L’11 giugno, i cittadini milanesi e bresciani, ancora – ma per poco – possessori di maggioranza con il 54,5% delle azioni della ex municipalizzata A2A potrebbero scoprire che le loro azioni – praticamente a loro insaputa – sono complici e decisive per la produzione di elettricità a carbone nella centrale di Pljevlja, nel Montenegro. Infatti è in quel giorno che si riunisce l’Assemblea di quella che oggi è una Società per Azioni, dove le decisioni sono sostanzialmente delegate ai manager e la politica industriale e finanziaria è solo sfiorata dai rappresentanti dei comuni e dei cittadini.
Non c’è dibattito alcuno sui giornali milanesi in questi giorni. Ma ci sono tutte le probabilità che nell’assemblea di A2A si deciderà per il carbone, come si dice, zitti zitti… Noi siamo stati sollecitati ad occuparcene, tramite il WWF internazionale, da un comitato locale di Pljevlja, che si oppone agli scavi nella vicina miniera di lignite (il carbone a più elevata emissione di CO2) e al potenziamento dei gruppi della centrale, nota in tutto il Montenegro per il suo inquinamento.
Che c’entra, direte, A2A? Queste sono le sorprese delle privatizzazioni più o meno striscianti che trasformano prima le municipalizzate in SpA, per poi lasciare ai comuni un controllo che, se inizialmente è di stretta maggioranza, finisce per scendere a quote al di sotto del 51%, magari in nome della maggior trasparenza del mercato. Un mercato come quello dell’energia, che invece le sue regole le discute in conventicoli sempre più ristretti, di cui sono all’oscuro perfino i sindaci e gli assessori e senza potere i delegati comunali nelle assemblee delle ex-municipalizzate.
Secondo le informazioni della Reuters il governo del Montenegro ha costruito una partnership con A2A al 42%, che ha dato vita all’utility EPCG. La decisione presa dal governo montenegrino è di affidare ad una società ceca del gruppo Skoda la costruzione di un secondo gruppo a carbone da 253 MW, che affiancherebbe quello già esistente. Il Montenegro non ha bisogno dell’energia di due gruppi (il primo già dispone di una potenza 210 MW di potenza e ci sono impianti idro per 657 MW di capacità). A2A garantirebbe un finanziamento alla costruzione attraverso Unicredit.
Visto l’allargamento del campo, noi temiamo che sotto questi interessi in terra straniera (ma non sarebbe meglio che le municipalizzate si occupassero di energia sostenibile nei loro territori di competenza?) ci possa essere l’esportazione verso l’Italia di energia inquinante a basso costo attraverso il progettato elettrodotto dell’Adriatico.
Il governo infatti insiste a realizzare un’opera, l’interconnessione elettrica fra l’Abruzzo e il Montenegro, dal costo di circa un miliardo di euro, che forse dovremmo accollarci come contribuenti. Rispetto a 10 anni fa, quando fu pensato, il progetto ormai non ha più alcun senso economico visto le mutate circostanze del nostro sistema energetico, molto più decentrato e sorretto da energia naturale e locale.
Ormai i grandi investitori rinunciano al carbone in tutto il mondo. Che dire allora di A2A e governo? E cosa hanno da dirci l’Assemblea di A2A dell’11 giugno e la Giunta e i Sindaci di Milano e Brescia? Negli stessi giorni in cui è in corso l’Expo con lo slogan “Energia per la vita”…