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Presentazione del libro “Amazon Butterfly. Salute e Bellezza dalla foresta”

Generare ricchezza proteggendo l’ambiente

Prefazione
Amazon Butterfly Salute e Bellezza dalla forestaExpo 2015 ha posto al centro della manifestazione un tema cdi enorme importanza per il nostro futuro:  garantire il diritto al cibo a tutti, nella salvaguardia dell’ambiente e delle risorse del pianeta.
E’ un’indicazione credibile? Oggi siamo 7 miliardi di abitanti sulla terra, nel 2050 probabilmente avremo superato i 9 miliardi. Come sarà possibile conciliare diritto al cibo e ambiente nel 2050, se già oggi il cibo non è garantito a quasi 800 milioni di persone e l’ambiente è oggetto di pesanti attacchi?
Noi crediamo che l’obiettivo di Expo possa essere realizzato. Perché ciò avvenga sarà indispensabile riformare profondamente l’attuale modello di sviluppo.

In caso contrario continueranno a prevalere altri interessi e l’obiettivo rischierà di trasformarsi in  uno slogan sena conseguenze pratiche coerenti. Siamo un gruppo di associazioni, imprese e persone da anni impegnate a sostenere l’esperienza di una piccola realtà dell’Amazzonia: l’Acre, lo stato nel quale 45 anni fa un raccoglitore di gomma, Chico Mendes, guidò un movimento che riuscì a bloccare azioni assurde e negative di distruzione della foresta.

I suoi seguaci, dopo la sua uccisione la sera del 22 dicembre 1988, hanno proseguito il cammino di Chico Mendes e, dal 1999, hanno avviato una seria ed efficace esperienza di sviluppo sostenibile, capace di coniugare sviluppo dell’economia con ambiente e diritti sociali. La loro esperienza dimostra che l’obiettivo di Expo è realizzabile, se le persone che credono in un obiettivo giusto si muovono unite per realizzarlo.

Noi vogliamo portare all’attenzione dei visitatori di Expo l’esperienza positiva di questa comunità per due motivi:
•    dimostra che è possibile conciliare sviluppo e difesa della foresta, diritto al cibo e difesa delle risorse del pianeta;
•    vogliamo costruire, attorno alla loro esperienza, un rapporto positivo tra chi vive in Europa e chi vive a oltre 10.000 km di distanza, all’interno della foresta amazzonica, per creare un ponte, un’alleanza, un progetto comune finalizzato a potenziare questo nuovo modo d’intendere sviluppo e ambiente.
I rappresentanti dell’Acre verranno a Expo, all’inizio di settembre, a presentare la propria esperienza.

Sarà un’utile occasione per dimostrare concretamente, da parte dei nostri territori, il ringraziamento a coloro che stanno difendendo anche per noi il polmone verde del pianeta. Sarà in particolare l’occasione per costruire rapporti concreti di collaborazione tra i nostri territori e l’Acre, capaci di rafforzare questo nuovo modello di sviluppo.

Con questa pubblicazione vogliamo anticipare alcune informazioni sull’Acre e sui suoi prodotti. Il nostro scopo è quello di sensibilizzare cittadini e imprese sull’utilità di conoscere e incontrare l’Acre e i suoi prodotti con un’azione che anticipa l’arrivo della delegazione acreana a Expo. Avremo successivamente dai rappresentanti dell’Acre, al loro arrivo a Expo a settembre, una presentazione completa ed aggiornata della realtà attuale dell’Acre e delle opportunità di collaborazione che si possono sviluppare con le imprese del nostro territorio. La nostra collaborazione con l’Acre ha radici lontane nel tempo. Con Expo vogliamo innovare questo rapporto e costruire basi più solide per la sua continuità dopo Expo.

Artigiani di Pace – Energia Felice – Cattedra nutrizionista Ludes

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Oggi 13 agosto è l’Overshoot Day 2015

Oggi 13 agosto è il giorno dell’ Overshoot Day, l’ iniziativa internazionale organizzata dal Global Footprint Network (GFN) per far sapere che in “quel giorno” l’umanità ha finito di consumare le risorse che il pianeta produce in modo sostenibile in un intero anno.

Da domani  fino alla  fine dell’anno l’umanità si “indebita” con il pianeta perché consuma di più di quanto sarebbe ammissibile e il pianeta va “in rosso”: un fatto che non si può ovviamente ripetere all’infinito! Dobbiamo prendere provvedimenti!

In calce che cosa possiamo  fare per diminuire il nostro impatto  sul pianeta

Amalia Navoni – Coordinamento Lombardo Nord Sud del Mondo
Referente della campagna Global Footprint Network (GFN) in Italia: Roberto Brambilla

ECCO COSA
possiamo
FARE CONCRETAMENTE   

PER RIDURRE
il nostro impatto sull’ambiente

·   risparmia energia,

Assumendo comportamenti responsabili per far funzionare al meglio gli impianti esistenti: usa lavatrici e lavastoviglie solo a carico pieno ; spegni le luci quando non servono e non lasciare in stand by gli apparecchi elettronici; sbrina sovente il frigorifero; pulisci spesso la serpentina  e mantienilo ad una discreta distanza dalla parete, perché la polvere ed il calore ne riducono l’ efficienza .Metti il coperchio sulle pentole quando si porta l’acqua a ebollizione; evita che la fiamma sia più ampia del fondo della pentola perché di lato non scalda; riduci gli spifferi degli infissi riempiendoli di materiale che non lascia passare aria; non lasciare tende chiuse davanti ai termosifoni ; inserire apposite pellicole isolanti e riflettenti tra i muri esterni e i termosifoni

–  Sostituendo gli impianti poco efficienti con impianti più efficienti – lampade ad alta efficienza: a parità di potenza consumano delle lampade normali; ovvero ce ne vogliono 6 per consumare come 1 lampada normale;  elettrodomestici di classe A o superiore;  apparecchi elettronici ad alta efficienza ; scaldabagni a gas ;valvole termostatiche da applicare ai termosifoni  per regolarne automaticamente la temperatura (perché continuare a tenerli accesi quando si sono raggiunti i gradi desiderati?); caldaie a condensazione con impianti a pannelli radianti che rendono di più funzionando a temperature inferiori.

·   Dona ciò che non usi più a chi ne ha bisogno.

·   Privilegia i prodotti dell’agricoltura biologica possibilmente locale e di stagione per ridurre l’inquinamento ed il consumo di risorse necessari per il trasporto.

·   Non superare i 20 gradi di temperatura in casa ,  il gasolio inquina, il troppo caldo non fa bene alla salute ed  è vietato dalla legge.

·   Usa per gli spostamenti i mezzi pubblici e la bicicletta

·   Diminuisci il consumo di carne: ogni hamburger equivale a 6 metri quadrati di alberi abbattuti e a 75 chili di gas responsabili dell’effetto serra. Mangiare meno carne o, perché no, non mangiarne affatto, è una scelta sociale. Una scelta solidale con chi ha fame e con il futuro del pianeta

·   Bevi acqua di rubinetto che è analizzata giornalmente, non sprecarla.  Eviterai l’inquinamento degli autocarri che portano le bottiglie di acqua minerale su e giù per l’Italia, l’inquinamento per lo smaltimento delle bottiglie di plastica e il tuo affaticamento per il trasporto.

·   Rifuggi L’usa e getta. Chiedi che gli oggetti che compri siano riparabili: è meglio spendere qualche cosa in più, piuttosto che riempire le discariche di oggetti dalla breve durata e che hanno comunque inquinato per essere prodotti e trasportati.

·   Protesta quando ti incartano i prodotti con troppi imballaggi: li paghi almeno tre  volte (come costi che il fornitore ti ricarica, come tassa smaltimenti rifiuti e come ambiente depauperato).

·   Privilegia i prodotti in vetro, meglio se in vuoto a rendere. Portati sempre da casa i sacchetti per fare la spesa: meglio ancora se usi delle borse in stoffa.

·   Ricicla con cura tutto il possibile: carta (i fogli già stampati utilizzali anche sull’altro lato), vetro, plastica, lattine, ferraglie, polistirolo , indumenti, rifiuti vegetali e animali

·   Per acquistare consapevolmente leggi la “Guida al consumo critico” (EMI Edizioni) del Centro Nuovo Modello di Sviluppo –    e abbonati a  AltrEconomia,  – www.altreconomia.it.

·   Denuncia le discariche abusive e chi deposita i rifiuti lungo strade e nei parchi .

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Trivelle e nomine: reggono alla luce del sole?

dal Blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Dev’essere sconfortante dover partecipare ad una delle riunioni convocate da Renzi: sentirsi dire, senza poter battere ciglio, che il corso della storia coincide con la sua agenda politica non può che portare sconforto a chiunque abbia contezza delle urgenze ambientali e sociali che ci stanno cadendo addosso.
Ad esempio, il Papa, Obama (vedi gli ultimi post su questo blog), un’alleanza delle 24 principali istituzioni scientifiche britanniche guidate da Nichola Stern, i sindaci di tutto il mondo riuniti a Roma il 15 luglio, i  movimenti popolari accorsi in Bolivia, hanno lanciato il loro grido di allarme contro il probabilissimo superamento di 2°C della temperatura della terra.

L’opinione pubblica mondiale, i media e la società civile sono ora molto più impegnati e vi è una maggiore attenzione e pressione sui governi a mettere da parte gli interessi nazionali egoistici e sta nascendo un solido consenso per un cambiamento del trattato sul clima, per mitigare l’estrema gravità del degrado del nostro pianeta come risultato delle attività umane. Questa crescita di consapevolezza politica ed etica dovrebbe portare i governi ad intervenire sulle strategie energetiche e sulla politica industriale con benefiche ricadute sull’occupazione, in coerenza con un cambio profondo del modello fin qui perseguito. Ne sentite mai parlare negli innumerevoli report televisivi sulle esternazioni e gli immancabili tweet del premier?

Dato che i sette Paesi più grandi particolarmente responsabili delle emissioni attuali (Cina, Usa, Ue, India, Russia, Giappone e Canada), devono affrontare questo problema e sono consapevoli del fatto che l’umanità non può accettare ancora una volta la loro incapacità di agire, perché non affrontare anche in Italia questo decisivo passaggio, con trasparenza e concretezza, invece di dedicarsi giornalmente alle nomine dei manager e dei dirigenti che sequestreranno anche le decisioni sul clima dentro le cerchie lobbistiche e lontano dall’opinione pubblica?

Ad esempio, come è possibile che per il Sud si mettano all’opera le trivelle di nascosto dalle popolazioni e si progetti un insensato aumento delle perforazioni in mare, anziché un investimento straordinario nel sole, così prodigo di irraggiamento in quelle regioni? Nel mondo cresce il ricorso alle energie naturali, mentre noi stiamo mettendo fuori gioco le professionalità e l’esperienza del nostro settore industriale nell’eolico, nel solare e nella geotermia, mentre piazziamo risorse sul piatto delle fonti fossili. Vediamo un po’, allora, qualche esempio fuori dai palazzi romani.

Anche prescindendo dalla solita Germania, il cambiamento è impressionante. Obama ha fortemente irritato l’industria carbonifera Usa con una rigorosa riduzione dei gas di scarico delle centrali, che diminuirà la domanda di carbone a 650 milioni di tonnellate rispetto alla media di 1 miliardo all’anno. Inoltre il suo programma intralcerà certamente la scommessa dello shale gas, visto che sarà incentivata la quota delle rinnovabili nel mix di produzione e che, di conseguenza, secondo la Bloomberg New Energy Finance Research, “La crescente competitività delle energie rinnovabili indebolisce le prospettive di generazione di gas: nel 2040 si arriverà solo a un aumento inferiore al 30% rispetto al 2015″. SunEdison, l’azienda americana leader mondiale del fotovoltaico, ha iniziato la costruzione di 110 MW di fattorie solari in Cile.

Dall’altra parte del continente, la Banca di sviluppo brasiliana BNDES ha annunciato che quest’anno aumenterà il finanziamento di progetti di energia eolica ad un ritmo che, sebbene inferiore rispetto al 2014, contempla pur sempre un aumento del 15% rispetto all’anno precedente.

King Abdulaziz, la città della scienza dell’Arabia Saudita, ha firmato un accordo interno per costruire una fattoria solare di 50 MW, eguagliando in un sol colpo la potenza finora in funzione nel paese che è il più grande esportatore di petrolio. Anche l’Iran sta cercando di sfruttare le sue buone risorse eoliche. Il governo prevede di incentivare e installare 5GW di capacità entro il 2020, nel tentativo di alimentare il fabbisogno elettrico della sua popolazione: il recente accordo apre alle aziende (cinesi ed Usa finora) un grande mercato, ma le aziende italiane sono tagliate fuori.

Il governo etiope ha firmato il primo contratto per l’elettricità prodotta da centrali geotermiche nel sito di Corbetti per 500 MW di potenza. Il progetto in fase di sviluppo è in carico a soggetti islandesi e fa ricorso al Fondo africano per l’energia rinnovabile. L’Indonesia sta attivando il più grande gasdotto geotermico, mentre Guatemala, Honduras e la Nuova Zelanda stanno facendo investimenti in un settore in cui l’Italia è sempre stata all’avanguardia. L’India sostenuta dal fondo monetario, sta avviando il più grande progetto finanziario per incentivare il risparmio energetico.

La breve rassegna qui esposta dice che nel mondo si va da tutt’altra parte e, tra l’altro, in settori in cui l’Italia vanta una posizione di primo piano. O meglio, vantava. I dati definitivi del settore elettrico, diffusi come di consueto da Terna a metà luglio, dicono che la grande crescita nelle rinnovabili è cessata nel 2014 e che la nuova potenza rinnovabile installata è di “soli” 676 MW.

La luce del sole, dati alla mano, dovrebbe abbacinare la frenesia delle nomine lottizzate e delle trivelle: infatti lo scorso anno le FER hanno generato 120.679 GWh, un bel 7,7% in più del 2013, una quantità di elettricità equivalente ai consumi totali di tre regioni energivore come Lombardia, Veneto e Piemonte o quasi equivalente al totale dei consumi dell’industria italiana (122,5 TWh)! Il loro peso è stato pari al 39% della domanda totale (che è stata pari a 310,5 TWh) e al 43% della produzione nazionale lorda (pari a 279,8 TWh). Nel 2015 invece la produzione da fonti rinnovabili ha segnato una flessione mentre la produzione da fonti fossili è in un aumento. Ben vengano allora le proteste e le manifestazioni di questi giorni.

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Cambiamenti climatici: la svolta di Obama

dal Blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Il conto alla rovescia per la XXI Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici (Cop 21), che si terrà a Parigi nel dicembre 2015, è già iniziata.  Da noi, con un governo impegnato allo stremo per le “riforme” non se ne parla proprio.  Dopo la pubblicazione della sua straordinaria enciclica Laudato Sì, il papa il 21 Luglio ha accolto sindaci e governatori delle principali città di tutto il mondo (comprese Milano, Roma, Napoli), che hanno firmato, assieme a Francesco, una dichiarazione che invita i governi di tutto il mondo ad adottare misure audaci alla Cop21 per limitare entro i 2°C l’aumento di temperatura, dato che la crescente preoccupazione per la salute del pianeta non accenna a diminuire.

In un nuovo rapporto sulla base di input da 413 scienziati provenienti da 58 paesi, la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti ha concluso che il 2014 è stato l’anno più caldo mai registrato. Il direttore dei Centri nazionali di informazione ambientale NOAA Thomas Karl ha avvertito che il cambiamento climatico non solo si registra con la temperatura dell’aria, ma anche con quella sul fondo dell’oceano e dell’atmosfera più esterna. Come risultato di questa situazione ci sono stati 91 cicloni tropicali nel 2014, ben al di sopra della media di 82 tempeste che si sono verificate nel periodo 1981-2010, secondo le conclusioni della NOAA.

Ora tocca ai politici a mostrare la loro dimensione di statisti mondiali. Diplomatici e politici sarebbero responsabili di un fallimento a Parigi, dato che il fallimento non è un’opzione. In questo quadro Obama ha deciso di giocare la sua eredità, oltre che su un avanzamento del sistema sanitario fortemente combattuto dai conservatori su una battaglia efficace per il clima. In una nota del New York Times del 2 Agosto firmata da Coral Davenport e Gardiner Harris e in un video postato su Facebook a mezzanotte dallo stesso presidente, si comunica che gli Stati Uniti intraprenderanno la più forte azione mai presa per combattere le emissioni climalteranti.

Il regolamento, che verrà imposto a tutti gli Stati federali, introdurrà una radicale trasformazione del settore elettrico degli Stati Uniti, favorendo uno spostamento “impetuoso” dall’energia elettrica prodotta con carbone alle energie rinnovabili. Per le centrali esistenti si ridurranno del 32 per cento entro il 2030 le emissioni conteggiate al 2005. La quota di fonti rinnovabili con capacità di generazione di energia nel 2030 sarà superiore del 28 per cento rispetto all’attuale.

Per favorire l’espansione sostitutiva di rinnovabili, l’amministrazione Obama ha anche cambiato la sua proiezione sulla quota del gas naturale nel mix di potenza degli Stati Uniti nel 2020, per evitare quella che sarebbe un “corsa veloce al gas” per allontanarsi dal carbone. Il piano spinge, prima del cambio di combustibile (da carbone a gas), a programmare riduzioni di consumi attraverso l’efficienza energetica e a compensi di potenza con energia naturale (sole, vento, acqua, biomasse). Il piano sarà fondamentale per il contributo degli Stati Uniti per un accordo delle Nazioni Unite per affrontare il cambiamento climatico, in cui l’amministrazione Obama ha annunciato di voler svolgere un ruolo di leadership.

Naturalmente occorrerà vedere la traduzione reale di queste decisioni, quanto ci sia di diplomatica propaganda in vista di Parigi e quanto verrà contrastato dalle lobby dell’energia fossile, già in movimento. Le associazioni del settore e alcuni legislatori di stati come Virginia e Maryland, che hanno contato da sempre su energia da carbone, hanno detto che si sfideranno nelle Corti e attraverso tutte le possibili manovre nel Congresso, accusando l’amministrazione di un assalto normativo che farà salire i prezzi dell’energia. Ma nel piano c’è già una prima risposta: “ridurre la bolletta energetica per le famiglie a basso reddito” di almeno 85 $ e abbattere i costi delle tecnologie energetiche rinnovabili, argomenti da anticipare per gli avversari che sosterranno che il piano sarà troppo costoso.

Il cambiamento climatico non è un problema per un’altra generazione, non più“, ha detto Obama nel video di sabato scorso. L’Enciclica papale rivolge la sua carica all’emergenza di fronte a cui siamo. Il dibattito si allarga con una presa di coscienza sempre più ampia. C’è solo da augurarsi che anche la nostra opinione pubblica non venga ulteriormente distratta (chi parla della Cop 21 a EXPO 2015?) e che una classe dirigente tutta intenta a contendersi e conservare il comando di un vascello alla deriva si accorga da dove provengono le tempeste.

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Il prezzo del petrolio tra Teheran e Parigi

dal Blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015E’ passato un anno dall’inatteso crollo delle quotazioni petrolifere che ha portato il prezzo del greggio dal valore di 116,7 dollari al barile di giugno 2014 a quello di 58 dollari di gennaio 2015. Si tratta di una questione fondamentale in una società ed una economia che si sviluppano su una piattaforma energetica in vigore da quasi 200 anni, dato che il capitalismo moderno poggia ancora sul petrolio.

Perché questo crollo? Diverse sono state le interpretazioni, ma due sono stati i fattori decisivi: l’intensità della cosiddetta shale revolution, ossia la rivoluzione dello shale oil americano, oggi in crisi di prospettiva sul medio termine e la decisione saudita, adottata dall’intera Opec, di non limitare le estrazioni ed, in tal modo, di non tentare alcuno sforzo per limitare la riduzione dei prezzi. La storia dei prezzi del greggio è sempre stata caratterizzata da questo problema: riducendo la questione all’osso o ce n’é troppo (prezzo basso) o ce n’è troppo poco (prezzi alti).

Oggi il mercato è caratterizzato da un eccesso di offerta quantificabile in 2 milioni di barili al giorno di troppo. Come conseguenza, i produttori nordamericani di shale sono andati in crisi e nel primo semestre il numero delle perforazioni ha registrato un calo costante, settimana dopo settimana. Va detto che le piccole aziende dello shale oil (parliamo di 13 mila imprese), hanno mostrato una capacità di reazione e di riduzione dei costi imprevista, stimolata dalla natura di questo tipo di attività che richiede continue perforazioni e quindi continui investimenti. I prezzi in caduta hanno certamente bloccato lo sviluppo dello shale oil fuori degli States, mentre all’interno hanno portato a un dimagrimento del settore, ma non ancora ad un crollo (anche se gli analisti del settore vedono nero nel medio-lungo periodo).

In Italia il consumo largamente prevalente del petrolio è nell’autotrazione, perché nella generazione elettrica è residuale (nel 2014 ha assorbito 1,5 milioni di t. sul totale di 57,6). Per gli automobilisti, quindi, non si preannuncia alcun ritorno a nuovi rialzi, ma neppure sono da attendersi significativi ribassi, poiché sui carburanti è applicato un carico fiscale enorme e la materia prima nel 2014 ha contato solo il 30% del prezzo finale del carburante ed è su questa quota residuale che ha effetto il calo delle quotazioni del greggio.

L’accordo sul nucleare con l’Iran, fortemente voluto da Obama per ragioni geopolitiche prima che economiche, rafforza la previsione di una prosecuzione del periodo di ribasso dei prezzi. Infatti, l’aumento dei consumi previsto sarà ampiamente compensato dall’offerta di greggio iraniano che nei prossimi mesi tornerà sul mercato. Teheran ha infatti annunciato l’intenzione di aumentare l’export di 500 mila barili al giorno, per arrivare dopo sei mesi a raddoppiare.

La morale della favola è che in un mondo che ha una capacità produttiva di greggio pari al 13% in più del consumo la rinascita iraniana produrrà un nuovo ribasso, nel contesto di una lotta senza quartiere fra i diversi produttori che continuano a spingere sull’acceleratore delle estrazioni per sopravvivere al calo delle entrate (Iraq ed Arabia saudita stanno producendo a livelli record).

Ma il petrolio a basso costo è un bene? In una economia basata su questa fonte (e sulle “sorelle” fossili) sì, ovviamente, dal punto di vista del denaro e della finanza. E purtroppo il mondo di oggi, nonostante tanto parlare di “energie pulite”, rimane un mondo dove si scava, si estrae e si brucia quello che madre natura ha preparato nel corso dei millenni.

Ma in un mondo meno dipendente dalla combustione l’aria sarebbe diversa, nel vero senso della parola e a questo mondo cerca di volgere lo sguardo la prossima conferenza di Parigi sul clima (COP 21), tentando un accordo per limitare l’aumento medio della temperatura a due gradi, per non rischiare di star male come accade quando la temperatura corporea supera i 39 gradi, come nella stagione attuale anche qui da noi.

L’obiettivo di Parigi è possibile solo se ci si impegnerà a bruciare meno fonti fossili, petrolio e gas in particolare, lasciandole sottoterra o in qualsiasi altro posto si trovino. Quindi il petrolio a basso costo non aiuta a rivoluzionare il settore dei trasporti, dove regna sovrano, e la leva economica non favorirà buone scelte nel campo energetico in generale. Occorre maggior impegno politico (nel senso buono del termine, visto che ormai la sua connotazione risulta negativa) per prendere sul serio la sfida del clima.

L’enciclica del Papa e la battaglia per evitare il disastro climatico hanno quindi un avversario molto potente sul piano dei costi attuariali e delle convenienze a breve termine.
La difficoltà a prendere sul serio questa sfida è legata ad un deterioramento etico e culturale, che accompagna quello ecologico. L’uomo e la donna del mondo postmoderno corrono il rischio permanente di diventare profondamente individualisti, e molti problemi sociali attuali sono da porre in relazione con la ricerca egoistica della soddisfazione immediata, con le crisi dei legami familiari e sociali, con le difficoltà a riconoscere l’altro”.

Ma c’è un momento nella vita di ciascuno di noi, in cui ci si rende conto di avere una responsabilità verso noi stessi e le facce che ci stanno intorno. In quel momento capiamo anche che solo accettando questa responsabilità troveremo un senso alla nostra vita. E’ tempo che collettivamente emerga questa consapevolezza e che quindi all’oro nero sia tolta la sua corona.

a cura di Mario Agostinelli e Roberto Meregalli

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