Nord Europa, mediante una più diffusa riqualificazione energetica degli edifici, la riduzione del limite di velocità sulle autostrade, incoraggiando i cittadini ad acquistare auto che consumino e inquinino meno, incentivando l’uso delle biciclette e dei mezzi pubblici, trasferendo gradualmente parte del trasporto merci dalla strada alla rotaia o a collegamenti marittimi e, soprattutto, mettendo in atto una campagna di informazione e formazione culturale, a partire dalle scuole, per mettere in luce i vantaggi della riduzione dei consumi individuali e collettivi e dello sviluppo delle fonti rinnovabili rispetto al consumo di combustibili fossili e ad una estesa trivellazione del territorio.
L’unica via percorribile per stimolare una reale innovazione nelle aziende, sostenere l’economia e l’occupazione, diminuire l’inquinamento, evitare futuri aumenti del costo dell’energia, ridurre la dipendenza energetica dell’Italia da altri paesi, ottemperare alle direttive europee concernenti la produzione di gas serra e custodire l’incalcolabile valore paesaggistico delle nostre terre e dei nostri mari consiste nella rinuncia definitiva ad estrarre le nostre esigue riserve di combustibili fossili e in un intenso impegno verso efficienza, risparmio energetico, sviluppo delle energie rinnovabili e della green economy.