Mario Agostinelli da New York
Care/i
ho avuto la fortuna di poter partecipare alle sessioni finali, ovviamente convulse, della prevista ratifica del nuovo NPT, approfittando del mio soggiorno coi nipoti a Washington e della vicinanza della Capitale a New York. Mi sono stati di grande aiuto i suggerimenti e le valutazioni di Mosca e Navarra e ho cercato di trarre impressioni dirette: la fase finale era così intensa che i miei incontri si sono limitati a persone certamente più dentro di me nella questione, ma non parte diretta della trattativa. Le delegazioni erano inavvicinabili per un “giornalista” quale io apparivo nel badge, ma ho trovato il modo per far avere loro le fotocopie della nostra petizione ed ho brevemente scambiato valutazioni con un delegato cubano ed uno brasiliano a sessione ultimata.
Ecco di seguito la mia relazione e le mie impressioni/valutazioni.
L’ambiente – manifesti, un concerto la sera, piccoli cortei interni – richiamava la concomitanza con il 70esimo anniversario dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, con il lancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki ad opera degli Stati Uniti.
Il clima era teso e confuso, segnato dalla divisione drammatica tra i detentori degli arsenali nucleari, con il codazzo degli alleati ipocritamente defilati (il caso dell’Italia è emblematico: totalmente assente, non rilevabile affatto ai miei occhi di osservatore inesperto) e i tre gruppi di Paesi che, con accenti diversi, hanno posto la “questione umanitaria” in un modo inedito: il possesso di armi nucleari è una violazione del diritto umanitario e quindi non una questione di “legittimità”, ma una infrazione al diritto internazionale, con tutte le verifiche, le scadenze temporali e le conseguenze sul piano economico, industriale e militare, perché nei Paesi “nucleari” si raggiunga e realizzi lo stato di “non possesso”.
In questo campo e su questo percorso si realizzerebbe il massimo di cooperazione a livello mondiale e si tradurrebbe il NPT in un autentico processo di disarmo nucleare totale. I gruppi di Paesi si possono identificare, per quel che ne ho capito, in tre capofila: Cuba con la posizione più netta, Brasile con una posizione intermedia, Austria con una posizione più morbida, ma forse più significativa perché rompe con la posizione ufficiale del Commissario per gli esteri UE. Devo dire senza diplomazie, che nel suo intervento un po’ penoso, che ho letto, la Mogherini è riuscita a non dire nulla di significativo ed ha fatto apparire la UE sostanzialmente una depandance della Nato.
Cuba ha con forza condannato l’ammodernamento degli arsenali e su questo è stata seguita dai Paesi dell’America Latina (In Italia il ministro Pinotti confermava negli stessi giorni l’acquisto di tutti gli F35 programmati, l’unico velivolo in grado di teleguidare le atomiche in ammodernamento a Ghedi e Aviano!); ha chiesto una zona denuclearizzata in Medio Oriente (in questo appoggiata con prudenza da Della Vedova a nome del nostro Governo); l’eliminazione dal 2015 delle ami nucleari entro 20 anni (costituendo in questo la punta più radicale). Il Brasile ha confortato questa posizione con minore determinazione sulla definizione di una data.
L’Austria ha raccolto il massimo di adesioni attorno ad un documento (Humanitarian Pledge) che elimina la lacuna giuridica per la proibizione e l’eliminazione delle armi nucleari e sostiene che le riduzioni non costituiscono disarmo a meno che non siano intraprese nell’ambito di un quadro per l’eliminazione totale.
Gli stati dotati di armi nucleari hanno invece continuato a respingere l’idea che sia necessario qualcosa di più che le riduzioni che hanno già intrapreso o hanno promesso che potrebbero prendere in futuro. Chiaramente non vedono il loro continuo possesso di armi nucleari come in contrasto con il Trattato, anzi, vedono il NPT come il “loro” trattato.
Tutto faceva presumere che si sarebbe arrivati ad un vuoto compromesso in cui, tra mugugni e qualche contrario, il trattato avrebbe promesso grandi impegni, ma di fatto bandito la prospettiva del diritto umanitario e del disarmo totale. Il fatto nuovo e a mio avviso positivamente maturo per la corrispondenza con la società civile (per la verità ancor poco mobilitata) sta nel rifiuto della maggioranza dei Paesi (l’80% secondo la dichiarazione dell’Irlanda) di stare al gioco dei possessori degli arsenali nucleari e di non aver accettato il documento finale proposto dal presidente di turno nell’ultima giornata.
La stampa – che in Italia non ha seguito affatto la vicenda, essendo occupata a inseguire benevolmente le tappe di un processo eversivo della Costituzione intentato da Renzi (ma ne parleremo un’altra volta) – ha attribuito il fallimento all’opposizione dei filoisraeliani alla denuclearizzazione del medio oriente o alle visite obbligatorie agli impianti di Tel Aviv o, ancora, al divieto coreano di recarsi in visita a Hiroshima e Nagasaki. Per me sono balle. Lo conferma il documento finale ONU: “The negotiations had sharply divided states that possess nuclear weapons and those that do not”.
A mio avviso, il vero risultato di questa Conferenza sarà l’Humanitarian Pledge. E l’impegno che contraddistingue i suoi contenuti, sostenuti con ancora più forza dai paesi latino americani, dal SudAfrica e da Cuba e finalizzati a promuovere riunioni della Conferenza di revisione del TNP a partire da questo documento, con un percorso parallelo della società civile e in un quadro di definizione di un nuovo strumento legalmente vincolante sulle armi nucleari.
Con oltre 100 Stati che hanno finora approvato l’impegno internazionale per colmare il divario per la proibizione legale e l’eliminazione delle armi nucleari, sarà possibile e realistico realizzare progressi reali sul disarmo nucleare multilaterale. E, oltre alle autorevoli parole del Papa, va annoverata la dichiarazione recente del Segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon “Il trattato di non proliferazione nucleare ha l’obiettivo di eliminare tutte le armi atomiche”.
Queste sono mie valutazioni di prima impressione e vorrei il conforto di una discussione e di riflessione dei pacifisti e degli esperti più addentro ad una questione di enorme rilevanza, ma anche estremamente complessa. Un argomento che io conosco ancora con una approssimazione pari alla passione che ha suscitato in me l’occasione della pubblicazione del libro Esigete! di Stephane Hessel.