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NUCLEARE: UNA PATATA BOLLENTE PER L’EUROPA

di Mario Agostinelli

Dopo il rigetto del nucleare al referendum del 2011, i nostri politici hanno preferito stendere una cortina di silenzio sulla vicenda e non prendere alcuna iniziativa verso quegli stati europei confinanti che dovrebbero garantire la sicurezza dei loro reattori. Anzi, l’Enel è stata invogliata a acquisire partecipazioni nel nucleare fuori confine, i trasporti all’estero di materiale radioattivo sono avvenuti di nascosto e – caso clamoroso! – per un EXPO sotto l’insegna di “energia per la vita” si sono versate tangenti alla Sogin, che tratta non senza ombre le scorie più esiziali ( v.  http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/13/expo-sogin-e-le-tentazioni-del-nucleare/983161/ ).

In occasione delle europee del 25 Maggio nessuna lista, a parte Tsipras e Verdi, fa il minimo cenno ad un’Europa senza nucleare, sia militare che civile. Eppure il problema ha una assoluta priorità e richiederà enormi sforzi, anche finanziari, che peseranno sui bilanci dell’Europa.

Ne tratta con un lungo articolo la prestigiosa rivista Business Monitor International

(http://bmo.businessmonitor.com/cgi-bin/request.pl?SessionID=9148887EDF8C11E3808424077B297F78&iso=DE&service=-1), che esamina gli enormi problemi che conseguono alla decisione del governo tedesco di chiudere definitivamente i reattori entro il 2022.

Per farlo, occorre infatti affrontare la questione controversa ed estremamente onerosa della dismissione delle centrali: per assorbirne i costi le grandi aziende elettriche della Germania hanno addirittura proposto di istituire una “bad bank” con un fondo fisso, riversando ogni extra o imprevisto sulle tariffe.

Il governo tedesco è certo criticabile per il temporaneo aumento di quote di carbone nel suo mix elettrico, ma, evidentemente, ritiene decisivo l’abbandono graduale dell’energia nucleare, con la totale sostituzione sia di atomo sia di carbone con le fonti rinnovabili, in base al programma  Energiewende ( transizione all’energia pulita  http://en.wikipedia.org/wiki/Energy_transition_in_Germany ).

Per evitare di accollarsi i costi delle dismissioni forzate, stimati in 60 miliardi di euro, le aziende elettriche suggeriscono che il governo e – per estensione – il contribuente, debbano assumersi l’onere tramite la creazione di una “bad bank per l’energia nucleare”. In sostanza, il costo del decommissioning ricadrebbe sul contribuente, mentre le utility tedesche, E.ON , RWE , EnBW e la svedese Vattenfall pagherebbero circa 30 miliardi di euro attraverso il fondo di riserve già accantonate per legge per coprire i costi di disattivazione (e già versati attraverso le tariffe in corso e i sussidi governativi usati per introdurre il nucleare in Germania e poi trasferite per l’espansione delle rinnovabili) . Il governo tedesco naturalmente rifiuta la proposta, perché teme che, accettandola, sarebbe come assumere un progetto di opere pubbliche che potrebbe esplodere in termini di costi imprevedibili.

Il governo tedesco tiene duro perché ha potuto fermare e programmare di rimuovere le centrali nucleari dalla rete più rapidamente del previsto in seguito alla creazione di potenza rinnovabile decentrata e nuove reti intelligenti. Nell’ambito della politica Energiewende, una quantità senza precedenti di capacità rinnovabile ha accesso prioritario alla rete elettrica e questo irrita le grandi aziende con impianti termici e nucleari, mentre favorisce le municipalizzate che si occupano sempre più di sistemi territoriali, rinunciando ad andare in borsa, al contrario delle nostre senza strategia.

Insomma, la Germania fa politica energetica e ne parla, aprendo uno scontro con la lobby energetica europea. Il governo e i chiacchieroni di casa nostra, che si contendono gli elettori a suon di sberle, sono invece incredibilmente silenziosi al riguardo. In compenso, gira la voce che ridurranno il ristorno degli incentivi pattuiti sugli impianti rinnovabili già in funzione, con il risultato di bloccare ancora una volta un settore qualificato e con grandi potenzialità e di fare l’ennesimo favore a quell’intreccio di affari e politica che è sotto gli occhi del mondo.

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Per la transizione energetica, verso la decarbonizzazione, quali politiche in Europa?

Mentre siamo agli ultimi giorni di campagna elettorale per le elezioni europee è uscito un prezioso libro   http://www.edizioniambiente.it/libri/1038/un-altra-europa/ a cura di Silvia Zamboni (di cui il contributo di Gianni Silvestrini  http://www.qualenergia.it/articoli/20140516-l%E2%80%99europa-alla-guida-della-transizione-energetica-della-decarbonizzazione ) e invece continua la pressocchè totale assenza, dal dibattito politico e dai programmi elettorali, di questi temi.

Tra le poche iniziative in merito, un convegno “Il clima dell’Europa senza nucleare”, svolto a Brescia l’8 maggio, promosso  dalla lista “L’Altra Europa con Tsipras”, che ci ha chiesto un contributo di merito http://youtu.be/fG9TOBfwlgM .

A proposito di politiche negative sulle questioni energetiche, il servizio di Report sullo shale gas del 12 maggio  http://www.cinetvmania.it/2014/05/12/report-anticipazioni-e-streaming-rai3-lunedi-12-maggio-2014/  ha riproposto l’inquietante questione dell’estrazione di gas con la pratica del fracking, ossia la frantumazione del sottosuolo attraverso l’immissione a pressione di acqua e solventi chimici, ed inoltre delle possibili relazioni tra attività di estrazione del gas e di esplorazione per idrocarburi ed aumento dell’attività sismica.

Su quest’ultima vicenda, in relazione al terremoto in Emilia-Romagna del mese di maggio 2012, era stata istituita, dalla Protezione Civile su richiesta del Presidente della Regione, la Commissione ICHESE, il cui rapporto finale  http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/notizie/primo-piano/commissione-ichese-on-line-il-rapporto-integrale  è stato reso pubblico dal Presidente Errani solo dopo che un giornalista  di Science aveva denunciato “pressioni per non pubblicare il rapporto”.

Come si può vedere dalle conclusioni, non si esclude la possibile relazione tra trivellazioni e sisma del 2012, anche se si specifica che da sole “le attività non possono averlo provocato”. Dopo la pubblicazione del rapporto il Presidente Errani si è scusato per il ritardo e la Regione Emilia-Romagna ha sospeso ogni nuova autorizzazione alla ricerca di idrocarburi, ma restano in vigore i permessi già concessi.

Noi pensiamo che per un principio di precauzione in Italia e in Europa, non solo vada esclusa qualsiasi ricerca sullo shale gas, ma che intanto in Italia andrebbe fatta una moratoria, sulle trivellazioni e i depositi sotterranei di stoccaggio.

Questa è una proposta sulla quale intendiamo aprire un confronto con tutte le Associazioni ambientaliste, i movimenti, i tanti comitati contro le trivellazioni e i depositi che sono sorti nel nostro paese.

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Expo, Sogin e le tentazioni del nucleare

di Mario Agostinelli

Dalle carte dell’inchiesta sugli appalti di Expo 2015 emerge l’interesse rivolto dalla “cupola”Frigerio-Greganti-Grillo verso la Sogin, società di Stato partecipata al 100% dal Ministero del Tesoro e incaricata della realizzazione del deposito nazionale definitivo dei rifiuti radioattivi e dello smantellamento degli impianti nucleari dismessi. Le indagini scoprono purtroppo tutta la permeabilità del settore ad azioni di corruzione, tanto abituali nel campo delle grandi opere.

Secondo un articolo apparso sulla Stampa, che riporta le intercettazioni sotto inchiesta da parte dei pm milanesi, Frigerio, Greganti e Grillo non si sono limitati a pilotare 98 milioni di euro finiti a Maltauro e Saipem per la costruzione di depositi di scorie nucleari, ma hanno manovrato per nominare in posti chiave della società pubblica un loro uomo – Alberto Alatri, sponsorizzato dall’intraprendente sindaco di Caorso – al fine di assegnare un appalto da un miliardo e mezzo per operazioni nel sito nucleare del piacentino.

Ora il nuovo CdA della Sogin corre ai ripari, annunciando la sospensione di 4 dirigenti, già avvenuta, secondo il comunicato diffuso, in seguito ad una “Due Diligence” avviata dall’amministratore delegato di ultima nomina.

Ma la società è da tempo esposta a forti polemiche e ha una storia tutt’altro che irreprensibile e agevolmente riconducibile alla mancanza di trasparenza che ha sempre accompagnato le operazioni nel settore nucleare.

La Sogin ha finora svolto attività volte alla realizzazione e ristrutturazione di alcuni depositi temporanei di rifiuti radioattivi e alla demolizione di vecchi fabbricati. Ma le dimensioni finanziarie complessive racchiuse nella sua “missione” vanno da 3 a 5 miliardi di euro. Quindi si tratta di un’opera pubblica di dimensioni consistenti e non si può trascurare che nel corso di 10 anni l’azienda ha accumulato ritardi nei lavori che sono arrivati fino al 170%, mentre i costi preventivati sono più che raddoppiati.

Una missione svolta con dubbia produttività, che ha consentito una gestione assai più privata che pubblica e che ha avuto nei governi Berlusconi sostenitori molto attivi. A questo si aggiungano le operazioni di collocamento di personale politico e la libertà d’azione consentita all’ex generale Carlo Jean, impegnato in Russia in azioni di supporto allo smantellamento dei sommergibili nucleari ex sovietici (di fatto tuttora un buco nero).

Su tutta la vicenda del nucleare siamo oggi in una fase delicata di passaggio e le attuali inchieste dei magistrati fanno sperare in un intervento molto netto del Parlamento per dar corpo ad unaristrutturazione profonda nel settore della sicurezza, con l’obiettivo di creare un sistema efficiente, in grado di gestire lo smantellamento degli impianti, anziché perpetuare lo status quo.

È uscito in queste settimane il decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria sulla gestione dei rifiuti radioattivi e stanno per essere emanati i criteri per la localizzazione del deposito nazionale delle scorie. Si tratta di indirizzare e controllare operazioni costosissime, che spesso non avvengono in trasparenza, che sono coperte da accordi internazionali semisegreti, da trasporti scortati dai militari, da creazione di depositi temporanei fuori norma, ma comunque inaccessibili a controlli pubblici.

Visti i precedenti della Sogin, restano seri dubbi sui punti critici, dato che sopravvivono nell’azienda molti residui della passata impostazione filo-nucleare e che la vittoria nel referendum del 2011 (per l’annullamento del faraonico progetto nucleare di Scajola) è ancora tutta da gestire su questo versante.

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Il clima dell’Europa senza il nucleare: guarda il video

Energiafelice e il Comitato Nazionale Si rinnovabili, No nucleare hanno promosso un convegno per contribuire alla campagna della lista Un’altra Europa con Tsipras. L’iniziatva, tenuta a Brescia l’8 Maggioha registrato contributi qualificati e di merito e ha fornito così materiale di riflessione per una politica energetica alternativa in Europa. Le interviste ai partecipanti Petrella, Agostinelli, Mosca, Meregalli, Bardi, Ruzzenenti, Rizzuto) sono raccolte in questo video: http://youtu.be/fG9TOBfwlgM

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Lavoro, precarietà e nuovo schiavismo: quale Europa?

11maggio201411 maggio 2014, ore 16.00
Nova Milanese (Monza) – Auditorium Comunale – Piazza Gio.I.A. – via Giussani

Gianni Rinaldini, Scenari e prospettive del lavoro in Italia

Argiris Panagopoulos, La distruzione del lavoro in Grecia

Daniela Padoan, Il razzismo contro i poveri e la nuova schiavitù

Stefano Sarti, Ambiente e lavoro – oltre la contraddizione

Pino Viola, Precariato in Italia

Guido Viale, Lavoro e riconversione ecologica

Mario Agostinelli, Scenari per l’Europa

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